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Autore: Fiore di Giada    25/10/2021    0 recensioni
[Sandokan]
[Sandokan]Quando aveva incontrato gli occhi di lei, così simili ai propri, era stato sopraffatto dall’emozione.
La nostalgia, da lui creduta svanita, era riemersa e aveva sentito la struggente necessità d’un abbraccio.
Chinò la testa sul petto, il cuore greve d’emozione. Aveva pochi ricordi di lei, perduti nella nebbia del tempo, ma il suo istinto l’aveva riconosciuta.
Ella si era girata, gli aveva sorriso e le sue mani sottili si erano strette attorno alle sue spalle.
– Io ho pochi ricordi di mia madre… Ma so che mi voleva bene e, se fosse sopravvissuta, mi avrebbe donato tutto l’amore di cui era capace. E, in quel limbo, il mio desiderio era stato esaudito. Mi vergogno quasi a dirtelo, amico mio. – confessò.
Sandokan, bonario, sorrise e gli strinse ancora di più le mani sulle spalle.
– Perché ti devi vergognare? A te il calore di una famiglia è stato negato quando eri un bambino. Hai voluto esaudire un desiderio legittimo. – replicò. Non poteva rimproverare nulla a Yanez.
A lui la famiglia era stata strappata dall’avidità dell’uomo, ma era riuscito a conoscere l’affetto dei suo genitori, di Macassar e di sua sorella Chandra.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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D’impeto, Sandokan si precipitò da Yanez e lo strinse tra le braccia. Il suo cuore, in quel momento, palpitava di gioia.
Quelle lunghe, estenuanti notti d’angoscia si erano concluse.
Ancora una volta, Suyodhana era stato sconfitto e le sue brame di dominio erano state frustrate.
Il calore del corpo di Yanez, stretto attorno al suo, era la più bella sensazione che potesse provare.
Sentì le lacrime velargli gli occhi. Aveva temuto di perdere il suo fratellino portoghese.
In quell’istante, l’energia nervosa, che, fino a poco prima, l’aveva sostenuto, si era dissolta.
Il suo animo era turbato dal forte desiderio di ridere e di piangere.
Una domanda, ad un tratto, balenò nella mente del giovane principe malese. Certo, il pericolo era cessato, ma desiderava dissipare i suoi dubbi.
Perché Yanez aveva impiegato tanto tempo per emergere dall’oscurità?
Per lui, così concreto, non doveva essere stato problematico scegliere i suoi compagni.
Cosa aveva distolto la sua attenzione da loro?
Con garbo, sciolse l’abbraccio e le sue dita, leggere, si posarono sulle spalle dell’amico.
Perché? – chiese, calmo.
Yanez, perplesso, sbarrò gli occhi, poi le sue labbra si sollevarono in un sottile sorriso.
Capisco. Vuoi sapere perché ho impiegato tre giorni per svegliarmi. – dichiarò.
Con un cenno della testa, il rajà malese annuì.
Un’ombra effimera velò gli occhi cerulei del portoghese e, per alcuni istanti, il suo sguardo vagò oltre le finestre del palazzo.
L’oceano, d’un terso azzurro, simile ad un’acquamarina, era sfiorato dai raggi del sole, che accendevano l’acqua di barbagli dorati.
I gabbiani, emettendo grida rauche, precipitavano verso il mare e, di tanto in tanto, in nuvole di gocce, emergevano le sagome dei delfini e delle balene.
Una mano d’acciaio strinse l cuore di Yanez in una morsa. Come aveva potuto dimenticare quei luoghi così belli?
Ormai, erano la sua patria.
In quei posti aveva creato la sua famiglia, che lo aveva circondato di rispetto e di affetto.
Quasi si vergognava a rivelare la ragione della sua esitazione a Sandokan.
Suyodhana è stato perfido. Non so cosa abbia fatto, ma è riuscito a staccare la mia anima dal mio corpo. E, in questo stato, sono giunto al confine tra il regno dei vivi e quello dei morti. – cominciò.
Un brivido involontario percorse la schiena di Sandokan. Dunque, avevano rischiato davvero di perderlo.
I medici erano riusciti a risanare le ferite del suo corpo, ma non avevano potuto infrangere la sua magia.
Solo l’adamantina forza di volontà del suo amico portoghese era riuscita a distruggere quell’incubo.
Con quell’individuo, nulla è impossibile. Continua. – lo incoraggiò, gentile.
Un debole sospiro fuggì dalle labbra di Yanez e, con un gesto nervoso, si passò una mano tra i corti capelli.
Non so se sia stato vero o no… Ma, in quel limbo, ho potuto vedere mia madre… Lei era lì, ancora giovane e bella, e mi invitava a seguirla… Mi diceva che niente ci avrebbe separati. Niente. – mormorò.
Si interruppe e il suo corpo, per alcuni istanti, si irrigidì, come una sbarra di metallo. La visione di lei, splendente di salute e gioventù, avvolta in un lungo abito verde e azzurro, era stata splendida, ma destabilizzante.
Quando aveva incontrato gli occhi di lei, così simili ai propri, era stato sopraffatto dall’emozione.
La nostalgia, da lui creduta svanita, era riemersa e aveva sentito la struggente necessità d’un abbraccio.
Chinò la testa sul petto, il cuore greve d’emozione. Aveva pochi ricordi di lei, perduti nella nebbia del tempo, ma il suo istinto l’aveva riconosciuta.
Ella si era girata, gli aveva sorriso e le sue mani sottili si erano strette attorno alle sue spalle.
Io ho pochi ricordi di mia madre… Ma so che mi voleva bene e, se fosse sopravvissuta, mi avrebbe donato tutto l’amore di cui era capace. E, in quel limbo, il mio desiderio era stato esaudito. Mi vergogno quasi a dirtelo, amico mio. – confessò.
Sandokan, bonario, sorrise e gli strinse ancora di più le mani sulle spalle.
Perché ti devi vergognare? A te il calore di una famiglia è stato negato quando eri un bambino. Hai voluto esaudire un desiderio legittimo. – replicò. Non poteva rimproverare nulla a Yanez.
A lui la famiglia era stata strappata dall’avidità dell’uomo, ma era riuscito a conoscere l’affetto dei suo genitori, di Macassar e di sua sorella Chandra.
Yanez, a causa delle sue origini illegittime, era stato privato del suo diritto a vivere in un ambiente sereno.
Poche ore dopo la sua nascita, sua madre era morta e il suo padre adottivo era deceduto al compimento del suo sesto anno d’età.
Era stato costretto a diventare il servo del suo stupido padre naturale e dei suoi sciocchi e crudeli fratellastri.
Poi, ho sentito la tua voce, amico mio. E avvertivo la tua angoscia e la tua rabbia. Hai detto che avresti preferito perdere tutto, ma non me… E, ancora una volta, mi hai chiamato amico. E’ stata la frase più bella che io abbia mai sentito. Mi ha consentito di ristabilire un contatto con la realtà. E la mia realtà, il mio presente siete voi. – continuò.
Alzò la testa e i suoi occhi celesti si rifletterono in quelli neri di Sandokan.
Ho dovuto dirle addio di nuovo. E’ stato triste, ma non mi pento della mia decisione. E’ stato bello godere delle sue carezze, ma non mi basta. Io non cerco chimere, ma realtà. – concluse, tranquillo. Non sapeva perché, ma, in quel momento, si sentiva libero.
E la felicità riempiva il suo cuore.
Sono felice, amico mio. Ma credo sia il caso di avvertire gli altri. E’ giusto festeggiare anche con loro il tuo ritorno. – propose Sandokan.
Yanez, entusiasta, annuì ed entrambi, allegri, uscirono dalla stanza.

   
 
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