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Autore: heliodor    01/11/2021    0 recensioni
Dopo essere stata costretta a lasciare il suo villaggio, Ryhana viene accolta dai ribelli di Malag come una di loro, trova un posto sicuro in cui stare, degli amici e persino l’amore di Kaleena. Ma l’arrivo di un pericoloso monaco eretico e a causa di un antico e misterioso rituale, la sua vita cambia in modo irrimediabile. Costretta ad allearsi agli spietati Vigilanti, diventerà l’arma decisiva in un conflitto tra forze oscure che dura da millenni e dovrà decidere da che parte schierarsi in questo scontro.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Poesie

 
“Ho trovato le tracce” annunciò Angotte tornando insieme a Gunt.
Grenn aveva deciso di mandarli insieme in esplorazione attorno al villaggio.
“Non allontanatevi più di duecento passi” aveva detto loro mentre spiegava cosa voleva fare. “E restate sempre dove possiamo vedervi o sentirvi.”
“Che cosa speri di trovare?” gli aveva domandato Angotte.
“Qualsiasi cosa ci dica da che parte sono andati gli abitanti di Castis e perché.”
L’attesa era durata meno di mezza giornata durante la quale lei e Khefra avevano diviso le cose che erano appartenute a Sofion tra di loro.
“Non porta sfortuna derubare un morto?” aveva chiesto Ryhana.
Khefra aveva scosso la testa. “Solo se lo uccidi in battaglia. Sofion è stato ammazzato da un nemico, quindi è giusto prendere la sua roba e usarla. Lui sarebbe contento e avrebbe fatto lo stesso se fossi morta tu.”
“Perché dovrei morire io?”
“Era solo un esempio.”
Ryhana aveva distolto lo sguardo.
“Sei ancora arrabbiata con me per ieri?” le aveva domandato Khefra.
“No” aveva risposto cercando di essere convincente.
“Stai mentendo.”
“Non è vero.”
“Stai mentendo di nuovo.”
Ryhana aveva sbuffato.
“Ti chiedo davvero scusa per avere dubitato di te. Volevi davvero aiutare il povero Sofion.”
“Avrei voluto salvarlo.”
“A volte non si può salvare una persona, per quanto ci si sforzi.”
“Dove?” chiese Grenn andando loro incontro.
Angotte indicò un punto tra gli alberi distante cinquanta passi dal sentiero. “Da quella parte. Ci sono i segni di parecchie persone che hanno camminato in quella direzione.”
“Dove vanno?”
“Si dirigono verso l’alto. Devono aver scalato il costone della montagna.”
Grenn si accigliò. “Perché scegliere quella strada e non usare il sentiero? Sarebbe stato più comodo.”
“Forse il sentiero non era sicuro” suggerì Gunt. “Forse avevano paura della mutaforma e volevano evitarla.”
“Non lo sapremo finché non li avremo trovati” disse Angotte.
“Giusto” fece Grenn. “Ma il sentiero non è percorribile con i cavalli. Dovremo lasciarli qui con qualcuno che li sorvegli.” Guardò Ryhana.
“Voglio venire con voi” disse intuendo le sue prossime parole.
Grenn le sorrise. “La missione è già abbastanza complicata. Quando abbiamo deciso di portarti, pensavamo che sarebbe stata una faccenda facile da risolvere ma adesso.” Scosse la testa. “Non sei pronta per tutto questo. Rimani qui a sorvegliare i cavalli. E se non dovessimo tornare entro la fine della prossima giornata, ne sceglierai due e tornerai a Nelnis per riferire a Ilyana tutto ciò che è accaduto.”
“Non vi abbandonerò qui senza cavalli” disse subito.
“Sai fare di conto?” la rimproverò Grenn. “Ne prenderai due e il resto rimarranno qui. Ce ne saranno quattro, uno per ciascuno di noi.”
Ryhana scosse la testa. “Mi stai comunque chiedendo di abbandonarvi.”
“È un ordine.”
“Come farò a spiegarlo a Ilyana?”
“Lei comprenderà.”
“Non mi crederà mai” disse. “Penserà che vi ho traditi e che sono fuggita perché ho avuto paura.”
“Ilyana sa che queste cose possono accadere” disse Grenn. “E prima di partire, le ho detto che se ne avessimo avuto bisogno avrei mandato indietro te a chiedere aiuto.”
Ryhana fece per dire qualcosa ma ci ripensò.
Grenn tornò da Gunt e Khefra per parlare con loro e lei si ritrasse in un angolo della piazza.
“Ti sta facendo un grosso favore” disse Angotte.
Ryhana la fissò senza sapere cosa rispondere. Era la prima volta che la strega le rivolgeva la parola in maniera diretta.
“Grenn deve tenere parecchio a te se non vuole portarti con lui.”
“È la mia guida” rispose.
Angotte annuì. “Capisco cosa si prova.”
Ryhana si accigliò.
“Andiamo” disse Grenn tornando indietro. “Abbiamo ancora tre quarti di giornata per viaggiare col sole e voglio sfruttarli tutti.”
Angotte annuì e rivolse un cenno di saluto a Ryhana. “Se vedi o senti qualcosa di strano, non venire a controllare. Torna da Ilyana e avvertila.”
“Lo farò” disse con poca convinzione.
Grenn, Khefra, Gunt e Angotte lasciarono il sentiero e si inerpicarono tra gli alberi seguendo il pendio della montagna. Ryhana li seguì finché non sparirono dietro la macchia di verde.
Rientrò nella locanda e salì al secondo livello e da lì, usando una scala, sul tetto. Da quell’altezza poteva guardare fino a due o trecento passi di distanza.
Avvistò un movimento sotto le chiome degli alberi, un mantello scuro che si agitava e poi niente altro. Sospirò e rimase a scrutare l’orizzonte finché gli occhi non gli bruciarono per le raffiche di vento che spiravano da oriente.
Tornò di sotto e sedette a uno dei tavoli della locanda, cercando di immaginarla piena di avventori.
Nel suo villaggio c’erano due locande e una mezza dozzina di taverne dove gli uomini che tornavano dal lavoro nei campi andavano a spendere parte delle monete guadagnate.
Suo padre se ne teneva alla larga anche se i suoi amici mercanti le frequentavano quando facevano sosta al villaggio. E non era stato contento quando un paio di anni prima, per aiutare la famiglia, Ryhana era andata a servire nella locanda di Tomilus.
“È un postaccio” aveva detto suo padre borbottando. “Pieno di ubriaconi che aspettano solo il momento giusto per finire in qualche rissa.”
“Meglio” aveva risposto ironica. “Potrò sempre prenderli a pugni, se sarà necessario.”
Suo padre aveva scosso la testa. “Sei proprio sicura di volerci andare?”
“Quelle monete ci servono.”
“Posso trovarti un lavoro più tranquillo.”
“La mamma è d’accordo” aveva risposto.
Suo padre aveva sospirato. “Domani vado a parlare con Tom. Almeno non ti imbroglierà sulla paga.”
Ryhana aveva iniziato a lavorare nella cucina, lavando i piatti e le posate. La sera, quando i clienti si ritiravano nelle stanze o tornavano alle loro case, dava una mano a ripulire la sala insieme a Margicia, la figlia più grande di Tomilus.
Marg, come tutti la chiamavano, era una ragazza alta e slanciata dai capelli biondi come il grano e gli occhi chiari, una cosa rara al villaggio, tanto che qualcuno sussurrava che non fosse davvero figlia del locandiere ma di qualche mercante di passaggio.
Tomilus sembrava ignorare quelle voci e trattava Marg come gli altri figli. Ne aveva altri due ed entrambi davano una mano alla locanda insieme alla madre, una donna dalla pelle scura che veniva dalla parte orientale del continente.
Margicia accettava con insofferenza i lavori che il padre le assegnava e si lamentava tutte le volte che poteva.
“Le mie povere mani si rovineranno” diceva mentre passava lo straccio sui tavoli di legno. “E sollevando tutti quei sacchi di patate mi faranno venire dei muscoli orribili.”
Ryhana si limitava ad ascoltarla senza parlare male di Tomilus.
Margicia le piaceva, quando non si lamentava. Il suo alito profumava sempre di pesca e il balsamo che usava per i capelli li faceva luccicare sotto la luce del sole.
A volte si sorprendeva ad ammirarla, chiedendosi che cosa avrebbe provato ad accarezzare quei meravigliosi capelli o a toccare le sue labbra rosse e carnose.
Una volta Margicia si era presentata con un vestito blu scuro. Non una tunica o una camicia con pantaloni, ma un vero vestito con la gonna e le spalline di pizzo ricamato e una scollatura generosa che metteva in evidenza il seno non troppo abbondante né piccolo della ragazza.
“Cosa ne pensi?” le aveva chiesto dopo ver fatto un mezzo giro su sé stessa.
Ryhana aveva deglutito a vuoto ed era arrossita.
“Allora? Non dici niente?”
“È bello” aveva detto.
“Questo lo so” aveva risposto Margicia sorridendo.
Uno splendido sorriso.
“È l’ultima moda di Galaresia. Ti piace?”
“Sì.” Si era schiarita la voce. “Anche tu sei molto bella.”
“Grazie” aveva risposto lei gioviale. “Spero che piaccia anche a Ber.”
Berhard era il nome del figlio di Samamin, il mercante più ricco del villaggio. Ryhana lo conosceva perché suo padre aveva lavorato spesso con lui facendo da scorta ai suoi convogli.
Ber era alto e muscoloso, con la pelle dorata dal lavoro sotto il sole. Suo padre, per insegnargli il mestiere, lo aveva assegnato al carico e allo scarico delle merci dai carri quando arrivavano al villaggio.
“Ber?” aveva chiesto sorpresa.
Marg aveva annuito senza smettere di sorridere. “Il figlio di Samamin, il mercante.”
“Lo so chi è. Hai comprato quel vestito per lui?” chiese cercando di non mostrare la sua irritazione.
“Più o meno. Mi ha invitata alla festa di mezza stagione e sarebbe sconveniente presentarmi vestita come una klotz del villaggio.”
Klotz era un termine che usavano per indicare le donne non più molto giovani che non erano riuscite a trovare marito.
“Non avresti comunque corso quel rischio” le aveva detto.
“Lo so, ma volevo lo stesso distinguermi. Come mi sta?”
“Bene” aveva risposto con meno entusiasmo.
“Non ti piace?” aveva chiesto lei delusa.
“Sì” aveva risposto con tono incerto.
“Ma?”
Aveva esitato. “Non è sprecato per uno come Ber?”
“È il ragazzo più bello del villaggio” aveva risposto Marg. “Ed è anche divertente e intelligente. Legge libri, lo sapevi?”
Si era accigliata.
“L’altro giorno mi ha letto una poesia. Era meravigliosa. Parlava di una fata che si innamora di un principe e vanno a vivere insieme in un meraviglioso castello. Per un attimo credevo si essere io quella fata e quel principe…” Il suo sorriso si era allargato. “Puoi capire, no?”
“Certo” aveva risposto. “Devo tornare al lavoro, se non ti spiace.”
“Certo, fai pure.”
“Non mi vuoi aiutare?”
“Papà mi ha concesso mezza giornata. Credo che andrò a trovare il signor Samamin per mostrare il vestito a sua moglie. Lei ha viaggiato molto per questa parte del continente, certe faccende le comprende.”
“E magari ti farai leggere un’altra poesia da Ber?”
“Perché no?” aveva risposto prima di voltarle le spalle e andarsene.
Ryhana si era concentrata sul tavolo da pulire prima dell’apertura.
“Stupida” aveva sussurrato. “Se ne fossi capace, potrei leggere anche io qualche poesia.”
Il rumore del legno che schioccava la fece trasalire strappandola ai ricordi. Balzò in piedi e nel farlo fece cadere la sedia. L’eco si riverberò sulle pareti della sala facendola vergognare della sua stupidità.
Sarà stato un topo, si disse.
Un secondo tonfo la fece sussultare. Stavolta era netto e proveniva dal livello superiore. Evocò lo scudo e un dardo magico.
Non sono sola, si disse.
Raggiunse la scala e poggiò un piede sul primo gradino. Nello stesso momento, una voce giunse dall’alto.
“La regina della foresta e il signore della morte stanno arrivando.”

 
  
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