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Autore: Severa Crouch    22/10/2021    3 recensioni
Questa storia è stata scritta in occasione dal gioco di scrittura “Dolcetto o scherzetto?” indetto sul gruppo Facebook L’angolo di Madama Rosmerta.
Rodolphus Lestrange/Alexandra Turner Coffeshop!AU
Rodolphus è al bancone della caffetteria e, mentre serve i clienti, lancia un occhio a suo fratello. Lo vede seduto a un tavolino a sorridere e ammiccare alla blogger biondina che gli ha chiesto un’intervista. Sospira e scuote la testa.
“Un caffè, grazie. E una dose di cinismo,” gli dice una voce alla cassa. Riporta lo sguardo verso la cliente e si sorprende di vedere la ragazza che incontra tutti i pomeriggi.
“Te la incarto con un croissant?” le domanda mentre si volta a prepararle il caffè.
La ragazza sorride, ha due occhi marroni che si illuminano quando gli risponde: “No, grazie, non prendo da asporto, di solito faccio colazione a quel tavolo.”
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Rabastan Lestrange, Rodolphus Lestrange
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Coffeeshop!AU Sono storie ambientate in un universo in cui i protagonisti sono in qualche modo legati a una caffetteria. In questo caso, sono nel mondo babbano, ai giorni nostri. Non è niente di pretenzioso, solo tanto fluff.




Ho chiuso con le feste

Rodolphus Lestrange/Alexandra Turner 

Coffeshop!AU



 

“Caffè, grazie. E una dose di cinismo.” 

(Una mamma per amica)

 

Londra, 31 ottobre

 

Rodolphus è al bancone della caffetteria e, mentre serve i clienti, lancia un occhio a suo fratello. Lo vede seduto a un tavolino a sorridere e ammiccare alla blogger biondina che gli ha chiesto un’intervista. Sospira e scuote la testa.

“Un caffè, grazie. E una dose di cinismo,” gli dice una voce alla cassa. Riporta lo sguardo verso la cliente e si sorprende di vedere la ragazza che incontra tutti i pomeriggi. “Te la incarto con un croissant?” le domanda mentre si volta a prepararle il caffè. 

La ragazza sorride, ha due occhi marroni che si illuminano quando gli risponde: “No, grazie, non prendo da asporto, di solito faccio colazione a quel tavolo.” 

Rodolphus sorride e nota che è lo stesso tavolo al quale ogni pomeriggio la vede intenta a scrivere al pc e sorseggiare un tè e, circa un’ora prima della chiusura, ordina sempre un bicchiere di vino, rigorosamente bianco.

“Allora siediti pure, ti porto la colazione al tavolo.” 

“Oh, che gentile, tuo fratello non è così attento!”

Rodolphus scrolla le spalle e annuisce con l’aria di chi lo sa bene. “Infatti, mi ha lasciato qui mentre si fa bello con la stampa!” 

La ragazza gli restituisce uno sorriso e sfila il cappotto lasciando intravedere un vestito al ginocchio verde, sopra indossa un cardigan e prende posto al tavolo, si avvolge la sciarpa intorno al collo per continuare a star calda e tira fuori dalla borsa un portatile. Rodolphus osserva il modo in cui lei si immerge nella lettura di qualcosa che continua a farla sorridere. Il tossicchiare nervoso dei clienti che continuano ad arrivare lo riporta al presente. Li serve velocemente, ma lo sguardo continua ad andare a quel tavolo, a posarsi sulla figura esile di quella ragazza immersa nella lettura.  

Nemmeno si accorge di sorridere alla signora che ogni giorno va lì a chiedere un latte macchiato alla cannella e lei cinguetta felice: “Siamo di buon umore, Rodolphus?”

“Sì, può essere,” le confessa e lo sguardo corre al tavolo della sua cliente preferita. 

La signora lo segue e gli sussurra: “Oh, è molto carina, ma il fatto che sia sola forse è indice che ha un fidanzato da qualche parte?” Prende il suo latte macchiato ed esce dal negozio mentre il sorriso scompare dal volto di Rodolphus. Approfitta del fatto che i clienti sono scemati e, casualmente, Rabastan è tornato dietro il bancone. Va al tavolino della ragazza a prendere il piattino del croissant e la tazza del caffè ormai vuoti. 

“Com’era il cinismo?” le domanda.

Lei sposta lo sguardo dal pc e gli sorride nuovamente, ha colto immediatamente il riferimento alla battuta con cui ha esordito al mattino. 

“Non abbastanza,” gli confessa, “ma il croissant era delizioso, in compenso. I vostri croissant sono il motivo per cui questo posto è il mio rifugio preferito a Londra.”

Rodolphus sorride: “Grazie, mi fa piacere. Abbiamo scommesso a proporre croissant francesi, di solito gli inglesi preferiscono gli scone.”

“Sì, suppongo che si accompagnino meglio al tè, ma senza il caffè non riesco a svegliarmi e ho queste presentazioni da finire per l’università!” esclama sconsolata.

“Cosa studi di bello?”

“Sto frequentando un master in legal design e quindi devo rendere il diritto carino,” sospira senza nascondere lo sconforto. Rodolphus pensa di dover smettere di sorridere come un idiota, così le dice: “Beh, allora non ti disturbo.”

“Non lo fai,” lo rassicura. 

Non sa se è un effetto ottico, tra la luce bianca del pc e quella ovattata della caffetteria, ma gli è sembrato che sia arrossita. È Rabastan a toglierlo d’impaccio quando lo richiama per un aiuto a scaricare la lavabicchieri piena di tazze del turno della colazione e a sistemare l’angolo dei dolci per fare spazio alle torte salate, i panini e le insalate che compariranno per il pranzo. Quando riporta lo sguardo a quel tavolo, la vede raccogliere le sue cose e sorridergli mentre esce: “Ci vediamo più tardi, dopo le lezioni!” 

Rimane fisso a osservare la porta da cui è uscita quella ragazza gentile e allegra. Ha ancora in mente i capelli castani che le accarezzano le spalle in onde morbide, gli occhi marroni e il corpo avvolto in un cappotto grigio e una sciarpa verde. 

“La blogger è molto più figa,” gli suggerisce Rabastan con un ghigno divertito. Rodolphus scuote la testa e sospira. Lascia il caffè nelle mani del fratello e si prende qualche ora di pausa. Tornerà per il pranzo e poi rimarrà tutto il pomeriggio, fino alla chiusura.

 

***

 

La ragazza ritorna verso le cinque del pomeriggio, occupa quello che è diventato il suo tavolo, siede dalla parte interna del locale, vicino le mensole dove hanno esposto le bottiglie di vino. È lì per scrivere ed è concentrata, non come i blogger che bivaccano sulle poltroncine che Rabastan ha voluto, o le modelle che attendono i casting dell’agenzia di moda lì all’angolo e vogliono sempre stare vicino la vetrina, e ordinano solo tè verde, e non provano nemmeno per scherzo uno dei loro dolci. Una volta una modella lo ha sorpreso e ha ordinato un croissant dopo le insistenze di Rabastan. Vederla piluccare controvoglia è stata una sofferenza che Rodolphus si è augurato di non rivivere più. 

“Posso portarti qualcosa?” domanda a quella che è diventata la sua cliente preferita. Lei alza gli occhi marroni verso di lui e incurva le labbra in un sorriso, è felice di vederlo, o lui è il solito illuso sentimentale, si dice.

“Un tè e uno scone, grazie,” gli dice.

“Ah! Sei tornata britannica!” scherza, “L’università ha un brutto effetto sulle persone. Sei partita che ordinavi croissant e cinismo e sei tornata che ordini scone!”

“Credo che siano più appropriati per il tè,” ribatte lei, “per caso hai un’alternativa francese da consigliarmi?”

“Abbiamo le madeleine.”

Lei appoggia il viso sulla mano e lo osserva alzando verso di lui i suoi occhi marroni, sono grandi e luminosi, il sorriso continua a incurvarle le labbra e riflette prima di dire: “Va bene, mi fido, prenderò le madeleine!”

“Non te ne pentirai!” 

Torna al bancone a preparare l’ordinazione. Sorride per tutto il pomeriggio, si trattiene dal disturbarla. Chiacchiera un po’ di politica con il signor Yaxley, l’impiegato comunale che si lamenta del lassismo dei politici di oggi. Nemmeno lui riesce a metterlo di cattivo umore. Solo quando vede il piattino vuoto, si avvicina per sparecchiare il tavolo e le domanda come fossero le madeleine. Sorride ancora quando lei annuisce entusiasta.

Rodolphus alza lo sguardo verso l’orologio, manca un’ora all’orario di chiusura e sa che lei gli chiederà del vino prima di tornare a casa. Rabastan lo distrae ed esclama: “Chiudi tu, io vado a prepararmi per la festa! Dovresti venire anche tu!”

“No, grazie, io ho chiuso con le feste!” risponde al fratello.

“Ma sarà pieno anche di meravigliose fanciulle in abiti succinti che giocano a fare le cattive ragazze!” Rabastan non vede l’ora di partecipare a quella festa esclusiva di Halloween, non fa che parlarne da quando ha visto l’annuncio e preso i biglietti.

“Allora, non farle aspettare,” risponde Rodolphus, “penso io alla chiusura.” Incrocia lo sguardo di lei che per un attimo ha sollevato gli occhi dal monitor e le domanda: “Anche tu hai una festa di Halloween?”

Lei gli risponde con un sorriso incerto: “No, io ho chiuso con le feste.”

“Non c’è un fidanzato che ti aspetta per andare a far baldoria?” Esita nel fare quella domanda e lo stomaco si stringe leggermente nell’attesa della risposta. Lei sembra irritata, ma lo sguardo è più triste, scuote la testa: “Non ne vorrei proprio parlare.”

“Ti va un bicchiere di vino?” le domanda, “Offre la casa, mi faccio perdonare della domanda invadente.”

Lei torna a sorridere e accetta. Rodolphus le versa il suo calice di bianco e lei lo sorprende: “Grazie, ti va di farmi compagnia?” Poi, si ferma, forse è spaventata e allora corregge il tiro: “Forse non puoi bere finché il caffè è aperto.”

“Certo che posso,” la tranquillizza. Prende un altro calice, si versa un po’ di vino e siede allo stesso tavolo. Nel locale sono rimasti solo loro due. “Ad ogni modo, io sono Rodolphus e ho chiuso con le feste,” le dice, nella speranza di riprendere il dialogo. 

“Molto piacere, io sono Alexandra e anch’io ho chiuso con le feste.”

Rodolphus, allora, fa una cosa che non avrebbe più pensato di fare, che è totalmente folle, ma quella ragazza gli piace e non vuole che vada via, vuole continuare a parlare con lei e vederla sorridere e osservare gli occhi tornare luminosi e cancellare quell’alone di tristezza che le ha fatto comparire. Così, inizia il gioco delle confessioni: “La mia ragione è che due anni fa, ad Halloween, ho trovato la mia ex moglie vestita da strega sexy avvinghiata al suo capo. Da allora, odio le feste.”

“Avete divorziato?” domanda Alexandra.

“Difficile passare sopra una cosa del genere. Per fortuna non abbiamo figli, è stato più veloce.” Prende un sorso di vino. Detesta parlare di lei, ma non riesce a fare a meno di proseguire: “Era così concentrata sulla carriera... Rabastan mi ha detto che ora lei aspetta un figlio da lui. A me diceva che la maternità non le interessava.” Prende un altro sorso di vino, si sente patetico a parlare di Bellatrix con una sconosciuta, una che gli piace. “La tua ragione, invece? Io ti ho confessato la mia.”

Alexandra sospira, prende un sorso di vino per farsi coraggio e gli confessa: “Sono stata lasciata all’altare. O meglio, sono scappata dall’altare.”

“Sei scappata?” domanda sorpreso. “Non credevo che le feste non ti piacessero a tal punto!” Le strappa una risata, lei lancia un occhio sullo schermo del pc, con un gesto rapido delle dita lo spegne e abbassa il monitor per poi tornare con lo sguardo da lui. Rodolphus la trova deliziosa.

“Ho trovato il mio sposo avvinghiato al mio migliore amico.” Prende un altro sorso di vino e ripete: “Difficile passare sopra una cosa del genere.”

“Non te ne eri mai accorta?” domanda incuriosito, “Di lui e del tuo migliore amico?”

“No, ero felice che andassero d’accordo, che l’uno non fosse geloso dell’altro. Sai, di solito si creano tensioni, invece era tutto così rilassato ed ero felice che andassero allo stadio insieme, che ogni tanto si vedessero tra di loro. Non avevo capito niente. Tu, invece, ti eri accorto di tua moglie e del suo capo?”

Rodolphus scuote la testa. “No.” Scrolla le spalle, “Proprio come nel tuo caso. Ero felice che amasse il suo lavoro, che si stesse realizzando e non mi preoccupavano le trasferte o gli straordinari, era sempre così felice. Poi ho capito il perché.”

È così facile lasciare andare il passato, si dice Rodolphus mentre passano a un altro argomento. Il tempo vola e quando arriva l’orario di chiusura le dice: “Devo solo chiudere la porta e la cassa, ma se vuoi farmi compagnia con un altro bicchiere di vino, tiro fuori anche qualcosa da mangiare.” Lei annuisce arrossendo, lo sguardo è tornato luminoso, ma una voce dentro di lui gli suggerisce che è solo l’effetto del vino.

Sbriga velocemente le operazioni di chiusura, il resto del caffè è già pulito e pronto per l’indomani, così può concentrarsi su quella cena un po’ improvvisata. Recupera un po’ di torta salata rimasta dal pranzo, affetta un po’ di salumi e prepara qualche tocco di formaggio.

“Ma è una cena di tutto rispetto!” esclama sorpresa.

Rodolphus sorride: “È solo un aperitivo.”

“Allora ti preoccuperesti per l’alimentazione degli studenti, io sono un disastro!”

“Sei così presa dietro lo studio,” la giustifica.

“E la scrittura.” 

“Scrivi?” domanda sorpreso. Alexandra annuisce e lo sguardo torna ad accendersi: “Sto lavorando a un romanzo!”

“Mi fai sentire sulla rive gauche,” le confessa ripensando ai cafè parigini che ha visitato con Rabastan per prendere spunto per la loro caffetteria e mentre lui parlava di scrittori, Rabastan immaginava i blogger. Alla fine, hanno trovato un compromesso e non gli sembra vero di avere una scrittrice tra i suoi clienti e non solo dei blogger.

“Siamo più nella southbank,” ridacchia lei e Rodolphus si unisce, gli piace la sua ironia, gli piace tutto di questa ragazza che ha appena conosciuto e con cui sembrano intendersi al volo. Nonostante le differenze di età, è come se ci fosse un filo che li unisce. 

È incredibilmente tardi quando escono dalla caffetteria, continuano a chiacchierare, lei è avvolta nel cappotto grigio e cammina al suo fianco parlando entusiasta dei suoi studi. La cosa che lo sorprende è che lo ascolta interessata, gli fa domande quando lui le racconta della caffetteria che ha aperto con Rabastan, del loro legame con la Francia, dell’attenzione che mettono nella selezione dei prodotti e dei fornitori. 

Lungo le strade incontrano alcuni bambini mascherati che bussano alle porte chiedendo “Dolcetto o scherzetto” ed entrambi si scambiano sorrisi o qualche battuta sul loro non-amore per le feste, ché non è nemmeno fastidio. 

Si sorprende di averla seguita fin sotto casa, solo quando lei gli dice: “Io sono arrivata, grazie per avermi accompagnata, mi ha fatto piacere.”

“Anche a me, è stata una bella serata,” le risponde. C’è una strana energia nell’aria e Rodolphus ha paura di rovinare tutto, così si limita a prenderle la mano e mimare un baciamano prima di congedarsi in attesa dell’indomani. La osserva arrossire mentre porta la mano piccola e morbida a qualche centimetro dalle labbra. Solo i maleducati posano le labbra sul dorso! gli diceva sempre sua madre. 

“A domani,” la saluta. Non vuole correre, vuole assaporare lentamente quelle sensazioni che non prova da troppo tempo. 

“A domani,” gli risponde continuando a sorridere. Aspetta che chiuda la porta di casa e poi va via. 

È come un buon vino, o una fetta di dolce gustoso, che se sei vorace finisci per rimanerne nauseato, lui vuole conservare quello stato di benessere, lo pensa mentre torna verso casa, camminando tra i viali umidi di pioggia e pieni di alberi spogli e un tappeto di foglie umidicce. Sorride schivando i bambini che corrono mascherati e nemmeno si infastidisce quando vede un gruppo di ragazzi già alticci che abborda un gruppo di streghe-sexy. 

Scuote la testa e si dice che il suo Halloween è stato meraviglioso e che, dopo tutto, forse le feste non sono poi così male.





 

Note:

Questa storia non doveva esistere, ma oggi ho il ciclo, non sto bene, ho mal di testa e ho tenuto il file aperto durante la giornata e tra una cosa di lavoro e un’altra, piano piano, ho completato la storia. Avevo un bisogno disperato di tornare da loro, mi mancavano tantissimo e questo gioco di scrittura è stato l’occasione perfetta per ritornare a casa. Se siete capitati in questa storia per la prima volta e non avete mai letto niente di me, Alexandra è la protagonista di una serie di long: Kintsugi, che segue fedelmente il canone della saga e racconta le due guerre magiche dal punto di vista dei Mangiamorte, oppure, Un'estate appagante e Dopo l'imbrunire, ambientate in un universo in cui Regulus non muore, i nostri cattivi non finiscono ad Azkaban, e sono tutti più o meno felici.

Il gioco di scrittura prevedeva di scegliere tra “Dolcetto” o “Scherzetto” e, a seguito della scelta, venivano estratti in modo randomico dei prompt. Io ho scelto “Dolcetto” e mi è uscita la citazione: “Caffè, grazie. E una dose di cinismo.” (Una mamma per amica)

Ho deciso di ambientare la storia in un caffè, di togliere tutto il contesto magico, tutte le disgrazie, e far incontrare i miei amati personaggi in un altro universo. Volevo proprio scrivere una cosa leggera che mi facesse star bene.
Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va!

Un abbraccio,

Sev

   
 
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