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Autore: flyerthanwind    29/10/2021    1 recensioni
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La vita di Sam è quanto di più normale esista: ha una gemella che la conosce meglio delle sue tasche, un fratello con cui condivide la passione per il calcio e una squadra a cui tiene più della sua media scolastica –ma questo non ditelo alla madre!
Eppure, dal giorno in cui un vecchio amico di suo padre si trasferisce in città, la situazione prende una strana piega. Innanzitutto, le motivazioni del trasferimento appaiono strane, suo padre è strano e i sentimenti sono strani. Questo perché il figlio del tipo di cui sopra ha uno strano potere attrattivo nei suoi confronti.
Ottimi presupposti per una bella dose di disagio, non vi pare?
Genere: Commedia, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Pronte per un film di Stanley Kubrick

Gli ultimi giorni prima dell'inizio della scuola, io e Amelia gironzolavamo indisturbate per la città, provvedendo ad acquistare le ultime cose di cui avremmo avuto bisogno. Passavamo abbastanza tempo insieme anche se i nostri interessi apparivano così distanti perché a tenerci unite era stato il primo battito sincrono dei nostri cuoricini appena formati, che ci aveva legate indissolubilmente.

Poteva sembrare una cosa da gemelle, ma noi due eravamo davvero in grado di capirci solo uno sguardo. Da piccole facevamo dei giochetti per depistare Lucas e ridevamo come matte quando lui impazziva tentando di capire cosa ci passasse per la testa.

Spesso eravamo in grado di capire le emozioni dell'altra prima ancora della diretta interessata. Ammetto che può sembrare inquietante, ma siamo sempre state tanto diverse quanto uguali e, si sa, osservare la propria vita dall'esterno con occhio critico, senza influenze personali, spesso può risultare una manna dal cielo.

Per questo eravamo due presenze costanti e ingombranti, non disposte a cedere terreno l’una con l’altra, due facce della stessa medaglia: perennemente in sintonia sebbene si ci trovassimo agli antipodi.

E in effetti io e Amelia eravamo molto più che agli antipodi: due poli opposti di un unico magnete che non fanno altro che attrarsi; satellite che orbita attorno al suo pianeta; veleno e antidoto assieme; acqua e olio che non si mischiano ma si stratificano, creando un fluido nuovo…

Eravamo uova e zucchero: ugualmente indispensabili e complete da sole, ma solo insieme potevamo creare le torte migliori.

«Allora, che ne pensi dei Rogers?» domandò a un certo punto mentre passeggiavamo nel centro commerciale.

La mamma non faceva che parlare di Meredith e di quanto fosse una donna adorabile, praticamente avevo già vinto la scommessa con Lucas se avesse continuato di quel passo, e ciò aveva destato una certa curiosità in Amelia, la quale sembrava impaziente di farsi una propria opinione in merito.

«Mi sembrano a posto, mamma stravede per Meredith, sembra che a Lucas stia simpatico Austin, anche papà li adora» spiegai prendendola sottobraccio e incamminandomi verso l'ingresso.

Avevo avuto davvero una buona impressione della famiglia e mi fidavo di papà e di quello che lui chiamava istinto di conservazione. Purtroppo per noi, solo Amelia l'aveva ereditato e infatti era l'unica che, con un solo sguardo e dopo poche parole, era in grado di stabilire quanto una persona fosse sincera e in che misura ci si potesse fidare.

Quando emetteva la sua sentenza nei confronti di qualcuno era davvero difficile che sbagliasse. Ciò era dovuto anche al fatto che, prima di sbilanciarsi, effettuava ricerche e raccoglieva tutti i pareri che riusciva a reperire.

Sarebbe stata un'ottima investigatrice privata, glielo dicevo sempre. Oppure un giudice, anche quel mestiere le si addiceva. E la CIA poteva solo imparare da lei.

«Che dici, potremmo combinare un appuntamento tra Lucas e la ragazzina?» chiocciò lei facendomi scoppiare a ridere.

La gente ci guardava di sottecchi mentre camminava a passo sicuro nell'androne, non capitava tutti i giorni di vederci doppio in un centro commerciale in pieno pomeriggio e senza aver bevuto.

Essendo gemelle omozigote, io e Amelia eravamo uguali praticamente per un occhio poco attento: stessi capelli bruni lunghi fin sotto il seno, stessi occhi verdi, stessa corporatura snella e slanciata, persino la stessa altezza. Tuttavia lei era esile, quasi minuta, mentre io avevo un discreto strato di muscolatura a coprirmi le ossa. Numerosi erano inoltre i piccoli dettagli che, a occhi familiari, ci rendevano molto diverse. Inoltre, lei di tanto in tanto indossava gli occhiali.

«Penso che se lo facessimo potrebbe seriamente ucciderci» berciai io, immaginando una timidissima Kimberly che prendeva la mano del grande e grosso Lucas.

Era davvero una ragazzina nei confronti di nostro fratello e pensare a loro due insieme – o pensare a mio fratello con una qualsiasi ragazza – mi faceva quasi ribrezzo. Insomma, Lucas era il bambino cicciottello con cui facevo il bagno nella piscina dietro casa, non riuscivo proprio a immaginarlo accanto a qualcuno.

In vista del nuovo anno scolastico avevamo bisogno giusto di qualche nuovo quaderno, alcune penne e molti evidenziatori – perché Lucas rubava sempre i nostri per sottolineare gli schemi da mettere in atto alle partite – per cui mezz'ora dopo avevamo già terminato le nostre compere.

«E di Austin, che mi dici?» domandò Amy mentre uscivamo dal centro commerciale con le buste alla mano per dirigerci alla nostra auto.

Avevamo scaricato Lucas a casa di Boot prima di uscire per fare in modo che non ci chiamasse a causa di quelli che lui chiamava imprevisti dell'ultimo minuto – e che solitamente erano cazzate immani che attiravano su di lui l'ira funesta della dea Amelia – pregandoci in aramaico antico di lasciargli la macchina.

«Non saprei, so solamente che anche lui gioca sulla fascia» spiegai mentre le portiere della nostra auto si chiudevano in contemporanea; facevamo le gemelle inquietanti anche quando non era nostra intenzione, eravamo sempre pronte per un film di Stanley Kubrick.

«Oh, certo, adesso sì che è chiaro, praticamente posso dire di conoscerlo da una vita» mi schernì la mia adorata sorellina con la sua placida ironia, tirandomi una pacca sulla spalla mentre io giravo le chiavi nel nottolino.

Le feci la linguaccia senza voltarmi, tenendo gli occhi incollati sul parabrezza mentre mi immettevo in strada e, notando il mio ostinato silenzio, fu lei a riprendere il discorso, dicendo: «Andiamo, dimmi qualcosa di lui... È carino?».

Avevo perfettamente capito il gioco che stava facendo e non avevo intenzione di darle corda. Amelia sosteneva che dovessi ampliare i miei interessi, non guardare solo i miei amati calciatori che, oltre che bellissimi, erano anche irraggiungibili.

Io, d'altra parte, non ero interessata a trovarmi un ragazzo, né tantomeno mi sentivo pronta ad abbandonare quei calciatori di cui lei apprezzava solo i muscoli, io principalmente le doti sportive. E ovviamente i quadricipiti perché, insomma, mica ero cieca.

«Beh sì, penso sia carino» biascicai senza prestarle troppa attenzione. Se aveva posto quella domanda era perché aveva intuito qualcosa – prima che lo intuissi io, tra l'altro, e la cosa mi indispettiva non poco – per cui non volli darle anche la soddisfazione di avere ragione.

In effetti Austin era più di quello che si poteva definire un ragazzo carino: alto, ben piazzato, angelici ricci biondi, magnetici occhi blu, bel sorriso...

«Carino? Tutto qui? Dal suo profilo instagram sembra un gran figo» interruppe le mie turbe mentali Amelia, sorridendo maliziosamente.

Ovviamente aveva messo in azione le sue abilità da stalker e sicuramente l'aveva cercato su tutti i social network esistenti. Se avevo ragione, era riuscita a rintracciare persino le foto degli annuari scolastici delle elementari.

Doveva trovarsi assolutamente un hobby, altrimenti la mia sanità mentale ne avrebbe risentito. Oppure dovevo trovarle un ragazzo, così avrebbe smesso di rompere le scatole a me affinché mi dessi una svegliata, come diceva sempre lei.

«Che me lo chiedi a fare se l'hai già cercato?» chiesi retorica svoltando in una strada principale.

Avevo intenzione di raggiungere una delle gelaterie migliori della città, quella in cui solitamente papà ci portava per farci sfuggire alle grinfie mamma, sperando che una buona dose di zuccheri placasse la sua curiosità.

«Volevo l'opinione di una che esce con più calciatori che amiche... anche se poi non se li porta a letto» chiocciò, sollevando le sopracciglia con aria saccente.

Amelia faceva continui riferimenti al fatto che la maggior parte dei miei amici erano in realtà compagni di squadra di Lucas e che, nonostante fossi circondata da quelli che lei definiva bellimbusti, non ne avessi ancora rimorchiato uno. Iniziavo a sospettare che fosse lei quella che voleva rimorchiare un calciatore, anche se in effetti non potevo escludere a priori che l'avesse già fatto e che poi l'avesse anche mollato.

«Secondo me dovresti provarci con lui, non mi pare abbia una ragazza» terminò, mentre io sbuffavo infilandomi nel parcheggio.

La scrutai di sottecchi mentre entrambe scendevamo dall'auto e ci dirigevano verso l'ingresso della gelateria e non potei non notare il sorrisino irriverente che si era cucito sul suo visetto angelico.

Dio, l'avrei volentieri presa a schiaffi quando faceva così!

«Sai, sorellina, dovresti tapparti la bocca con del gelato» ignorai le sue occhiate allusive avvicinandomi alla cassa.

Un ragazzo moro si ergeva dietro la sua postazione e sorrideva in attesa delle nostre ordinazioni. Feci la mia richiesta, dopodiché Amelia fece la sua e il ragazzo la osservò un po' indispettito. Probabilmente si sentiva confuso dal fatto che l'esatta fotocopia della sua cliente precedente aveva appena ordinato un gelato completamente diverso; quel pomeriggio avevamo anche avuto entrambe l'idea di indossare una canottiera bianca.

Solitamente cevitavamo di vestirci da gemelle poiché già i nostri comportamenti in sincro ci facevano apparire inquietanti, tuttavia non l’avevamo notato prima di specchiarci nella porta scorrevole di ingresso del centro commerciale, quindi non avevamo potuto porre rimedio.

Quando il ragazzo si accorse che eravamo due persone diverse si prese qualche istante per osservarci, arricciando le labbra in un sorriso sornione, poi disse con voce melliflua: «Wow, ci vedo doppio o queste due belle ragazze sono proprio davanti a me? Ho sempre sognato di avere un tête-à-tête con due gemelle».

«Il mio sogno è che nessuno dica più una cosa del genere» soffiò Amelia tirandogli via lo scontrino dalle dita, interrompendolo prima che potesse aggiungere qualsiasi altro commento non richiesto – e non gradito, ovviamente.

Dire che non tollerava le persone arroganti era un eufemismo, avrebbe di gran lunga preferito ingoiare un rospo che tenere a freno la lingua in un’occasione del genere, eppure spesso teneva per sé le sue risposte piccate.

«Chissà, magari con la sorella sarò più fortunato» chiosò lui, spostando lo sguardo sempre tronfio su di me. «Che dici, zuccherino, mi aspetti a fine turno?»

Amelia si accigliò, limando gli artigli e preparandosi alla difensiva mentre serrava la mascella, sforzandosi di contenere la rispostaccia che le era risalita da sola sulla punta della lingua; io, che d'altra parte sapevo difendermi da sola, ero già pronta all'attacco.

«Sarai fortunato se avrai ancora la lingua a fine turno» risposi con un'occhiataccia, caricandola di tutto il disappunto che fui in grado di reperire.

Con due identici sguardi irritati ci spostammo dalla sua vista, seguitando il silenzio per non far trapelare la nostra indisponenza, e ordinammo i nostri gelati.

Eravamo consapevoli di essere due belle ragazze, d'altronde essendo gemelle omozigote era impossibile fare apprezzamenti all'altra senza farli indirettamente anche a se stessa, tuttavia mal tolleravamo l'atteggiamento spavaldo con cui si era rivolto a noi quel ragazzo, con una tracotanza senza precedenti che trasudava prepotenza e alterigia.

«Quando capiranno che non basta essere mediamente carini per provarci così spudoratamente?» mi sussurrò Amelia con cipiglio corrucciato mentre una commessa, questa volta molto più gentile ed educata, ci passava i nostri gelati.

«La cosa più sconvolgente è che ci sono ragazze che abboccano» biascicai, indicando col capo una ragazzina che si scioglieva di fronte al sorriso caloroso del cassiere mentre noi ci dirigevano al tavolo.

Nulla contro di lei, però la reputavo alquanto ingenua se aveva ceduto con tanta facilità alle avances del ragazzo, il quale tra l'altro era sì carino, ma niente di eccezionale – non che l’aspetto potesse giustificare una tale tracotanza, a ogni modo.

Mia sorella e io non avevamo dei caratteri semplici, ne eravamo perfettamente consapevoli, e il fatto che negli anni erano state pochissime le persone in grado di scavarsi un posto al nostro fianco, sgomitando per entrare nella nostra cerchia ristretta, ne era la dimostrazione.

Eravamo due bombe a orologeria, instabili e insidiose, pronte a innescarsi reciprocamente e, si sa, quando esplode una bomba crea solamente terra bruciata intorno a sé.

«Spero che Austin non sia così supponente, altrimenti si è già bruciato la mia benedizione» sentenziò infine Amelia, con un'ultima occhiata schifata in direzione del cassiere, prima di dedicare la sua completa attenzione a ciò che davvero lo meritava: il gelato.

 
   
 
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