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Autore: Shireith    25/10/2021    2 recensioni
Papillon è stato sconfitto, ma le dinamiche non sono chiare a nessuno. La stessa Ladybug nutre dubbi a riguardo. Per di più, senza che gliene spieghi il motivo, un giorno Chat Noir la abbandona.
Cinque anni dopo, il passato ritorna per entrambi.
• Long what if? che non tiene conto della quarta stagione perché quando mi è venuta l’idea ancora non era andata in onda. Lovesquare in tutte le salse con tanta Adrienette e Ladynoir. Scritta seguendo i prompt del #Writober2021 di Fanwriter.it (lista pumpBLANK – prompt misti scelti tra le quattro liste presenti).
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Alya, Gabriel Agreste, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo ottavo


(23 — appuntamento)
  
 Marinette buttò l’ennesimo pezzo di cartastraccia nel cestino e richiuse lo sportello del mobiletto con più foga del necessario.
 «Quella donna è un incubo», borbottò prendendo un altro foglio per schizzare una nuova idea.
 Davvero, qualcuno ce l’aveva con lei? Si era macchiata di un torto nei confronti dell’universo intero senza rendersene conto? Perché non era possibile che nemmeno due giorni dopo il suo sì ad Adrien (Adrien Agreste che le aveva chiesto un appuntamento di sua spontanea volontà), un solo messaggio della Belladonna fosse bastato a scombinare tutti i suoi piani.
 «Adrien non l’ha presa male», tentò di farle coraggio Tikki.
 Marinette schioccò la lingua. «Io sì.»
 L’invito inaspettato – e insperato – di Adrien l’aveva spiazzata come un vento gelido che si scateni all’improvviso. Un fuoco le si era accesso in pancia, un’eccitazione calda mista a tante altre cose che ribollivano come in una pentola.
 Era felicissima ma aveva una paura matta, aveva una paura matta ma era felicissima. Alya era esplosa per entrambe, e a poco erano serviti i tentativi di Nino nel dissuaderla dal tempestare Marinette di mille domande.
 Marinette, però, le era grata. Tra le tante cose, le riconosceva il merito più importante: quello di essere riuscita, con la sua caoticità, a tenerla sempre ancorata alla realtà. Come Tikki le ricordava che Ladybug non doveva prendere il sopravvento, così Alya la spingeva sempre a uscire, a incontrare nuova gente, a non rimanere tappata in un appartamento tra manichini sparsi ovunque e mille schizzi buttati in giro.
 Marinette qualche appuntamento l’aveva avuto, e sebbene si fosse chiesta più volte se a non averli portati a buon fine fosse la presenza costante di Chat Noir nei suoi ricordi, la richiesta improvvisa di Adrien, per la prima volta, le fece pensare di no. Non sapeva nemmeno lei se Chat Noir fosse ancora ferita fresca o cicatrice che non smetteva mai di dolere, ma con Adrien non sentiva la vocina fastidiosa che la giudicava perché voleva andare avanti.
 Si sfilò l’anello dal collo e lo lasciò penzolare a pochi centimetri dal suo naso, osservandolo come se quel semplice gesto potesse riportare indietro il suo vecchio proprietario. Tikki le si fece vicina nello stesso momento in cui Plagg uscì dal miraculous.
 Il kwami sbadigliò. «Ho fame.»
 Marinette alzò gli occhi al cielo, ma sorrise. «Il camembert è al solito posto. Non lasciarlo in giro, l’ultima volta Alya mi ha chiesto perché ci fosse formaggio puzzolente tra i cuscini del divano.»
 Plagg era la nota meno dolente dell’assenza di Chat Noir – a far male era la certezza che, anche se lo mostrava di rado, il vuoto che Plagg sentiva dentro era grande quanto il suo, se non di più.
 Come Marinette, Plagg non lo nominava mai. Il vincolo magico che lo legava al suo vecchio portatore e gli impediva di pronunciarne il nome si era spezzato: ciononostante, Plagg non lo nominava mai. A volte l’argomento usciva per caso e Marinette sentiva il cuore precipitare a picco fino a toccare terra, tanto pesante da poter spaccare il pavimento. In quel momento si chiese se anche Chat Noir avesse mai corso guai per colpa di Plagg che lasciava pezzi di formaggio ovunque. D’istinto guardò Tikki. Si domandò cosa avrebbe provato lei a rinunciare spontaneamente alla sua compagnia e si promise che mai avrebbe avuto bisogno di una risposta perché mai si sarebbe separata da lei.
 Tikki intanto aveva preso a rosicchiare un biscotto. Marinette stava per unirsi a loro per un pasto veloce prima di tornare al lavoro quando il campanello suonò. Nascose l’anello di Chat Noir nel fondo di un cassetto e si assicurò che Plagg e Tikki non fossero più in cucina prima di andare ad aprire.
 Immaginava di trovarsi Alya – la sorpresa fu ancora più gradita.
 Sorriso che gli accendeva il volto e mazzo di fiori in una mano, Adrien sollevò l’altra in segno di saluto. «Se tu non puoi andare all’appuntamento… l’appuntamento viene da te», scherzò goffamente (Marinette lo trovò adorabile). «Posso entrare?»
 Marinette si scostò di lato per farlo passare. «Non dovevi», disse mentre richiudeva la porta.
 Adrien alzò le spalle. «Ho pensato ti facesse piacere. Non è che avessi altri programmi o roba del genere.»
 Anche perché lei gli aveva dato buca. Non per sua colpa, ma gli aveva dato buca.
 «Non ti distrarrò dal tuo lavoro, promesso.»
 Marinette non disse che un po’ ne dubitava: di certo non poteva abbandonarlo lì in un angolo mentre si scervellava per trovare un’idea che avrebbe soddisfatto i capricci della Belladonna. Nondimeno, le guance le si imporporarono di fronte all’iniziativa di Adrien che come sempre dimostrava di essere tutto zucchero e cannella.
 «Il bozzetto è per domani mattina?» chiese lui.
 Mentre lo superava per dirigersi in cucina Marinette annuì. «Ha solo aspettato l’ultima sera per darmi la scadenza.»
 «Una datrice di lavoro impeccabile», scherzò Adrien mentre costeggiava il frigorifero per osservare i bozzetti attaccati in giro con le più disparate calamite. Ne riconobbe una di Londra, tre dall’Italia, due dalla Cina e tantissime di Parigi. Si appuntò mentalmente di regalarle la più bella che avesse trovato ad Amsterdam, quando vi avesse fatto ritorno per un motivo o per un altro. Magari avrebbe chiesto il favore a Nathalie, o persino a suo padre.
 «Sono stupendi.»
 Marinette fu grata che non potesse vederla arrossire dietro le lentiggini.
 «Perché non presenti uno di questi? Non dirmi che la Belladonna li ha scartati!»
 «No, non proprio. Diciamo solo che tu e Alya non siete gli unici a volere che mi metta in proprio.»
 «Li conservi per una tua linea futura?»
 «L’idea è quella, anche se servono comunque dei ritocchi.»
 «Non far vedere tutto questo alla Baronessa
 «Dubito che voglia mettere piede in una qualsiasi abitazione che non sia una villa a tre piani.»
 Adrien rise. «Meglio per te.»
 Calò un silenzio spezzato solo dal clamore di qualche tazza e piatto che Marinette stava rimettendo a posto. Con la coda dell’occhio vide Adrien posare lo sguardo sulla bacheca che suo padre l’aveva aiutata a montare tra il frigorifero e una finestra. Marinette vi aveva appeso ritagli di giornale (il primo articolo di Alya su Ladybug era il pezzo forte), fotografie che raffiguravano un po’ tutti gli eroi che avevano combattuto al suo fianco, due o tre calamite e… lui. Altrettanti articoli, fotografie, qualsiasi cosa. Marinette si concentrò su un’interessantissima tazzina scheggiata per ignorare la fitta al petto.
 Quando aveva partorito l’idea di quella bacheca aveva avuto due preoccupazioni: che qualcuno – soprattutto Alya e i suoi genitori – potesse insospettirsi, e che rivedere Chat Noir ogni singola mattina era una tortura di cui non aveva bisogno. Il primo non era un vero e proprio problema: qualunque parigino in casa aveva almeno un oggetto riconducibile a Ladybug e Chat Noir, e nel suo piccolo Marinette si era sempre mostrata fan di entrambi. Quanto al secondo punto, lei di Chat Noir si sarebbe ricordata anche se qualcuno avesse fatto sparire ogni sua singola fotografia dalla faccia della terra.
 «Come mai questa bacheca?» domandò Adrien.
 «Ah… mi piaceva l’idea. All’inizio avevo attaccato solo il primo articolo di Alya per conto di un giornale importante, poi mi sono lasciata prendere la mano.»
 A parte l’omissione di alcuni particolari era la verità, e proprio per questo riuscì a mantenere ferma la voce nonostante il ricordo di chi non c’era più minacciasse di spezzargliela.
 «Anche quella foto di Carapace l’ha scattata lei. Ne va molto fiera.»
 Marinette sapeva benissimo il perché e non riuscì a trattenere un sorriso.
 «Anche questa di Chat Noir e Ladybug l’ha scattata Alya, sbaglio?»
 Marinette seguì il suo braccio fino alla fotografia indicata e la osservò con una fitta al petto.
 No, non sbagliava.
 Sarebbe stato impossibile per lei dimenticare quel giorno – Chat Noir che faceva un gioco di parole squallidissimo, le sue fan che ridacchiavano, lei che sotto la finta espressione seccata non riusciva a nascondere un sorriso perché Chat Noir era Chat Noir e i suoi tentativi di farla ridere risultavano efficaci anche laddove un tempo avrebbero fallito perché qualsiasi cosa detta da una persona cara è speciale.
 Marinette si schiarì la gola. «Sì, l’ha scattata Alya.»
 Stava per chiedere ad Adrien come faceva a saperlo quando lui disse: «Me l’ha mostrata Nino tanto tempo fa. Era fierissimo che quella foto avesse fatto il giro di tutti i social.»
 Marinette ricordava che era diventata un trend su Twitter in meno di un’ora e i commenti erano stati uno più invadenti dell’altro – ecco, quella parte non le mancava affatto.
 Adrien non aggiunse altro. Mentre continuava a far correre lo sguardo dalla bacheca ai bozzetti e viceversa, Marinette prese un tagliere e lo riposò, poi fece la stessa cosa con due pentole e un paio di piatti. Mani sulle anche, fissò scoraggiata tutte le alternative che la sua cucina le offriva senza che almeno una la allettasse: in tutta sincerità, cucinare era l’ultima cosa che aveva voglia di fare. La vita da adulta le aveva insegnato che purtroppo i piatti non compaiono per magia sul tavolo a colazione, pranzo e cena, e per una come lei che aveva due genitori che a ogni ora le mettevano sotto il naso brioche e pasticcini, era una dura verità da accettare. Vivere di cibo da asporto non era la più salutare delle alternative, ma in quei momenti era troppo debole per resistere al richiamo della pigrizia.
 Si accorse a stento di Adrien che la osservava con un sorriso che suo malgrado non riuscì a nascondere.
 «Ehm… ti serve una mano?»
 La sua proposta fu troppo allettante per declinare.
 «Giusto un po’.»
 Si promise che non si sarebbe approfittata della sua gentilezza, quindi andò a finire che Adrien prese pieno possesso dei fornelli mentre Marinette si limitò a fare avanti e indietro per mezzo appartamento con matita e fogli alla mano e mille idee che le si affollavano in testa.
 Tre ore dopo Adrien sarebbe stato ancora in sua compagnia, e del bozzetto che doveva presentare non c’era neanche l’ombra.  

NOTE ➺ Come avevo già detto nelle note del capitolo precedente, questo aggiornamento arriva con due giorni di ritardo; il prompt è infatti del 23. Poco male, comunque. Alla fine penso che questo ritardo infastidisca più me che voi.
Non ho altro da aggiungere se non che, prima di darvi appuntamento a domani, vi lascio dopo questo capitolo uno spaccato che fa da tramite tra il capitolo otto e il capitolo nove. Una sorta di 8.5, se volete.  
   
 
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