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Autore: LorasWeasley    04/11/2021    2 recensioni
future|fic [semishira]
"-Ascolta…- Semi le parlò piano ma con fermezza –Se non ti piacciono i tuoi compagni, non devi per forza diventare loro amica. Non si può essere amici di tutti.
La bambina abbassò lo sguardo –Ma poi papà diventa triste se non lo faccio, pensa che sia colpa sua e non voglio che sia triste."
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Eita Semi, Kenjiro Shirabu
Note: Kidfic | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'Future Fic with Babies'
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Non si può essere amici di tutti
 


Semi e Ami entrarono dentro la propria villa e come prima cosa l’uomo tolse l’allarme, poi si chiuse la porta alle spalle e aiutò la figlia a togliersi le scarpe all’ingresso.
Il tragitto da scuola a casa era stato silenzioso, ma una volta all’interno delle mura di casa loro e avendo la giusta privacy dal resto del mondo, Semi decise di chiedere –Mi vuoi parlare di quello che è successo?
La bambina si morse il labbro mentre si alzava per posare le proprie scarpe e indossare le pantofole, poi scosse la testa facendo oscillare le sue lunghe e bionde codine.
Semi sospirò e decise che per il momento avrebbe lasciato correre, che magari avrebbe potuto prepararle la merenda e solo dopo questo riprovare.
Semi e Shirabu avevano adottato Ami quando la piccola aveva solo un anno e mezzo. Semi era diventato un cantante conosciuto in tutto il Giappone e Shirabu si era laureato in medicina, il passo successivo sarebbe stata la specialistica.
Per quanto le loro vite fossero impegnate, avevano parlato a lungo di quella scelta e deciso che avrebbero potuto farcela, che non si sarebbero privati del desiderio di avere un figlio solo per colpa dei loro lavori.
Considerando l’alta disponibilità economica e la casa grande, non fu difficile che gli accettassero la richiesta di adozione e, quando la coppia andò in orfanotrofio, c’erano davvero tanti bambini tra i quali scegliere. Ma Ami, con la sua intelligenza e gentilezza, aveva colpito subito la coppia e lo stesso giorno riuscirono a portarla a casa.
La bambina era un angelo, sempre buona e calma e che rispettava tutte le richieste dei suoi genitori, non aveva quasi mai fatto i capricci e la sua intelligenza era tale da capire la situazione che la circondava e comportarsi di conseguenza.
C’erano volte in cui entrambi si dimenticavano che aveva solo sei anni.
Quel giorno Shirabu aveva il turno in ospedale fino a sera, quindi toccava a lui occuparsi della loro bambina.
La fece lavare e cambiare in una tuta comoda per casa, poi preparò la merenda.
Quando fu finalmente seduta al tavolo a mangiare, il genitore le si sedette accanto e chiese di nuovo –Perché non vuoi parlarmi di quello che è successo?
-Non devi preoccuparti, papà. Diventerò loro amica.
Quel giorno Semi era stato chiamato dalla maestra di Ami perché questa era preoccupata: la bambina sembrava starsene sempre in disparte, ignorando i suoi compagni e le possibili amicizie.
Non era stata la prima volta che gliel’avevano detto, un mese prima la stessa insegnante aveva espresso loro quegli stessi dubbi e, quando Shirabu nel panico aveva domandato ad Ami perché non volesse diventare amica dei suoi compagni di classe, lei aveva risposto che erano stupidi e non capivano quello di cui lei parlava.
Quella notte Shirabu si accusò di quella situazione, disse che era tutta colpa sua se adesso la loro bambina non riusciva a fare amicizia. Che leggendole libri ogni sera prima di addormentarsi l’aveva spinta a comportarsi in quel modo.
Semi aveva riso divertito, rispondendo che non era una cosa negativa essere intelligente e che Shirabu non la costringeva a fare nulla, poiché Ami amava quelle notti con il padre ed era proprio lei a chiedergli di leggere sempre qualcosa di nuovo fino a quando non crollava addormentata.
Il giorno dopo, Ami disse loro che non si sarebbero dovuti preoccupare e che avrebbe provato a diventare amica dei suoi compagni. I due genitori avrebbero voluto protestare, ma lei era stata risoluta in quella sua scelta e non ci fu più motivo di parlarne, o almeno, non fino a quel giorno.
-Ascolta…- Semi le parlò piano ma con fermezza –Se non ti piacciono i tuoi compagni, non devi per forza diventare loro amica. Non si può essere amici di tutti.
La bambina abbassò lo sguardo –Ma poi papà diventa triste se non lo faccio, pensa che sia colpa sua e non voglio che sia triste.
Il cuore di Semi saltò un battito nel rendersi conto che Ami aveva sentito quella discussione un mese prima, che si stava costringendo a fare delle cose che non voleva solo per rendere felice i suoi genitori.
I suoi occhi si fecero lucidi alla consapevolezza di quanto lei li amasse e gli venne solo voglia di abbracciarla.
-Kenjiro non è triste perché tu non diventi amica dei tuoi compagni di classe, Kenjiro diventa triste solo se pensa che tu non sia felice. Hai capito, Ami? Tuo padre e io ti amiamo così tanto che vogliamo solo il meglio per te. E se tu non sei felice con i tuoi compagni di classe, allora non devi diventare loro amica, non importa quello che dice la maestra, capito?
Ami non sembrava convinta da quel discorso e Semi la fece alzare per poi farla sedere sulle sue gambe –Dimmi che hai capito, Ami- sussurrò prendendole il viso a coppa e scrutandola alla ricerca di anche un minimo tentennamento.
-Sei sicuro?- domandò lei infine.
-Sono super sicuro!
-Allora… non voglio essere amica dei miei compagni.
-Va bene- acconsentì baciandole la fronte –Vuoi dirmi perché?
-Non so di cosa parlare con loro, a loro non piacciono i libri che leggo con papà, dicono che sono stupidi e che leggere non è divertente. Pensano che sia noiosa, ma a me piace essere così.
Semi l’abbracciò, completamente fiero di lei –Certo che sì, non devi mai vergognarti di fare qualcosa che ti piace!
La bambina sorrise e un’idea iniziò a formarsi nella mente di Semi, così mormorò –sabato andiamo in un posto che ti piacerà.
-Dove?- domandò curiosa tirandosi indietro mentre i suoi occhi si illuminavano.
Semi le fece un’occhiolino –è una sorpresa.
 
-Sembri un maniaco- rise Shirabu mentre sistemava il cappellino di Semi sulla sua testa.
I due uomini stavano aspettando che Ami finisse il corso di lettura per bambini alla quale l’avevano portata per la prima volta quel sabato. Si trovavano in una strada del centro affollata e Semi, per non farsi riconoscere, aveva indossato un cappellino, degli occhiali da sole e una mascherina. Probabilmente sembrava davvero un maniaco, soprattutto quando era in attesa di fronte un locale pieno di bambini, ma era meglio che essere circondato da gruppi di fan.
-Fidati, meglio questo. O devo forse ricordarti il nostro scorso anniversario?
Kenjiro rise al ricordo, stava anche per rispondere quando fu interrotto dalla voce eccitata di Ami che correva verso di loro –Papà! Papà!
-Principessa!- la salutò Kenjiro mentre la prendeva in braccio –ti sei divertita?
-Un sacco! Il maestro ci ha letto un capitolo di un libro e poi ne abbiamo parlato tutti insieme facendo anche dei giochi e mangiando! Ho giocato con una bambina di nome Eri perché anche lei pensa che il mio personaggio preferito sia il migliore e poi ho parlato tanto con un bambino di nome Kea!
-Quindi ti piacerebbe tornarci sabato prossimo?- domandò Kenjiro rimettendo la figlia a terra e prendendola per mano mentre tutti e tre iniziavano a dirigersi verso la macchina.
-Sì! Posso?- era talmente esaltata che stava letteralmente saltellando, tirando così tanto il braccio di suo padre che per poco non glielo fece slogare.
-Certo che sì, possiamo tornarci ogni settimana se è questo quello che vuoi.
-Lo voglio!
Kenjiro le sorrise, poi si voltò a fissare Semi che aveva la sua stessa espressione felice e, soprattutto, soddisfatta che la sua idea avesse avuto un esito positivo. I due uomini si guardarono e sembrarono arrivare entrambi alla stessa conclusione.
Fu così che Semi chiese –Ti piacciono quei bambini?
-Sì! Sono miei amici!
-Allora… potremo fare qualche ricerca e vedere che scuola frequentano, così potresti andare nella loro stessa classe. Ti andrebbe?
La bambina si bloccò di scatto, cosa che fece fermare anche i genitori che le lanciarono uno sguardo confuso, soprattutto quando videro i suoi occhi farsi lucidi.
-Davvero?- chiese subito dopo, con un tono di voce solo speranzoso.
-Se questo ti rende felice…
Ami lasciò andare la mano di Shirabu solo per poter abbracciare entrambi con forza, tra le lacrime di gioia mormorò –Siete i papà migliori del mondo!
E non c’era frase più bella che un genitore volesse sentire dal proprio bambino.

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