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Autore: Chiara PuroLuce    26/10/2021    7 recensioni
A Ettore, hanno sempre celato molte cose nella vita, e a lui - che è un tipo diretto - non è mai piaciuto essere tenuto all'oscuro, ora men che meno, perchè lui è... Ah, e se poi ci si mette di mezzo un'intervistatrice "speciale"... quello che ne esce è qualcosa tra il divertente e il serioso che spero possa piacervi e farvi sorridere.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                         CELARE AGLI OCCHI                             
 
                                                            pumpNIGHT 2021 - Prompt 14 – Celare



Il mondo è campione nel celare.
Si cela di tutto e a tutti. Se non celi, non sei un tipo di cui fidarsi. Ci avete fatto caso? Io sì.
Si cela una cosa e al suo posto se ne dice un’altra, più romanzata e che risulti credibile.
Può essere voluto, oppure spontaneo, ma la cosa non cambia. Si nascondono le cose per il proprio tornaconto.
Lo sa bene lui, Ettore.
 
«Piacere di conoscervi!»
 
Cavoli, Ettore, stavo parlando io.
 
«Scusa, mi sembrava carino presentarmi.»
 
Ok, per questa volta te la passo. Torniamo a noi, ora.
Sua madre gli ha nascosto che suo padre era stato incarcerato per omicidio, per non farlo soffrire e così gli disse che era partito per un lungo viaggio di lavoro. Non aveva fatto più ritorno e lui non l’aveva più visto. Suo padre era morto in carcere vittima di un regolamento di conti. Ettore aveva dieci anni.
 
«Dieci! E già mi nascondevano le cose. Dico io, ero un bambino, mica scemo. Lo vedevo da me che papà era un delinquente e che in casa nostra girava brutta gente e poi è sparito, così… nel nulla. Dopotutto due più due fa sempre quattro, no?»
 
Già, quattro. Ma vuoi lasciarmi continuare? Vuoi fare diventare questa storia come la Stele di Rosetta?
 
«Volevo solo specificare. E poi… perché parli di me come se non fossi qui?»
 
Ehi, mia la storia, mio il metodo. Se non ti piace, sta zitto e ascolta come se fossi uno spettatore qualunque.
 
«Mamma mia come sei nervosetta. E va bene, fa come vuoi che io mi adeguo.»
 
Oh, finalmente ci siamo capiti. Allora… dov’ero rimasta…
 
«Che poi… lungo viaggio di lavoro, almeno un po’ di fantasia in più, mamma poteva mettercela se proprio voleva inventare una balla. Il viaggio più lungo che faceva era nel parchetto davanti a casa per spacciare. Era il classico pesce piccolo, ma fastidioso.»
 
Sssì, ok. Grazie per la puntualizzazione. Mi spiace molto per te. Ma andiamo avanti ora.
Sua sorella, gli ha nascosto che il suo ormai ex fidanzato la picchiava, per paura che quell’essere si vendicasse su di lui che era indifeso. Agì come se la sua condizione l’avesse privato del cervello e aveva deciso al posto suo, anche lei.
 
«Quello stronzo. Ah, ma che hanno le donne della mia famiglia? Vogliono proteggermi e invece mi fanno solo arrabbiare. Comunque appena l’ho saputo non sono rimasto con le mani in mano. Ho chiamato la polizia, gli ho detto chi era – un altro piccolo spacciatore – e l’ho fatto arrestare. Sapevo che quella sera sarebbe passato a prenderla e così l’ho riferito ai militari che gli hanno teso una trappola nella quale è cascato con tutte le scarpe.»
 
Meriti un applauso, bravissimo e speriamo che lei abbia imparato la lezione. Passiamo oltre.
La sua fidanzata l’ha mollato perché, a suo dire, non l’amava più e invece era solo stanca di uscire con uno come lui che tutti fissano come se fosse un alieno.
 
«Fissano. Ahahaha, che ironia. Sì, a quanto pare sono tutti incuriositi da un cieco. Comunque, Imma era una stronza, nascosta sotto un bel faccino. In questo caso devo ringraziare la mia cecità per avermi salvato da lei.»
 
Cavoli, volevo dirlo io in quanto narratrice o voce fuori campo, come preferisci. Guastafeste. Eh, sì, perché lui, Ettore, è cieco. Non era una cecità innata la sua, ci è diventato dopo una brutta caduta da cavallo durante una corsa. Lui era uno dei fantini più bravi della zona e la sua carriera era fitta di successi. Questo è accaduto circa due anni prima.
 
«Che schifo di vita, vero?»
 
Io la definirei difficile, semmai. Ma ti sei riscattato. Ti sei rimboccato le maniche e hai lavorato duro, questo ti fa solo onore.
Ora, davvero Ettore, silenzio o facciamo notte. Dov’ero rimasta? Ah, sì.
Il medico non fu del tutto sincero con lui all’inizio e gli aveva celato il fatto che la sua condizione potesse essere permanente. L’aveva capito dall’inclinazione della voce e visto che lui era un tipo mordace, aveva sottoposto il medico a tante di quelle domande e pressioni che alla fine aveva ceduto. Si era giustificato dicendo che l’aveva fatto per non caricare troppo la sua fragile situazione con ulteriori preoccupazioni. Per come la vedeva lui, invece, quel medico era solo un bugiardo e non meritava della sua fiducia. L’aveva subito cambiato. Dico bene?
 
«Ah, ora ti sta bene se ti interrompo? Sei strana forte tu. Per tornare a noi… vorrei vedere te al mio posto. Avresti continuato a farti visitare da lui? Quel tizio non mi piaceva e le sue menzogne mi hanno confermato quello che già sospettavo. Quindi sì, non meritava la mia fiducia, confermo.»
 
Grazie. A questo punto – mollato il ciarlat… ops, insomma, quel medico – Ettore si chiese se sarebbe tornato a vedere mai. Pensieri angoscianti. 
Lui, però, non si diede per vinto. Aveva imparato l’alfabeto morse, aveva fatto innumerevoli giri per casa e per il quartiere per imparare il percorso a memoria, fino a che era arrivata Matilde a dargli una mano, anzi… una zampa.
 
«Matilde, la mia Golden Retriever marrone, così mi hanno detto. Il mio angelo custode formato animale.»
 
Esatto. L’incubo della tua ex, vero? Così hanno detto a me.
 
«Sì, Imma non l’ha mai sopportata e Matilde, di contro, quando era presente, le stava alla larga e mi marcava stretto. Dovevo darle retta prima. Gli animali la sanno lunga e hanno il dono di capire le persone e la loro vera natura. Gli animali non mentono, mai. Non nascondono le cose, loro, mai.»
 
Hai ragione, lo dico perché io ho quattro gatti e mi fido molto del loro giudizio. Parliamoci chiaro, Ettore.
La cecità ti ha celato il mondo, ma il mondo è rientrato grazie a Matilde e… a Mattia.
La cecità ti ha privato della vista, ma ti ha anche acuito gli altri sensi e la capacità di capire quando una persona ha qualcosa da nascondere.
La cecità ti ha celato i volti, per potere comprendere meglio le persone.
 
«Bè, ora non elogiarla, è pur sempre una brutta condizione fisica, oltre che mentale, no? Però hai ragione. Ho imparato un nuovo modo di vivere e rapportarmi con gli altri.»
 
D’accordo, chiedo venia. Cerchiamo di accelerare la cose che stasera ho la pizza che mi aspetta e non vorrei saltarla per colpa tua che continui a interrompermi.
 
«Pizza! Gnammmm!»
 
Sì, ok, w la pizza. Ma ora torniamo seri e riportiamo le papille gustative al loro livello normale, vuoi? Ok, proseguiamo.
Sua madre era diventata ossessiva. Non lo faceva con cattiveria, ma Ettore era arrivato a non sopportarla più.
 
«Mi spiace dirlo, ma non è mai stata una madre affettiva e questo suo improvviso attaccamento eccessivo… mi aveva spiazzato e terrorizzato.»
 
I suoi parenti stavano attenti a come parlavano con lui e se scappava una frase tipo “avessi visto che…” subito si bloccavano e si scusavano.
 
«Mai sentite tante scuse in vita mia come da quando sono diventato cieco.»
 
Ma tu devi sempre dire la tua? Che rompiscatole sei… comunque tornando alla storia…
L’unica persona che gli era sempre stata vicina e non lo aveva mai trattato diversamente era, appunto, Mattia, il suo amico d’infanzia. A lui non nascondeva mai nulla, non poteva, lo conosceva troppo bene e viceversa.
Mattia lo aveva fatto uscire da un inizio di depressione che lo aveva colto subito dopo la diagnosi e non gli aveva mai celato nulla. Era una persona molto onesta, simpatica e Matilde impazziva per lui. Mattia parlava chiaro e di questo Ettore gli era immensamente grato.
 
«Esatto, Mattia. Pur di allontanarmi da una situazione casalinga che ogni giorno si faceva più opprimente, Mattia mi propose di andare a vivere insieme in un appartamento con un modesto giardino per Matilde. Secondo te, potevo mai rifiutare un’offerta del genere? E quando mi ricapitava più. E così sono quasi undici mesi che mi sono trasferito. Abitiamo a circa dieci chilometri dal nostro paese. Ora ci sto bene, ma ci sono voluti un paio di mesi per orientarmi e passeggiare tranquillamente con Matilde per le sue vie, anche se sono poco trafficate. Alcuni paesani sono curiosi di saperne di più sulla sua condizione, ma a me fa piacere parlarne.»
 
La domanda ora è, il nostro Ettore, sarebbe mai tornato a vedere o, comunque, a distinguere le forme? Non ne aveva idea, ma aveva imparato ad accettarsi anche così. Negli ultimi tempi aveva anche ricominciato ad andare al maneggio – che ora distava solo poche centinaia di metri da casa – dove aveva ripreso a montare il suo cavallo.
 
«Sì, alla fine mi sono affezionato a Ulisse e l’ho comprato, togliendolo dalle competizioni. O meglio, i vecchi proprietari me l’hanno offerto come gesto di gratitudine per averlo sempre trattato bene e condotto a diverse vittorie e io ho accettato. Non posso vederlo, ma sento la sua felicità e la nostra complicità non è venuta a meno con il tempo.»
 
La sua vita era cambiata nuovamente, ma in meglio questa volta. E ora, come va Ettore?
 
«Bene, grazie. Io e Ulisse siamo un duo formidabile. Da qualche mese, ovvero dall’inizio delle scuole, collaboriamo con le elementari della zona per un progetto che le vede coinvolte con gli animali. Dovresti sentire le esclamazioni che accolgono sempre la nostra entrata. Mi sento utile e vivo. I bambini non mentono mai, o quasi e mi piace parlare loro dei benefici del rapporto uomo-animale.»
 
Che bello. Quindi niente più bugie, segreti o mezze verità?
 
«Con loro posso essere me stesso e parlare liberamente di ciò che più mi appassiona. Ma posso anche fare capire loro che celare la verità, nella vita, non fa mai bene. Posso contribuire alla loro crescita e questo mi fa felice e mi terrorizza allo stesso tempo. Però mi diverte anche.»
 
E a casa, tutto bene? Intendo con tua madre e tua sorella.
 
«Ma come, non lo sai? Non eri tu la saputella sulla mia vita, fino a poco fa?»
 
Sì, ma quello era il passato, questo è il presente… rispondi dai, non farti pregare.
 
«Niente, con loro tutto procede uguale. La prima non capisce perché me ne sia andato nelle mie “condizioni”, l’altra mi detesta perché è colpa mia se il suo fidanzato violento è in carcere… eh, sì, alla fine sono io il cattivo, per lei. Non capiscono questa mia voglia di sincerità. Per loro celare questo o quello non è un problema, per me sì. Mi sento come la classica mosca bianca. I miei genitori, mia sorella… sembra che i guai siano loro amici e che mentire, nascondere qualsiasi cosa – specie per un proprio tornaconto personale – sia normale. Io, invece, l’ho sempre odiato e spesso mi sono chiesto se fossi veramente figlio loro o cosa. La mia passione per l’equitazione mi ha salvato. Ho iniziato qua al maneggio come stalliere e poi, un giorno, fui notato da un fantino che stava per ritirarsi e che mi ha preso sotto la sua ala. Il resto, come si dice, è storia.»
 
Sei speciale tu, in tutti i sensi e se loro non lo capiscono… bè, ci perdono molto. Per come la vedo io… dipende con che intenzioni celi le cose. Se lo si fa a fin di bene, non c’è niente di male. Se lo fai con cattiveria, allora sei nel torto marcio.
Un po’ come le classiche bugie bianche.
Ma vogliamo piantarla qui, ora, che la pizza mi attende?
 
«Vuoi compagnia? Me la cavo bene al ristorante, basta che mi dici dove si trovano le posate e il bicchiere.»
 
Pizza casalinga, decisamente la migliore, a mio parere. Ma che cavolo… ti stai autoinvitando?
 
«Non vorrai negare una pizza a un povero ragazzo cieco.»
 
Non fare la vittima ora, non ti si addice. Ti ricordo che sono una voce fuori campo. Anzi, meglio ancora, nella tua testa. Spero per te che tu non stia parlando da solo e che, in quel caso, Ulisse sia l’unico a sentirti.
 
«Non sono pazzo, solo cieco e poi qua non c’è mai nessuno a quest’ora, almeno credo. Non c’è nessuno… vero?»
 
Non ti ho detto io di interrompermi ogni volta che dicevo qualcosa. Potevi anche rispondermi senza aprire bocca. E comunque no, non vedo nessuno. Ahahah, ok, la smetto, battuta squallida. Ma è vero, siamo soli. Ti è andata bene.
 
«Ok, direi che possiamo finirla qua. Anche perché mi hai fatto venire voglia di pizza. Grazie per questa strana – a dir poco – chiacchierata. Se, nel caso, volessi intervistarmi ancora e rivangare il mio passato, prima avvisami è?»
 
Affare fatto, ma così mi togli tutto il divertimento. Te l’ho detto, sei un guastafeste. Ciao, Ettore, stammi bene e divertiti, che di vita ne abbiamo una sola.
 
«Puoi giurarci… lo sai che sto uscendo con la maestra di una delle classi che passano da qua? È fantastica, ha una voce molto dolce e dice sempre quello che pensa, questa cosa mi ha intrigato fin da quando l’ho conosciuta e mi ha mandato a quel paese perché le avevo pestato un piede. “Dannazione, il mio callo. Ma dico, guardi dove va, è cieco per caso?” E amore fu. Non potrò vederla, la mia Lisa, ma quello che mi dicono le mani ogni volta che la tocco…»
 
Sì, sì, ok, hai reso l’idea, risparmiami i dettagli… brrr. Finalmente, dopo tante mezze verità e cose celate… ecco qualcuno che non ha paura a parlare chiaro con te, a parte Mattia, ovvio. Sono contenta, te la meriti tutta questa gioia. E qui ci salutiamo. Ulisse ti reclama e la mia pizza… pure. Ciao, Ettore, alla prossima.
 
 
 
 
Angolo Autrice:
 
E a te, che hai letto questa storia – pensando che sia improvvisamente impazzita – spero ti sia piaciuta e di averti strappato una risata, pur trattando di un argomento serio, anzi due.
Non sapevo come affrontare il prompt, ma poi è arrivato Ettore… e mi ha detto come migliorarlo. Eh, sì, perché avevo scritto due paginette ed era tutto in prosa e in terza persona, ma era noioooooosooooo… e lui – un giorno, mentre guidavo verso il dentista, o era al ritorno… boh? – dicevo, lui mi ha suggerito come farlo perché così faceva pena, pietà e compassione.
Sì, ci ho messo taaaaanti giorni e mi sono di nuovo arenata a metà Writober, ma sinceramente… e chi se ne frega. Sì, ok, mi spiace, ma non mi andava di scrivere un’emerita schifezza solo per rispettare una scadenza che – a dirla tutta – avevo già ignorato dall’inizio, essendo in ritardo di due giorni sulla scaletta. Continuerò lo stesso dal giorno 15 in poi? Non lo so, forse salterò i giorni persi e farò gli ultimi o forse no, ci devo ancora pensare. Spero che questa storia vi sia piaciuta, pur essendo inusuale nella stesura. Al massimo… prendetevela con Ettore, ihihihih!!! Ciaooo.
   
 
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