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Autore: Little Firestar84    26/10/2021    4 recensioni
[AU]Tredici mesi, una settimana, due giorni e una manciata di ore da quando lei era uscita dalla Hall dell’albergo dove avrebbero dovuto unirsi in matrimonio. 402 giorni. 9650 ore. 579.000 minuti. Quasi trentacinque milioni di secondi.
A tutti diceva che avevano fatto bene a lasciarsi, ma in realtà dentro si sentiva cascare il mondo addosso. A volte, era come morire.

Amici, colleghi, amanti: Ryo e Kaori sono stati tante cose, dal giorno in cui si sono incontrati. Ma dopo una lunga lontananza ed essersi spezzati il cuore a vicenda, sapranno riscoprirsi e ritrovarsi?
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hideyuki Makimura, Kaori Makimura, Ryo Saeba, Saeko Nogami
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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EPISODIO #8: BLING RING

 

La camera era avvolta nell’oscurità, soltanto un lieve bagliore filtrava attraverso le veneziane. All’interno di quelle quattro mura, silenzio, tolto per quei respiri affannosi ed i sommessi gemiti di piacere.

Premuta con la schiena contro il muro, Kaori gettò le mani nei capelli di Ryo, avvicinandolo a sé, mentre lui afferrava il ciondolo  che la donna portava al collo e lo strappava, gettandolo a terra in un angolo dopo averci trafficato un po’ per disattivare la microspia: c’erano già troppi testimoni, non avevano bisogno di nessun altro che sentisse cosa stavano facendo, non voleva voci riguardo a cosa stava succedendo tra lui e la sua ex in quel preciso istante.

Ansimando, gemendo, Ryo premette l’inguine contro il corpo della donna, avvolto in quel tubino color verde smeraldo che faceva risaltare il suo incarnato e lo splendore dei suoi lucenti capelli rossi, e le fece sentire la potenza del suo desiderio.

Strinse i denti, maledicendo se stesso, la vita, il destino, Shinji… e anche Kaori.

Lei lo strattonò per i capelli, attirandolo a sé, mentre Ryo afferrava la stoffa del vestito, all’altezza dei fianchi, sollevandola fino a lasciare intravedere il sensuale intimo di pizzo color nero, e le sorrise compiaciuto contro la pelle del collo, mentre le lasciava un succhiotto.

Lo riconosceva: quel completino era stato un regalo di Kaori per il suo compleanno un paio di anni prima. Che lo avesse scelto con lui in mente, immaginando - o forse sperando - in un simile epilogo… o era stato semplicemente il caso? Aveva magari perfino dimenticato di averlo acquistato per lui?

“Sai, questo è tanto per me quanto per te…dopotutto, compiamo gli anni a soli cinque giorni di distanza! Così,  io mi godo un completino nuovo… e tu ti godi la vista di me che lo indosso!” Gli disse lei, mentre si metteva ai piedi del letto con addosso solo quella meraviglia di sensualissimo pizzo nero. Stava in punta di piedi, quasi fosse una ballerina, piroettando con il sorriso sulle labbra, ridendo felice e allegra, spensierata.

“In realtà, per quanto quello straccetto ti stia bene addosso, preferirei godermi la vista di te che te lo togli lentamente per me, bimba.”  Si leccò le labbra, e seduto sul letto fece scivolare a terra il lenzuolo, l’unica cosa che celava la sua prorompente virilità. Kaori rimase immobile, ed arrossì, e quando Ryo la raggiunse, non oppose resistenza.

“Non…” iniziò a dire lei, prima che Ryo la zittisse, unendo le loro labbra in un focoso bacio che portò entrambi indietro nel tempo, un bacio lussurioso, ma che eppure sembrava gridare della disarmante innocente sensualità di quella donna meravigliosa che Ryo poteva finalmente tenere nuovamente tra le braccia.

Una nebbia spessa si impadronì della mente di Ryo: cosa voleva dire Kaori, con quella parola?

Non possiamo.

Non significa nulla: è solo per la copertura.

Non voglio.

Non lasciarmi mai più.   

Forse nemmeno Ryo sapeva esattamente cosa voleva dirle, mentre assaporava la gioia della vita ed il fuoco della passione in quel bacio, e forse, qualunque cosa avesse voluto dire, Kaori non era pronta a sentirlo… né, forse, lo voleva.

Però, mentre la sua lingua assaporava le calde lacrime che bagnavano il volto della donna che aveva quasi sposato, l’unica che  avesse mai veramente significato qualcosa per lui… Ryo era certo di una cosa e di una cosa sola: quel bacio meraviglioso sapeva di una cosa sola.

Addio.

Quarantotto ore prima…

“Dite quello che volete, ma non capisco perché dovremmo occuparci di questo caso… si tratta di un semplice furto!” Ryo sbuffò, mani incrociate dietro la schiena, con i piedi sulla scrivania. Davanti a lui, Saeko digrignò i denti, e fu quasi tentata di prendere uno dei suoi coltelli e tirarglielo addosso: quando faceva l’insubordinato lo tollerava davvero poco, e lo faceva ancora meno quando metteva arbitrariamente in discussione le sue decisioni semplicemente perché gli andava così.

“Non si tratta di un semplice furto, ma di una banda organizzata di ladri d’arte che da anni razzia il paese…” Saeko spiegò con tutta la calma che aveva, diplomatica e distaccata. “Il capo della polizia stessa ci ha passato il caso, perché nel loro ultimo colpo ci è scappato il morto, e ritiene che l’unità Crimini Bianchi non sia abbastanza ben equipaggiata a fronteggiare una cosa del genere.”

“E loro sono d’accordo?!” Reika domandò sbattendo gli occhi, stupita.

“Non solo sono d’accordo, sono stati perfino felici di mollare a noi la patata bollente!” Hideyuki sbuffò, leggermente cupo, gli occhiali che gli ricadevano sul naso. “Sono due anni che stanno dietro a questo caso, e non sono ancora riusciti a risolverlo…”

“...e così adesso gli incompetenti che non saranno stati capaci di arrivare al dunque saremo noi!” Ryo continuò, immaginando fin troppo bene quale potesse essere stato il ragionamento dei colleghi. Improvvisamente interessato, visto e considerato che c’era di mezzo il suo orgoglio, si mise composto, ed osservò la lavagna bianca contro il muro. “Quindi, indizi? Piste?”

“Un mozzicone di sigaretta con del DNA, trovato poco lontano dalla scena del crimine. Appartiene a Satoshi Hisato, è stato dentro per rapina a mano armata ed aggressione… si tratta di un ex lottatore di lotta libera, che non è mai riuscito a fare carriera. Si ferì gravemente durante un incontro e sviluppò dipendenza dagli antidolorifici e agli oppiacei, e questo lo mise fuori dai giochi.”

“Sì, ma un mozzicone non significa nulla...” Seduta sul ripiano della scrivania, Kaori guardò alcuni fogli, e lesse quelle poche informazioni che aveva; si mordicchiò il labbro, mentre, concentrandosi, le apparve una ruga sulla fronte. Era una cosa semplice, che le capitava sempre quando si concentrava tanto, troppo, e aveva sempre fatto sorridere Ryo. Lei, quasi avvertendo quel sorriso, si voltò verso il suo ex, ma Ryo distolse lo sguardo, mettendosi a fischiettare come se nulla fosse, e Kaori si limitò a scrollare le spalle. “Sappiamo che è stato lì, non quando.”

“Già, però Hisato ha un avvocato un po’ troppo costoso per un tossico, e allora ci siamo permessi di mettergli un agente dell’intelligence alle costole e abbiamo fatto un paio di domande in giro ai nostri informatori…”

“Oh, mi piace sempre questa parte!” Ryo sghignazzò, più attento che mai. “Quando metti in mezzo i tuoi informatori, succedono sempre cose interessanti, Saeko!”

“Beh, grazie per il complimento, Ryo…. e comunque, qui entrate in gioco voi…” Gettandosi una ciocca di capelli che le ricadevano sugli occhi sulle spalle, Saeko sorrise soddisfatta e compiaciuta a quell’affermazione. “Abbiamo scoperto che Hisato parteciperà ad una festa organizzata dal suo capo, in cui verranno messi in mostra alcuni dei capolavori che hanno rubato… e a questa festa sapete anche chi è stata invitata?”

“La nostra Kasumi?” Ryo domandò; aveva sul volto un sorriso compiaciuto, un ghigno che Kaori ricordava fin troppo bene dal tempo in cui lei lo amava e lui invece usciva ogni sera con una o più donne diverse… sembrava che il semplice pensiero della bella ladra che già una volta ci aveva provato con lui gli facesse venire la bava alla bocca, nemmeno fosse stato un cavernicolo in calore.

“Proprio lei!” Saeko continuò. “JJ ha intercettato un messaggio per lei sul dark web: lei ed il suo partner sono attesi per presentarsi al capo della banda per una sorta di provino!”

“Sì, ma credevo che Kasumi fosse nel programma protezione dopo aver testimoniato contro l’uomo che l’aveva assunta per rubare quella moneta…” Kaori continuò; stava stringendo i denti, dicendosi che era seccata solo perché Ryo si stava comportando in maniera poco professionale, ma stentava a crederlo lei stessa.

“Infatti… ma questo nessuno lo sa. Come nessuno conosce il suo aspetto. Ed è per questo che ho deciso di mandare due di voi sotto copertura per incastrare questo assassino. Ryo, tu interpreterai il ruolo di Sanpei Agatomo, l’ex di Kasumi, mentre ad interpretare la nostra ladra…”

Prese a guardarsi intorno con un sorrisetto compiaciuto sul viso, studiando le donne presenti nella stanza… alla fine dei giochi, a poter interpretare quel ruolo potevano essere solo Reika oppure Kaori, ed era facile capire a chi avrebbe dato quell’incarico…

Reika era brava nel suo lavoro, tanto. Ed era perfetta per interpretare la femme fatale, forse perfino troppo, certa della suo fascino fino ad essere quasi egocentrica e piena di sé, mentre Kaori era sempre stata una ragazza semplice, senza troppi fronzoli, a volte così timida da apparire impacciata.

Ma Kaori aveva una cosa dalla sua parte, un punto a suo favore: la sua chimica con Ryo, una sintonia così profonda che quando avevano iniziato a lavorare insieme non avevano nemmeno avuto bisogno di parlarsi per comunicare: bastava uno sguardo. E lo avevano dimostrato più volte…

Saeko guidava all’inseguimento del veicolo su cui i rapinatori avevano preso in ostaggio Kaori, che si era trovata semplicemente nel posto sbagliato nel momento sbagliato.

Al suo fianco, Ryo teneva stretta nel pugno la sua fidata Python, stringendo i denti per la rabbia.

“Non vorrai sparare alla macchina su cui c’è Kaori!” la donna lo redarguì, con la voce tremante rotta dal terrore di perdere una cara amica, qualcuno che per lei era divenuta, col tempo, alla stregua di un’altra sorella. “Lo so che vuoi sparare ai pneumatici, ma quella macchina va ad una velocità assurda!”

“Non preoccuparti!” le rispose, sporgendo il braccio dal finestrino e mirando, socchiudendo l’occhio destro; guardò fisso davanti a sé, e per una frazione di secondo, quasi gli parve di incrociare lo sguardo di Kaori nello specchietto retrovisore dell’altra auto… e che lei gli sorridesse, compiaciuta, certa.

La stessa espressione che Ryo aveva sul viso.

Il colpo partì, e nello stesso istante in cui lui premeva il grilletto, Kaori si abbassò, coprendosi il capo con le braccia; una volta colpito, il veicolo volò fuori dalla strada, atterrando contro un cartellone pubblicitario di tela. I due criminali che l’avevano tenuta in pugno erano spaventati, sorpresi, e con un calcio veloce e un paio di pugni la donna facilmente si liberò di loro, e scese dalla macchina, soddisfatta.

Saeko, stupefatta, si voltò verso Ryo, le labbra dischiuse in un’espressione di pura sorpresa… sembrava quasi sconvolta. “Ma… ma come avete fatto?”

“Mi sono fidata Ryo…” lei rispose, radiante, guardando il vecchio amico.

“E io mi sono fidato dell’istinto di Kaori!” Continuò lui, con una scrollata di spalle.

Tuttavia, si guardavano negli occhi, e a Saeko fu chiaro qualcosa che forse nemmeno loro avevano ancora capito: avevano un cuore in due… anche se forse ancora non lo sapevano, o non erano pronti ad accettarlo.

“Kaori, andrai tu sotto copertura con Ryo!” Esclamò con decisione.

“Ma… ma, veramente, io….” Kaori si imbarazzò, prendendo a balbettare leggermente mentre abbassava gli occhi e si stringeva le dita; lei e Ryo si erano nuovamente riavvicinati dopo che lui, alcune settimane prima, si era ritrovato ad affrontare i fantasmi del proprio passato, l’ombra del suo stesso patrigno, ma la donna era consapevole che il loro rapporto era ancora traballante e delicato.

E poi... poteva davvero interpretare la sua amante, lei che la sua donna lo era stata davvero, e che adesso stava per sposare un altro?

“Saeko, stai facendo un grosso errore!” Reika si intromise, alzandosi in piedi di scatto e sbattendo un pugno sulla sua scrivania. “Lo sanno tutti che sono io quella abituata ad andare sotto copertura... e poi Kaori è solo un topo di laboratorio, l’hai presa in quota alla scientifica, porca miseria! Vuoi davvero mandare tutto a quel paese per… per cosa, far contento il tuo fidanzatino?!”

“Ehi!” Kaori la zittì; braccia tese lungo i fianchi, pugni chiusi, i suoi occhi sembravano lanciare scintille… e se Ryo la trovava sexy da morire, Saeko ne era altrettanto compiaciuta, sapeva che la futura cognata era una donna con gli attributi e che non si sarebbe fatta mettere i piedi in testa da nessuno, soprattutto da una donna spocchiosa come poteva spesso e volentieri essere Reika. “Se vuoi posso darti l’elenco completo di tutti i casi che ho risolto da sola, scientifica o no… non mi serve certo che mio fratello interceda per me perché io possa avere un incarico!”

Reika però non sembrò voler demordere; la guardò come se avesse voluto prenderla in giro, schernirla, braccia incrociate ed un sorrisetto furbo… e cattivello.

“Sei stata via per un bel po’, Kaori… te la senti davvero? Magari sei arrugginita…”

Kaori si limitò ad alzare un sopracciglio: a volte non sopportava davvero Reika, e l’idea di dargliela vinta… beh, non ci pensava nemmeno lontanamente. E comunque, avrebbe  tollerato la presenza di Ryo come suo falso consorte: dopotutto, non era stata lei stessa a dirgli che voleva che fossero amici, che rimanessero in buoni rapporti… soprattutto sul lavoro?

Poteva farcela – doveva farcela.

“Reika, mi piace pensare che quando si è trattato di decidere se mandare me o te a Chiba la scelta sia ricaduta sulla sottoscritta per i miei meriti, non per chi è mio fratello o chi si porta a letto.” Le rispose, piccata, mentre a Hideyuki andava di traverso il caffè e prendeva a tossicchiare. E Saeko ridacchiava, nascondendo dietro la mano le labbra sorridenti, grata che qualcuno stesse mettendo la sorella un po’ troppo spavalda al suo posto. “E comunque, io e te abbiamo la stessa esperienza, non ho nulla da invidiarti. Il fatto che oltre a saper usare un coltello ed una pistola io conosca anche il metodo di sequenziamento del DNA non vuol dire che valga meno di te – anzi.”

“Kaori ha ragione,” Ryo intervenne a supportarla, nonostante avesse compreso che Kaori sapesse combattere e vincere le sue battaglie benissimo senza il suo aiuto né quello di qualche altro cavaliere dalla lucente armatura. Le mise una mano sulla spalla e la strinse, facendo arrossire Kaori, che si  sentiva all’improvviso impacciata e ragazzina, timida ed insicura… proprio come quando, tanti anni prima, Ryo le riservava anche solo una piccola, semplice attenzione. “E comunque, Kaori ed io ci conosciamo così bene da saper lavorare insieme senza problemi, e  sarà più complicato per quella banda smascherarci!”

Le fece l’occhiolino, quasi a sottintendere che, dato che erano stati amanti, avrebbero potuto interpretare alla perfezione quel ruolo, e Kaori arrossì ancora di più: il suo volto era dello stesso colore dei suoi capelli, ormai, e pareva stesse per andare a fuoco.

Il silenzio cadde sulla stanza, e Saeko si guardò intorno, compiaciuta.

La sua squadra. I suoi uomini e le sue donne. La sua famiglia.

Lei aveva la massima fiducia in loro, e loro… in lei.

“Bene,” concluse, battendo le mani. “Kaori, JJ ti aspetta nel mio ufficio con un paio di cose per te… e poi vedremo insieme il piano. Questa banda è passata dal rubare opere d’arte al non farsi problemi ad uccidere: facciamo loro vedere di che pasta siamo fatti!”

 

            “Signora…” Galante come solo lui sapeva essere quando voleva, Ryo offrì la mano a Kaori aiutandola a scendere dalla decappottabile sportiva a due posti che avevano preso in prestito nel magazzino delle prove. Lei accettò, con un sorriso ammaliante, e scese con un movimento sensuale che mise in mostra le lunghe gambe da modella, enfatizzate da tacchi a spillo da urlo.  Eriko, la sua amica stilista, le aveva prestato un tubino verde smeraldo, dal taglio irregolare, e aveva completato l’ensemble con una parrucca dai lunghi capelli del suo stesso colore naturale, e un ciondolo che sembrava un ricercato monile moderno in acciaio, in cui però era nascosto un microfono, e che avrebbe permesso a Saeko e gli altri di monitorare ogni loro mossa ed intervenire nel caso fossero sopraggiunti guai.

“Sai, non ricordavo fossi così galante…” Lei gli disse, civettuola, mentre cammina tenendolo per il braccio, guardandosi davanti sicura e determinata, come se il mondo le appartenesse o fosse il suo personale parco giochi.

“Beh, mi piace pensare che tu ti fossi innamorata di me per com’ero, non per come fingevo di essere per portarmi a letto le sventole!” Malizioso, le fece l’occhiolino, e lei alzò il viso, leggermente indispettita, eppure… eppure, sentendosi anche un po’ colpevole, quando le parole che lei stessa gli aveva sussurrato settimane prima le tornarono alla mente.

Sono io che… che mi ero illusa di poterti cambiare.

“Tutto bene?” Le chiese, leggermente preoccupato. “Guarda che stavo scherzando, Kaori!”

Lei si limitò a scuotere il capo, e stamparsi un sorriso il più verosimile in viso mentre, finalmente, raggiungevano l’ingresso della villa nella periferia di Tokyo, e sussurravano al buttafuori  la parola d’ordine allegata al messaggio intercettato sul Dark Web.

Entrarono nel salone, riccamente decorato; dal soffitto dell’enorme sala scendeva, luminoso ed abbagliante, un lampadario di cristallo finemente decorato, statue di ghiaccio raffiguranti creature eteree decoravano ogni tavolo, mentre nell’aria si diffondono le note di un quartetto d’archi.

Lusso ed eleganza: così Kaori avrebbe descritto quel luogo. Sfarzoso, tronfio e pacchiano sarebbero state invece le parole usate da Ryo.

 “La famosa Ladra 305, immagino…”  Sentendo il nomignolo con cui Kasumi era nota nell’ambiente, Kaori si fece forza, ed indossò la sua migliore maschera. Schiena dritta, calice alle labbra, si voltò verso l’uomo che l’aveva additata: giovane, massimo trentacinque anni, dal fisico atletico, aveva l’aria di essere il tipo d’uomo che sapeva esattamente cosa voleva e soprattutto come ottenerlo. L’uomo si sistemò i gemelli con calcolata nonchalance, e si avvicinò alla donna, senza nemmeno dare un’occhiata a Ryo. “O posso conoscere il tuo nome?”

“Potresti…” Con un gesto rubato a Saeko, Kaori gettò all’indietro una ciocca di capelli che le ricadeva sugli occhi, e lo guardò maliziosa e seducente; camminò verso l’uomo, eliminando la piccola distanza che li divideva, muovendosi sinuosa, elegante e sensuale, azzerando la salivazione di Ryo che non ricordava di averla mai vista così sexy- una pantera, solo così avrebbe potuto descriverla. “Ma non capisco perché rovinare tutto con dei nomi…”

Chiuse l’atto poggiando il palmo sul petto dell’uomo, sul tessuto tirato all’inverosimile della camicia, che lasciava intravedere i muscoli. Lui le sorrise, prima di gettare il capo all’indietro in una forte risata.

“Ah! Mi Piaci davvero, donna!” Afferrò da uno dei camerieri che passavano un calice, e lo sporse nella direzione della donna per brindare. “Sono Yoichi Makechi, e sarei molto interessato ad offrire a te ed al tuo uomo un ingaggio…”

Kaori afferrò il braccio dell’ospite, e camminò con lui, facendo segno a Ryo di seguirla, cosa che lui, riluttante, fece, mani in tasca ed espressione truce. “Aso - è il cognome che uso al momento. Se non vuoi chiamarmi col mio numero… allora posso essere Miss Aso per te, Yoichi.”

Lui le sorrise, affascinante e seducente; il suo era lo sguardo di un uomo che non doveva chiedere mai, che sapeva cosa voleva e come ottenerlo, e Ryo capì immediatamente dal modo in cui sottilmente passava la punta della lingua sulle labbra che quell’uomo,  collezionista di cose belle, desiderava aggiungere alla sua raccolta la bella Ladra 305.

Non ci stava. Non poteva permetterlo: né poteva permettere che quell’uomo si sentisse autorizzato anche solo a pensare di poter allungare le mani su ciò che era di un altro.

“Allora Makechi, cosa possiamo fare io e la mia donna per te?” Ryo gli domandò, secco; afferrò Kaori per un fianco, stringendola a sé, fissando dritto l'altro negli occhi, marchiando il territorio - un comportamento da villano e cavernicolo, che portò la donna a dargli una gomitata nel fianco.

“Così presto? Forse dovremmo conoscerci meglio prima!” L’uomo lo prese in giro, ridacchiando - col risultato che Ryo strinse ancora più forte il fianco della donna, e Kaori dovette stringere i denti… la morsa di Ryo sul suo fianco era quasi dolorosa, e cercò di immaginare come avrebbe potuto spiegare nei giorni a seguire i lividi sul suo corpo. “Divertitevi un po’… fate conoscenza se volete… quando gli altri saranno andati via, potremo parlare di affari!”

Così dicendo, diede loro le spalle, e si mosse verso un altro gruppetto di persone, e con loro si comportò con altrettanto calore ed ironia; Ryo dovette ammettere che era un ottimo padrone di casa, una persona decisamente piacevole, ma quello che lo turbava era ben altro: Makechi sembrava dubitare di loro- o forse di lui solo, dopo la sua teatrale uscita - e c’era un solo modo per mettere a tacere quella voce nella testa dell’uomo.

Senza fiatare, sguardo scuro e determinato, magnetismo animale, appoggiò la mano destra sulla schiena di Kaori, e la guidò lungo la scala a chiocciola ricoperta di peccaminosa moquette color rosso: sembrava di camminare con un velluto sotto ai piedi.

Raggiunsero il piano superiore, con lei che lo guardava senza capire cosa stesse accadendo, e senza darle una spiegazione lui la spinse in una camera, senza nemmeno accendere la luce: eppure, la luce che filtrava dall’esterno lasciava ben intendere che quella fosse una camera da letto.

“Ma cosa…” Lei gli disse, cercando una spiegazione, ma Ryo non le dette il tempo di finire la frase; la spinse contro il muro, ed attaccò il collo della sua ex donna con le sue labbra piene, baciando e succhiando la delicata pelle dal profumo di vaniglia nera. Le mani di Ryo presero ad esplorare, sfiorare… andarono alla gonna, sollevandola con lenta e studiata malizia. Ryo teneva la stoffa chiusa nei pugni, all’altezza dei fianchi, e questo gli permetteva di vedere cosa lei aveva indosso: un completo intimo di pizzo nero, e non uno qualsiasi: quello, Kaori se l’era comprato per il suo compleanno… presentandosi però così agghindata per quello di lui.

Sai, questo è tanto per me quanto per te…

Voleva domandarsi se lui lo ricordasse, ma il modo in cui le sorrise contro la pelle del collo, mentre saliva verso il mento e la mascella fu la sola risposta di cui aveva bisogno: lo ricordava. Lo sapeva… e per lui, quella conoscenza era come un sensuale incoraggiamento ad andare avanti, approfittare della sceneggiata per far ricordare alla donna come potevano essere loro, insieme.

Gemendo, desiderosa di lasciarsi andare un’ultima volta, complice la copertura che le serviva da alibi, Kaori gettò le mani nei capelli di Ryo, avvicinandolo a sé; lui afferrò il ciondolo  che la donna portava al collo e lo strappò, gettandolo a terra in un angolo dopo averci trafficato un po’ per disattivare la microspia, non volendo testimoni per quel loro momento di debolezza. Pensando che lo stesse facendo per lei - per proteggerla, salvaguardarla - Kaori fu travolta da un moto di tenerezza e affetto, dal desiderio di stringerlo forte a sé e non lasciarlo andare mai più.

Ansimando, gemendo, Ryo premette l’inguine contro il corpo della donna, avvolto in quel tubino color verde smeraldo che faceva risaltare il suo incarnato e lo splendore dei suoi lucenti capelli rossi, facendole avvertire la potenza del suo desiderio, e solo allora lei avvertì come una scarica elettrica percorrerla nel profondo.

Non desiderio: ma vergogna, e senso di colpa. Lei non era più sua, non poteva più esserlo… ed apparteneva ad un altro.

Non avrebbe fatto una cosa del genere a Shinji, che negli anni l’aveva supportata e incoraggiata, da buon amico.

“Non…” iniziò, ma lui non le permise di terminare la frase, e Kaori gliene fu grata, nel momento in cui le loro bocche e le loro lingue si ritrovarono finalmente, dopo settimane… baciare Ryo era sempre nuovo ed emozionante… ogni bacio era come il primo, che la riempiva di emozione, così tanto da farle sanguinare il cuore, farla piangere di gioia mentre le ginocchia le cedevano, perché nessuno l’aveva mai baciata come lui, anche quel loro primo bacio, fortuito, per errore, l’aveva fatta sentire così, e dopo non ne aveva più avuto a sufficienza.

Sai a che cosa sto pensando? Alla prima volta che ci siamo baciati… anzi, alla prima volta che tu mi hai baciato!

Avrebbe voluto di più, allora - avrebbe sempre voluto di più. Tutto ciò che Ryo, volente o nolente, non poteva darle… ma quello che lui aveva da offrire, adesso non era più abbastanza, 

 Ciò che desiderava era Shinji che glielo stava offrendo. Lui stava avverando i suoi sogni. Lui le diceva di amarla. Stava con lei. Le faceva i complimenti. Stava ad ascoltarla quando parlava del suo lavoro. Desiderava sposarla, non tergiversava, e sperava nell’arrivo di almeno due bambini.

Con le dita dalle unghie laccate da smalto color pavone, Kaori strinse nei pugni la stoffa della camicia grigia di Ryo, e  fece per allontanarlo, ma la presa feroce e brutale di lui sulle sue spalle glielo impedì; gli morse il labbro come deterrente, ma ottenne invece il risultato opposto: appena avvertì il sapore ferroso del sangue, Ryo mugolò di piacere contro la sua bocca, ed approfondì ulteriormente quel sensuale assalto, allacciandosi la gamba sinistra di Kaori in vita e sfregando ritmicamente l’inguine contro quello di lei.

Con le lacrime agli occhi, Kaori decise allora di godersi quell’ultimo bacio, di arrendersi per quell’ultima volta a quell’amore che non era destinato a fiorire; il calore, il fuoco divennero un dolce abbraccio, una carezza piena di affetto, di rimpianto...era come se assaporassero il loro passato in quel bacio.

Era il loro modo di dirsi addio.

Ryo le respirò contro la bocca, borbottò qualcosa mentre le cancellava le lacrime coi pollici, la teneva stretta a sé con dolcezza ed amore, quasi fosse stata una creatura ultraterrena da venerare, quando la luce venne improvvisamente accesa.

“Ah! Certo che potevate scegliere almeno la camera degli ospiti!” Battendo le mani, Makechi eruppe in una fragorosa risata, mentre si avvicinava alla coppia che arrossendo leggermente si sistemavano i vestiti. “Non che mi meraviglio di te, amico mio. Difficile resisterti, signorina Aso!”

Kaori si sistemò una ciocca di capelli, e diede una scappellotto alla mano di Ryo, quasi avesse voluto trovargli da dire per quel comportamento. Poi, fredda, si portò una mano al fianco e fissò il capo della banda di ladri.

“Sono venuta qui pensando che avrei avuto delle offerti interessanti, ma quando ci si annoia perché non c’è nulla da fare qualcosa bisogna pur farlo…” Affermò, e parve che volesse quasi lanciare un guanto di sfida.

Makechi si massaggiò il mento, e la fissò, incantato ed incuriosito. Le girò intorno, quasi a volerla studiare, e si sedette sul letto, accavallando le gambe.

“Hai qualcosa di interessante a cui stai lavorando?” L’uomo si domandò, curioso, con una luce negli occhi che non lasciava presagire nulla di buono. “L’esposizione dei Monet, magari quella del tesoro imperiale?”

“Lavoro su commissione,” Kaori gli rispose secca. “Se ti rivelassi il nome del mio cliente o ti parlassi dei miei colpi non sarei più degna del lavoro che faccio.”

“Capisco,” L’uomo sospirò, avvicinandosi a lei e posandole una mano sulla spalla. “Sarebbe come umiliare il tuo orgoglio del professionista… quindi, mia bella signorina Aso,  che ne dici di iniziare a parlare di affari?”

Kaori gli sorrise, affabile, mentre Ryo le si avvicinava alle spalle; le baciò il collo, proprio sul punto in cui si poteva vedere il succhiotto, e vi posò sopra le labbra, per un tempo fin troppo lungo, indugiando in quella sensazione, che era tanto paradisiaca quanto infernale. Con maestria, le rimise la catenina al collo.

“Scusa piccola,” le disse, con voce roca ma al contempo carica di erotismo. “Non volevo strappartela di dosso, ma sai com’è, nella foga del momento…”

Fece l'occhiolino a Makechi, che emise una leggera risata gutturale, quasi comprendesse lo stato d’animo dell’altro, e Ryo emise un sospiro di sollievo: ci era cascato. Aveva avuto la sensazione che il ladro non credesse loro, e allora aveva messo in scena quella sceneggiata, approfittandone per sentire un’ultima volta le labbra di Kaori contro le sue, senza immaginare quanto sarebbe stato scosso nel profondo - e cosa gli avrebbe fatto capire.

Con Kaori al braccio, Makechi li condusse nel salone; ormai la festa era finita, c’erano solo più quelli che dovevano essere i suoi uomini presenti, ed  il personale, che, legato in qualche modo al ladro, lui era certo non avrebbe mai parlato. Entrambi però si resero conto di una cosa immediatamente: mancava Hisato, che secondo le informazioni sarebbe dovuto essere il braccio destro del capo della banda. La sua mancanza giustificava l’ingresso di Kasumi e del suo compagno, ma che non ci fosse dopo essere stato beccato ed interrogato dalla polizia era un chiaro indizio che le cose non stavano davvero andando per il meglio, e che si sarebbero potute mettere ancora peggio se non avessero fatto attenzione.

L’uomo abbassò le luci e toccò un tasto su di un telecomando dal ricercato design moderno, e subito partirono delle diapositive, proiettate sul muro bianco: Kaori e Ryo non conoscevano il nome dell’opera, ma lo stile lo definiva chiaramente come un Van Gogh.

“Secondo i gossip, Vincent lo dipinse per la donna che amava, ma che aveva scelto un altro. Un amore più semplice, e che le avrebbe dato la possibilità di migliorare la propria estrazione sociale.” Ryo a quelle parole lanciò un’occhiata involontaria a Kaori, che si sentiva rabbrividire dentro: era così che la vedevano, gli altri? Era così che la considerava lui?

E soprattutto… la biasimava per non aver lottato maggiormente per il loro rapporto?

Guardò Ryo, ed i loro occhi si incontrarono; lui le lanciò un sorriso triste, che senza bisogno di parlare le diceva molto più di certe conversazioni durate ore avute con altre persone nel corso della sua vita.

“Hai già un piano?” Ryo gli domandò, dando una scossa alla situazione e forzandola a tornare a concentrarsi sul presente, e sul lavoro - indugiare in quegli sciocchi pensieri non sarebbe servito a nulla, perché quel bacio che si erano scambiati aveva sancito definitivamente la fine del loro rapporto, era un qualcosa che avvertivano entrambi nel profondo.

“Certo che sì,” Makechi gli rispose, accendendosi una sigaretta e fissando l'immagine sul muro; quel dipinto sarebbe potuto arrivare a decine di milioni di dollari ad un’asta, ma aveva già un compratore pronto a sborsarne cinque per la gioia di avere quel pezzo nella sua collezione segreta. “E se le cose dovessero mettersi male…”

Con espressione cinica, Makechi scostò leggermente la giacca, lasciando intravedere una semi-automatica che brillava nella fondina ascellare; Ryo la riconobbe immediatamente, si trattava di una Browning Buckmark Plus, unica per via del grilletto d’oro massiccio su quell’arma di splendente acciaio, ed a occhio e croce doveva essere una calibro 22- proprio come l’arma che aveva ucciso il proprietario della galleria visitata dalla banda. Ryo aveva anche la netta sensazione che, anche quando avessero trovato Hisato - se lo avessero mai trovato - sarebbe stato sotto la forma di cadavere con un proiettile del medesimo calibro piantato in mezzo agli occhi.

Sarebbe bastata la pistola per incastrarlo? Forse sì, o forse no - avrebbe potuto raccontare storie, instillare il dubbio nei giudici. Ma era indubbio che avesse un piano - che stava pure spiegando alla perfezione, ai presenti e alla polizia - e comunque Kaori aveva notato un paio di dipinti nella camera da letto, che era certa essere decisamente opere originali e non mere copie - opere che erano nell’elenco di quelle rubate dal celeberrimo ladro.

Quello, ne era certa, sarebbe stato abbastanza; e comunque, leggere il mood generale della stanza era decisamente facile; l’unico veramente a suo agio era Makechi, mentre i suoi uomini erano preoccupati e sembravano sudare freddo, ulteriore indizio della misera fine che sembrava aver fatto il secondo di Makechi.

“Allora, qualche domanda?” l’uomo domandò, sistemandosi i polsini dell’elegante e raffinata camicia.  Ryo e Kaori si scambiarono uno sguardo, consci che avevano già abbastanza prove e che non sarebbe stato necessario procedere col colpo per prendere l’uomo in flagranza. Lei allora, giocherellando con il ciondolo che aveva al collo, si avvicinò al ladro, occhi fissi sulla gigantografia del Van Gogh che faceva ancora bella mostra di sé sul muro.

“Dovremo fare attenzione…” sentenziò, seria, eppure con un sorriso soddisfatto sul viso. “Puoi avere un certo livello di controllo sulle tue azioni ma quasi nessun controllo sui loro risultati, dopotutto.”

Ryo fece schioccare la lingua contro il palato, le mani in tasca dei pantaloni eleganti: quella era la frase di controllo concordata per far entrare in azione Saeko, Maki e Reika.

Un attimo dopo, due finestre venivano rotte dal lancio di bombe fumogene, mentre la porta veniva abbattuta e in tenuta d’assalto la squadra faceva il suo ingresso nella proprietà, pistola in pugno, pronta finalmente all’arresto ed a chiudere un caso che era andato fin troppo per le lunghe.

 

Una volta tornati al distretto, Ryo e Kaori si erano a malapena parlati, concentrandosi su argomenti di lavoro; avevano steso un veloce verbale ed aiutato negli interrogatori, prima di potersi concedere la tanto agognata libertà, l’uscita che avrebbe permesso loro di tornare a casa e farsi finalmente una doccia, liberandosi del puzzo di fumo che aveva impregnato la loro stessa pelle – e che Kaori sperava avrebbe cancellato dal suo corpo la sensazione di bruciante desiderio che ancora avvertiva al mero pensiero di essere stata quasi posseduta, di nuovo, da Ryo.

Stavano lasciando insieme la centrale, in silenzio, l’uno accanto all’altra; non si stavano toccando, nonostante Ryo avesse avvertito forte la tentazione di allungare la mano e sfiorarla, prendere le dita di lei e stringerle, portarle al cuore, alle labbra… ma non lo aveva fatto, perché non l’aveva mai sentita così distante negli anni.

Aveva perso quel diritto: ora lo sapeva, lo capiva… mentre si baciavano, fingendo di essere la coppia di amanti ladri, lei aveva pianto, sentendosi probabilmente in colpa per quel bacio, leggendolo alla stregua di un tradimento. E doveva essersi sentita ancora peggio, sapendo quanto Shinji avesse sempre detestato Ryo, e trovasse disdicevole il fatto che lui e Kaori fossero ancora così vicini ed uniti.

Ryo si era deciso a mettersi l’anima in pace, ad accettare che lei fosse finalmente andata avanti con la sua vita: ciò però non significava che gli dovesse piacere, o che non sentisse il suo cuore spezzarsi in due all’idea che l’avrebbe persa per sempre, e che le cose non sarebbero mai più tornate come prima.

“Ryo, senti…” davanti a lui, Kaori si fermò, e si voltò a guardarlo in volto, fronteggiarlo; titubante, si mordeva le labbra, e sembrava stesse per scoppiare a piangere. Fece un paio di passi verso di lui, alzò finalmente gli occhi verso il suo ex, a cui il fiato morì in gola, e fece per dire qualcosa… ma le parole non le uscivano dalle belle labbra piene.

Forse non sapeva cosa dire. O forse, semplicemente, la ragione le suggeriva di non dire ad alta voce ciò che il cuore le sussurrava incessantemente ormai da settimane, se non da mesi… quasi avvertisse questo bisogno impellente della donna di risolvere la situazione tra loro, Ryo fece quell’ultimo passo che li separava… il cuore gli batteva all’impazzata nel petto, quasi avesse voluto scoppiare, ma non gli importava.

Il suo cuore batteva... e lo faceva per lei. Allungò una mano, pronto a sfiorarle il viso, avvicinarla a sé e baciarla… non un bacio di rabbia e possesso, non un bacio per ingannare dei criminali, ma un bacio vero, di desiderio onesto e sincero.

Forse si era sbagliato. Forse quel bacio non era stato un addio, ma un ben tornato. Forse non era troppo tardi. Forse, per loro, c’era ancora una possibilità.

Gli occhi luminosi, le sorrise, avvicinandosi sempre di più.

“Kaori!”

Quasi fosse stata bruciata, appena sentì la voce provenire dalle sue spalle Kaori si allontanò da Ryo, che inebetito la fissava con occhi tremuli, delusi. Tremando, la donna si voltò in direzione della voce, ed al fondo della scalinata lo vide… sorridente, la salutava con un braccio alzato, e correva verso di lei.

Shinji. Il suo fidanzato. L’uomo che stava per sposare. Colui che aveva fatto cicatrizzare la ferita della delusione di Ryo. Che quando vedeva una scuola, diceva che avrebbero mandato lì i figli.

“Ryo, io…” si voltò un’ultima volta verso di lui, timida ed impacciata, di nuovo la ragazzina adolescente che lo aveva incontrato per la prima volta, ma Ryo si limitò a scrollare le spalle, sorridendo, triste, ma comprensivo. 

“Va tutto bene, partner.” si limitò a dirle, allontanandosi a sua volta, scendendo lento quelle scalinate. “Doveva andare così.”

Shinji, perfetto nel sue vestito elegante, bello come un Dio, raggiunse Kaori e la prese tra le braccia, facendola volteggiare nell’aria; Kaori squittì, gettandogli le braccia al collo, e rise – una risata tirata, forzata, in cui lei tentò di mettere tutta se stessa. Ormai aveva fatto la sua scelta: Shinji la amava, la rispettava… e non aveva paura ad esternare i suoi sentimenti. E, per di più, era raffinato, colto e benestante.

Il contrario di Ryo… anche fisicamente: capelli neri l’uno, chiarissimi, quasi biondi l’altro; occhi come la pece Ryo, verdi l’altro. Fisico possente Ryo, Shinji era invece alto “solo” come Kaori, ed era così magro da apparire mingherlino.

Il giorno e la notte.

Da lontano, Ryo guardò la scena. Ormai era chiaro, Kaori aveva deciso, e non sarebbe tornata indietro. Aveva fatto la sua scelta.

Lo accettava. Ma non significava che gli piacesse.

   
 
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