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Autore: Eryiss    04/11/2021    1 recensioni
Freed e Laxus conducono vite incredibilmente diverse. Freed è un avvocato d’ufficio che vive nella capitale, mentre Laxus lavora come tuttofare in un hotel di campagna. Nonostante le differenze che intercorrono tra i due, le loro vite si incroceranno nel momento in cui Freed erediterà una casa nel paese di Laxus e lo assumerà per rendere l’edificio nuovamente abitabile. Ma più si avvicineranno, più comprenderanno cosa possono offrirsi l’un l’altro.
[Modern!AU, Fraxus, capitoli pubblicati: 7/12] [Storia originale di Eryiss, traduzione di Soly_D]
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Cana Alberona, Evergreen, Fried Justine, Lisanna, Luxus Dreher
Note: AU, Lime, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Note della traduttrice:

Ciao ragazzi, sono Soly Dea! Ecco il settimo capitolo di questa long di Eryiss che potete trovare qui in lingua inglese: AO3 - Fanfiction.net - Tumblr. Ricordo che titolo, immagine introduttiva, storia e note d’autore sono sue, mentre io mi occupo solo di tradurre.

Poiché è passato molto tempo da quando ho pubblicato l’ultimo capitolo, vi riassumo brevemente l’intera storia.

RIASSUNTO DEI CAPITOLI PRECEDENTI:

Freed è un avvocato che alla morte di sua madre eredita una casa in campagna molto malmessa, quindi decide di ristrutturarla con l’aiuto di Laxus, tuttofare che lavora nell’hotel in cui Freed alloggia. Con il passare del tempo i due si rendono conto che tra loro c’è qualcosa di più di una semplice amicizia. Nello scorso capitolo, infatti, durante una fiera di paese e nello specifico dopo il gioco della vasca piena d’acqua, i due stanno quasi per baciarsi, ma purtroppo a causa dell’imbarazzo si separano subito.

Spero che questo capitolo vi piaccia. Se volete lasciare un commento, provvederò a tradurlo per l’autore <3

Note dell’autore:

Ciao. Come sempre, ricordate di dare un’occhiata a Fuckyeahfraxus che ha organizzato il Fraxus Day. Andate a visitare la pagina per scoprire quali altri contenuti sono stati prodotti in occasione di questo evento. Attenzione, in questo capitolo si parla di repressione emotiva. 

Vi ringrazio per qualsiasi commento vogliate lasciarmi. Per me significa molto. Spero che la storia vi piaccia e grazie per la lettura.

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Capitolo 7 – La chiusura 

Era patetico, Freed lo sapeva.

Lui era un uomo adulto, un avvocato, un cittadino rispettabile che si era guadagnato la sua posizione in molteplici occasioni. Eppure si era ridotto a spegnere il cellulare, rinchiudersi nel suo appartamento e rifiutarsi di parlare con chiunque volesse farlo. Si era chiuso completamente in se stesso come uno stupido adolescente incapace di controllare le proprie emozioni.

In effetti, tranne per il fatto che non era più un adolescente, tale descrizione gli si addiceva perfettamente. Era un comportamento ridicolo e Freed si odiava per questo, ma non riusciva a farne a meno – tutto perché non sapeva come reagire a ciò che stava provando.

Perché stava effettivamente provando qualcosa, molto più di qualcosa.

Il che era piuttosto fastidioso, dal momento che Freed non era particolarmente emotivo. Al contrario, era piuttosto pragmatico, preferiva mettere i sentimenti da parte per concentrarsi adeguatamente sui propri obiettivi. Aveva vissuto la sua intera vita in quel modo e ciò gli aveva sempre portato successo e felicità, mentre ora si ritrovava quasi ad affogare in quei sentimenti che aveva a lungo represso. Erano così forti, intensi e variegati che non era sicuro di poterli sopportare.

Di conseguenza, aveva fatto ciò che faceva di solito quando si sentiva sopraffatto. Non succedeva spesso, normalmente si trattava di casi lavorativi più complessi di quanto si aspettasse, ma le tecniche che metteva in atto lo aiutavano sempre. Una di esse era scrivere una lista di tutte le cose che lo facevano star male ed era proprio questo che Freed aveva fatto.

Confusione – Aveva sempre vissuto ad Era, la sua intera vita ruotava attorno alla città, per cui il fatto di sentirsi così legato ad un paese estraneo come Magnolia lo disorientava parecchio.

Fastidio – Desiderava che Magnolia fosse parte integrante della sua vita, ma non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce. Il suo orgoglio glielo impediva, ma allo stesso tempo non poteva ignorarlo se voleva essere onesto riguardo ai propri desideri.

Rabbia – Avrebbe dovuto parlare con Laxus. Non avrebbe dovuto lasciarlo andare dopo… dopo ciò che era successo. Non parlava con lui da due settimane e gli mancava, gli mancava più di quanto riuscisse ad ammettere. Gli mancava tantissimo.

Rabbia – Perché non avrebbe dovuto spingere Laxus a partecipare a quello stupido gioco.

Rabbia – Perché non avrebbe dovuto andare al festival per vedere Laxus.

Rabbia – Perché non avrebbe dovuto permettere alla sua stupida cotta di diventare qualcosa di più.

Rabbia – Perché non avrebbe dovuto permettere che Laxus diventasse più di un operaio ai suoi occhi.

Rabbia – Perché avrebbe dovuto impedirsi di provare ciò che stava provando fin dall’inizio.

Sospirò sbattendo la penna sulla scrivania e strofinandosi un occhio con il palmo della mano. Guardò infastidito la lista, la quale aveva fatto esattamente tutto ciò per cui serviva: mettere in evidenza il problema principale che lo stava affliggendo. Come faceva ogni volta, Freed scrisse un ultimo punto riassuntivo per mettere in chiaro ciò che gli stava succedendo.

Attrazione – Era attirato da Laxus in un modo che non riusciva a controllare. Non sapeva cosa fare di questa attrazione, ma allo stesso tempo non riusciva a reprimerla. Si sentiva come intrappolato.

E per Freed, un uomo per il quale le emozioni non erano mai state un problema, tutto ciò era piuttosto preoccupante.

Per di più, tutto il tempo trascorso insieme a Laxus ora assumeva un significato nuovo. Forse Freed aveva insistito affinché Laxus gli insegnasse ciò che sapeva fare per il semplice desiderio di stargli vicino più spesso. Forse quella volta che avevano cenato insieme e quella volta che si erano raccontati l’un l’altro episodi della propria infanzia erano serviti a rendere la loro relazione più intima. Forse il tempo trascorso al festival non era stato nient’altro che un appuntamento al quale Laxus l’aveva invitato senza che Freed se ne rendesse conto.

Tutto ciò era veramente troppo da sopportare.

Tra l’altro, se da un lato Freed era convinto di piacere davvero a Laxus, dall’altro temeva che la sua amicizia non fosse realmente genuina. Magari lo assecondava solo perché Freed era il suo capo e perché al termine di quel lavoro avrebbe potuto ottenere buone referenze…

In quel momento, il rumore di qualcuno che bussava alla porta riecheggiò nell’appartamento interrompendo i suoi pensieri.

Freed non si mosse, naturalmente. Con tutti quei pensieri negativi che vorticavano nella sua testa ogni secondo, non era proprio dell’umore adatto per ricevere visite. L’idea di fingere di essere felice gli appariva piuttosto stancante, preferiva invece stare da solo a riordinare i suoi pensieri, anche se probabilmente non ci sarebbe riuscito, il che significava che sarebbe andato a letto ancora più furioso di prima.

“Se non sei ancora morto, ti uccido io!” urlò Evergreen battendo ancora sulla porta.

“Questo significa che è preoccupata…” aggiunse un’altra voce, più tranquilla di quella di Evergreen. Era Bickslow. “…Ma che comunque potrebbe ucciderti, quindi apri la porta”.

Freed sospirò abbandonando la scrivania e avvicinandosi alla porta. Evergreen e Bickslow erano le uniche due persone per le quali si sarebbe sentito leggermente in colpa a non aprire la porta. Inoltre, era perfettamente possibile che, se non li avesse fatti entrare subito, Evergreen poi lo avrebbe castrato. Non sapeva nemmeno come avessero fatto ad entrare nel condominio da soli.

Quando aprì la porta, Freed si sentì davvero in colpa. Bickslow, che normalmente sorrideva più di quanto fosse umanamente possibile, aveva un’espressione preoccupata. Quella di Evergreen, invece, era incomprensibile, ma ci pensò lei stessa a rendergliela chiara, prima dandogli un pugno nello stomaco e poi abbracciandolo, il che significava che era tanto arrabbiata quanto preoccupata.

“Stronzo” grugnì Evergreen contro il petto di Freed, il quale le restituì un’espressione accigliata. Voleva risponderle, ma poi pensò che sarebbe stato meglio non farlo. “Ero in pensiero per te” aggiunse Evergreen.

“Perché?”

“Perché non ti fai vedere da tipo quattro giorni” disse Bickslow entrando nell’appartamento di Freed e chiudendo la porta. Evidentemente avevano intenzione di restare. “Non rispondi né alle chiamate né alle email. Normalmente risponderesti prima ancora di riceverle”. Scrollò le spalle. “Volevamo sapere se stessi bene”.

“Be’, come vedete…” disse Freed lentamente. “…sto bene”.

“Allora posso colpirti di nuovo” lo minacciò Evergreen allontanandosi dal petto di Freed e tirandogli un altro pugno sul braccio. “Che cazzo hai che non va, eh?”

“Niente”. Freed si voltò e tornò alla sua scrivania. “Ora che sapete che sto bene… vi serve altro?”

Freed conosceva bene i suoi amici e, nonostante si fosse voltato, sapeva che si stavano parlando con lo sguardo. Quando poi i loro riflessi sul vetro della finestra confermarono i suoi sospetti, ne fu ancora più infastidito. Comprendeva che erano preoccupati per lui e arrabbiati per come si stava comportando, ma avrebbero potuto essere più discreti.  

E poi perché diamine lo stavano trattando come un bambino? Li conosceva e lavorava con loro da anni, e sapevano entrambi che era un adulto responsabile. Per l’amor del cielo, avevano lavorato nello stesso ufficio e Freed era sempre stato il responsabile di ogni progetto. Autoproclamatosi tale, oltretutto. Ma evidentemente il suo bisogno di solitudine gli aveva fatto perdere tutto il rispetto che si era conquistato nel corso degli anni e ora i suoi amici si sentivano in dovere di prendersi cura di lui come se lui non ne fosse in grado. Insomma, erano piombati in casa sua senza essere stati invitati e stavano chiaramente comunicando alle sue spalle. Come poteva fare finta di niente?

“Vorrei rimanere da solo” annunciò Freed, voltandosi nuovamente verso di loro. “Quindi, se avete ancora intenzione di comportarvi come se io non ci fossi, fareste meglio ad andarvene”.

“E dai, Freed” sospirò Bickslow.

Freed si irrigidì lievemente. Il suo tono era esasperato, come se si trattasse di qualcosa di ricorrente. Al contrario, era la prima volta che Freed si comportava in quel modo, e aveva sperato che i suoi amici rispettassero la sua volontà. Stava per dare voce ai suoi pensieri quando Evergreen parlò.

“Mi ha scritto Laxus” disse, attirando lo sguardo di Freed.

“E cosa ti ha detto esattamente?”. Freed non sapeva cosa pensasse Laxus di quella situazione o se si fosse accorto che al festival, una volta faccia a faccia, si era lievemente sporto nella sua direzione. Francamente era un po’ spaventato da ciò che Evergreen stava per dirgli.

“Mi ha detto che non vi siete lasciati nel migliore dei modi e che nel weekend non sei tornato a Magnolia” disse Evergreen sedendosi sul divano di Freed e fissandolo. “Mi ha detto che non avete litigato, ma che stai ignorando le sue chiamate. Vuoi spiegarci cosa è successo?”

“Non capisco perché dovrei dirvelo”. Freed andò in cucina a prendersi un bicchiere d’acqua. Non offrì nulla ai due, sperando che il suo comportamento passivo-aggressivo avesse gli effetti desiderati.

“Perché ti stai comportamento come un–”.

“Quello che intende Evergreen…” la interruppe Bickslow “…è che se ci dici cosa è successo potremmo aiutarti, farti sentire un po’ meglio”.

“Non ho bisogno del vostro aiuto”.

“Sì che ne hai bisogno, baby” sospirò ancora Bickslow, guardando Freed con un sorriso fastidiosamente onesto che incrinò leggermente la sua rabbia, dato che Bickslow solitamente non parlava in modo così serio. “Ciò che stai facendo ora non è da te. E non mi sembra nemmeno molto salutare”.

Freed seguì lo sguardo di Bickslow e sbuffò: stava guardando il cestino della spazzatura, attorno al quale giacevano confezioni vuote di cibo da asporto.

“Quindi non posso più ordinarmi da mangiare?” sbottò.

“Certo che puoi” disse Evergreen. “Ma di solito tu cucini. Hai sempre cucinato. Ordini cibo da asporto al massimo una volta a settimana, ma questo mi sembra decisamente troppo”. Freed roteò gli occhi. “Senti, magari è una sciocchezza, ma ti stai isolando anziché affrontare il problema e questo non è da te. Abbiamo pensato che potevamo aiutarti a risolverlo, anche solo parlandone” concluse Evergreen.

“Possiamo andarcene se vuoi” continuò Bickslow. “Ma penso che sarebbe meglio se restassimo”.

Freed rimase in silenzio, poi sbuffò. “Tè o caffè?”

Dopo che ebbe preparato le bevande, cominciò a raccontare. Descrisse solo il necessario: come si era lentamente avvicinato a Laxus durante il tempo trascorso insieme e come era nata la sua cotta per lui. Spiegò che ne era così terribilmente attratto da trovarlo quasi incomprensibile e da sentirsi a disagio per questo.

Raccontò anche ciò che era successo al festival, come si era arrabbiato al telefono quando gli era stato detto che non poteva ampliare la casa e come aveva istintivamente raggiunto Laxus per calmarsi. Aggiunse che avevano passato il pomeriggio insieme facendo qualcosa di simile al flirtare e che aveva sfidato Laxus ad un gioco ridicolo.

E che si erano quasi baciati, ma poi Laxus era praticamente scappato via.

“Quindi” disse Evergreen quando Freed finì di raccontare. “Ti sei pentito e ora ti senti in imbarazzo?”

“Proprio così, perché sono un bambino” rispose Freed ironicamente.

“Tutti si sentono in imbarazzo, Freed, non solo i bambini”. Bickslow sospirò. “Ma non penso che sia questo il motivo per cui ti stai comportando così. Penso invece che, nonostante tu ti senta in imbarazzo, la cosa non ti dia poi così fastidio”. Freed aggrottò la fronte e Bickslow continuò. “Secondo me sei solo preoccupato per ciò che hai fatto”.

“Quand’è che sei diventato uno psicologo?” mormorò Evergreen.

“Scusate, è che ormai a lavoro trascorro molto tempo con gli psicologi. È interessante”. Bickslow sorrise dando una pacca a Freed. “Quello che sto cercando di dirti è che per la prima volta tu vuoi sentirti vulnerabile per qualcuno perché senti che ne vale la pena, ma allo stesso tempo ciò ti manda in confusione”.

“Io…” disse Freed lentamente. “Suppongo che sia possibile. In fondo, le relazioni non sono il mio forte e questo potrebbe aver… contribuito”.

“Dovresti parlare con lui” suggerì Evergreen. “Forse è il modo migliore per risolvere la cosa”.

“Ci siamo quasi baciati e non ci parliamo da quel momento” mise in chiaro Freed, stringendo saldamente la tazza del tè. “Oltretutto è stato lui ad andarsene subito. Non credo che questa situazione gli piaccia”.

“Era spaventato!” esclamò Evergreen. “Quando ha saputo che non avevamo tue notizie da giorni, ho dovuto praticamente impedirgli di prendere il primo treno per venire qui da te”. Freed sussultò leggermente. “Non ti è proprio venuto in mente che Laxus possa fare schifo quanto te a gestire le emozioni, ma che semplicemente lo dimostra in modo diverso?”

Freed non rispose e nella stanza calò un fastidioso silenzio. Fissò la tazza del tè stringendola ancora più forte. Non solo Evergreen e Bickslow mostravano di comprendere la sua mente meglio di lui, ma gli stavano anche dicendo che forse a Laxus quel bacio non sarebbe dispiaciuto. La cosa lo faceva arrabbiare ulteriormente perché, se anche fosse stato vero, non avevano comunque capito il punto della situazione.

Laxus non era il tipo di persona con cui Freed avrebbe potuto avere una relazione. Non solo lavorava per lui e quindi uscire con lui avrebbe implicato un notevole conflitto di interessi, ma viveva a tre ore di distanza dalla sua città, in un luogo che ne era la perfetta antitesi. Proprio come nei migliori cliché, loro due venivano da due mondi troppo diversi.

Freed aveva l’impressione che, se l’avesse detto ad alta voce, i suoi amici avrebbero risposto che stava solo trovando delle scuse. E forse avevano ragione.

“Comunque, c’è un’altra cosa di cui vorremmo parlarti” disse Evergreen con tono prudente, il che indusse Freed a mettersi subito sulla difensiva. “Sappiamo che preferiresti non parlarne ma…”

“L’ultima volta che ti abbiamo visto così…” continuò Bickslow. “…è stata quando è morto tuo padre”.

“Cosa state cercando di dirmi?” chiese Freed con tono aspro.

“Abbiamo solo pensato che magari il motivo per cui ti senti così…” disse Evergreen cercando chiaramente le parole giuste per non ferirlo, probabilmente senza riuscirci. “…è che non riesci a superare il fatto che lei… non ci sia più”.

Santo cielo!” sbottò Freed. “Perché insistete tanto sul fatto che la morte di mia madre finirà per distruggermi? Sto bene!”

Stava davvero bene, stava benissimo. Certo, sua madre era morta da qualche mese, ma ciò non significava che lui si stesse piangendo addosso. Non era da Freed, specialmente considerando il fatto che lui e sua madre si erano allontanati parecchio a partire dalla morte di suo padre. E anche se non fosse stato così, di certo Freed non avrebbe avuto un crollo emotivo a distanza di mesi dall’evento. Era qualcosa che accadeva solo alle persone particolarmente emotive, quindi perché diavolo credevano che sarebbe successo a lui?

Il fatto che le persone a lui più vicine associassero il suo comportamento al dolore per la morte di sua madre lo faceva infuriare. Tra l’altro, Freed era convinto che il modo in cui si stesse comportando non fosse poi così brutto. Si trattava semplicemente di una situazione spiacevole dalla quale aveva preferito prendere le distanze per calmarsi, tutto qui. Se i suoi amici pensavano che fosse un comportamento malsano, allora era un loro problema.

“Siamo solo preoccupati per il fatto che non vuoi parlarne” insistette Bickslow. “Non vogliamo che affronti questa situazione negativa da solo”.

“Be’, penso che sarebbe alquanto difficile con voi che non volete andarvene” sbuffò Freed.

“E dai” sospirò Bickslow. “Non c’è bisogno di–”.

“Vi spiego una volta per tutte cosa sta succedendo” disse Freed rapidamente, mettendosi in piedi e facendo qualche passo. Aveva bisogno di muoversi. “Siete venuti qui dopo aver parlato con Laxus di me a mia insaputa. Ora siete qui, convinti che io mi stia comportando in modo asociale e malsano. Mi avete chiesto di spiegarvi la situazione nel dettaglio, ovvero di rivelarvi i miei sentimenti nonostante nessuno di voi due abbia la vaga idea di cosa mi passi per la testa”. Respirò forte, mentre le dita graffiavano il palmo della mano. “E ora state palesemente ignorando tutto ciò e cercando di portare l’attenzione sulla morte di mia madre nonostante io vi abbia detto più volte che sto bene”.

“Freed” disse Evergreen pazientemente, come se si stesse rivolgendo ad un bambino. Perché diavolo lo trattavano così?! “Forse dovresti prenderti qualche minuto per–”.

“Credete che la mia presunta chiusura sia dovuta alla morte di mia madre, giusto? Probabilmente ne avete parlato tra voi prima di venire qui” continuò Freed sentendo montare la rabbia. “Quindi perché avete menzionato Laxus? Forse per intromettervi ancora una volta nella mia vita? Quando avete scoperto che avevo conosciuto qualcuno della mia età che era anche il mio tipo, avete cominciato a farmi domande insensate e battute stupide. Forse avevate solo bisogno di un po’ di gossip e questa era una bella opportunità”.

“Va bene, non sei dell’umore adatto per parlare” concluse Bickslow con un sospiro mettendosi in piedi. “Forse dovremmo andare”.

“Esatto” concordò Freed.

“Bene” mormorò Evergreen, visibilmente infastidita. “Ma accendi quel cazzo di telefono e se Laxus ti chiama ancora vedi di rispondere, è preoccupato per te”. Raggiunse la porta, per poi voltarsi ancora una volta verso di lui. “Aspetteremo che sia tu a chiamarci e a scusarti con noi per quello che hai detto”.

Evergreen uscì dall’appartamento sbuffando. Bickslow diede una pacca sulla spalla di Freed promettendogli di scrivergli più tardi e poi seguì Evergreen.

Freed sospirò lievemente accasciandosi sulla sedia della sua scrivania, la gamba che tremava ansiosamente. Si portò una mano al viso e guardò la lista che aveva scritto. Ora che aveva parlato con i suoi amici, si rendeva conto di aver dimenticato il punto più importante.

Paura – Non voglio restare da solo.

_______________________________________

Si era addormentato poco dopo sul divano in pelle dimenticando tutto con molta facilità. Infatti, l’adrenalina che lo aveva accompagnato durante quella crisi di nervi era scomparsa nel momento stesso in cui Bickslow ed Evergreen erano andati via e al suo posto era subentrato un urgente bisogno di dormire.

E anche un urgente bisogno di scusarsi, perché Bickslow ed Evergreen erano suoi amici, lo erano sempre stati, e non sarebbero mai stati capaci di tramare alle sue spalle, specialmente per qualcosa di così stupido come ficcare il naso nella sua relazione con Laxus.

Riflettendoci, era ovvio che fosse così. Bickslow ed Evergreen erano brave persone e tenevano molto a lui. Erano andati a trovarlo solo perché erano preoccupati per lui e volevano assicurarsi che stesse bene, capire cosa lo stesse affliggendo e dargli dei consigli, ma in quel momento Freed si era sentito semplicemente attaccato, quasi i due si fossero coalizzati contro di lui. Era per questo che si era messo sulla difensiva e aveva risposto a tono.

Ora si sentiva stupido. E in colpa.

Stava per alzarsi con l’intenzione di telefonare ad Evergreen quando il suo cellulare cominciò a squillare. Raggiunse il tavolino sul quale era poggiato. Lo aveva riacceso dopo che Evergreen e Bickslow erano andati via trovandovi una marea di messaggi e chiamate da parte dei suoi amici.

Chiamata in arrivo: Laxus Dreyar

Freed prese la tazza del tè, che nel frattempo si era raffreddato, e ne bevve un ultimo sorso per svegliarsi un po’, quindi rispose alla chiamata di Laxus, non senza una punta di ansia. Non si parlavano dal festival e Freed non sapeva come gestire la cosa.

“Ehi!”. La voce di Laxus gli risuonò nell’orecchio piuttosto preoccupata. Freed fece una smorfia, sapeva di esserne il colpevole. “Non mi aspettavo che rispondessi” ammise Laxus.

“Be’, Evergreen mi ha detto che eri in pensiero per me” mormorò Freed guardando attraverso la finestra. Si era fatta sera.

“Infatti” confermò Laxus.

Freed sospirò chiedendosi se lui sarebbe stato in grado di ammettere una cosa del genere così apertamente. Forse con Laxus sì.

“Mi ha scritto qualche ora fa” continuò Laxus, e Freed udì un leggero movimento. Si chiese che cosa stesse facendo, un pensiero ridicolo che lo fece sentire ancora peggio, perché, se non fosse stato per il suo maledetto orgoglio, forse in quel momento avrebbe potuto essere con Laxus. “Mi ha detto che lei e Bickslow sono venuti a trovarti, ma che tu non hai apprezzato la visita” spiegò Laxus con una lieve risata.

“Non è bello che parliate di me alle mie spalle” puntualizzò Freed infastidito.

“Hai cacciato via i tuoi migliori amici” disse Laxus stancamente. “Siamo solo–”.

“Come hai trovato il numero di Evergreen?” chiese Freed a quel punto. “È venuta a Magnolia una volta sola e vi siete parlati solo per cinque minuti”.

“Mi ha aggiunto su Facebook”.

“Quindi non vi siete scambiati i numeri, no?” chiese Freed. Non capiva perché fosse tanto infastidito da un dettaglio così insignificante, ma lo era. E di certo il “Ma che cazzo…” mormorato dall’altra parte del telefono non lo aiutava. “State usando Messenger, no? È una cosa diversa”.

“È importante?”

“Certo che lo è!” sbottò Freed. “I dettagli sono importanti per me, Laxus. Devo sapere tutto prima di intromettermi. E se tu–”

“Porca puttana” lo interruppe Laxus ad alta voce. “La smetti di parlare?!”

Freed tacque.

“Senti, lo so che non sei dell’umore adatto e che probabilmente non vuoi parlare con me, ma… fanculo, continui a dire che stai bene e che non vuoi essere trattato come un bambino, no?” chiese Laxus e Freed si ritrovò stupidamente ad annuire. “Be’, allora è quello che farò. Discuteremo di ciò che è accaduto e mi assicurerò che tutto torni alla normalità. Perché non sopporto che mi eviti e non voglio che ignori o urli contro i tuoi amici per qualcosa che io ho fatto”.

“Non voglio parlarne”.

“Invece dobbiamo” replicò Laxus. “Lo faremo quando sarai pronto”.

Nonostante il tono infastidito, Freed percepì una certa gentilezza nell’invito di Laxus a cominciare per primo la conversazione. Almeno in questo modo avrebbe potuto inquadrare gli eventi come preferiva e soprattutto avere del tempo per pensarci, che era ciò di cui necessitava maggiormente. Chiuse gli occhi per un momento in modo da riordinare i pensieri prima di parlare.

Doveva essere onesto. Bickslow aveva ragione: a Freed non dispiaceva affatto mostrarsi vulnerabile quando si trattava di Laxus, quindi doveva approfittarne.

“A volte sono un po’ ottuso” confessò. “E mi sento in dovere di fare cose che gli altri potrebbero considerare… anormali. Normalmente sono molto severo con me stesso, ma con te… non lo so, tu hai uno strano effetto su di me. Forse non l’hai capito, ma dubito che avrei permesso a qualcun altro di insegnarmi ad aggiustare un impianto idraulico o elettrico”.

“Non c’è nulla di sbagliato nel seguire il proprio istinto” disse Laxus con improvvisa calma, tanto da stupire Freed. “Specialmente se si tratta ciò che desideri”.

“Forse” concordo Freed, un po’ a malincuore. “Ma ciò che è successo tra di noi non sarebbe dovuto succedere. Non avrei dovuto…”

Si fermò. Doveva dirlo, doveva dire che non avrebbe dovuto sporgersi verso di lui con l’intenzione di baciarlo, che non avrebbe dovuto flirtare con lui per tutto il pomeriggio, che non avrebbe dovuto avvicinarsi così tanto a lui ben sapendo di provare dei sentimenti nei suoi confronti e che una relazione tra di loro sarebbe stata inappropriata e forse impossibile.

“…Non avrei dovuto obbligarti a partecipare a quel gioco visto che non volevi. Mi dispiace”.

Chiuse gli occhi, arrabbiato con se stesso. Perché non riusciva semplicemente a dirgli ciò che sentiva?!

“Okay” disse Laxus. “Ma sappi che non devi sentirti in colpa per nulla di ciò che hai fatto. Lo volevo anch’io, anche se non lo davo a vedere”.

Il modo in cui Laxus stava parlando enfatizzando certe parole attirò l’attenzione di Freed. Forse aveva capito che si stava scusando per qualcos’altro. E se era davvero così, allora Laxus aveva chiaramente deciso di risparmiargli l’imbarazzo usando il gioco della vasca come una metafora. Freed gliene fu incredibilmente grato, tanto da sentirsi quasi commosso da quel piccolo gesto.

“Ho l’impressione di averti forzato” confessò Freed. “E che tu abbia potuto pensare che avrei davvero utilizzato la mia posizione contro di te se tu non avessi acconsentito”.

“Freed, non sono il tipo di persona che si lascia intimidire da cose del genere. Se fosse stato davvero così, ti avrei tirato un pugno” disse Laxus con voce abbastanza seria da rassicurare Freed. “Il punto è che sono salito lì sopra da solo, non mi ha forzato nessuno. Conoscevo i rischi e non mi importava. È stata una mia scelta”.

Un flash dei loro volti vicini attraversò la mente di Freed, che arrossì leggermente a quel ricordo.

“Sei sicuro?” chiese.

“L’unica cosa di cui mi pento è essermene andato in quel modo” disse Laxus con tono sincero e poi si lasciò sfuggire una lieve risata. “Be’, forse mi pento anche di non aver visto che il tipo della bancarella aveva un asciugamano per i clienti. Avrei potuto usarlo”.

“Forse avrei dovuto dirtelo”.

“Allora l’hai visto anche tu?” esclamò Laxus scioccato. “Bastardo”.

Freed sorrise. “E già”.

“Quindi, ora che sai come la penso, la smetterai di incolparti?” chiese Laxus con tono speranzoso. “Starti lontano mi stava facendo davvero impazzire, erano quasi due settimane che non sentivo i tuoi commenti da saputello”. Laxus rise. “Mi sei mancato”.

“Mi sei mancato anche tu” confessò Freed. “Mi dispiace, non succederà più”.

“Non c’è bisogno che ti scusi” lo rassicurò Laxus. “O almeno, non come me. Con Evergreen forse sì”.

Freed ridacchiò, ben sapendo che avrebbe dovuto scusarsi con lei ampiamente e subito, e che avrebbe dovuto impegnarsi molto per riconquistarsi la sua benevolenza. Cosa che ovviamente avrebbe fatto, perché Freed le voleva davvero bene, nonostante a volte fosse parecchio irritante e ficcanaso. Nonostante ciò, avrebbe anche messo in chiaro che non sopportava l’idea che qualcuno parlasse di lui alle sue spalle. Lo trovava troppo invadente.

“Posso… posso dirti una cosa che potrebbe essere fuori luogo?” chiese Laxus.

“Certo” acconsentì Freed aggrottando la fronte.

“Penso che dovresti trasferirti a Magnolia” disse Laxus velocemente e poi parlò di nuovo prima che Freed potesse elaborare le sue parole. “Non dico per sempre, ma almeno finché la casa non è finita. Hai già un posto dove stare, non ti costerà nulla, e penso che ti farebbe bene stare lontano da Era per qualche mese”.

“Vuoi… vuoi che io mi trasferisca a Magnolia?” ripeté Freed sorpreso.

“Lo so che preferiresti non parlarne, ma penso che questo sarebbe l’unico modo per accettare ciò che è successo a tua madre” continuò Laxus. Freed fece per parlare, ma Laxus lo precedette. “È chiaro che non vuoi compassione, ma so cosa significa perdere tua madre, so cosa significa quando tutti intorno a te si aspettano che ti comporti in un certo modo. Vogliono che tu ti senta triste perché se non sei triste significa che non stai soffrendo. La maggior parte della gente non lo capisce, ma io sì”.

Freed comprese. Le aspettative che gli altri riponevano in lui lo infastidivano da mesi.

“Quando è morta mia madre, facevo di tutto pur di non mostrarmi triste” sospirò Laxus. “In realtà non sapevo che diavolo fare, quindi cercavo di comportarmi come se non fosse accaduto nulla. Andavo a scuola, insultavo gli insegnanti, facevo a botte con gli altri bambini. Pensavo che andasse bene così perché facevo esattamente quello che avrei fatto di solito. Ma quando mi hanno cacciato, mi sono reso conto di ciò che ero diventato senza di lei. Non potevo fingere di essere lo stesso, dovevo farmene una ragione”.

“Quindi…” disse Freed dopo un momento di riflessione. “Tu credi che dovrei allontanarmi dalla mia vita di sempre per poter… accettare la sua morte. Ma questo non significherebbe fuggire dal problema?”

“Non stai fuggendo da niente. Non sei quel tipo di persona”. Freed percepì un sorriso nella voce di Laxus. “Significherebbe semplicemente abituarti alla persona che sei senza di lei, piuttosto che rimanere attaccato alla persona che eri prima”.

Freed rimase per un attimo in silenzio prima di lasciarsi sfuggire una risata. “La tua terapeuta era parecchio in gamba, eh?”

“Sì” concordò Laxus.

“Ma anche seccante” continuò Freed.

“Esattamente”. Laxus rise per poi parlare di nuovo. “Allora ci penserai?”.

“Sì”.

“Promettimelo”.

“Te lo prometto”.

“Bene”. Laxus sorrise. “Ora parliamo di come hai evitato di dirmi che il tipo della bancarella aveva un asciugamano”.

Freed si sentì così sollevato che avrebbe quasi potuto mettersi a piangere. Il suo rapporto con Laxus era finalmente tornato alla normalità.

 

   
 
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