Qualcuno lo stava pedinando, Kakashi lo sapeva bene.

Era una sensazione lieve, come un formicolio alla nuca, ed andava avanti ormai da più di due ore. Se ne era accorto mentre passeggiava per il Villaggio, un Icha Icha in mano; si stava godendo qualche ora di libertà, visto che i gemelli erano stati rapiti da Tenzō e Kaede, Aki era in Accademia e Megumi con il suo team di genin.

E a proposito del team di Megumi… Kakashi era discretamente sicuro che fossero loro a pedinarlo. Sebbene sua figlia fosse diventata mostruosamente brava nel sopprimere il proprio chakra, non aveva ancora imparato a farlo perfettamente come Sakura. E Kakashi avrebbe riconosciuto il suo chakra tra migliaia (ed anche quello di Metal gli era ormai molto familiare). Perciò sì, sapeva che erano loro a seguirlo, solo non sapeva perché. Perciò, dopo averli trascinati in giro per il Villaggio ancora per una mezz’oretta, Kakashi si diresse verso il campo d’addestramento che aveva prenotato per il pomeriggio.

Aveva più o meno localizzato i tre ragazzini e conosceva quel campo a memoria, perciò gli ci vollero pochi secondi per raggiungere il punto più adatto e sferrare il suo attacco. Creando un paio di copie stanò i genin che invece di fuggire o arrendersi lo attaccarono. Ovviamente non avevano alcuna possibilità di sconfiggerlo e dopo un po’ di baruffa li immobilizzò tutti e tre bloccandoli in ginocchio con un braccio dietro alla schiena, lui che gestiva un recalcitrante Metal mentre i suoi due cloni si occupavano di Megumi e Hōki a pochi passi di distanza.

Stava per dire qualcosa ai tre ragazzini quando una risata proveniente dagli alberi lo fece voltare. Sansho, il jōnin-sensei del team di Megumi, guardava la scena da lontano e se la stava ridendo davvero di gusto. Kakashi non riuscì a trattenere un sorriso mentre riportava gli occhi sull’Icha Icha che non aveva mai messo da parte (erano solo genin, dopotutto).

«Davvero, Sansho-sensei?» chiese Kakashi rivolto verso il jōnin, le sopracciglia inarcate mentre tentava di trattenere una risata. «Spiare il Rokudaime Hokage sarebbe una missione?»

«Devono imparare ad affinare le loro abilità, Kakashi-sama», rispose questi con un ghigno.

«Bè, c’è ancora molto lavoro da fare, allora», stuzzicò lui mentre continuava a tenere bloccati i tre ragazzini senza troppo sforzo. «Ho sentito la loro presenza immediatamente. Se il loro scopo era tenermi d’occhio senza farsi notare hanno decisamente fallito».

«E chi ha detto che la missione era quella?» buttò lì Sansho, e Kakashi aggrottò la fronte. «Com’era? “Dovete imparare a guardare sotto la superficie”, giusto?»

Ed i tre corpi che stringeva scomparvero improvvisamente in una nuvola di fumo ed al contempo Kakashi sentì la terra sotto ai suoi piedi sgretolarsi ed un paio di mani afferrarlo per le caviglie. Megumi. Non fece in tempo a liberarsi che un lampo verde alla periferia del suo campo visivo lo distrasse ed in un istante dovette sollevare un braccio per parare un calcio dannatamente forte di Metal. Ed ancora una volta i genin non gli permisero di reagire perché Hōki era subito dietro Metal, le mani già impegnate negli ultimi sigilli per un Katon jutsu; il ragazzino portò la mano alla bocca e soffiò, generando una piccola palla di fuoco che diresse contro Kakashi.

Per un attimo pensò di dover erigere un muro d’acqua per difendere Metal dalle fiamme, ma i tre ragazzini erano più organizzati di quanto pensasse perché poco prima che il fuoco entrasse in contatto con la schiena di Metal, Hōki mosse il braccio in un ampio gesto ed il fuoco si spostò quel tanto da evitare il suo compagno di squadra per mirare direttamente contro di lui.

Decisamente meravigliato dall’abilità del giovane ninja, Kakashi compose rapidamente i sigilli e spense il fuoco con un drago d’acqua che poi diresse verso i due ragazzini, spazzandoli via e bloccandoli contro due alberi a pochi metri di distanza. Al contempo richiamò i suoi ninken che in un paio di secondi netti penetrarono nel terreno e ne riemersero con Megumi stretta tra i denti.

«Game over, bambini», disse sorridendo, spazzandosi via un po’ di cenere dalla manica della divisa ed al contempo spezzando il jutsu e richiamando i ninken.

«Tōsaaaan!» protestò Megumi. «Non è giusto, i ninken non erano parte del gioco».

«Ah, Megumi-chan, avreste dovuto prevederlo», intervenne Sansho, saltando ad un paio di metri da Kakashi, il sorriso ancora molto evidente sia sulle labbra che nella voce. «È del Rokudaime Hokage, di cui stiamo parlando. Siete stati troppo lenti».

«Ma la vostra strategia era ben fatta», si complimentò Kakashi. Perché era vero. Erano genin solo da due mesi ma stavano già dimostrando abilità piuttosto avanzate.

Kakashi sorrise e pensò a Minato-sensei e Obito e Rin e silenziosamente cercò di immaginare come sarebbe stato se fossero stati ancora con lui, cosa avrebbero pensato di questa nuova generazione. Kakashi era sicuro che sarebbero stati fieri quanto lo era lui.

Sansho si unì ai complimenti e Kakashi scosse il capo divertito quando Hōki si mise a fissarlo con gli occhi brillanti (la fissazione di quel ragazzino per lui era per metà divertente e per metà tremendamente imbarazzante).

«Andiamo, vi siete meritati una ricompensa», esclamò Kakashi, sperando di distrarre il genin. «Wagashi per tutti. Offro io».

E Kakashi si avviò verso le vie del Villaggio con tre ragazzini (ed un adulto) festanti che lo seguivano.