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Autore: Shireith    22/10/2021    1 recensioni
Papillon è stato sconfitto, ma le dinamiche non sono chiare a nessuno. La stessa Ladybug nutre dubbi a riguardo. Per di più, senza che gliene spieghi il motivo, un giorno Chat Noir la abbandona.
Cinque anni dopo, il passato ritorna per entrambi.
• Long what if? che non tiene conto della quarta stagione perché quando mi è venuta l’idea ancora non era andata in onda. Lovesquare in tutte le salse con tanta Adrienette e Ladynoir. Scritta seguendo i prompt del #Writober2021 di Fanwriter.it (lista pumpBLANK – prompt misti scelti tra le quattro liste presenti).
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Alya, Gabriel Agreste, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo settimo


(21; 22 — arco; fuga)
  
Se ti piace ancora Adrien… questa volta dovresti dirglielo.
 Solo che Marinette gliel’aveva già detto. O meglio, gli aveva detto che un tempo le piaceva, sorvolando su come sentisse la pancia tremare come acqua in ebollizione e le gambe diventare liquirizia quando respiravano la stessa aria.
 La coscienza le ricordò la vera domanda – le piaceva ancora?
 La solita vocina fastidiosa gliene pose una ancora più difficile – e Chat Noir?
 Sentiva che quel giorno aveva inciso su di lei mille tagli e l’aveva fatto sottopelle, lì dove facevano ancora più male perché nessuno poteva vederli – si era illusa che il tempo sarebbe stato il suo alleato più prezioso e fidato, l’unico che avrebbe potuto curarli, ma si chiedeva ora se quei tagli fossero effettivamente guariti. Se era fortunata rimanevano solo le cicatrici.
 Adrien, però, lui non l’aveva mai ferita, almeno non intenzionalmente. Quando, da ragazzi, gli capitava di menzionare la ragazza che gli piaceva, non sapeva che Marinette per lui nutriva sentimenti altrettanto forti, altrimenti era sicura che non l’avrebbe mai fatto. L’unica certezza che aveva sempre avuto era che lui l’avrebbe rifiutata – eppure.
 Eppure Adrien aveva ammesso l’eventualità che fossero più che amici e di questo Marinette aveva ancora più paura, perché a ripensarci quelle cicatrici a volte ancora facevano male e non ne voleva di nuove.
 
*
 
Cinque anni e otto mesi prima
 
 Un cane abbaiò, l’allarme di un’automobile scattò, il pianto di un neonato costrinse i genitori ad accendere la luce per correre a calmarlo – i rumori della città le arrivavano in un miscuglio disordinato, eppure riusciva a sentire il respiro di Chat Noir al suo fianco.
 Non lo guardava. Continuava a scrutare il profilo di Parigi che si stagliava contro il nero del cielo come se non esistesse nient’altro, nemmeno lui – lui che si era presentato lassù in piena notte perché certo di trovarla lì, lui che vedeva le lacrime pizzicarle gli occhi ma non gliele faceva pesare.
 «Quanto ancora riuscirà a sfuggirci?»
 Non aggiunse altro, sapeva che Chat Noir avrebbe capito.
 «Oggi c’eravamo molto vicini.»
 Ladybug tirò su col naso. «È la stessa cosa che abbiamo detto l’altra volta. E l’altra prima ancora. Andrà a finire che a trent’anni saremo ancora qui a dargli la caccia.»
 «Per allora avrà problemi più grandi a cui pensare. Tipo, i reumatismi.»
 Ladybug rise e gli diede un buffetto sul braccio. «Sono seria.»
 Con la coda dell’occhio vide Chat Noir sorridere quando abbandonò il capo contro la sua spalla e lo ringraziò silenziosamente perché la lasciava fare.
 «Anch’io lo sono», ribatté lui, «prima o poi Papillon cederà. Anzi, dovremmo già iniziare a pensare a come festeggiare, hai idee»
 Ladybug stette ad ascoltare mentre Chat Noir elencava una lista delle sue – ignorava dove avrebbero trovato il budget per un gonfiabile gigante di Papillon che esplodeva in mille coriandoli mentre la folla applaudiva – e si sentì come se il mondo si fosse ridotto a una pallina di golf e non pesasse più.
 Erano così, loro due – se Chat Noir cadeva Ladybug si rialzava per lui, se Ladybug cadeva Chat Noir si rialzava per lei. A volte le sembrava che Chat Noir si rialzasse per entrambi, ed era in quei momenti che si aggrappava alla convinzione che, nonostante tutto, sarebbe stato sempre lì per lei – mai sarebbe fuggito, mai l’avrebbe abbandonata.
 La consapevolezza che dopotutto si stava innamorando della sua presenza costante bussò alla porta e, a scacciarla, Marinette non ci pensò neanche.
 
*
 
 L’Arco di Trionfo in lontananza illuminava la città come un lume e ogni volta che ci posava lo sguardo Marinette si sentiva invasa da un’ondata di tristezza più forte della precedente, come se Chat Noir fosse scomparso da due o tre giorni. Guardare i suoi vecchi compagni di classe la faceva stare meglio: le ricordava dei bei tempi andati, quando tutto era più semplice e quelli che allora le sembravano problemi insormontabili erano solo una goccia nell’oceano.
 Non mancava nessuno alla rimpatriata – nemmeno Adrien.
 Quando lo vide sfuggire alla presa di Kim e andarle incontro sentì lo stomaco fare le acrobazie. Cercò di ignorare la sensazione e gli rivolse un sorriso.
 Lui ricambiò. «Alya mi ha detto che saresti arrivata tardi.»
 La stava aspettando?
 Sperò di non essere arrossita al pensiero. «Ah, sì… lavoro.»
 «Problemi con la Belladonna?»
 «No, solo i suoi soliti capricci. Sai che non ha nemmeno capito che quella dell’altra sera era una bugia?»
 Adrien rise. «Allora i miei fiori di scuse non servivano.»
 «Li ho apprezzati lo stesso.»
 «Sono contento.» Fece una pausa e aggrottò le sopracciglia come a star rincorrendo un pensiero, poi rilassò lo sguardo e aggiunse: «Non so bene nemmeno io se fossero solo per scusarmi, a essere sincero.»
 Marinette perse uno o dieci battiti. Si umettò le labbra improvvisamente secche. «In che senso?»
 Vide Adrien portare una mano alla nuca con imbarazzo e provò un’infinita tenerezza. Era in quei momenti che più si ricordava che la sua sbandata adolescenziale – divenuta presto molto più che una sbandata – era sempre lì.
 «Mi ha fatto davvero piacere rivederti, l’altra sera. Molto più che rivedere tutti gli altri. E quello che hai detto mi ha fatto pensare. Mi tratterò a Parigi per un po’. Stavo pensando…» – il tempo si cristallizzò, il resto del mondo sparì – «ti andrebbe di vederci, questo finesettimana?»
 Marinette si sentì come se qualcuno le avesse strappato i polmoni per impedirle di respirare. «Mi stai chiedendo un appuntamento?»
 «Be’, sì», farfugliò Adrien. «Sì», ripeté con ritrovato sorriso. «Un appuntamento.»
 Dire che la Marinette adolescente sarebbe esplosa in mille pezzi e si sarebbe ricomposta solo per urlare sì (sì, sì, sì, sì, sì, Adrien! Voglio uscire con te! Stare con te! Fare tutto con te!) era un eufemismo. Quella Marinette avrebbe potuto scriverci un libro sulla voglia matta che aveva di andare a un appuntamento con lui. Macché un libro, un’enciclopedia: Mille e uno motivi per cui voglio uscire con Adrien Agreste: una biografia. Solo che di enciclopedia ce n’era anche un’altra: Mille e uno motivi per cui non riesco a chiedere ad Adrien Agreste di uscire con me: una biografia ancora più reale.
 Tra i suoi mille piani falliti, la maggior parte dei quali orchestrati da Alya, mai Marinette aveva messo in conto la possibilità che fosse Adrien stesso a fare il primo passo perché forse lui nemmeno la ricambiava. Alya e Tikki erano sempre state lì a scacciare quel brutto pensiero, ma un giorno le parole di Adrien lo avevano reso un incubo reale – la ragazza che mi piace, aveva detto.
 Fu a quei ricordi che Marinette guardò Adrien da sottinsù e schiuse le labbra per liberare parole che mai credeva avrebbe pronunciato: «Non c’è nessun altro motivo per cui me lo stai chiedendo?»
 Adrien la osservò con occhi serissimi. «Pensi ti voglia usare?»
 «No!» La prontezza della sua risposta sorprese anche lei. Si accorse di essere tesa come una corda di violino e rilassò le spalle. «Cioè, non lo so», rettificò con tutta l’onestà di cui era capace. «Non penso tu ne sia capace, ma…»
 Attorno a quel ma s’attorcigliavano e si stringevano mille fili fatti di incertezze e timori e Marinette si chiedeva se avrebbero finito per soffocarla.
 Ma – ho paura.
 Ma – non voglio passarci, non di nuovo.
 Ma – non lo so nemmeno io.
 Ma – e se fuggisse anche lui?
 «Adrien! Marinette! Scommettiamo che Alix vince di nuovo?»
 «Kim, non spaccarti di nuovo il naso.»
 «Ehi!»
 Prima che il mondo tornasse di nuovo a essere tangibile e li inghiottisse, Adrien disse una sola cosa: «Io… non so cosa avrei risposto anni fa. Ma ora mi piaci, ne sono certo. Sei l’ultima persona che userei per dimenticare un’altra o per passare il tempo, se mai volessi farlo. Se non te la senti puoi dirmi no. Spero comunque che rimarremo amici.»
 E Marinette sentì qualcosa sciogliersi dentro mentre il mondo tornava e Max chiedeva quanto voleva puntare contro Kim, Kim urlava perché tutti lo davano già per spacciato e Alya, in un sussurro mal riuscito che avrebbero sentito anche i sordi, diceva a tutti di non interromperli.  

NOTE ➺ Da questo capitolo in poi inizia il panico tipico da Writober. Le bozze che già mi ero preparata vanno revisionate, quindi è una corsa contro il tempo nel cercare di pubblicare nei giorni prefissati scrivendo robe decenti. Poiché ieri non sono riuscita a pubblicare ho deciso di fondere insieme due giorni tagliando le parti più superflue, e ciononostante il capitolo è abbastanza corto.
Tengo molto a questa long e, benché il Writober mi abbia dato la spinta necessaria a metterla per iscritto, non voglio rovinarla, dunque sarò onesta: potrebbe capitare di pubblicare con un giorno o anche più di ritardo. Niente di cui preoccuparsi, perché grazie ai prompt ho già le idee chiare e non lascerò assolutamente la long incompiuta: vi avviso solamente nel caso non vediate gli aggiornamenti giornalieri.
Ancora una volta grazie a chi sta seguendo questa long; al prossimo capitolo!   
   
 
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