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Autore: Monkey D Anjelika    25/10/2021    0 recensioni
Dal testo:
"Sengoku lo ammirava. Buono e giusto come dovrebbe essere chi lavora per la giustizia.
Sakazuki, invece, non lo sopportava. I loro concetti di giustizia non corrispondevano.
Kuzan lo considerava un folle, aveva ucciso degli innocenti ad Ohara solo per parole astratte che avevano contaminato la sua mente.
Lui, invece, aveva lasciato fuggire Nico Robin. Lo aveva fatto un po' per Sauro e un po' per pietà, era solo una bambina."
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Akainu, Aokiji, Fujitora, Kizaru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Molti dei suoi subordinati, spesso, si erano chiesti cosa avesse reso il suo cuore di ghiaccio.
Possibile che il magma non l'avesse mai sciolto dopo tutto quel tempo?!
Aveva un macigno nel lato sinistro del petto, chissà che aveva passato per diventare così.
Ogni giorno camminava svelto.
La postura era dritta e rigida come quella di un soldato, la testa alta, lo sguardo era rivolto avanti.
Non aveva la minima curiosità per ciò che aveva intorno.
Era un uomo che andava sempre dritto all'obiettivo.
Non rispondeva ai saluti dei suoi sottoposti, erano troppo in basso rispetto a lui.
Probabilmente non li sentiva nemmeno.
E dopo aver percorso tutto il corridoio, si sedeva nella sua poltrona.
Solo a Borsalino concedeva un secco 'buongiorno'.
Era autoritario Sakazuki detto Akainu, un cane rabbioso.
Non gli importava di nessuno se non di sé stesso.
Imponeva la sua giustizia, un concetto radicale.
Ricorreva alla violenza, alla distruzione perché solo così si poteva eliminare il marcio.
Estirpare il male dalla radice.
Forse marcia era stata la sua infanzia per renderlo così brutale.
Ma non si conosceva nulla di lui se non la sua malvagità.


Un uomo alto e vestito di giallo percorreva quel lungo corridoio.
Gli occhiali da sole coprivano i suoi occhi distratti e pigri.
La sua camminata era lenta e sbadata.
Non sembrava un ammiraglio, era potente certo ma non incuteva terrore fuori dal campo di battaglia.
Era simpatico e gentile, assomigliava ad una scimmia.
Forse da lì veniva il suo soprannome Kizaru.
Il suo vero nome era Borsalino però, l'ammiraglio di luce.
Del suo passato si sapeva poco e non importava a nessuno.
Non era come Sakazuki, non si cercavano risposte sulla sua cattiveria.
Aveva un ideale di giustizia vago come lui.
Puniva i criminali ma senza far del male ai civili.
Molto spesso si distraeva e i pirati fuggivano, e lui non se ne curava.
Era fin troppo tranquillo.
Rispondeva ai suoi subordinati, ma non li considerava amici.
Solo Sentomaru che lo chiamava zio e Sakazuki potevano definirsi più che semplici colleghi.
Ogni giorno Borsalino arrivava nell'ufficio, si sedeva sul divano e attendeva lo scontroso 'buongiorno' di Sakazuki.


Lui era stato il più giusto dei tre e il più umano.
Percorreva pigramente quell'interminabile corridoio che lo separava dal suo ufficio.
Sulla testa aveva un copriocchi, voleva solo dormire.
Com'era pigro Aokiji ma, anche se assonnato, sorrideva e salutava i suoi sottoposti.
Li confortava quando qualcosa andava storto.
Sengoku lo ammirava.
Buono e giusto come dovrebbe essere chi lavora per la giustizia.
Sakazuki, invece, non lo sopportava.
I loro concetti di giustizia non corrispondevano.
Kuzan lo considerava un folle, aveva ucciso degli innocenti ad Ohara solo per parole astratte che avevano contaminato la sua mente.
Lui, invece, aveva lasciato fuggire Nico Robin.
Lo aveva fatto un po' per Sauro e un po' per pietà, era solo una bambina.
Aveva il potere del ghiaccio ma il suo cuore era caldo.
Forse lui e Sakazuki si erano scambiati i frutti.
Che paradosso!
La sua giustizia poteva definirsi indolente, seguiva i suoi ideali e non gli ordini.
E infatti lasciò la Marina appena Sakazuki divenne Grand Ammiraglio.
Il fagiano aveva spiccato il volo, era fuggito dai cacciatori.
Da predatore era divenuto preda.

Camminava nell'oscurità ma aveva impedito ad essa di camminare in lui.
La sua vista lo aveva abbandonato tempo fa, non tollerava il male del mondo.
E così aveva deciso di andar via e lui aveva appoggiato la sua decisione.
Eppure, ora, Issho se ne era pentito.
Gli sarebbe piaciuto poter vedere il volto di Rufy, Cappello di Paglia.
A volte dimenticava che al mondo esisteva ancora qualcosa di bello.
Nonostante ciò la sua vista non sarebbe tornata, come lui non sarebbe tornato a New Marineford.
Sakazuki glielo aveva impedito per il suo fallimento.
Ma a Fujitora andava bene così.
Lui era a posto con sé stesso, sapeva di aver fatto la cosa giusta.
Era un po' come Kuzan: non seguiva gli ordini ma i suoi ideali.
Sakazuki aveva iniziato ad odiarlo.
Un pazzo se ne era andato per lasciare il posto ad uno peggio di lui.
La tigre glicine non era feroce.
Soprannome peggiore non potevano dargli.


Misterioso era l'aggettivo che meglio poteva descriverlo.
Poco si sapeva di questo toro dal manto verde. Persino il Grand Ammiraglio Sakazuki lo conosceva poco.
Gli aveva ordinato di impedire a Issho di far ritorno a Marijoa, ma non sapeva che Ryokugyu lo considerava un caro amico.
Il vincolo che li univa era lo stesso di Sakazuki e Borsalino.
Invece di cacciarlo, lo aveva accolto a braccia aperte e gli aveva offerto il pranzo.
E rideva di quella situazione.
Era da tempo che non percorreva il corridoio di New Marineford, i suoi sottoposti non lo vedevano da così tanto che avevano dimenticato i suoi lineamenti.
Di lui si sapeva solo che digiunava da tre anni, considerava una fatica mangiare.
Era troppo pigro, gli sarebbe piaciuto essere imboccato da una donna.
Eppure quando si trattava di combattere, si tramutava in un toro scatenato.
Lui e Issho erano la nemesi di Kuzan.
Oh povero Sakazuki, mai si sarebbe liberato dell'ombra di quel traditore.


   
 
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