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Autore: _uccia_    23/10/2021    1 recensioni
Lui vive secondo un codice, il codice Vory. Nel mondo malavitoso russo esiste una gerarchia e delle tradizioni. Lei sarà lo strumento che lo farà ascendere al potere.
Lui è un sicario chiamato il Siberiano, lei una principessa della 'Ndrangheta italiana.
Quello che non sanno è che il loro destino è inesorabilmente intrecciato e che non avranno scrupolo a sfruttare la posizione l'un dell'altra per raggiungere la sommità della scalata al potere.
Perché più forte della loro ambizione, può essere solo il desiderio carnale e possessivo che pare bruciarli interamente.
Due personaggi che per quanto diversi si ritroveranno a dover lavorare di squadra, in un ambiente cupo e pericoloso diviso tra Stati Uniti, Honduras e la fredda Russia.
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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                                                                                                  ---------------IVAN-----------------
 
Era poco dopo l'orario di cena e, a qualche chilometro di distanza, una leggera pioggerellina cominciava a cadere sulle finestre dell'enorme condominio in cemento e ferro del Clan Kozlov.
Un casermone apparentemente e solo esternamente fatiscente, che si affacciava su una strada sudicia tra marciapiedi pieni di erbacce e rifiuti.
Un'immensa ciminiera, il rudere di una fabbrica in disuso, si innalzava cupa e minacciosa.
Non c'erano rumori, a parte il sussurro dell'acqua nera che scorreva placida in un fosso e il leggero ticchettio della pioggia sui tetti delle case adiacenti alla 'reggia' del Vor.
Con l'improvviso segnale acustico BIP-BIP, un camion di una compagnia di elettricisti attrezzati di gru, fece retromarcia proprio davanti al condominio e si piazzò accanto a un traliccio dell'alta tensione.
Due uomini vigilavano dall'alto del terrazzo all'ultimo piano, i cappucci degli impermeabili sollevati sulle teste in un vano tentativo di ripararsi dall'acqua.
Uno di loro si accese una sigaretta, mentre stava a guardare gli elettricisti in divisa prodigarsi a salire nella cabina elevatrice e attivare il sistema di sollevamento.
"Sono giorni che quel traliccio fa le scintille e quegli idioti decidono di venire proprio quando piove. Dovremmo dire agli uomini giù da basso di dare una occhiata, eh Ivan?".
Ivan si limitò a stringersi nelle spalle.
"Vado a pisciare", avvisò prima di avviarsi verso la porta di accesso al terrazzo.
L'ingresso del lussuoso attico, in fondo alla scalinata, era spalancato e Ivan quando ci passò davanti ebbe la visione completa del salotto di Kozlov.
Tappezzeria dorata, pavimento in marmo, arredamento pacchiano stile Luigi XIV.
Il boss era seduto a capotavola, dando le spalle all'ingresso e volgendosi proprio in direzione dell'enorme vetrata pesantemente drappeggiata di damasco.
Con lui, sedevano il figlio Dorian alla sua destra e la ristretta cerchia di cugini.
In quel momento stavano giocando a Poker, fumavano e ridevano.
Le pistole appoggiate sul tavolo accanto alle fiches ammassate in grossi mucchi colorati.
Dorian aveva ancora il viso segnato da qualche livido dovuto all'imbarazzante incontro avuto con un sicario esperto, ma la voglia di prenderle non gli era passata a giudicare da come si pavoneggiava del puntare tutto e nel prendere per il culo i parenti.
Accanto alla finestra, con una mano appoggiata all'arma, se ne stava in piedi il giovane soldato Nicolaj.
Cercava, senza farsi notare, di osservare la strada sottostante .
Era nervoso, Ivan lo capiva e se non si fosse dato una calmata presto lo avrebbero capito anche gli altri.
Il ragazzo si voltò, forse vedendolo nel riflesso del vetro e gli lanciò uno sguardo d'intesa.
Ivan passò oltre all'appartamento del Vor e proseguì lungo il suo percorso verso le scale a spirale interne allo stabile, come se stesse effettivamente andando alla sua unità per trovare un bagno.
Per aver accesso agli alloggi privati del Vor, una volta che avevi superato i sette piani sottostanti, dovevi per forza bloccarti davanti all'inferriata in ferro battuto che avevano saldato come protezione ultima a eventuali nemici.
Una sorta di portale che bloccava le invasioni proteggendo il Lord rinchiuso in cima della torre.
Il cancello era sempre chiuso a chiave e sorvegliato da una guardia.
Quando Ivan arrivò dall'alto, alle spalle del soldato, questo se ne accorse di soprassalto e lo squadrò dalla testa ai piedi.
"Dov'é che vorresti andare?". Gli chiese scocciato, incrociando le braccia al petto.
"Devo pisciare, non vorrai che la faccia in corridoio di sopra. Forza, apri. Devo scendere!".
"Hai lasciato un solo uomo di vedetta?"
Ivan alzò gli occhi al soffitto sospirando. "E' una serata tranquilla, fuori tutto tace e di sopra si stanno ubriacando giocando a carte. Questione di un minuto, torno subito".
Ma la serata si preannunciò tutt'altro che tranquilla.
Dal piano di sopra giunse il fragore di una raffica di colpi sparati da un mitra, vetri andare in frantumi e urla concitate di dolore e rabbia.
Il soffitto tremò sotto i passi degli uomini che correvano in ogni direzione cercando un riparo.
Gli "elettricisti" dovevano aver raggiunto l'ultimo piano grazie alla gru e in quel momento dovevano aver deciso che quello fosse il momento buono per fare fuoco. Dovevano aver fatto saltare per aria la finestra e centrato Kozlov con quanti più proiettili possibili.
Ivan sperava solo che il giovane Nicolaj si fosse messo in salvo prima che arrivasse il finimondo.
La guardia al cancello, spalancò gli occhi dal terrore e fece per prendere la via della risalita alla rampa di scale.
Ivan fu più veloce.
Lo prese per la collottola e gli fece schiantare la fronte contro il muro per due volte.
L'uomo scivolò a terra in un rantolo, il volto sfigurato dal sangue.
Rimase inginocchiato faccia al muro, inerte mentre Ivan gli ispezionava le tasche.
Trovò la chiave ovviamente solo dopo aver smadonnato. La infilò nella toppa e spalancò il cancello proprio quando, da in cima la gradinata, giungevano le voci degli uomini sopravissuti in fuga.
Ivan corse come se avesse le ali ai piedi.
Ai piani bassi si era scatenato un secondo inferno.
Giungevano altri spari e altre urla, questa volta provenienti da donne e bambini in lacrime.
Quando scese al terzo piano, la puzza di lacrimogeno gli tolse il respiro e appannare la vista.
Riusciva a distinguere solo forme indistinte di anime in pena, correre verso le uscite anti incendio. In fuga da cacciatori in nero equipaggiati da maschere antigas.
I civili erano presi a calci e sbattuti contro i muri, alcune guardie al piano avevano vigliaccamente ammutinato gettandosi dai terrazzi e ridiscendendo dalle grondaie.
Un bambino di non più di cinque anni tossiva debolmente raggomitolato in un angolo. Paralizzato dalla paura.
"Non i bambini!" urlò Ivan nell'agguantare per un braccio una losca figura armata di mazza da baseball.
Questa voltò il mascherone dotato di due enormi filtri d'aria in sua direzione e stava per rispondergli caricando un colpo quando parve riconoscere il sicario e decidere saggiamente di desistere.
"Ordini del Siberiano, nessuno dovrà uscirne vivo!". Disse con voce metallica, distorta dalla bardatura.
Detto questo si liberò dalla sua presa e alzò la mazza in direzione del bimbo mezzo svenuto ai suoi piedi.
"Levati dai coglioni, idiota!", lo minacciò Ivan spingendolo malamente con una spallata.
Il cacciatore optò per dedicare la sua occasione di sfogo ad un altra vittima. Corse dietro a una donna devastata dalla paura che istericamente correva in mutande su e giù per il corridoio in cerca dell'uscita anti incendio.
Ivan prese per la maglietta il bambino, sollevandolo facilmente come una valigia. Aprì l'uscita di sicurezza con una manata e lanciò fuori il corpicino.
Il bimbo rotolò come un salame cadendo sulla griglia metallica del piccolo pergolato esterno. Respirò aria pulita e riuscì a riacquistare la lucidità necessaria per darsela a gambe giù per la scala esterna con sorprendente prontezza.
Ragazzino giudizioso.
Ivan si concesse qualche istante per riempire i polmoni di ossigeno e per smettere di lacrimare.
Non riusciva più a vedere nitidamente.
Con tutto quel fumo irritante lanciato per l'edificio, gli era impossibile rientrare.
Si portò le mani ai capelli e si voltò in direzione delle finestre cercando di distinguere le figure in movimento nel corridoio.
Fu in quel momento che lo vide e fu... come vedere un demone dal volto coperto da maschera camminare nel fumo degli Inferi.
Al suo passaggio, i soldati d'assalto completarono l'opera sparando alla testa di ogni uomo o donna che avessero catturato.
Dietro di lui, il resto dell'esercito avanzava guardingo puntando i fucili verso ogni angolo e dentro ad ogni porta sfondata a pedate urlando "Libero!", subito dopo.
Vasilj Volkov camminava a schiena dritta, con il fucile d'assalto imbracciato a due mani ma puntato a terra.
Imperscrutabile e del tutto insofferente alla morte che lo circondava.
Era la legge fatto carne.
Impossibile non provare soggezione nel vederlo nel suo ambiente naturale.
Era come vedere un Generale guidare le sue truppe.
Quando arrivò davanti a Ivan, Vasilj girò lentamente il capo verso di lui.
"Ti serve una maschera", disse tranquillamente e con il cenno di un dito richiamò uno dei suoi uomini.
A Ivan venne dato un respiratore e tutti insieme si avviarono di gran carriera verso i piani superiori.
"Ti son sempre piaciute le entrate in grande stile", commentò senza alcuna ironia Ivan mentre infilavano una rampa dietro l'altra.
Vasilj ridacchiò e fu l'unico scambio di parole che si diedero prima di rientrare nella loro personale apocalisse.
Al cancello dell'ultimo piano ebbero l'incontro ravvicinato con una decina di guardie.
Ivan sparò con precisione tre volte al petto di una e menò il calcio della pistola alla nuca di un'altra, si voltò verso Vasilj che disarmò il suo avversario facendogli volare la Glock giù per la tromba della scale.
La guardia ebbe un momento di confusione rimanendo tragicamente disarmato. Guardò giù, impallidendo all'istante nel vedere la sua arma precipitare nel buio, in caduta libera.
"Vattela a prendere", ringhiò a denti stretti Vasilj prima di tirargli un spintone alla schiena.
La guardia si sbilanciò in avanti, si sporse al di là della balaustra e volò anch'esso nel precipizio.
Ivan lo sentì urlare, poi dei terribili GONG dovuti al corpo che si schiantava in altri parapetti.
Il tonfo lontano e poi... il silenzio.
Vasilj si tolse il respiratore dal volto e urlò al resto della compagnia: "Di sopra, muoversi!".
Nell'attico non trovarono altre guardie a difesa di Vor Kozlov. In salotto giacevano i corpi di Dorian e dei suoi cugini, crivellati di colpi.
Ma del boss non c'era traccia.
Ivan si chiese nuovamente che fine avesse fatto Nicolaj.
Dalla finestra sfondata, soffiava il vento della notte. La pioggia bagnava il marmo del pavimento ricoperto di vetri rotti e fiches da Poker, mentre le tende sventolavano come spettrali fantasmi.
"Di qua!" chiamò la voce famigliare di Nicolaj, proveniente dalla stanza adiacente.
Tutti si precipitarono verso la camera da letto padronale.
Trovarono Nicolaj ferito a una gamba ma con ancora abbastanza forze per tenere sotto mira la porta del bagno chiusa a chiave.
"Si è chiuso dentro, il codardo". Spiegò il ragazzo. "E' disarmato. Te l'ho tenuto in caldo, Siberiano".
"Ben fatto". Vasilj gli strinse una spalla in segno di gratitudine. Poi si voltò verso l'inutile nascondiglio del Vor, alzò il fucile e fece fuoco con due colpi ad altezza uomo proprio al centro della porta.
Poi mirò alla serratura, la vece saltare e lentamente girò la maniglia.
Kozlov gorgogliava esanime afflosciato sulla tavoletta del suo water d'oro massiccio.
Le braccia penzolanti ai lati del corpo, la testa appoggiata all'indietro contro le piastrelle bianche schizzate di rosso.
Respirava affannosamente ma era ancora vivo.
A Ivan sfuggì un grugnito di disgusto.
Un degno trono per una merda di uomo. Morire sul proprio water aveva un certo che di poetico.
Kozlov cercò di dire qualcosa.
Lo facevano tutti in quei casi. Cercavano sempre di ritardare l'inevitabile o di dire qualcosa di epico sul finale della loro triste vita.
Vasilj si fece avanti, gli scarponi che squittirono camminando sulle lisce piastrelle in ceramica.
Mise il fucile a tracolla dietro la schiena, estrasse il pugnale dal fodero alla coscia e si chinò sulla sua preda.
"Il Vory, ti manda i suoi saluti" disse e gli piantò la lunga lama sotto la mandibola. Dal basso verso l'alto.
Quando la ritirò fuori, una cascata di sangue fluì dal cranio di Kozlov.
Fu come assistere allo scannamento di un maiale.
Ivan ebbe appena la percezione di uno degli uomini accanto a lui farsi da parte prima di sentirsi male e uscire dalla stanza.
Un ragazzotto robusto andò verso Vasilj mentre questo ripuliva la lama sui pantaloni del cadavere.
"Ti salutiamo, Vor Volkov!", disse ad alta voce in modo che tutti i 'Ragazzi del Vicolo' potessero sentire.
Come un sol uomo, l'intera squadra presente nella stanza appoggiò il ginocchio destro a terra volgendosi verso il loro nuovo leader.
Capi chini, armi infoderate.
Vasilj guardò sconvolto Ivan che gli ricambiò l'espressione sconcertata.
Anche Nicolaj, nonostante il dolore alla gamba, volle chinarsi.
"Non sono un Vor", commentò Vasilj con voce roca.
Il ragazzotto a capo dei 'Ragazzi' si inchinò e disse: "Da oggi, per tutti noi sarai il nostro Vor... e ti seguiremo qualsiasi cosa tu voglia fare".
 
  
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