Note
della traduttrice:
Ciao
ragazzi, sono Soly Dea!
Ecco il settimo
capitolo di questa long di Eryiss che potete trovare qui in lingua
inglese: AO3
- Fanfiction.net
- Tumblr.
Ricordo che titolo, immagine introduttiva, storia e note
d’autore sono
sue, mentre io mi occupo solo di tradurre.
Poiché
è passato molto tempo da quando ho
pubblicato l’ultimo capitolo, vi riassumo brevemente
l’intera storia.
RIASSUNTO DEI CAPITOLI
PRECEDENTI:
Freed
è un avvocato che alla morte di sua
madre eredita una casa in campagna molto malmessa, quindi decide di
ristrutturarla con l’aiuto di Laxus, tuttofare che lavora
nell’hotel in cui
Freed alloggia. Con il passare del tempo i due si rendono conto che tra
loro
c’è qualcosa di più di una semplice
amicizia. Nello scorso capitolo, infatti,
durante una fiera di paese e nello specifico dopo il gioco della vasca
piena
d’acqua, i due stanno quasi per baciarsi, ma purtroppo a
causa dell’imbarazzo
si separano subito.
Spero
che questo capitolo vi piaccia. Se
volete lasciare un commento, provvederò a tradurlo per
l’autore <3
Note
dell’autore:
Ciao.
Come sempre, ricordate di dare un’occhiata
a Fuckyeahfraxus che ha organizzato il Fraxus Day. Andate a
visitare la pagina per scoprire quali altri contenuti sono stati
prodotti in occasione di questo evento. Attenzione,
in questo capitolo si parla di repressione emotiva.
Vi ringrazio per qualsiasi commento vogliate lasciarmi. Per me significa molto. Spero che la storia vi piaccia e grazie per la lettura.
Capitolo 7 – La
chiusura
Era
patetico, Freed lo sapeva.
Lui
era un uomo adulto, un avvocato, un cittadino
rispettabile che si era guadagnato la sua posizione in molteplici
occasioni.
Eppure si era ridotto a spegnere il cellulare, rinchiudersi nel suo
appartamento e rifiutarsi di parlare con chiunque volesse farlo. Si era
chiuso
completamente in se stesso come uno stupido adolescente incapace di
controllare
le proprie emozioni.
In
effetti, tranne per il fatto che non era
più un adolescente, tale descrizione gli si addiceva
perfettamente. Era un
comportamento ridicolo e Freed si odiava per questo, ma non riusciva a
farne a meno
– tutto perché non sapeva come reagire a
ciò che stava provando.
Perché
stava effettivamente provando qualcosa,
molto più di qualcosa.
Il
che era piuttosto fastidioso, dal momento
che Freed non era particolarmente emotivo. Al contrario, era piuttosto
pragmatico, preferiva mettere i sentimenti da parte per concentrarsi
adeguatamente sui propri obiettivi. Aveva vissuto la sua intera vita in
quel
modo e ciò gli aveva sempre portato successo e
felicità, mentre ora si
ritrovava quasi ad affogare in quei sentimenti che
aveva a lungo
represso. Erano così forti, intensi e variegati che non era
sicuro di poterli
sopportare.
Di
conseguenza, aveva fatto ciò che faceva di
solito quando si sentiva sopraffatto. Non succedeva spesso, normalmente
si
trattava di casi lavorativi più complessi di quanto si
aspettasse, ma le
tecniche che metteva in atto lo aiutavano sempre. Una di esse era
scrivere una
lista di tutte le cose che lo facevano star male ed era proprio questo
che
Freed aveva fatto.
Confusione
– Aveva
sempre vissuto ad Era, la sua intera vita ruotava attorno alla
città, per cui
il fatto di sentirsi così legato ad un paese estraneo come
Magnolia lo
disorientava parecchio.
Fastidio
–
Desiderava che Magnolia fosse parte integrante della sua vita, ma non
lo
avrebbe mai ammesso ad alta voce. Il suo orgoglio glielo impediva, ma
allo
stesso tempo non poteva ignorarlo se voleva essere onesto riguardo ai
propri
desideri.
Rabbia
– Avrebbe
dovuto parlare con Laxus. Non avrebbe dovuto lasciarlo andare
dopo… dopo ciò
che era successo. Non parlava con lui da due settimane e gli mancava,
gli
mancava più di quanto riuscisse ad ammettere. Gli mancava
tantissimo.
Rabbia
– Perché
non avrebbe dovuto spingere Laxus a partecipare a quello stupido gioco.
Rabbia
– Perché
non avrebbe dovuto andare al festival per vedere Laxus.
Rabbia
– Perché
non avrebbe dovuto permettere alla sua stupida cotta di diventare
qualcosa di
più.
Rabbia
– Perché
non avrebbe dovuto permettere che Laxus diventasse più
di un operaio ai
suoi occhi.
Rabbia
– Perché
avrebbe dovuto impedirsi di provare ciò che stava provando
fin dall’inizio.
Sospirò
sbattendo la penna sulla scrivania e strofinandosi
un occhio con il palmo della mano. Guardò infastidito la
lista, la quale aveva
fatto esattamente tutto ciò per cui serviva: mettere in
evidenza il problema
principale che lo stava affliggendo. Come faceva ogni volta, Freed
scrisse un
ultimo punto riassuntivo per mettere in chiaro ciò che gli
stava succedendo.
Attrazione
– Era
attirato da Laxus in un modo che non riusciva a controllare. Non sapeva
cosa
fare di questa attrazione, ma allo stesso tempo non riusciva a
reprimerla. Si
sentiva come intrappolato.
E
per Freed, un uomo per il quale le emozioni
non erano mai state un problema, tutto ciò era piuttosto
preoccupante.
Per
di più, tutto il tempo trascorso insieme a
Laxus ora assumeva un significato nuovo. Forse Freed aveva insistito
affinché
Laxus gli insegnasse ciò che sapeva fare per il semplice
desiderio di stargli
vicino più spesso. Forse quella volta che avevano cenato
insieme e quella volta
che si erano raccontati l’un l’altro episodi della
propria infanzia erano
serviti a rendere la loro relazione più intima.
Forse il tempo trascorso
al festival non era stato nient’altro che un appuntamento
al quale Laxus
l’aveva invitato senza che Freed se ne rendesse conto.
Tutto
ciò era veramente troppo da
sopportare.
Tra
l’altro, se da un lato Freed era convinto
di piacere davvero a Laxus, dall’altro temeva che la sua
amicizia non fosse
realmente genuina. Magari lo assecondava solo perché Freed
era il suo capo e
perché al termine di quel lavoro avrebbe potuto ottenere
buone referenze…
In
quel momento, il rumore di qualcuno che
bussava alla porta riecheggiò nell’appartamento
interrompendo i suoi pensieri.
Freed
non si mosse, naturalmente. Con tutti
quei pensieri negativi che vorticavano nella sua testa ogni secondo,
non era
proprio dell’umore adatto per ricevere visite.
L’idea di fingere di essere
felice gli appariva piuttosto stancante, preferiva invece stare da solo
a
riordinare i suoi pensieri, anche se probabilmente non ci sarebbe
riuscito, il
che significava che sarebbe andato a letto ancora più
furioso di prima.
“Se
non sei ancora morto, ti uccido io!” urlò
Evergreen battendo ancora sulla porta.
“Questo
significa che è preoccupata…” aggiunse
un’altra voce, più tranquilla di quella di
Evergreen. Era Bickslow. “…Ma che
comunque potrebbe ucciderti, quindi apri la porta”.
Freed
sospirò abbandonando la scrivania e
avvicinandosi alla porta. Evergreen e Bickslow erano le uniche due
persone per
le quali si sarebbe sentito leggermente in colpa a non aprire la porta.
Inoltre, era perfettamente possibile che, se non li avesse fatti
entrare subito,
Evergreen poi lo avrebbe castrato. Non sapeva
nemmeno come avessero
fatto ad entrare nel condominio da soli.
Quando
aprì la porta, Freed si sentì davvero
in colpa. Bickslow, che normalmente sorrideva più di quanto
fosse umanamente
possibile, aveva un’espressione preoccupata. Quella di
Evergreen, invece, era
incomprensibile, ma ci pensò lei stessa a rendergliela
chiara, prima dandogli
un pugno nello stomaco e poi abbracciandolo, il che significava che era
tanto
arrabbiata quanto preoccupata.
“Stronzo”
grugnì Evergreen contro il petto di
Freed, il quale le restituì un’espressione
accigliata. Voleva risponderle, ma
poi pensò che sarebbe stato meglio non farlo. “Ero
in pensiero per te” aggiunse
Evergreen.
“Perché?”
“Perché
non ti fai vedere da tipo quattro
giorni” disse Bickslow entrando nell’appartamento
di Freed e chiudendo la
porta. Evidentemente avevano intenzione di restare. “Non
rispondi né alle
chiamate né alle email. Normalmente risponderesti prima
ancora di riceverle”.
Scrollò le spalle. “Volevamo sapere se stessi
bene”.
“Be’,
come vedete…” disse Freed lentamente.
“…sto
bene”.
“Allora
posso colpirti di nuovo” lo minacciò
Evergreen allontanandosi dal petto di Freed e tirandogli un altro pugno
sul
braccio. “Che cazzo hai che non va, eh?”
“Niente”.
Freed si voltò e tornò alla sua
scrivania. “Ora che sapete che sto bene… vi serve
altro?”
Freed
conosceva bene i suoi amici e,
nonostante si fosse voltato, sapeva che si stavano parlando con lo
sguardo.
Quando poi i loro riflessi sul vetro della finestra confermarono i suoi
sospetti, ne fu ancora più infastidito. Comprendeva che
erano preoccupati per
lui e arrabbiati per come si stava comportando, ma avrebbero potuto
essere più discreti.
E
poi perché diamine lo stavano trattando come
un bambino? Li conosceva e lavorava con loro da anni, e sapevano
entrambi che
era un adulto responsabile. Per l’amor del cielo,
avevano lavorato nello
stesso ufficio e Freed era sempre stato il responsabile di ogni
progetto.
Autoproclamatosi tale, oltretutto. Ma evidentemente il suo bisogno di
solitudine gli aveva fatto perdere tutto il rispetto che si era
conquistato nel
corso degli anni e ora i suoi amici si sentivano in dovere di prendersi
cura di
lui come se lui non ne fosse in grado. Insomma, erano piombati in casa
sua
senza essere stati invitati e stavano chiaramente comunicando alle sue
spalle.
Come poteva fare finta di niente?
“Vorrei
rimanere da solo” annunciò Freed,
voltandosi nuovamente verso di loro. “Quindi, se avete ancora
intenzione di
comportarvi come se io non ci fossi, fareste meglio ad
andarvene”.
“E
dai, Freed” sospirò Bickslow.
Freed
si irrigidì lievemente. Il suo tono era
esasperato, come se si trattasse di qualcosa di ricorrente. Al
contrario, era
la prima volta che Freed si comportava in quel modo, e aveva sperato
che i suoi
amici rispettassero la sua volontà. Stava per dare voce ai
suoi pensieri quando
Evergreen parlò.
“Mi
ha scritto Laxus” disse, attirando lo
sguardo di Freed.
“E
cosa ti ha detto esattamente?”. Freed non
sapeva cosa pensasse Laxus di quella situazione o se si fosse accorto
che al
festival, una volta faccia a faccia, si era lievemente sporto nella sua
direzione. Francamente era un po’ spaventato da
ciò che Evergreen stava per
dirgli.
“Mi
ha detto che non vi siete lasciati nel
migliore dei modi e che nel weekend non sei tornato a
Magnolia” disse Evergreen
sedendosi sul divano di Freed e fissandolo. “Mi ha detto che
non avete
litigato, ma che stai ignorando le sue chiamate. Vuoi spiegarci cosa
è
successo?”
“Non
capisco perché dovrei dirvelo”. Freed
andò in cucina a prendersi un bicchiere d’acqua.
Non offrì nulla ai due,
sperando che il suo comportamento passivo-aggressivo avesse gli effetti
desiderati.
“Perché
ti stai comportamento come un–”.
“Quello
che intende Evergreen…” la interruppe
Bickslow “…è che se ci dici cosa
è successo potremmo aiutarti, farti sentire un
po’ meglio”.
“Non
ho bisogno del vostro aiuto”.
“Sì
che ne hai bisogno, baby” sospirò ancora
Bickslow, guardando Freed con un sorriso fastidiosamente onesto che
incrinò
leggermente la sua rabbia, dato che Bickslow solitamente non parlava in
modo
così serio. “Ciò che stai facendo ora
non è da te. E non mi sembra nemmeno
molto salutare”.
Freed
seguì lo sguardo di Bickslow e sbuffò:
stava guardando il cestino della spazzatura, attorno al quale giacevano
confezioni vuote di cibo da asporto.
“Quindi
non posso più ordinarmi da mangiare?”
sbottò.
“Certo
che puoi” disse Evergreen. “Ma di
solito tu cucini. Hai sempre cucinato. Ordini cibo
da asporto al massimo
una volta a settimana, ma questo mi sembra
decisamente troppo”. Freed roteò
gli occhi. “Senti, magari è una sciocchezza, ma ti
stai isolando anziché
affrontare il problema e questo non è da te. Abbiamo pensato
che potevamo
aiutarti a risolverlo, anche solo parlandone” concluse
Evergreen.
“Possiamo
andarcene se vuoi” continuò
Bickslow. “Ma penso che sarebbe meglio se
restassimo”.
Freed
rimase in silenzio, poi sbuffò. “Tè o
caffè?”
Dopo
che ebbe preparato le bevande, cominciò a
raccontare. Descrisse solo il necessario: come si era lentamente
avvicinato a
Laxus durante il tempo trascorso insieme e come era nata la sua cotta
per lui.
Spiegò che ne era così terribilmente attratto da
trovarlo quasi incomprensibile
e da sentirsi a disagio per questo.
Raccontò
anche ciò che era successo al
festival, come si era arrabbiato al telefono quando gli era stato detto
che non
poteva ampliare la casa e come aveva istintivamente raggiunto Laxus per
calmarsi. Aggiunse che avevano passato il pomeriggio insieme facendo
qualcosa
di simile al flirtare e che aveva sfidato Laxus ad
un gioco ridicolo.
E
che si erano quasi baciati, ma poi Laxus era
praticamente scappato via.
“Quindi”
disse Evergreen quando Freed finì di
raccontare. “Ti sei pentito e ora ti senti in
imbarazzo?”
“Proprio
così, perché sono un bambino” rispose
Freed ironicamente.
“Tutti
si sentono in imbarazzo, Freed, non
solo i bambini”. Bickslow sospirò. “Ma
non penso che sia questo il motivo per
cui ti stai comportando così. Penso invece che, nonostante
tu ti senta in
imbarazzo, la cosa non ti dia poi così fastidio”.
Freed aggrottò la fronte e
Bickslow continuò. “Secondo me sei solo
preoccupato per ciò che hai fatto”.
“Quand’è
che sei diventato uno psicologo?”
mormorò Evergreen.
“Scusate,
è che ormai a lavoro trascorro molto
tempo con gli psicologi. È interessante”. Bickslow
sorrise dando una pacca a
Freed. “Quello che sto cercando di dirti è che per
la prima volta tu vuoi
sentirti vulnerabile per qualcuno perché senti che ne vale
la pena, ma allo
stesso tempo ciò ti manda in confusione”.
“Io…”
disse Freed lentamente. “Suppongo che
sia possibile. In fondo, le relazioni non sono il mio forte e questo
potrebbe
aver… contribuito”.
“Dovresti
parlare con lui” suggerì Evergreen.
“Forse è il modo migliore per risolvere la
cosa”.
“Ci
siamo quasi baciati e non ci parliamo da
quel momento” mise in chiaro Freed, stringendo saldamente la
tazza del tè.
“Oltretutto è stato lui ad andarsene subito. Non
credo che questa situazione
gli piaccia”.
“Era
spaventato!” esclamò Evergreen. “Quando
ha saputo che non avevamo tue notizie da giorni, ho dovuto praticamente
impedirgli di prendere il primo treno per venire qui da te”.
Freed sussultò
leggermente. “Non ti è proprio venuto in mente che
Laxus possa fare schifo
quanto te a gestire le emozioni, ma che semplicemente lo dimostra in
modo
diverso?”
Freed
non rispose e nella stanza calò un fastidioso
silenzio. Fissò la tazza del tè stringendola
ancora più forte. Non solo
Evergreen e Bickslow mostravano di comprendere la sua mente meglio di
lui, ma
gli stavano anche dicendo che forse a Laxus quel bacio non sarebbe
dispiaciuto.
La cosa lo faceva arrabbiare ulteriormente perché, se anche
fosse stato vero,
non avevano comunque capito il punto della situazione.
Laxus
non era il tipo di persona con cui Freed
avrebbe potuto avere una relazione. Non solo lavorava per lui e quindi
uscire
con lui avrebbe implicato un notevole conflitto di interessi, ma viveva
a tre
ore di distanza dalla sua città, in un luogo che ne era la
perfetta antitesi.
Proprio come nei migliori cliché, loro due venivano
da due mondi troppo
diversi.
Freed
aveva l’impressione che, se l’avesse
detto ad alta voce, i suoi amici avrebbero risposto che stava solo
trovando
delle scuse. E forse avevano ragione.
“Comunque,
c’è un’altra cosa di cui vorremmo
parlarti” disse Evergreen con tono prudente, il che indusse
Freed a mettersi
subito sulla difensiva. “Sappiamo che preferiresti non
parlarne ma…”
“L’ultima
volta che ti abbiamo visto così…”
continuò Bickslow. “…è stata
quando è morto tuo padre”.
“Cosa
state cercando di dirmi?” chiese Freed con
tono aspro.
“Abbiamo
solo pensato che magari il motivo per
cui ti senti così…” disse Evergreen
cercando chiaramente le parole giuste per
non ferirlo, probabilmente senza riuscirci.
“…è che non riesci a superare il
fatto che lei… non ci sia
più”.
“Santo
cielo!” sbottò Freed.
“Perché
insistete tanto sul fatto che la morte di mia madre finirà
per distruggermi?
Sto bene!”
Stava
davvero bene, stava benissimo.
Certo, sua madre era morta da qualche mese, ma ciò non
significava che lui si
stesse piangendo addosso. Non era da Freed, specialmente considerando
il fatto
che lui e sua madre si erano allontanati parecchio a partire dalla
morte di suo
padre. E anche se non fosse stato così, di certo Freed non
avrebbe avuto un
crollo emotivo a distanza di mesi dall’evento. Era qualcosa
che accadeva solo
alle persone particolarmente emotive, quindi perché diavolo
credevano che
sarebbe successo a lui?
Il
fatto che le persone a lui più vicine
associassero il suo comportamento al dolore per la morte di sua madre
lo faceva
infuriare. Tra l’altro, Freed era convinto che il modo in cui
si stesse
comportando non fosse poi così brutto. Si trattava
semplicemente di una
situazione spiacevole dalla quale aveva preferito prendere le distanze
per
calmarsi, tutto qui. Se i suoi amici pensavano che fosse un
comportamento
malsano, allora era un loro problema.
“Siamo
solo preoccupati per il fatto che non
vuoi parlarne” insistette Bickslow. “Non vogliamo
che affronti questa
situazione negativa da solo”.
“Be’,
penso che sarebbe alquanto difficile con
voi che non volete andarvene” sbuffò Freed.
“E
dai” sospirò Bickslow. “Non
c’è bisogno di–”.
“Vi
spiego una volta per tutte cosa sta
succedendo” disse Freed rapidamente, mettendosi in piedi e
facendo qualche
passo. Aveva bisogno di muoversi. “Siete venuti qui dopo aver
parlato con Laxus
di me a mia insaputa. Ora siete qui, convinti che io mi stia
comportando in
modo asociale e malsano. Mi avete chiesto di spiegarvi la situazione
nel
dettaglio, ovvero di rivelarvi i miei sentimenti nonostante nessuno di
voi due abbia
la vaga idea di cosa mi passi per la testa”.
Respirò forte, mentre le dita
graffiavano il palmo della mano. “E ora state palesemente
ignorando tutto ciò e
cercando di portare l’attenzione sulla morte di mia madre
nonostante io vi
abbia detto più volte che sto bene”.
“Freed”
disse Evergreen pazientemente, come se
si stesse rivolgendo ad un bambino. Perché diavolo lo
trattavano così?! “Forse
dovresti prenderti qualche minuto per–”.
“Credete
che la mia presunta chiusura
sia dovuta alla morte di mia madre, giusto? Probabilmente ne avete
parlato tra
voi prima di venire qui” continuò Freed sentendo
montare la rabbia. “Quindi
perché avete menzionato Laxus? Forse per intromettervi
ancora una volta nella
mia vita? Quando avete scoperto che avevo conosciuto qualcuno della mia
età che
era anche il mio tipo, avete cominciato a farmi domande insensate e
battute
stupide. Forse avevate solo bisogno di un po’ di gossip e
questa era una bella
opportunità”.
“Va
bene, non sei dell’umore adatto per
parlare” concluse Bickslow con un sospiro mettendosi in
piedi. “Forse dovremmo
andare”.
“Esatto”
concordò Freed.
“Bene”
mormorò Evergreen, visibilmente
infastidita. “Ma accendi quel cazzo di telefono e se Laxus ti
chiama ancora
vedi di rispondere, è preoccupato per te”.
Raggiunse la porta, per poi voltarsi
ancora una volta verso di lui. “Aspetteremo che sia tu a
chiamarci e a scusarti
con noi per quello che hai detto”.
Evergreen
uscì dall’appartamento sbuffando.
Bickslow diede una pacca sulla spalla di Freed promettendogli di
scrivergli più
tardi e poi seguì Evergreen.
Freed
sospirò lievemente accasciandosi sulla
sedia della sua scrivania, la gamba che tremava ansiosamente. Si
portò una mano
al viso e guardò la lista che aveva scritto. Ora che aveva
parlato con i suoi
amici, si rendeva conto di aver dimenticato il punto più
importante.
Paura – Non voglio restare da solo.
_______________________________________
Si
era addormentato poco dopo sul divano in
pelle dimenticando tutto con molta facilità. Infatti,
l’adrenalina che lo aveva
accompagnato durante quella crisi di nervi era scomparsa nel momento
stesso in
cui Bickslow ed Evergreen erano andati via e al suo posto era
subentrato un
urgente bisogno di dormire.
E
anche un urgente bisogno di scusarsi, perché
Bickslow ed Evergreen erano suoi amici, lo erano sempre stati, e non
sarebbero
mai stati capaci di tramare alle sue spalle, specialmente per qualcosa
di così
stupido come ficcare il naso nella sua relazione con Laxus.
Riflettendoci,
era ovvio che fosse
così. Bickslow ed Evergreen erano brave persone e tenevano
molto a lui. Erano
andati a trovarlo solo perché erano preoccupati per lui e
volevano assicurarsi
che stesse bene, capire cosa lo stesse affliggendo e dargli dei
consigli, ma in
quel momento Freed si era sentito semplicemente attaccato,
quasi i due
si fossero coalizzati contro di lui. Era per questo che si era messo
sulla
difensiva e aveva risposto a tono.
Ora
si sentiva stupido. E in colpa.
Stava
per alzarsi con l’intenzione di
telefonare ad Evergreen quando il suo cellulare cominciò a
squillare. Raggiunse
il tavolino sul quale era poggiato. Lo aveva riacceso dopo che
Evergreen e
Bickslow erano andati via trovandovi una marea di messaggi e chiamate
da parte
dei suoi amici.
Chiamata
in arrivo: Laxus Dreyar
Freed
prese la tazza del tè, che nel frattempo
si era raffreddato, e ne bevve un ultimo sorso per svegliarsi un
po’, quindi
rispose alla chiamata di Laxus, non senza una punta di ansia. Non si
parlavano
dal festival e Freed non sapeva come gestire la cosa.
“Ehi!”.
La voce di Laxus gli risuonò
nell’orecchio piuttosto preoccupata. Freed fece una smorfia,
sapeva di esserne
il colpevole. “Non mi aspettavo che rispondessi”
ammise Laxus.
“Be’,
Evergreen mi ha detto che eri in
pensiero per me” mormorò Freed guardando
attraverso la finestra. Si era fatta
sera.
“Infatti”
confermò Laxus.
Freed
sospirò chiedendosi se lui sarebbe stato
in grado di ammettere una cosa del genere così apertamente.
Forse con Laxus sì.
“Mi
ha scritto qualche ora fa” continuò Laxus,
e Freed udì un leggero movimento. Si chiese che cosa stesse
facendo, un
pensiero ridicolo che lo fece sentire ancora peggio, perché,
se non fosse stato
per il suo maledetto orgoglio, forse in quel momento avrebbe potuto
essere con
Laxus. “Mi ha detto che lei e Bickslow sono venuti a
trovarti, ma che tu non
hai apprezzato la visita” spiegò Laxus con una
lieve risata.
“Non
è bello che parliate di me alle mie
spalle” puntualizzò Freed infastidito.
“Hai
cacciato via i tuoi migliori amici” disse
Laxus stancamente. “Siamo solo–”.
“Come
hai trovato il numero di Evergreen?”
chiese Freed a quel punto. “È venuta a Magnolia
una volta sola e vi siete
parlati solo per cinque minuti”.
“Mi
ha aggiunto su Facebook”.
“Quindi
non vi siete scambiati i numeri, no?”
chiese Freed. Non capiva perché fosse tanto infastidito da
un dettaglio così
insignificante, ma lo era. E di certo il “Ma che
cazzo…” mormorato dall’altra
parte del telefono non lo aiutava. “State usando Messenger,
no? È una cosa
diversa”.
“È
importante?”
“Certo
che lo è!” sbottò Freed. “I
dettagli
sono importanti per me, Laxus. Devo sapere tutto prima di
intromettermi. E se
tu–”
“Porca
puttana” lo interruppe Laxus ad alta
voce. “La smetti di parlare?!”
Freed
tacque.
“Senti,
lo so che non sei dell’umore adatto e
che probabilmente non vuoi parlare con me, ma… fanculo,
continui a dire che
stai bene e che non vuoi essere trattato come un bambino,
no?” chiese Laxus e
Freed si ritrovò stupidamente ad annuire.
“Be’, allora è quello che
farò.
Discuteremo di ciò che è accaduto e mi
assicurerò che tutto torni alla
normalità. Perché non sopporto che mi eviti e non
voglio che ignori o urli
contro i tuoi amici per qualcosa che io ho
fatto”.
“Non
voglio parlarne”.
“Invece
dobbiamo” replicò Laxus. “Lo faremo
quando sarai pronto”.
Nonostante
il tono infastidito, Freed percepì
una certa gentilezza nell’invito di Laxus a cominciare per
primo la
conversazione. Almeno in questo modo avrebbe potuto inquadrare gli
eventi come preferiva
e soprattutto avere del tempo per pensarci, che era ciò di
cui necessitava
maggiormente. Chiuse gli occhi per un momento in modo da riordinare i
pensieri
prima di parlare.
Doveva
essere onesto. Bickslow aveva ragione: a
Freed non dispiaceva affatto mostrarsi vulnerabile quando si trattava
di Laxus,
quindi doveva approfittarne.
“A
volte sono un po’ ottuso” confessò.
“E mi
sento in dovere di fare cose che gli altri potrebbero
considerare… anormali. Normalmente
sono molto severo con me stesso, ma con te… non lo so, tu
hai uno strano
effetto su di me. Forse non l’hai capito, ma dubito che avrei
permesso a
qualcun altro di insegnarmi ad aggiustare un impianto idraulico o
elettrico”.
“Non
c’è nulla di sbagliato nel seguire il
proprio istinto” disse Laxus con improvvisa calma, tanto da
stupire Freed.
“Specialmente se si tratta ciò che
desideri”.
“Forse”
concordo Freed, un po’ a malincuore.
“Ma ciò che è successo tra di noi non
sarebbe dovuto succedere. Non avrei
dovuto…”
Si
fermò. Doveva dirlo, doveva dire che
non avrebbe dovuto sporgersi verso di lui con l’intenzione di
baciarlo, che non
avrebbe dovuto flirtare con lui per tutto il pomeriggio, che non
avrebbe dovuto
avvicinarsi così tanto a lui ben sapendo di provare dei
sentimenti nei suoi
confronti e che una relazione tra di loro sarebbe stata inappropriata e
forse
impossibile.
“…Non
avrei dovuto obbligarti a partecipare a
quel gioco visto che non volevi. Mi dispiace”.
Chiuse
gli occhi, arrabbiato con se stesso.
Perché non riusciva semplicemente a dirgli ciò
che sentiva?!
“Okay”
disse Laxus. “Ma sappi che non devi
sentirti in colpa per nulla di ciò che hai fatto. Lo volevo
anch’io, anche se
non lo davo a vedere”.
Il
modo in cui Laxus stava parlando
enfatizzando certe parole attirò l’attenzione di
Freed. Forse aveva capito che
si stava scusando per qualcos’altro. E se era davvero
così, allora Laxus aveva
chiaramente deciso di risparmiargli l’imbarazzo usando il
gioco della vasca
come una metafora. Freed gliene fu incredibilmente grato, tanto da
sentirsi
quasi commosso da quel piccolo gesto.
“Ho
l’impressione di averti forzato”
confessò
Freed. “E che tu abbia potuto pensare che avrei davvero
utilizzato la mia
posizione contro di te se tu non avessi acconsentito”.
“Freed,
non sono il tipo di persona che si
lascia intimidire da cose del genere. Se fosse stato davvero
così, ti avrei tirato
un pugno” disse Laxus con voce abbastanza seria da
rassicurare Freed. “Il punto
è che sono salito lì sopra da solo, non mi ha
forzato nessuno. Conoscevo i
rischi e non mi importava. È stata una mia scelta”.
Un
flash dei loro volti vicini attraversò la
mente di Freed, che arrossì leggermente a quel ricordo.
“Sei
sicuro?” chiese.
“L’unica
cosa di cui mi pento è essermene
andato in quel modo” disse Laxus con tono sincero e poi si
lasciò sfuggire una
lieve risata. “Be’, forse mi pento anche di non
aver visto che il tipo della
bancarella aveva un asciugamano per i clienti. Avrei potuto
usarlo”.
“Forse
avrei dovuto dirtelo”.
“Allora
l’hai visto anche tu?” esclamò Laxus
scioccato. “Bastardo”.
Freed
sorrise. “E già”.
“Quindi,
ora che sai come la penso, la
smetterai di incolparti?” chiese Laxus con tono speranzoso.
“Starti lontano mi
stava facendo davvero impazzire, erano quasi due settimane che non
sentivo i
tuoi commenti da saputello”. Laxus rise. “Mi sei
mancato”.
“Mi
sei mancato anche tu” confessò Freed.
“Mi
dispiace, non succederà più”.
“Non
c’è bisogno che ti scusi” lo
rassicurò
Laxus. “O almeno, non come me. Con Evergreen forse
sì”.
Freed
ridacchiò, ben sapendo che avrebbe
dovuto scusarsi con lei ampiamente e subito, e che avrebbe dovuto
impegnarsi molto
per riconquistarsi la sua benevolenza. Cosa che ovviamente avrebbe
fatto,
perché Freed le voleva davvero bene, nonostante a volte
fosse parecchio
irritante e ficcanaso. Nonostante ciò, avrebbe anche messo
in chiaro che non
sopportava l’idea che qualcuno parlasse di lui alle sue
spalle. Lo trovava
troppo invadente.
“Posso…
posso dirti una cosa che potrebbe
essere fuori luogo?” chiese Laxus.
“Certo”
acconsentì Freed aggrottando la
fronte.
“Penso
che dovresti trasferirti a Magnolia”
disse Laxus velocemente e poi parlò di nuovo prima che Freed
potesse elaborare
le sue parole. “Non dico per sempre, ma almeno
finché la casa non è finita. Hai
già un posto dove stare, non ti costerà nulla, e
penso che ti farebbe bene
stare lontano da Era per qualche mese”.
“Vuoi…
vuoi che io mi trasferisca a Magnolia?”
ripeté Freed sorpreso.
“Lo
so che preferiresti non parlarne, ma penso
che questo sarebbe l’unico modo per accettare ciò
che è successo a tua madre”
continuò Laxus. Freed fece per parlare, ma Laxus lo
precedette. “È chiaro che
non vuoi compassione, ma so cosa significa perdere tua madre, so cosa
significa
quando tutti intorno a te si aspettano che ti comporti in un certo
modo.
Vogliono che tu ti senta triste perché se non sei triste
significa che non stai
soffrendo. La maggior parte della gente non lo capisce, ma io
sì”.
Freed
comprese. Le aspettative che gli altri
riponevano in lui lo infastidivano da mesi.
“Quando
è morta mia madre, facevo di tutto pur
di non mostrarmi triste” sospirò Laxus.
“In realtà non sapevo che diavolo fare,
quindi cercavo di comportarmi come se non fosse accaduto nulla. Andavo
a
scuola, insultavo gli insegnanti, facevo a botte con gli altri bambini.
Pensavo
che andasse bene così perché facevo esattamente
quello che avrei fatto di
solito. Ma quando mi hanno cacciato, mi sono reso conto di
ciò che ero
diventato senza di lei. Non potevo fingere di essere lo stesso, dovevo
farmene
una ragione”.
“Quindi…”
disse Freed dopo un momento di
riflessione. “Tu credi che dovrei allontanarmi dalla mia vita
di sempre per
poter… accettare la sua morte. Ma questo non significherebbe
fuggire dal
problema?”
“Non
stai fuggendo da niente. Non sei quel
tipo di persona”. Freed percepì un sorriso nella
voce di Laxus. “Significherebbe
semplicemente abituarti alla persona che sei senza di lei, piuttosto
che
rimanere attaccato alla persona che eri prima”.
Freed
rimase per un attimo in silenzio prima
di lasciarsi sfuggire una risata. “La tua terapeuta era
parecchio in gamba, eh?”
“Sì”
concordò Laxus.
“Ma
anche seccante” continuò Freed.
“Esattamente”.
Laxus rise per poi parlare di
nuovo. “Allora ci penserai?”.
“Sì”.
“Promettimelo”.
“Te
lo prometto”.
“Bene”.
Laxus sorrise. “Ora parliamo di come hai
evitato di dirmi che il tipo della bancarella aveva un
asciugamano”.
Freed
si sentì così sollevato che avrebbe
quasi potuto mettersi a piangere. Il suo rapporto con Laxus era
finalmente tornato
alla normalità.