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Autore: Nao Yoshikawa    31/10/2021    8 recensioni
Aziraphale e Crowley si amano, ma non possono stare insieme per via delle loro nature diverse. Sembra che il loro destino sia già segnato e scritto e Aziraphale prova ad allontanare Crowley. Nessuno dei due può vivere senza l'altro, eppure non possono neanche stare insieme, non per davvero.
"«Senti, Aziraphale. Facciamo pure come vuoi. Se per te questo sentimento è sbagliato, non intendo esserti di peso. Così però dimostri di essere come tutti gli altri.»
L'angelo si era aspettato che sarebbe finita così. Sapeva che bisogna compiere un grande sforzo per compiere quella scelta. In cuor loro sapevano che prima o poi sarebbe dovuto succedere, anche se avevano rimandato quel momento per tanto tempo. Ma adesso che era rimasto solo con il rumore della pioggia, Aziraphale si chiedeva quale fosse il modo per andare avanti. "
"Storia partecipante al contest Platonic relationship indetto da LadyPalma sul forum Writing games"
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The last hope

Crowley si diceva sempre che sarebbe stata l'ultima volta, ma l'ultima volta non era mai. 
Anche Aziraphale si diceva sempre che sarebbe stato meglio non esagerare, non legarsi troppo a un demone, a un membro della fazione nemica. Dopotutto c'era un motivo se esistevano demoni e angeli, bene e male. Erano naturalmente destinati o odiarsi, ma così non era mai stato. 
Forse entrambi peccavano d'incoscienza, cosa che non sarebbe stata un problema per Crowley. Ma Aziraphale, che sarebbe dovuto essere incorruttibile e impeccabile, non riusciva a darsi pace. 
«Crowley, ascolta… forse dovremmo smettere di vederci, non pensi?» 
Aveva esordito così, quella sera. Il demone era passato dalla sua libreria, cosa che oramai era diventata un'abitudine. 
«Per l'amor di Satana. Che cosa ho fatto, adesso?» domandò Crowley. Forse aveva dei modi di fare un po' poco angelici, ma non pensava di aver combinato nulla di tanto grave da scatenare quella reazione. 
«Niente, non ancora» sussurrò Aziraphale. Sentiva di star tremando e non solo per paura. Ricordava bene cosa i suoi superiori gli avevano detto: "Stai lontano dai demoni, da quel demone in particolare. È contro la legge, se ci fosse permesso stare insieme, non avremmo bisogno di essere divisi in due fazioni.»
Era vero, in parte. Ma Crowley era il più umano di tutti i demoni e Aziraphale era il più umano di tutti angeli. 
Era per questo che si erano innamorati. 
«Angelo, non capisco» Crowley divenne serio all'improvviso. Lo conosceva così bene da percepire facilmente la sua inquietudine. 
«Crowley… sai bene perché.»
Aveva iniziato a piovere e piccole gocce di pioggia cadevano sul davanzale della finestra. Crowley arrossì, aveva tolto gli occhiali scuri e adesso cercava di evitare il suo sguardo. 
Due come loro non avevano bisogno di parole. Due come loro sapevano bene di amarsi e di volersi e sapevano bene che ciò li rendeva fin troppo simili agli esseri umani. Ma loro non erano esseri umani. Un giorno sarebbe arrivata la fine del mondo, avrebbero lottato l'uno contro l'altro. Perché era così, era quello l'ineffabile destino voluto da Dio. 
Ma allora perché avevano finito con l'innamorarsi? 
«E allora? Così all'improvviso mi dici di chiudere? Qualcuno dei tuoi superiori ti ha creato problemi? Scommetto che è stato Gabriel.»
Aziraphale aveva paura. Un Principato angelico aveva paura. 
«Non è per questo. Va bene sì, anche. Ma Crowley...»
«Non guardarmi in quel modo, angelo. Adesso sono incazzato. Guarda che rischio anche io, so bene che verrei punito. E indovina? All'inferno non sono tanto più gentili che in paradiso.»
Crowley si era fatto così vicino che Aziraphale poté sentire il suo respiro addosso. Gli occhi dorati del demone erano lucidi, carichi di rabbia e preoccupazione, dolore e amore. 
Perché proprio a loro? 
Crowley aveva l'espressione di uno che avrebbe potuto fargli da scudo col suo stesso corpo. Aziraphale lo capiva bene, perché per lui era lo stesso. 
«A cosa serve vivere un qualcosa che ci farà soffrire? Un giorno le nostre fazioni si scontreranno.»
Aziraphale cercava sempre di essere razionale. Ma in quel momento non lo era per niente. Crowley si allontanò da lui, iniziando a camminare nervoso. 
«Se è così allora smetti di amarmi, subito. Lo preferisco, ma non posso accettare che mi ami ma che hai deciso di starmi lontano solo perché hai paura.»
Anche Crowley aveva paura. Non delle ripercussioni che avrebbe avuto, ma di vivere senza di lui. E per Aziraphale era lo stesso, per questo tremava, per questo sentiva la sua razionalità vacillare. 
Quando avevano capito di amarsi? Forse la prima volta che si erano incontrati nell'Eden e Aziraphale lo aveva protetto dalla pioggia? 
Era come se quel sentimento si fosse fatto strada pian piano, in maniera un po' infida avrebbe detto Crowley, in modo da accorgersene troppo tardi. 
Aziraphale dovette respirare e fare un grande sforzo per non lasciarsi andare alle lacrime. 
«Per favore, non dire questo. Non posso smettere di amarti, penso che non potrò mai farlo.»
«Però puoi vivere senza di me.»
Crowley parlava duramente perché stava soffrendo, Aziraphale oramai lo conosceva. 
«Non so se posso farlo, non so niente. Non so nemmeno perché siamo stati destinati ad amarci, se non potremo mai stare insieme.»
Il demone si staccò dalla sua presa. 
Aveva sempre cercato di fare finta di niente, di non affrontare la realtà. Forse era da codardi, ma era stato il suo modo per non impazzire. Fino a quel momento. 
«Senti, Aziraphale. Facciamo pure come vuoi. Se per te questo sentimento è sbagliato, non intendo esserti di peso. Così però dimostri di essere come tutti gli altri.»
L'angelo si era aspettato che sarebbe finita così. Sapeva che bisogna compiere un grande sforzo per compiere quella scelta. In cuor loro sapevano che prima o poi sarebbe dovuto succedere, anche se avevano rimandato quel momento per tanto tempo. Ma adesso che era rimasto solo con il rumore della pioggia, Aziraphale si chiedeva quale fosse il modo per andare avanti. 
Doveva esserci, si disse. 
Dopotutto si amavano soltanto da tutta la vita. 



Crowley non tornò. Aziraphale da un lato ci aveva sperato, ma da un lato era contento che fosse così.
Gli mancava terribilmente, in un modo che gli faceva mancare l'aria. 
Chissà cosa faceva? Chissà cosa pensava? Chissà se lo avrebbe odiato? 
Sarebbe stato più facile, ma da tempo era sceso a patti con la consapevolezza che per lui, per loro, le cose non sarebbero mai state facili. 
Dopo due settimane di lontananza forzata, Aziraphale aveva iniziato ad essere un po' preoccupato. Crowley sapeva essere impulsivo. Non voleva pensare in modo troppo tragico, ma se gli fosse successo qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato. 
Cercava di ripetersi che non fosse affar suo. Lui era un nemico, lui era un demone. 
Ma dannazione, lo amava più di quanto amasse se stesso. 
Forse poteva almeno controllare come stava e poi andarsene, dubitava che Crowley volesse vederlo.
Aziraphale chiuse la libreria prima quel giorno piovoso di ottobre e andò fino all'appartamento elegante ma solitario di Crowley. Aveva bussato e lo aveva chiamato, ma il demone non aveva risposto. Era lì, poteva sentire la sua presenza, così si era scusato per i modi bruschi, ma si era materializzato dentro casa. Era tutto perfettamente in ordine e in effetti Crowley era seduto su una sedia, semi accasciato sul tavolo. 
«Tu? No, non puoi essere tu. In caso, vattene.»
Aveva alcune bottiglie vuote accanto, Crowley stava saldamente stretta a una di esse. 
Si era lasciato andare. 
Aziraphale si avvicinò e lo afferrò delicatamente. 
«Mi dispiace… ora ti faccio passare la sbornia.»
«Non ci pensare neanche! Ho bevuto perché non volevo essere lucido. E adesso vattene, mi sento già abbastanza patetico!» 
«Crowley, la colpa è mia.»
Il demone si alzò, nonostante fosse poco stabile sulle proprie gambe. Aveva le guance umide, forse aveva pianto?
«No, no, hai ragione tu! È stato stupido da parte mia pensare che un giorno potessimo stare insieme. Hai ragione, il nostro amore è sbagliato. Voglio dire, guardaci! Tu sei un angelo, sei puro e buono e io sono un demone…» 
Ma Crowley non era cattivo e lui non era perfetto.
Lo aveva ridotto lui così. Aziraphale singhiozzó. 
«Crowley, ti prego…» 
Il demone si avvicinò di colpo. Per un attimo Aziraphale pensó ché gli sarebbe caduto addosso, invece Crowley cadde in ginocchio, strinse le sue gambe, aggrappandosi. 
«Dimmi perché, Aziraphale. Perché doveva succedere a noi, a me? Io sono già dannato! Perché anche questo?» 
Già, perché? 
Aziraphale si inginocchió, prese le sue mani e le sfioró con le labbra. 
«Non so perché. Ci sono troppe cose che non so. Io ti amo, e per me non è sbagliato… ma per la mia natura, sì. Così come per i miei simili.»
Entrambi piangevano in modo silenzioso, sommesso. Si lasciavano andare alla disperazione pian piano, per non consumarsi troppo in fretta. 
«Ho bisogno di sapere che un giorno potremmo stare insieme. A cosa mi serve vivere, altrimenti?» gemette Crowley. 
Probabilmente era in parte colpa dell'alcol, ma Aziraphale lo capiva. Anche lui sarebbe impazzito se non avesse avuto la speranza, anche se minima, che un giorno le cose sarebbero cambiate.
«Non possiamo sapere come andranno le cose in futuro. Per adesso è difficile…» 
«Sarei disposto ad aspettare anche in eterno» ammise Crowley. 
Aziraphale lo guardò, confuso. 
«Non credi sarebbe troppo doloroso?» 
Crowley rise, una risata piena di amarezza. 
«Che vuoi che sia, in confronto all'idea di un'eternità senza te?» 
Aziraphale sentì gli occhi bruciare. Attesa, incertezza. Forse non sarebbero mai potuti stare insieme, forse alla fine si sarebbero davvero distrutti l'un l'altro. Forse sarebbero anche arrivati a odiarsi, non c'era nulla di scontato. Aziraphale lo strinse piano, delicato, quasi come se fosse un bambino. 
«Hai ragione, Crowley. Mi dispiace che sia così e non diversamente.»
«Non importa, angelo. È… ineffabile, immagino.»
Lo sentì ridere di nuovo, questa volta era una risata piena di tristezza. Si amavano troppo per lasciarsi andare e troppo per stare insieme e rischiare di farsi del male. 
Sarebbero rimasti vicini, tuttavia lontani. 
Fino al giorno in cui non sarebbero potuti stare dalla stessa parte. 
 
Nota dell'autrice
È sempre bello tornare a scrivere di Aziraphale e Crowley, anche se si tratta di storie tristi come queste. Idealmente è ambientata un po' prima di tutto il discorso dell'anti-cristo (non so se si possa considerare una specie di missing moment in realtà). Quindi non possono stare insieme, ma ho voluto lasciare intendere che in futuro potrebbero, visto come si svolgono poi gli eventi. È una cosa da niente ma che ho voluto scrivere perché rispecchia il mio umore ne aveva bisogno. Spero vi sia piaciuto, scusate se vi ho depresso la vita.
Nao

 
   
 
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