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Autore: Vavi_14    30/10/2021    3 recensioni
[...]Inej era sicura che Kaz la stesse osservando.
Frugava tra le carte sgualcite sulla scrivania di fortuna che aveva arrabattato, lo sguardo attento puntava i documenti, eppure sembrava che nessun dettaglio della stanza potesse ingannare il suo controllo.
In particolare, Inej era sicura che Kaz stesse osservando il suo nuovo pugnale. Aveva omesso di confessare quell’aggiunta nel rapporto giornaliero: dopotutto non c’erano vincoli che la obbligavano a possedere una sola arma e figurarsi se ad uno come Kaz Brekker sarebbe potuto sfuggire un particolare simile.
Sembrava che più gli oggetti fossero nascosti, più Kaz riuscisse a fiutarli velocemente.[...]
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Inej Ghafa, Kaz Brekker
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Quarantasette, non uno di meno







 
 

 
Inej era sicura che Kaz la stesse osservando.
Frugava tra le carte sgualcite sulla scrivania di fortuna che aveva arrabattato, lo sguardo attento puntava i documenti, eppure sembrava che nessun dettaglio della stanza potesse ingannare il suo controllo.
In particolare, Inej era sicura che Kaz stesse osservando il suo nuovo pugnale. Aveva omesso di confessare quell’aggiunta nel rapporto giornaliero: dopotutto non c’erano vincoli che la obbligavano a possedere una sola arma e figurarsi se ad uno come Kaz Brekker sarebbe potuto sfuggire un particolare simile. Sembrava che più gli oggetti fossero nascosti, più Kaz riuscisse a fiutarli velocemente.
Attese un qualche tipo di commento, che però non arrivò. Inej si chiese come mai Kaz non la invitasse ad andarsene, visto che non sembrava particolarmente interessato a farle domande sulla questione, né Inej aveva intenzione di farsi avanti per prima. Rimase immobile con le mani dietro la schiena, ma si permise di rilassare le spalle; era stata una giornata lunga e aveva una gran voglia di andarsi a sdraiare. Stirò le braccia mantenendo la posizione, roteando delicatamente il collo. Ignorò l’ennesima occhiata di Kaz: stava forse attendendo che mostrasse qualche segno d’insofferenza davanti a lui? La vita che conduceva alla Stecca era intensa, a volte massacrante, ma l’avrebbe scambiata con i giorni trascorsi al Serraglio un milione di volte e anche di più. Se Kaz pensava che si fosse lasciata sfuggire un gemito di disapprovazione o un lamento di stanchezza allora si sbagliava di grosso: il fatto che Inej preferisse soluzione più diplomatiche a giugulari tagliate o crani fracassati non la rendeva di certo inferiore agli altri membri degli Scarti. Si accorse che stava fissando il pavimento quando il braccio di Kaz rientrò nel suo campo visivo; era teso in avanti, le dita guantate le porgevano un foglietto di carta con su scritto un nome.

«Cos’è?»
Si decise a fare un passo avanti appena realizzò che Kaz non era intenzionato né ad alzarsi, né a rispondere alla sua domanda.
«Chiedi di quest’uomo a Quarto Porto» mormorò adocchiando distrattamente le mani delicate di Inej che prendevano il biglietto da visita.
«Hai bisogno di un fodero su misura per i tuoi pugnali».
Lei non riuscì a trattenersi dall’alzare un sopracciglio, al ché Kaz aggiunse. «Il modo in cui li infili nei vestiti è ridicolo e inadatto, oltre che pericoloso».
Si sentì punta sul vivo.
«Pericoloso per chi?»
«Il numero dei tuoi coltelli non mi interessa, Spettro, puoi averne anche quarantasette». Inej sussultò. Era una quantità spropositata, eppure non poté trattenersi dal chiedersi se fosse umanamente possibile tenerli tutti indosso. A volte temeva la direzione che prendevano i suoi pensieri da quando aveva iniziato a lavorare per Kaz.
«Purché tu abbia cura delle tue armi e sappia come maneggiarle».
«Pensavo di averne dato sufficiente riprova».
Kaz fece strusciare la sedia. Con i palmi delle mani piantati sul legno si diede una spinta verso l’alto e, riappropriandosi del bastone, raggiunse Inej all’altro capo della scrivania. Gli si piazzò davanti e lei, suo malgrado, fu costretta a indietreggiare. Non era sicura di conoscere Kaz abbastanza da poterne prevedere le intenzioni.
«Fammi vedere come usi i coltelli a distanza ravvicinata».
Inej ingoiò saliva a vuoto. «Cosa?» riuscì a mormorare e si odiò per averlo chiesto con un filo di voce.
«Attaccami»
.
«No
».
La risposta le uscì senza che potesse ordinare alle corde vocali di risparmiarsela: si trattava di una richiesta stupida e la infastidiva il fatto che Kaz dubitasse di lei. Ma era davvero solo questo il motivo?
Lui fece un’espressione indecifrabile, un ghigno forse, in ogni caso niente che si addicesse ad un adolescente. Ad altri sarebbe potuto sembrare spaventoso, ma Inej l’aveva già vista quella strana inclinazione delle labbra: Kaz la stava chiaramente prendendo in giro, forse si stava perfino divertendo. Il suo “no” gli aveva fatto credere che si rifiutasse di alzare i coltelli su di lui? Beh, si sbagliava di grosso! Provocazione o meno, quella fu la goccia che la convinse a farsi avanti. Kaz le aveva insegnato a muovere ed impugnare la sua prima lama: adesso avrebbe visto di cos’era capace. Ma Inej riuscì a sguainare un solo pugnale dalla manica di sinistra, perché quello che tentò di afferrare con la destra volò via prima che potesse capacitarsi di cos’era accaduto. Senza lasciarsi prendere dal panico attaccò con l’unica arma che aveva recuperato, sicura che sarebbe arrivata ad afferrare il coltello alla caviglia in un secondo momento, ma Kaz parò il suo affondo con il bastone e prima che Inej potesse chinarsi su Sankt Vladimir, la testa di corvo le arrivò a mezzo centimetro dalla spalla, costringendola ad immobilizzarsi per evitare di subirne le conseguenze. Kaz non aveva mai avuto l’intenzione di colpirla, ma il solo sapere che quell’oggetto possedeva la facoltà di frantumare le ossa di un braccio o rompere una gamba con un minimo tocco bastò a farle reprimere un brivido di terrore. Inoltre, sapeva di dover migliorare il combattimento a distanza ravvicinata, ma non pensava che fosse così facile per Kaz privarla dei suoi fidati pugnali. Raddrizzò la schiena tornando alla posizione di partenza e recuperando l’arma dal pavimento. Cercò di nascondere la delusione e la rabbia che provava verso sé stessa e verso lui: che diamine voleva dimostrare?
«Non è la tua tecnica di combattimento il problema
» dichiarò Kaz tornando seduto e ignorando lo sguardo contrariato di Inej. Nemmeno un capello era sfuggito alla presa sicura del gel, né un accenno di fatica animava le sue parole o il suo respiro. Tuttavia non c’era ombra di pietà nel suo sguardo. «Devi cambiare la posizione dei coltelli in modo che tu possa sfoderarli compiendo i giusti movimenti, nel minor tempo possibile. Vai da quell’uomo, saprà come fabbricarti un supporto adeguato».
Inej avrebbe voluto ribattere che non aveva mai avuto alcuna difficoltà fino a quel giorno, ma Kaz gli aveva appena dato prova del contrario. Serrò le labbra e lui sembrò scrutarla con accennata curiosità, poi sospirò, come se Inej lo stesse costringendo a palesare l’ovvio e questo non gli piacesse affatto. «Saresti rimasta della tua idea, se non ti avessi dimostrato che ne avevi bisogno
».
Inej ci pensò un istante. Forse sì, forse no. Poteva trovare un modo diverso di presentarle la questione. Di certo non avrebbe rifiutato una custodia per i suoi amati pugnali, se Kaz avesse evitato di sbatterle in faccia tutte le sue mancanze una dopo l’altra. Perché doveva sempre fare le cose a quel modo? Sarebbe bastata una parola diversa detta al momento giusto per illustrare i fatti sotto un’altra luce ed ottenere lo stesso risultato, utilizzando metà delle energie. Invece si era scomodato solo per avvalorare il suo punto di vista e convincerla che aveva ragione lui. Quanti sforzi per una causa così insignificante.
Percepì in un tremolio il proprio sospiro. Restava il fatto che avrebbe dovuto assolvere la sua richiesta e riprendere ad allenarsi con i coltelli il più in fretta possibile. Conosceva i tetti di Ketterdam come se quel luogo avesse sempre fatto parte della sua vita, poteva saltare da un edificio a un altro senza alcun tipo di sforzo e la sua mira da distanza era infallibile, ma il combattimento corpo a corpo rimaneva un muro alto da scavalcare. Era agile e leggera, doveva imparare ad usare le sue qualità come vantaggio per sovrastare la forza bruta. Guardò di nuovo Kaz, apparentemente tornato alle sue scartoffie, e seppe che nessuno, meglio di lui, sarebbe stato in grado di insegnarle. Ma la prossima volta non l’avrebbe trovata così impreparata. Inej gli avrebbe tenuto testa, e lo promise a sé stessa come condizione necessaria per tornare a chiedergli di aiutarla ad affinare le sue mosse.
Il flusso di pensieri la riportò infine alla realtà della stanza.
«Perché non mi congedi mai, come fai con gli altri?
»
Lo chiese a bruciapelo e giurò di intravedere un guizzo di imbarazzo sul volto di Kaz; un’impressione talmente fulminea che Inej si domandò se non l’avesse solo immaginato. Dopo la figura che aveva fatto, provò stupidamente un pizzico di soddisfazione ad averlo messo in difficoltà.
«La porta è quella
» replicò Kaz senza particolari inflessioni nella voce. «Nessuno ti sta trattenendo».
Inej avrebbe voluto rispondere che invece, in quell’istante, c’era un’inspiegabile forza di volontà a trattenerla dal lanciargli Sankt Petyr direttamente in fronte. Si tirò il cappuccio a coprire i capelli, chiedendosi cosa diavolo si aspettasse di sentire da Kaz Brekker, per poi sparire senza il minimo fruscio giù per la finestra.
 
 
 







 
 
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Un missing moments, spero non troppo senza capò né coda, collocabile forse durante il primo anno di Inej alla Stecca. Non so se sono riuscita a mantenere i personaggi IC, non lo so mai quando sono così complessi e, soprattutto, quando mi piacciono così tanto. Sicuramente ci ho provato. Inej e Kaz sono gli unici della duologia di cui per ora mi sento di scrivere, ma in ogni caso è difficile e non posso discostarmi più di tanto dalla trama senza temere di combinare un disastro. Il titolo è un delirio e fa chiaramente dell’ironia sull’affermazione di Kaz; scusate, avevo poca ispirazione.
Spero che non vi siate pentiti della lettura!
Un saluto,

Vavi
  
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