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Autore: EleAB98    27/10/2021    2 recensioni
Malcom Stone è un pretenzioso caporedattore, nonché affascinante quarantenne con una fissa smodata per le belle donne. Ma arriverà il giorno in cui tutto cambierà e l'incallito casanova sarà costretto a fare i conti con i propri demoni interiori, e non solo quelli... Riuscirà mai a guardare oltre l'orizzonte? Ma soprattutto, chi lo aiuterà nell'ardua impresa?
[...]
Gilberto Monti è un giornalista affermato. Oltre a ricoprire una posizione lavorativa più che soddisfacente, ha appena esaudito uno dei suoi più grandi sogni: sposare la donna che più ama. Ma è davvero tutto oro quello che luccica?
[...]
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*Opera Registrata su Patamù*
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo XV – (Io) Non ho avuto il tempo...

Mercoledì

 

Mi ero lasciato abbindolare da quegli occhioni tanto dolci quanto impertinenti come un pesce lesso, permettendo all'istinto e alle pulsioni fisiche di avere la meglio sulla ragione. Mi ero lasciato guidare da quelle fottute sensazioni che, fin dalla prima volta in cui avevo incrociato il suo sguardo, quello sguardo, si erano manifestate in tutta la loro avvenenza e chiarezza. Magnificenza e prorompenza.
Mi asciugai il volto cosparso di lacrime. Non avevo il coraggio di guardarmi allo specchio, non volevo vedervi riflesso l'effetto che quella serata nefasta aveva prodotto su di me. Avevo sbagliato. Avevo semplicemente sbagliato tutto. Concedermi il lusso di fare l'amore con Megan non era stato che un grande, grandissimo errore. L'errore più fatale della mia vita. Avevo temporeggiato più che potevo per non cadere in quella rete, ma le provocazioni e le insicurezze di quella donna mi avevano attratto verso di lei senza che potessi pensare ad altro. Effettivamente, starle vicino più del dovuto, conoscere qualche piccolo aspetto della sua vita, le sue delusioni d'amore e, in misura minore, le sue piccole, grandi speranze, mi aveva regalato una visione del tutto nuova del rapporto che io, generalmente, avevo instaurato con le altre donne. A dire la verità, avevo già sperimentato una simile, allettante prospettiva. Mi sembrava che, da allora, fosse passata un'intera vita. La mia esistenza, che inizialmente ruotava tutta attorno a Melissa, la mia Melissa, aveva subito uno stravolgimento impressionante. Pressoché totale. 

Tirai su col naso. Mi sentivo sfinito, depresso, confuso. Sentivo di voler piangere ancora; avrei tanto voluto urlare, sfogarmi contro l'orribile destino che mi era toccato, spalancare quella maledetta finestra e far sapere a tutti quanto mi sentissi uno schifo. Quanto la mia vita fosse sporca, fosse un vero e proprio orto pieno di verdure rinsecchite, rovinate dalle gagliarde tempeste che, da quel giorno infausto e maledetto, si erano abbattute sulla mia esistenza. Un'esistenza che, da sei anni a quella parte, giudicavo sterile e misera, per non dire inutile. L'improvviso squillo del telefonino mi fece riaprire gli occhi. Erano stracolmi di lacrime. Lasciando fluire quel dolore, mi alzai di malavoglia da un letto completamente disfatto; un letto che era stato testimone di un efferato evento.

«Pronto?» mormorai con la voce impastata, una volta afferrato il telefono dal comodino.

«Amico mio! Come stai?»

«Una merda», mi limitai a dire, asciugandomi le lacrime per l'ennesima volta.

Dall'altro capo del ricevitore, un sospiro sommesso lasciò trapelare una certa dose di preoccupazione. «Credevo andasse tutto bene», mormorò Christian. Sembrava sconcertato.

«Come procede il tuo matrimonio?» gli domandai, sperando che si decidesse a mollare il colpo.

«Oh, a gonfie vele!» esclamò l'uomo, recuperando un cieco entusiasmo. «E a tal proposito... Sai che il tuo consiglio dell'ultima volta ha funzionato alla grande? Dovresti vedere com'è cambiata la mia Cinthia! Cavoli, adesso è veramente una tigre!»

«Deduco che la vostra vita sessuale sia molto attiva, allora», commentai, tentando di sorridere. Ero davvero felice per lui; in un'altra occasione mi sarei sicuramente divertito ad ascoltare qualche suo aneddoto inerente a quelle serate infuocate a cui accennava.

«Decisamente attiva!» ridacchiò Christian. «E non mi stupirei se tra non molto... sì, insomma, non mi stupirei se, tra non molto, la cicogna decidesse di lasciare una traccia del suo passaggio...» disse poi, il suo tono di voce si tinse di una ben palpabile tenerezza.

Mi si sciolse il cuore. «Ma non mi dire! State provando ad avere un bambino?»

«Senza troppe pretese, però sì... ci stiamo provando da qualche settimana», confermò Christian, palesemente emozionato.

Sorrisi alle sue parole. Percepivo il suo amore per Cinthia da miglia e miglia di distanza. «Sono felicissimo per te, amico mio. Ti meriti questo e altro. E sono altrettanto sicuro che sarai un ottimo padre.»

«Ehi, ehi, frena un attimo! Spero di avere ancora tanti, ma tanti, tentativi davanti a me prima di riuscire a colpire... non so se mi spiego», esclamò l'altro con aria sardonica. «Insomma, fare l'amore con Cinthia è così bello... e vorrei ancora scatenarmi per benino con lei, prima di dedicarci interamente all'aspetto gravidanza», precisò, strappandomi una risatina dalla testa e dal cuore.

«Condivido il tuo pensiero, Chris. Ma diventare genitori è la cosa più bella che esista al mondo. Tienilo a mente.»

Il mio migliore amico fiutò un qualcosa di strano nell'aria. «Sentirti fare certi discorsi mi destabilizza. Tu sei forse diventato padre? Hai forse ingravidato qualcuna e non l'ho saputo? Hai forse un figlio illegittimo nascosto da qualche parte? Hai—»

«Ma figuriamoci, Chris! Che cosa dici! Credo soltanto che per una donna sia una grande gioia diventare madre... e per il compagno, be'... non è da meno.»

«Ma certo, è naturale... Il pensiero di un figlio con Cinthia mi entusiasma non poco, proprio per questo non abbiamo voluto aspettare di più. Ma non me la racconti giusta, tu! A tal proposito... come va con Megan?»

«Se n'è andata», gli dissi, senza mezzi termini.

Silenzio. «Cosa?» esplose poi, dopo qualche secondo. «Ma io credevo che tu e lei—»

«Ci hai visto giusto, in effetti. Siamo stati a letto insieme», esalai, con una tristezza infinita.

«E me lo dici così? Cazzo, hai fatto sesso con quello schianto di donna e sembri andato a un funerale! Cosa diamine è successo, me lo spieghi?»

La parola funerale mi fece quasi andare di stomaco. Era proprio vero. Sembravo un morto vivente. «Cosa vuoi che ti dica? Che è stata la notte più bella della mia vita da quando...» Dio, dovevo stare zitto! «Senti, Chris... non posso mentirti. Sono stato veramente bene con quella donna. E non credo di averci fatto solo sesso... credo di aver fatto molto di più.»

L'altro scattò. «Be', allora... ti sei innamorato, amico mio!»

«Sbagliato!», mi affrettai a chiarire. «Però... ho sentito qualcosa accendersi, dentro di me. Ho sentito delle emozioni che non provavo da tanto tempo. Questa volta... è stata una cosa di testa, capisci? Abbiamo avuto un'intesa impressionante. E non solo in camera da letto.»

«Ma allora... No, non ci credo! Il casanova più celebre di tutta Los Angeles si sta innamorando come uno sbarbatello del liceo! Aspetta, però... hai appena detto che l'ultima volta che ti sei sentito veramente coinvolto da una donna è stato molto tempo fa. Quando, precisamente?»

Sospirai. «Chris, c'è una cosa che non ti ho mai detto... ma non sono pronto a parlartene, non per telefono. Spero che tu possa capirmi.»

«Certamente, Mal. Non devi preoccuparti, rispetterò il tuo silenzio», replicò Christian con serietà. «Però mi piacerebbe tanto aiutarti. E ascoltarti. Se lo vorrai, ci sarò sempre per te.»

«Sei un vero amico. E ti prometto che, quando tornerò in città, ti spiegherò tutto nei dettagli.»

«Quando avresti intenzione di ripartire?»

Mi guardai attorno. I miei vestiti gettati a terra, il buio quasi totale ad avvolgere la stanza. Lo scenario era a dir poco desolante. «Non lo so. Dovrei occuparmi da solo della faccenda di Thompson, visto che Megan si è tirata indietro. Ma... misa tanto che anche io farò la stessa fine.»

«Ma si può sapere perché Megan si è defilata?»

«Non posso parlartene adesso... ma se lo ha fatto, è stato solo per colpa mia. Anche se... ho come l'impressione che nemmeno lei mi abbia raccontato tutta la verità.»

«Insomma, a quanto pare la tua è una situazione davvero complicata.»

«Esattamente. E ora devo sbrigarmi, o perderò il treno diretto per...» Lasciai quella frase in sospeso. Tutto mi riconduceva a lei, e non riuscivo proprio a pensare ad altro. Il mio amico, perspicace come non mai, comprese la situazione e, salutandomi con viva premura, si augurò di rivedermi presto. Apprezzavo davvero tanto il suo comportamento. Era proprio un uomo d'oro. «A presto, Mal. E stammi bene, mi raccomando. Non esitare a chiamare in caso di bisogno.»

Chiusi la chiamata salutandolo con tanto affetto, prima di scoppiare nuovamente a piangere. Gli argini del mio cuore erano ormai distrutti. E stavano lasciando fluire tutte le emozioni che per tanti, troppi anni avevo represso.

 

*

 

Mi preparai in tutta fretta perché volevo soltanto raggiungere quel posto e chiudermi, per un momento tanto breve quanto intenso, nel mio atroce dolore.
Uscii da quella camera d'albergo con la coda tra le gambe. Mi sentivo come un animale in gabbia, prigioniero di una sensazione che, in tutta onestà, mi aveva accompagnato sin da quando ero tornato qui, nella mia amatissima Firenze. Addentai di malavoglia una brioche nella saletta adibita alla colazione a buffet, quindi uscii immediatamente dall'hotel.
Un tiepido sole mi accarezzò il viso. Lo sentivo ancora tirato dalle troppe lacrime versate, i miei occhi dovevano essere arrossati come non mai. No, non avevo proprio avuto il coraggio di specchiarmi. Sapevo di essere orribile, eppure sentivo il bisogno di tornare laggiù. Un bisogno viscerale, quasi fisico. Dovevo tornare dove tutto era finito, a costo di rivivere l'incubo di quella notte, cosa che mi avrebbe fatto tremendamente male, ma forse... era ciò che meritavo.
Al solo pensiero di sentirla di nuovo vicino, percepivo il mio corpo ancora vivo, come fosse avvolto da una soave e rinvigorente carezza. Perché se da un lato tornare all'ovile mi distruggeva, dall'altro mi donava conforto e tanta, tantissima consolazione. Mi ricordava quanto io avessi vissuto intensamente. Quanto come avessi amato in quel periodo meraviglioso della mia esistenza.

Camminai, per un tempo che mi parve interminabile, tra le stradine principali di Firenze, diviso tra il costante tormento di tornare indietro e la voglia, sempre più forte, di andare avanti. La città profumava di vita, miriadi di persone girovagavano per la città e i marciapiedi con un sorriso a trentadue denti o con sguardi corrucciati e preoccupati o, ancora, pieni di amarezza. E tra quelle ultime persone, c'ero senz'altro io.
Quando giunsi nei pressi della stazione, estrassi il telefonino dalla tasca. Erano le nove e trenta precise; tra meno di cinque minuti sarei salito su di un treno, e... e mi sarei lasciato trasportare dai ricordi. Quelli dolci, quelli intensi, ma anche dolorosi. Quelli che non avrei mai potuto calpestare, ma che, in un certo senso, avevo tentato di seppellire per sempre dalla mia memoria. Indossai le cuffie osservando quel treno, che si avvicinava sempre di più. Puntai il dito su una canzone italiana che per anni avevo evitato di ascoltare. Una canzone che, in un certo senso, riassumeva tutta la mia vita. Sulle note de Il Treno di Riccardo Cocciante, presi posto sul sedile e mi allacciai la cintura. Fu così che mi persi nel passato... nel mio passato.

 

E il treno corre forte, il treno va lontano 

E il quadro cambia sempre là dietro al finestrino

Io non ho avuto il tempo di stringere la mano

Io non ho avuto il tempo di dire una parola

Per asciugare il pianto di una madre che resta sola

Per sciogliere quel nodo che mio padre aveva in gola

Ma il treno va lontano, il treno porta via


Da quando mio padre ci aveva lasciati, io e la mamma avevamo vissuto un momento di puro dolore e altrettanto smarrimento. Lei, in particolare, si era aggrappata alla preghiera, mentre io vivevo nel suo ricordo, perennemente. In particolare, mi piaceva immaginare che potesse in qualche modo guardarmi. Che potesse gioire dei miei risultati liceali, che potesse dimostrarmi infinito affetto anche dal Paradiso. Esattamente. All'epoca, credevo ancora nell'esistenza del Paradiso. E ci credevo fermamente. Mia madre mi aveva insegnato che credere con ardore nel Signore ci avrebbe aiutati ad apprezzare quello che Lui stesso ci aveva donato. E io, alla luce di quelle parole, non facevo altro che lodare mio padre. Sentivo spesso l'esigenza di comunicare con lui, persino di stampare un bacio su quella lapide nella quale vi era impressa una sua fotografia, quella in cui il suo sorriso tranquillo riusciva sempre a regalarmi infinita speranza. Avevo soltanto quindici anni, quando lo persi. Ma il dolore è ancora vivo. Spaventosamente vivo.

 

...E batte un tempo strano lungo la strada mia

Più indietro c'è un bambino col naso che gli cola

Poi vengono gli amici dei tempi della scuola

L'amore chiuso al bagno con una mano sola poi

Le canzoni sconce urlate a squarciagola

Ma il treno corre forte, il treno adesso vola...

 

Poi arrivò l'adolescenza. Fu un inizio turbolento, il mio. Ho cominciato a interagire con il mondo esterno in un modo decisamente inconsueto rispetto a quello di un bambino delle scuole medie. Ho cominciato a scontrarmi con delle realtà che non conoscevo, a provare attrazione per le ragazze, quelle pulsioni fisiche mai sperimentate prima... ho cominciato ad avere un assaggino di quella vita adulta che, perlomeno all'inizio, mi arrecava tanta paura. Nel frattempo, avevo continuato a frequentare il cimitero e a parlare intimamente con il mio adorato padre, stroncato da un maledettissimo tumore. Quel tipo di rapporto, al tempo, mi sembrava il più appagante del mondo. Anche se lui non c'era più, sentivo che mai nella vita avrei potuto provare un sentimento così profondo per qualcuno. Inaspettatamente, però, mi scontrai con qualcos'altro. O meglio, qualcun'altra. Avevo avuto qualche esperienza in materia, questo sì; ma non sapevo cosa significasse essere innamorato... non prima di incontrarla, almeno. Melissa Baldini mi aveva conquistato con la sua spontaneità, semplicità, generosità. E, non da ultimo, straordinaria, incredibile bellezza. Da quel momento... niente fu più lo stesso.

 

...Sulle distese immense di ciclamini viola

Sulle colline dolci coperte da lenzuola

Sopra quei balli tristi coi buchi nella suola

Sopra le notti spese in cerca di puttane

Sui versi di Pavese, sulle promesse vane

Ma il treno corre forte su tutta la mia vita...

 

Quando l'idillio terminò, sentii una grande voragine espandersi dentro di me. E avevo smesso di credere in Dio, come nel Paradiso. Mi sentivo semplicemente una nullità. Senza la mia Melissa, non sarei riuscito ad andare avanti. Sarei morto nell'anima. Ed era proprio quel che successe, di lì a poco. Dopo qualche tempo, cominciai a utilizzare il sesso come riempitivo, mi circondavo di infinite donne per cercare di dare un senso a una vita che, a tutti gli effetti, non aveva più ragion d'essere. Avrei tanto voluto morire, ma, per qualche ragione a me oscura, non sono mai riuscito a farla finita. E ora... e ora che questo treno mi sta riportando da lei, dall'amore della mia vita, non posso che sentirmi un inetto. Un casanova che non merita assolutamente di tornare al suo cospetto, bensì di morire sotto quella montagna di melma che si è costruito sotto ai piedi.

 

...Che passa via veloce, che sfugge fra le dita

Risento la sua voce, si riapre la ferita

La gioventù è passata per non ritornare mai più!

Ma il treno va lontano e non si è mai fermato...

 

La sua voce. Ecco un aspetto di lei che mai potrò dimenticare. La sua bellissima, incantevole voce. Quella voce che, nei momenti più difficili, mi ha consolato come una tenera madre che tiene tra le braccia il proprio figlio. Quella voce che, sin dalla prima volta, mi ha regalato un brivido intenso lungo la schiena. Quella voce che mi ha fatto dire: sì, è lei. Quella voce che, alcune volte, mi sembra di risentire mentre dormo, nei miei sogni. Quella voce che non mi lascerà mai andare. 

Quella voce che di nome fa Melissa.

 

...Ma gli occhi di quest'uomo conservano il passato

E adesso vedo i visi di gente sconosciuta 

Che cerca nei sorrisi la libertà perduta

La zingara fortuna che scopre le mie carte

Che legge nella luna quale sarà la sorte

Ma il treno corre forte, si fermerà soltanto

Quando qualcuno, un giorno, mi chiamerà nel vento...


Fu proprio un refolo di vento a scompigliarmi i capelli, quando aprii il finestrino del treno. E il mio sguardo, intriso di quel passato che non avevo ancora ricostruito del tutto nella mia mente, non manifestava altro che il desiderio di rivivere quello che, oramai, non era che un lontano, benché vivido, ricordo. Mi coprii di nuovo gli occhi, che sentivo bruciare come non mai. Volevo soltanto arrivare a destinazione, e se fossi morto proprio là... non sarebbe cambiato proprio niente. Perché io ero morto dentro sei anni prima. Da quella maledetta sera, si era fatto spazio un nuovo Malcom Stone. 

Un Malcom che odiavo, e che avevo sempre odiato. Con tutte le mie forze.

 

*Il Treno: brano del cantautore Riccardo Cocciante (1979)

   
 
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