EPISODIO #8: BLING RING
La
camera era avvolta nell’oscurità, soltanto un
lieve bagliore
filtrava attraverso le veneziane. All’interno di quelle
quattro mura, silenzio,
tolto per quei respiri affannosi ed i sommessi gemiti di piacere.
Premuta
con la schiena contro il muro, Kaori gettò le mani nei
capelli di Ryo, avvicinandolo a sé, mentre lui afferrava il
ciondolo che la
donna portava al collo e lo strappava,
gettandolo a terra in un angolo dopo averci trafficato un po’
per disattivare
la microspia: c’erano già troppi testimoni, non
avevano bisogno di nessun altro
che sentisse cosa stavano facendo, non voleva voci riguardo a cosa
stava
succedendo tra lui e la sua ex in quel preciso istante.
Ansimando,
gemendo, Ryo premette l’inguine contro il corpo della
donna, avvolto in quel tubino color verde smeraldo che faceva risaltare
il suo
incarnato e lo splendore dei suoi lucenti capelli rossi, e le fece
sentire la
potenza del suo desiderio.
Strinse
i denti, maledicendo se stesso, la vita, il destino,
Shinji… e anche Kaori.
Lei
lo strattonò per i capelli, attirandolo a sé,
mentre Ryo
afferrava la stoffa del vestito, all’altezza dei fianchi,
sollevandola fino a
lasciare intravedere il sensuale intimo di pizzo color nero, e le
sorrise
compiaciuto contro la pelle del collo, mentre le lasciava un succhiotto.
Lo
riconosceva: quel completino era stato un regalo di Kaori per
il suo compleanno un paio di anni
prima. Che lo avesse scelto con lui in mente, immaginando - o forse
sperando -
in un simile epilogo… o era stato semplicemente il caso?
Aveva magari perfino
dimenticato di averlo acquistato per lui?
“Sai,
questo è
tanto per me quanto per te…dopotutto, compiamo gli anni a
soli cinque giorni di
distanza! Così, io
mi godo un completino
nuovo… e tu ti godi la vista di me che lo
indosso!” Gli disse lei, mentre si
metteva ai piedi del letto con addosso solo quella meraviglia di
sensualissimo
pizzo nero. Stava in punta di piedi, quasi fosse una ballerina,
piroettando con
il sorriso sulle labbra, ridendo felice e allegra, spensierata.
“In
realtà, per
quanto quello straccetto ti stia bene addosso, preferirei godermi la
vista di
te che te lo togli lentamente per me, bimba.”
Si leccò le labbra, e seduto sul letto fece
scivolare a terra il
lenzuolo, l’unica cosa che celava la sua prorompente
virilità. Kaori rimase
immobile, ed arrossì, e quando Ryo la raggiunse, non oppose
resistenza.
“Non…”
iniziò a dire lei, prima che Ryo la zittisse, unendo le
loro labbra in un focoso bacio che portò entrambi indietro
nel tempo, un bacio
lussurioso, ma che eppure sembrava gridare della disarmante innocente
sensualità di quella donna meravigliosa che Ryo poteva
finalmente tenere
nuovamente tra le braccia.
Una
nebbia spessa si impadronì della mente di Ryo: cosa voleva
dire Kaori, con quella parola?
Non
possiamo.
Non
significa
nulla: è solo per la copertura.
Non
voglio.
Non
lasciarmi mai
più.
Forse
nemmeno Ryo sapeva esattamente cosa voleva dirle, mentre
assaporava la gioia della vita ed il fuoco della passione in quel
bacio, e
forse, qualunque cosa avesse voluto dire, Kaori non era pronta a
sentirlo… né,
forse, lo voleva.
Però,
mentre la sua lingua assaporava le calde lacrime che
bagnavano il volto della donna che aveva quasi sposato,
l’unica che avesse
mai veramente significato qualcosa per
lui… Ryo era certo di una cosa e di una cosa sola: quel
bacio meraviglioso
sapeva di una cosa sola.
Addio.
Quarantotto
ore prima…
“Dite
quello che volete, ma non capisco perché dovremmo occuparci
di questo caso… si tratta di un semplice furto!”
Ryo sbuffò, mani incrociate
dietro la schiena, con i piedi sulla scrivania. Davanti a lui, Saeko
digrignò i
denti, e fu quasi tentata di prendere uno dei suoi coltelli e
tirarglielo
addosso: quando faceva l’insubordinato lo tollerava davvero
poco, e lo faceva
ancora meno quando metteva arbitrariamente in discussione le sue
decisioni
semplicemente perché gli andava così.
“Non
si tratta di un semplice furto, ma di una banda organizzata
di ladri d’arte che da anni razzia il
paese…” Saeko spiegò con tutta la calma
che aveva, diplomatica e distaccata. “Il capo della polizia
stessa ci ha
passato il caso, perché nel loro ultimo colpo ci
è scappato il morto, e ritiene
che l’unità Crimini Bianchi non sia abbastanza ben
equipaggiata a fronteggiare
una cosa del genere.”
“E
loro sono d’accordo?!” Reika domandò
sbattendo gli occhi,
stupita.
“Non
solo sono d’accordo, sono stati perfino felici di mollare a
noi la patata bollente!” Hideyuki sbuffò,
leggermente cupo, gli occhiali che
gli ricadevano sul naso. “Sono due anni che stanno dietro a
questo caso, e non
sono ancora riusciti a risolverlo…”
“...e
così adesso gli incompetenti che non saranno stati capaci di
arrivare al dunque saremo noi!” Ryo continuò,
immaginando fin troppo bene quale
potesse essere stato il ragionamento dei colleghi. Improvvisamente
interessato,
visto e considerato che c’era di mezzo il suo orgoglio, si
mise composto, ed
osservò la lavagna bianca contro il muro. “Quindi,
indizi? Piste?”
“Un
mozzicone di sigaretta con del DNA, trovato poco lontano dalla
scena del crimine. Appartiene a Satoshi Hisato, è stato
dentro per rapina a
mano armata ed aggressione… si tratta di un ex lottatore di
lotta libera, che
non è mai riuscito a fare carriera. Si ferì
gravemente durante un incontro e
sviluppò dipendenza dagli antidolorifici e agli oppiacei, e
questo lo mise
fuori dai giochi.”
“Sì,
ma un mozzicone non significa nulla...” Seduta sul ripiano
della scrivania, Kaori guardò alcuni fogli, e lesse quelle
poche informazioni
che aveva; si mordicchiò il labbro, mentre, concentrandosi,
le apparve una ruga
sulla fronte. Era una cosa semplice, che le capitava sempre quando si
concentrava tanto, troppo, e aveva sempre fatto sorridere Ryo. Lei,
quasi
avvertendo quel sorriso, si voltò verso il suo ex, ma Ryo
distolse lo sguardo,
mettendosi a fischiettare come se nulla fosse, e Kaori si
limitò a scrollare le
spalle. “Sappiamo che è stato lì, non
quando.”
“Già,
però Hisato ha un avvocato un po’ troppo costoso
per un
tossico, e allora ci siamo permessi di mettergli un agente
dell’intelligence
alle costole e abbiamo fatto un paio di domande in giro ai nostri
informatori…”
“Oh,
mi piace sempre questa parte!” Ryo sghignazzò,
più attento
che mai. “Quando metti in mezzo i tuoi informatori, succedono
sempre cose
interessanti, Saeko!”
“Beh,
grazie per il complimento, Ryo…. e comunque, qui entrate in
gioco voi…” Gettandosi una ciocca di capelli che
le ricadevano sugli occhi
sulle spalle, Saeko sorrise soddisfatta e compiaciuta a
quell’affermazione.
“Abbiamo scoperto che Hisato parteciperà ad una
festa organizzata dal suo capo,
in cui verranno messi in mostra alcuni dei capolavori che hanno
rubato… e a
questa festa sapete anche chi è stata invitata?”
“La
nostra Kasumi?” Ryo domandò; aveva sul volto un
sorriso
compiaciuto, un ghigno che Kaori ricordava fin troppo bene dal tempo in
cui lei
lo amava e lui invece usciva ogni sera con una o più donne
diverse… sembrava
che il semplice pensiero della bella ladra che già una volta
ci aveva provato
con lui gli facesse venire la bava alla bocca, nemmeno fosse stato un
cavernicolo in calore.
“Proprio
lei!” Saeko continuò. “JJ ha
intercettato un messaggio
per lei sul dark web: lei ed il suo partner sono attesi per presentarsi
al capo
della banda per una sorta di provino!”
“Sì,
ma credevo che Kasumi fosse nel programma protezione dopo
aver testimoniato contro l’uomo che l’aveva assunta
per rubare quella moneta…”
Kaori continuò; stava stringendo i denti, dicendosi che era
seccata solo perché
Ryo si stava comportando in maniera poco professionale, ma stentava a
crederlo
lei stessa.
“Infatti…
ma questo nessuno lo sa. Come nessuno conosce il suo
aspetto. Ed è per questo che ho deciso di mandare due di voi
sotto copertura
per incastrare questo assassino. Ryo, tu interpreterai il ruolo di
Sanpei
Agatomo, l’ex di Kasumi, mentre ad interpretare la nostra
ladra…”
Prese
a guardarsi intorno con un sorrisetto compiaciuto sul viso,
studiando le donne presenti nella stanza… alla fine dei
giochi, a poter
interpretare quel ruolo potevano essere solo Reika oppure Kaori, ed era
facile
capire a chi avrebbe dato quell’incarico…
Reika
era brava nel suo lavoro, tanto. Ed era perfetta per
interpretare la femme fatale, forse perfino troppo, certa della suo
fascino
fino ad essere quasi egocentrica e piena di sé, mentre Kaori
era sempre stata
una ragazza semplice, senza troppi fronzoli, a volte così
timida da apparire
impacciata.
Ma
Kaori aveva una cosa dalla sua parte, un punto a suo favore: la
sua chimica con Ryo, una sintonia così profonda che quando
avevano iniziato a
lavorare insieme non avevano nemmeno avuto bisogno di parlarsi per
comunicare:
bastava uno sguardo. E lo avevano dimostrato più
volte…
Saeko
guidava
all’inseguimento del veicolo su cui i rapinatori avevano
preso in ostaggio
Kaori, che si era trovata semplicemente nel posto sbagliato nel momento
sbagliato.
Al
suo fianco,
Ryo teneva stretta nel pugno la sua fidata Python, stringendo i denti
per la
rabbia.
“Non
vorrai
sparare alla macchina su cui c’è Kaori!”
la donna lo redarguì, con la voce
tremante rotta dal terrore di perdere una cara amica, qualcuno che per
lei era
divenuta, col tempo, alla stregua di un’altra sorella.
“Lo so che vuoi sparare
ai pneumatici, ma quella macchina va ad una velocità
assurda!”
“Non
preoccuparti!” le rispose, sporgendo il braccio dal
finestrino e mirando,
socchiudendo l’occhio destro; guardò fisso davanti
a sé, e per una frazione di
secondo, quasi gli parve di incrociare lo sguardo di Kaori nello
specchietto
retrovisore dell’altra auto… e che lei gli
sorridesse, compiaciuta, certa.
La
stessa
espressione che Ryo aveva sul viso.
Il
colpo partì, e
nello stesso istante in cui lui premeva il grilletto, Kaori si
abbassò,
coprendosi il capo con le braccia; una volta colpito, il veicolo
volò fuori
dalla strada, atterrando contro un cartellone pubblicitario di tela. I
due
criminali che l’avevano tenuta in pugno erano spaventati,
sorpresi, e con un
calcio veloce e un paio di pugni la donna facilmente si
liberò di loro, e scese
dalla macchina, soddisfatta.
Saeko,
stupefatta, si voltò verso Ryo, le labbra dischiuse in
un’espressione di pura
sorpresa… sembrava quasi sconvolta.
“Ma… ma come avete fatto?”
“Mi
sono fidata
Ryo…” lei rispose, radiante, guardando il vecchio
amico.
“E
io mi sono
fidato dell’istinto di Kaori!” Continuò
lui, con una scrollata di spalle.
Tuttavia,
si
guardavano negli occhi, e a Saeko fu chiaro qualcosa che forse nemmeno
loro
avevano ancora capito: avevano un cuore in due… anche se
forse ancora non lo
sapevano, o non erano pronti ad accettarlo.
“Kaori,
andrai tu sotto copertura con Ryo!” Esclamò con
decisione.
“Ma…
ma, veramente, io….” Kaori si
imbarazzò, prendendo a
balbettare leggermente mentre abbassava gli occhi e si stringeva le
dita; lei e
Ryo si erano nuovamente riavvicinati dopo che lui, alcune settimane
prima, si
era ritrovato ad affrontare i fantasmi del proprio passato,
l’ombra del suo
stesso patrigno, ma la donna era consapevole che il loro rapporto era
ancora
traballante e delicato.
E
poi... poteva davvero interpretare la sua amante, lei che la sua
donna lo era stata davvero, e che adesso stava per sposare un altro?
“Saeko,
stai facendo un grosso errore!” Reika si intromise,
alzandosi in piedi di scatto e sbattendo un pugno sulla sua scrivania.
“Lo
sanno tutti che sono io quella abituata ad andare sotto copertura... e
poi
Kaori è solo un topo di laboratorio, l’hai presa
in quota alla scientifica, porca
miseria! Vuoi davvero
mandare tutto a quel paese per… per cosa, far contento il
tuo fidanzatino?!”
“Ehi!”
Kaori la zittì; braccia tese lungo i fianchi, pugni chiusi,
i suoi occhi sembravano lanciare scintille… e se Ryo la
trovava sexy da morire,
Saeko ne era altrettanto compiaciuta, sapeva che la futura cognata era
una
donna con gli attributi e che non si sarebbe fatta mettere i piedi in
testa da
nessuno, soprattutto da una donna spocchiosa come poteva spesso e
volentieri
essere Reika. “Se vuoi posso darti l’elenco
completo di tutti i casi che ho
risolto da sola, scientifica o no… non mi serve certo che
mio fratello
interceda per me perché io possa avere un
incarico!”
Reika
però non sembrò voler demordere; la
guardò come se avesse
voluto prenderla in giro, schernirla, braccia incrociate ed un
sorrisetto
furbo… e cattivello.
“Sei
stata via per un bel po’, Kaori… te la senti
davvero? Magari
sei arrugginita…”
Kaori
si limitò ad alzare un sopracciglio: a volte non sopportava
davvero Reika, e l’idea di dargliela vinta… beh,
non ci pensava nemmeno
lontanamente. E comunque, avrebbe
tollerato la presenza
di Ryo come suo
falso consorte: dopotutto, non era stata lei stessa a dirgli che voleva
che
fossero amici, che rimanessero in buoni rapporti…
soprattutto sul lavoro?
Poteva
farcela – doveva farcela.
“Reika,
mi piace pensare che quando si è trattato di decidere se
mandare me o te a Chiba la scelta sia ricaduta sulla sottoscritta per i
miei meriti,
non per chi è mio fratello o chi si porta a
letto.” Le rispose, piccata, mentre
a Hideyuki andava di traverso il caffè e prendeva a
tossicchiare. E Saeko
ridacchiava, nascondendo dietro la mano le labbra sorridenti, grata che
qualcuno stesse mettendo la sorella un po’ troppo spavalda al
suo posto. “E
comunque, io e te abbiamo la stessa esperienza, non ho nulla da
invidiarti. Il
fatto che oltre a saper usare un coltello ed una pistola io conosca
anche il
metodo di sequenziamento del DNA non vuol dire che valga meno di te
– anzi.”
“Kaori
ha ragione,” Ryo intervenne a supportarla, nonostante
avesse compreso che Kaori sapesse combattere e vincere le sue battaglie
benissimo senza il suo aiuto né quello di qualche altro
cavaliere dalla lucente
armatura. Le mise una mano sulla spalla e la strinse, facendo arrossire
Kaori,
che si sentiva
all’improvviso impacciata
e ragazzina, timida ed insicura… proprio come quando, tanti
anni prima, Ryo le
riservava anche solo una piccola, semplice attenzione. “E
comunque, Kaori ed io
ci conosciamo così bene da saper lavorare insieme senza
problemi, e sarà
più complicato per quella banda
smascherarci!”
Le
fece l’occhiolino, quasi a sottintendere che, dato che erano
stati amanti, avrebbero potuto interpretare alla perfezione quel ruolo,
e Kaori
arrossì ancora di più: il suo volto era dello
stesso colore dei suoi capelli,
ormai, e pareva stesse per andare a fuoco.
Il
silenzio cadde sulla stanza, e Saeko si guardò intorno,
compiaciuta.
La
sua squadra. I suoi uomini e le sue donne. La sua famiglia.
Lei
aveva la massima fiducia in loro, e loro… in lei.
“Bene,”
concluse, battendo le mani. “Kaori, JJ ti aspetta nel mio
ufficio con un paio di cose per te… e poi vedremo insieme il
piano. Questa
banda è passata dal rubare opere d’arte al non
farsi problemi ad uccidere:
facciamo loro vedere di che pasta siamo fatti!”
“Signora…”
Galante come solo lui sapeva essere quando voleva, Ryo offrì
la mano a Kaori
aiutandola a scendere dalla decappottabile sportiva a due posti che
avevano
preso in prestito nel magazzino delle prove. Lei accettò,
con un sorriso
ammaliante, e scese con un movimento sensuale che mise in mostra le
lunghe
gambe da modella, enfatizzate da tacchi a spillo da urlo. Eriko, la sua amica
stilista, le aveva
prestato un tubino verde smeraldo, dal taglio irregolare, e aveva
completato
l’ensemble con una parrucca dai lunghi capelli del suo stesso
colore naturale,
e un ciondolo che sembrava un ricercato monile moderno in acciaio, in
cui però
era nascosto un microfono, e che avrebbe permesso a Saeko e gli altri
di
monitorare ogni loro mossa ed intervenire nel caso fossero sopraggiunti
guai.
“Sai,
non ricordavo fossi così galante…” Lei
gli disse,
civettuola, mentre cammina tenendolo per il braccio, guardandosi
davanti sicura
e determinata, come se il mondo le appartenesse o fosse il suo
personale parco
giochi.
“Beh,
mi piace pensare che tu ti fossi innamorata di me per
com’ero, non per come fingevo di essere per portarmi a letto
le sventole!”
Malizioso, le fece l’occhiolino, e lei alzò il
viso, leggermente indispettita,
eppure… eppure, sentendosi anche un po’ colpevole,
quando le parole che lei
stessa gli aveva sussurrato settimane prima le tornarono alla mente.
Sono
io che… che mi ero illusa di poterti cambiare.
“Tutto
bene?” Le
chiese, leggermente preoccupato. “Guarda che stavo
scherzando, Kaori!”
Lei
si limitò a
scuotere il capo, e stamparsi un sorriso il più verosimile
in viso mentre,
finalmente, raggiungevano l’ingresso della villa nella
periferia di Tokyo, e
sussurravano al buttafuori la
parola
d’ordine allegata al messaggio intercettato sul Dark Web.
Entrarono
nel
salone, riccamente decorato; dal soffitto dell’enorme sala
scendeva, luminoso
ed abbagliante, un lampadario di cristallo finemente decorato, statue
di
ghiaccio raffiguranti creature eteree decoravano ogni tavolo, mentre
nell’aria
si diffondono le note di un quartetto d’archi.
Lusso
ed
eleganza: così Kaori avrebbe descritto quel luogo. Sfarzoso,
tronfio e
pacchiano sarebbero state invece le parole usate da Ryo.
“La famosa Ladra
305, immagino…”
Sentendo il nomignolo con cui Kasumi era nota
nell’ambiente, Kaori si fece forza, ed indossò la
sua migliore maschera.
Schiena dritta, calice alle labbra, si voltò verso
l’uomo che l’aveva additata:
giovane, massimo trentacinque anni, dal fisico atletico, aveva
l’aria di essere
il tipo d’uomo che sapeva esattamente cosa voleva e
soprattutto come ottenerlo.
L’uomo si sistemò i gemelli con calcolata
nonchalance, e si avvicinò alla
donna, senza nemmeno dare un’occhiata a Ryo. “O
posso conoscere il tuo nome?”
“Potresti…”
Con
un gesto rubato a Saeko, Kaori gettò all’indietro
una ciocca di capelli che le
ricadeva sugli occhi, e lo guardò maliziosa e seducente;
camminò verso l’uomo,
eliminando la piccola distanza che li divideva, muovendosi sinuosa,
elegante e
sensuale, azzerando la salivazione di Ryo che non ricordava di averla
mai vista
così sexy- una pantera, solo così avrebbe potuto
descriverla. “Ma non capisco
perché rovinare tutto con dei nomi…”
Chiuse
l’atto
poggiando il palmo sul petto dell’uomo, sul tessuto tirato
all’inverosimile
della camicia, che lasciava intravedere i muscoli. Lui le sorrise,
prima di
gettare il capo all’indietro in una forte risata.
“Ah!
Mi Piaci
davvero, donna!” Afferrò da uno dei camerieri che
passavano un calice, e lo
sporse nella direzione della donna per brindare. “Sono Yoichi
Makechi, e sarei
molto interessato ad offrire a te ed al tuo uomo un
ingaggio…”
Kaori
afferrò il
braccio dell’ospite, e camminò con lui, facendo
segno a Ryo di seguirla, cosa
che lui, riluttante, fece, mani in tasca ed espressione truce.
“Aso - è il
cognome che uso al momento. Se non vuoi chiamarmi col mio
numero… allora posso
essere Miss Aso per te, Yoichi.”
Lui
le sorrise,
affascinante e seducente; il suo era lo sguardo di un uomo che non
doveva
chiedere mai, che sapeva cosa voleva e come ottenerlo, e Ryo
capì
immediatamente dal modo in cui sottilmente passava la punta della
lingua sulle
labbra che quell’uomo, collezionista
di
cose belle, desiderava aggiungere alla sua raccolta la bella Ladra 305.
Non
ci stava. Non
poteva permetterlo: né poteva permettere che
quell’uomo si sentisse autorizzato
anche solo a pensare di poter allungare le mani su ciò che
era di un altro.
“Allora
Makechi,
cosa possiamo fare io e la mia donna
per te?” Ryo gli domandò, secco;
afferrò Kaori per un fianco, stringendola a
sé, fissando dritto l'altro negli occhi, marchiando il
territorio - un
comportamento da villano e cavernicolo, che portò la donna a
dargli una gomitata
nel fianco.
“Così
presto?
Forse dovremmo conoscerci meglio prima!” L’uomo lo
prese in giro, ridacchiando
- col risultato che Ryo strinse ancora più forte il fianco
della donna, e Kaori
dovette stringere i denti… la morsa di Ryo sul suo fianco
era quasi dolorosa, e
cercò di immaginare come avrebbe potuto spiegare nei giorni
a seguire i lividi
sul suo corpo. “Divertitevi un po’… fate
conoscenza se volete… quando gli altri
saranno andati via, potremo parlare di affari!”
Così
dicendo,
diede loro le spalle, e si mosse verso un altro gruppetto di persone, e
con
loro si comportò con altrettanto calore ed ironia; Ryo
dovette ammettere che
era un ottimo padrone di casa, una persona decisamente piacevole, ma
quello che
lo turbava era ben altro: Makechi sembrava dubitare di loro- o forse di
lui
solo, dopo la sua teatrale uscita - e c’era un solo modo per
mettere a tacere
quella voce nella testa dell’uomo.
Senza
fiatare,
sguardo scuro e determinato, magnetismo animale, appoggiò la
mano destra sulla
schiena di Kaori, e la guidò lungo la scala a chiocciola
ricoperta di
peccaminosa moquette color rosso: sembrava di camminare con un velluto
sotto ai
piedi.
Raggiunsero
il
piano superiore, con lei che lo guardava senza capire cosa stesse
accadendo, e
senza darle una spiegazione lui la spinse in una camera, senza nemmeno
accendere la luce: eppure, la luce che filtrava dall’esterno
lasciava ben
intendere che quella fosse una camera da letto.
“Ma
cosa…” Lei
gli disse, cercando una spiegazione, ma Ryo non le dette il tempo di
finire la
frase; la spinse contro il muro, ed attaccò il collo della
sua ex donna con le
sue labbra piene, baciando e succhiando la delicata pelle dal profumo
di
vaniglia nera. Le mani di Ryo presero ad esplorare,
sfiorare… andarono alla
gonna, sollevandola con lenta e studiata malizia. Ryo teneva la stoffa
chiusa
nei pugni, all’altezza dei fianchi, e questo gli permetteva
di vedere cosa lei
aveva indosso: un completo intimo di pizzo nero, e non uno qualsiasi:
quello,
Kaori se l’era comprato per il suo compleanno…
presentandosi però così
agghindata per quello di lui.
Sai,
questo è
tanto per me quanto per te…
Voleva
domandarsi se lui lo ricordasse, ma il modo in cui le
sorrise contro la pelle del collo, mentre saliva verso il mento e la
mascella
fu la sola risposta di cui aveva bisogno: lo ricordava. Lo
sapeva… e per lui,
quella conoscenza era come un sensuale incoraggiamento ad andare
avanti,
approfittare della sceneggiata per far ricordare alla donna come
potevano
essere loro, insieme.
Gemendo,
desiderosa di lasciarsi andare un’ultima volta, complice
la copertura che le serviva da alibi, Kaori gettò le mani
nei capelli di Ryo,
avvicinandolo a sé; lui afferrò il ciondolo
che la donna portava al collo e lo strappò,
gettandolo a terra in un
angolo dopo averci trafficato un po’ per disattivare la
microspia, non volendo
testimoni per quel loro momento di debolezza. Pensando che lo stesse
facendo
per lei - per proteggerla, salvaguardarla - Kaori fu travolta da un
moto di
tenerezza e affetto, dal desiderio di stringerlo forte a sé
e non lasciarlo
andare mai più.
Ansimando,
gemendo, Ryo premette l’inguine contro il corpo della
donna, avvolto in quel tubino color verde smeraldo che faceva risaltare
il suo
incarnato e lo splendore dei suoi lucenti capelli rossi, facendole
avvertire la
potenza del suo desiderio, e solo allora lei avvertì come
una scarica elettrica
percorrerla nel profondo.
Non
desiderio: ma vergogna, e senso di colpa. Lei non era più
sua,
non poteva più esserlo… ed apparteneva ad un
altro.
Non
avrebbe fatto una cosa del genere a Shinji, che negli anni
l’aveva supportata e incoraggiata, da buon amico.
“Non…”
iniziò, ma lui non le permise di terminare la frase, e
Kaori gliene fu grata, nel momento in cui le loro bocche e le loro
lingue si
ritrovarono finalmente, dopo settimane… baciare Ryo era
sempre nuovo ed
emozionante… ogni bacio era come il primo, che la riempiva
di emozione, così
tanto da farle sanguinare il cuore, farla piangere di gioia mentre le
ginocchia
le cedevano, perché nessuno l’aveva mai baciata
come lui, anche quel loro primo
bacio, fortuito, per errore, l’aveva fatta sentire
così, e dopo non ne aveva
più avuto a sufficienza.
Sai
a che cosa
sto pensando? Alla prima volta che ci siamo baciati… anzi,
alla prima volta che
tu
mi
hai baciato!
Avrebbe
voluto di più, allora - avrebbe sempre voluto di
più.
Tutto ciò che Ryo, volente o nolente, non poteva
darle… ma quello che lui aveva
da offrire, adesso non era più abbastanza,
Ciò che
desiderava era
Shinji che glielo stava offrendo. Lui stava avverando i suoi sogni. Lui
le
diceva di amarla. Stava con lei. Le faceva i complimenti. Stava ad
ascoltarla
quando parlava del suo lavoro. Desiderava sposarla, non tergiversava, e
sperava
nell’arrivo di almeno due bambini.
Con
le dita dalle unghie laccate da smalto color pavone, Kaori
strinse nei pugni la stoffa della camicia grigia di Ryo, e fece per allontanarlo, ma
la presa feroce e
brutale di lui sulle sue spalle glielo impedì; gli morse il
labbro come
deterrente, ma ottenne invece il risultato opposto: appena
avvertì il sapore
ferroso del sangue, Ryo mugolò di piacere contro la sua
bocca, ed approfondì
ulteriormente quel sensuale assalto, allacciandosi la gamba sinistra di
Kaori
in vita e sfregando ritmicamente l’inguine contro quello di
lei.
Con
le lacrime agli occhi, Kaori decise allora di godersi
quell’ultimo bacio, di arrendersi per quell’ultima
volta a quell’amore che non
era destinato a fiorire; il calore, il fuoco divennero un dolce
abbraccio, una
carezza piena di affetto, di rimpianto...era come se assaporassero il
loro
passato in quel bacio.
Era
il loro modo di dirsi addio.
Ryo
le respirò contro la bocca, borbottò qualcosa
mentre le
cancellava le lacrime coi pollici, la teneva stretta a sé
con dolcezza ed
amore, quasi fosse stata una creatura ultraterrena da venerare, quando
la luce
venne improvvisamente accesa.
“Ah!
Certo che potevate scegliere almeno la camera degli ospiti!”
Battendo le mani, Makechi eruppe in una fragorosa risata, mentre si
avvicinava
alla coppia che arrossendo leggermente si sistemavano i vestiti.
“Non che mi
meraviglio di te, amico mio. Difficile resisterti, signorina
Aso!”
Kaori
si sistemò una ciocca di capelli, e diede una scappellotto
alla mano di Ryo, quasi avesse voluto trovargli da dire per quel
comportamento.
Poi, fredda, si portò una mano al fianco e fissò
il capo della banda di ladri.
“Sono
venuta qui pensando che avrei avuto delle offerti
interessanti, ma quando ci si annoia perché non
c’è nulla da fare qualcosa
bisogna pur farlo…” Affermò, e parve
che volesse quasi lanciare un guanto di
sfida.
Makechi
si massaggiò il mento, e la fissò, incantato ed
incuriosito. Le girò intorno, quasi a volerla studiare, e si
sedette sul letto,
accavallando le gambe.
“Hai
qualcosa di interessante a cui stai lavorando?”
L’uomo si
domandò, curioso, con una luce negli occhi che non lasciava
presagire nulla di
buono. “L’esposizione dei Monet, magari quella del
tesoro imperiale?”
“Lavoro
su commissione,” Kaori gli rispose secca. “Se ti
rivelassi
il nome del mio cliente o ti parlassi dei miei colpi non sarei
più degna del
lavoro che faccio.”
“Capisco,”
L’uomo sospirò, avvicinandosi a lei e posandole
una
mano sulla spalla. “Sarebbe come umiliare il tuo orgoglio del
professionista…
quindi, mia bella signorina Aso, che
ne
dici di iniziare a parlare di affari?”
Kaori
gli sorrise, affabile, mentre Ryo le si avvicinava alle
spalle; le baciò il collo, proprio sul punto in cui si
poteva vedere il
succhiotto, e vi posò sopra le labbra, per un tempo fin
troppo lungo,
indugiando in quella sensazione, che era tanto paradisiaca quanto
infernale.
Con maestria, le rimise la catenina al collo.
“Scusa
piccola,” le disse, con voce roca ma al contempo carica di
erotismo. “Non volevo strappartela di dosso, ma sai
com’è, nella foga del
momento…”
Fece
l'occhiolino a Makechi, che emise una leggera risata
gutturale, quasi comprendesse lo stato d’animo
dell’altro, e Ryo emise un
sospiro di sollievo: ci era cascato. Aveva avuto la sensazione che il
ladro non
credesse loro, e allora aveva messo in scena quella sceneggiata,
approfittandone per sentire un’ultima volta le labbra di
Kaori contro le sue,
senza immaginare quanto sarebbe stato scosso nel profondo - e cosa gli
avrebbe
fatto capire.
Con
Kaori al braccio, Makechi li condusse nel salone; ormai la
festa era finita, c’erano solo più quelli che
dovevano essere i suoi uomini
presenti, ed il
personale, che, legato
in qualche modo al ladro, lui era certo non avrebbe mai parlato.
Entrambi però
si resero conto di una cosa immediatamente: mancava Hisato, che secondo
le
informazioni sarebbe dovuto essere il braccio destro del capo della
banda. La
sua mancanza giustificava l’ingresso di Kasumi e del suo
compagno, ma che non
ci fosse dopo essere stato beccato ed interrogato dalla polizia era un
chiaro
indizio che le cose non stavano davvero andando per il meglio, e che si
sarebbero potute mettere ancora peggio se non avessero fatto attenzione.
L’uomo
abbassò le luci e toccò un tasto su di un
telecomando dal
ricercato design moderno, e subito partirono delle diapositive,
proiettate sul
muro bianco: Kaori e Ryo non conoscevano il nome dell’opera,
ma lo stile lo
definiva chiaramente come un Van Gogh.
“Secondo
i gossip, Vincent lo dipinse per la donna che amava, ma
che aveva scelto un altro. Un amore più semplice, e che le
avrebbe dato la
possibilità di migliorare la propria estrazione
sociale.” Ryo a quelle parole
lanciò un’occhiata involontaria a Kaori, che si
sentiva rabbrividire dentro:
era così che la vedevano, gli altri? Era così che
la considerava lui?
E
soprattutto… la biasimava per non aver lottato maggiormente
per
il loro rapporto?
Guardò
Ryo, ed i loro occhi si incontrarono; lui le lanciò un
sorriso triste, che senza bisogno di parlare le diceva molto
più di certe
conversazioni durate ore avute con altre persone nel corso della sua
vita.
“Hai
già un piano?” Ryo gli domandò, dando
una scossa alla
situazione e forzandola a tornare a concentrarsi sul presente, e sul
lavoro -
indugiare in quegli sciocchi pensieri non sarebbe servito a nulla,
perché quel
bacio che si erano scambiati aveva sancito definitivamente la fine del
loro
rapporto, era un qualcosa che avvertivano entrambi nel profondo.
“Certo
che sì,” Makechi gli rispose, accendendosi una
sigaretta e
fissando l'immagine sul muro; quel dipinto sarebbe potuto arrivare a
decine di
milioni di dollari ad un’asta, ma aveva già un
compratore pronto a sborsarne
cinque per la gioia di avere quel pezzo nella sua collezione segreta.
“E se le
cose dovessero mettersi male…”
Con
espressione cinica, Makechi scostò leggermente la giacca,
lasciando intravedere una semi-automatica che brillava nella fondina
ascellare;
Ryo la riconobbe immediatamente, si trattava di una Browning Buckmark
Plus,
unica per via del grilletto d’oro massiccio su
quell’arma di splendente
acciaio, ed a occhio e croce doveva essere una calibro 22- proprio come
l’arma
che aveva ucciso il proprietario della galleria visitata dalla banda.
Ryo aveva
anche la netta sensazione che, anche quando avessero trovato Hisato - se lo avessero mai trovato - sarebbe
stato sotto la forma di cadavere con un proiettile del medesimo calibro
piantato in mezzo agli occhi.
Sarebbe
bastata la pistola per incastrarlo? Forse sì, o forse no -
avrebbe potuto raccontare storie, instillare il dubbio nei giudici. Ma
era
indubbio che avesse un piano - che stava pure spiegando alla
perfezione, ai
presenti e alla polizia - e comunque Kaori aveva notato un paio di
dipinti
nella camera da letto, che era certa essere decisamente opere originali
e non
mere copie - opere che erano nell’elenco di quelle rubate dal
celeberrimo
ladro.
Quello,
ne era certa, sarebbe stato abbastanza; e comunque,
leggere il mood generale della stanza era decisamente facile;
l’unico veramente
a suo agio era Makechi, mentre i suoi uomini erano preoccupati e
sembravano
sudare freddo, ulteriore indizio della misera fine che sembrava aver
fatto il
secondo di Makechi.
“Allora,
qualche domanda?” l’uomo domandò,
sistemandosi i polsini
dell’elegante e raffinata camicia.
Ryo e
Kaori si scambiarono uno sguardo, consci che avevano già
abbastanza prove e che
non sarebbe stato necessario procedere col colpo per prendere
l’uomo in
flagranza. Lei allora, giocherellando con il ciondolo che aveva al
collo, si
avvicinò al ladro, occhi fissi sulla gigantografia del Van
Gogh che faceva
ancora bella mostra di sé sul muro.
“Dovremo
fare attenzione…” sentenziò, seria,
eppure con un sorriso
soddisfatto sul viso. “Puoi avere un certo livello di
controllo sulle tue
azioni ma quasi nessun controllo sui loro risultati,
dopotutto.”
Ryo
fece schioccare la lingua contro il palato, le mani in tasca
dei pantaloni eleganti: quella era la frase di controllo concordata per
far
entrare in azione Saeko, Maki e Reika.
Un
attimo dopo, due finestre venivano rotte dal lancio di bombe
fumogene, mentre la porta veniva abbattuta e in tenuta
d’assalto la squadra
faceva il suo ingresso nella proprietà, pistola in pugno,
pronta finalmente
all’arresto ed a chiudere un caso che era andato fin troppo
per le lunghe.
Una
volta tornati al distretto, Ryo e
Kaori si erano a malapena parlati, concentrandosi su argomenti di
lavoro;
avevano steso un veloce verbale ed aiutato negli interrogatori, prima
di
potersi concedere la tanto agognata libertà,
l’uscita che avrebbe permesso loro
di tornare a casa e farsi finalmente una doccia, liberandosi del puzzo
di fumo
che aveva impregnato la loro stessa pelle – e che Kaori
sperava avrebbe
cancellato dal suo corpo la sensazione di bruciante desiderio che
ancora
avvertiva al mero pensiero di essere stata quasi posseduta, di nuovo,
da Ryo.
Stavano
lasciando insieme la centrale, in silenzio, l’uno accanto
all’altra; non si stavano toccando, nonostante Ryo avesse
avvertito forte la
tentazione di allungare la mano e sfiorarla, prendere le dita di lei e
stringerle, portarle al cuore, alle labbra… ma non lo aveva
fatto, perché non
l’aveva mai sentita così distante negli anni.
Aveva
perso quel diritto: ora lo sapeva, lo capiva… mentre si
baciavano, fingendo di essere la coppia di amanti ladri, lei aveva
pianto,
sentendosi probabilmente in colpa per quel bacio, leggendolo alla
stregua di un
tradimento. E doveva essersi sentita ancora peggio, sapendo quanto
Shinji
avesse sempre detestato Ryo, e trovasse disdicevole il fatto che lui e
Kaori
fossero ancora così vicini ed uniti.
Ryo
si era deciso a mettersi l’anima in pace, ad accettare che
lei
fosse finalmente andata avanti con la sua vita: ciò
però non significava che
gli dovesse piacere, o che non sentisse il suo cuore spezzarsi in due
all’idea
che l’avrebbe persa per sempre, e che le cose non sarebbero
mai più tornate
come prima.
“Ryo,
senti…” davanti a lui, Kaori si fermò,
e si voltò a
guardarlo in volto, fronteggiarlo; titubante, si mordeva le labbra, e
sembrava
stesse per scoppiare a piangere. Fece un paio di passi verso di lui,
alzò
finalmente gli occhi verso il suo ex, a cui il fiato morì in
gola, e fece per
dire qualcosa… ma le parole non le uscivano dalle belle
labbra piene.
Forse
non sapeva cosa dire. O forse, semplicemente, la ragione le
suggeriva di non dire ad alta voce ciò che il cuore le
sussurrava
incessantemente ormai da settimane, se non da mesi… quasi
avvertisse questo
bisogno impellente della donna di risolvere la situazione tra loro, Ryo
fece
quell’ultimo passo che li separava… il cuore gli
batteva all’impazzata nel
petto, quasi avesse voluto scoppiare, ma non gli importava.
Il
suo cuore batteva... e lo faceva per lei. Allungò una mano,
pronto a sfiorarle il viso, avvicinarla a sé e
baciarla… non un bacio di rabbia
e possesso, non un bacio per ingannare dei criminali, ma un bacio vero,
di
desiderio onesto e sincero.
Forse
si era sbagliato. Forse quel bacio non era stato un addio,
ma un ben tornato. Forse non era troppo tardi. Forse, per loro,
c’era ancora
una possibilità.
Gli
occhi luminosi, le sorrise, avvicinandosi sempre di più.
“Kaori!”
Quasi
fosse stata bruciata, appena sentì la voce provenire dalle
sue spalle Kaori si allontanò da Ryo, che inebetito la
fissava con occhi
tremuli, delusi. Tremando, la donna si voltò in direzione
della voce, ed al
fondo della scalinata lo vide… sorridente, la salutava con
un braccio alzato, e
correva verso di lei.
Shinji.
Il suo fidanzato. L’uomo che stava per sposare. Colui che
aveva fatto cicatrizzare la ferita della delusione di Ryo. Che quando
vedeva
una scuola, diceva che avrebbero mandato lì i figli.
“Ryo,
io…” si voltò un’ultima volta
verso di lui, timida ed
impacciata, di nuovo la ragazzina adolescente che lo aveva incontrato
per la
prima volta, ma Ryo si limitò a scrollare le spalle,
sorridendo, triste, ma
comprensivo.
“Va
tutto bene, partner.” si limitò a dirle,
allontanandosi a sua
volta, scendendo lento quelle scalinate. “Doveva andare
così.”
Shinji,
perfetto nel sue vestito elegante, bello come un Dio, raggiunse
Kaori e la prese tra le braccia, facendola volteggiare
nell’aria; Kaori
squittì, gettandogli le braccia al collo, e rise –
una risata tirata, forzata,
in cui lei tentò di mettere tutta se stessa. Ormai aveva
fatto la sua scelta:
Shinji la amava, la rispettava… e non aveva paura ad
esternare i suoi
sentimenti. E, per di più, era raffinato, colto e
benestante.
Il
contrario di Ryo… anche fisicamente: capelli neri
l’uno,
chiarissimi, quasi biondi l’altro; occhi come la pece Ryo,
verdi l’altro.
Fisico possente Ryo, Shinji era invece alto “solo”
come Kaori, ed era così
magro da apparire mingherlino.
Il
giorno e la notte.
Da
lontano, Ryo guardò la scena. Ormai era chiaro, Kaori aveva
deciso, e non sarebbe tornata indietro. Aveva fatto la sua scelta.
Lo
accettava. Ma non significava che gli piacesse.