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Autore: bontina    02/09/2009    10 recensioni
“Hai preso due! Sai, questa volta ho deciso che a farti recuperare sarà un tuo compagno di classe, colui che ha preso il voto più alto! Hai dieci gironi di tempo, alla fine dei quali rifarai un nuovo test. Se va bene vuol dire che hai recuperato, se va male abbasserò sia il tuo di voto, sia quello del poveretto che ti avrà aiutata! Allora, non sei curiosa di sapere il nome di chi ha preso nove e mezzo? Ti accontento subito! Si tratta di Akito Hayama!"
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Sana Kurata/Rossana Smith
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 12

Private lessons? No, thanks.

Capitolo 12
SOS: il grande giorno!

 

Il fatidico giorno era arrivato, i dieci gironi scadevano esattamente quel sabato mattina. Forse erano trascorsi troppo velocemente, forse anch’io avevo perso la cognizione del tempo, forse avrei potuto studiare di più, forse avrei persino dovuto ringraziare il professore.
Sospirai alzandomi dal letto: quella notte non avevo dormito molto, troppo presa dai miei dubbi e maledettamente agitata e nervosa per riuscire a tranquillizzarmi e addormentarmi.
Andai in bagno e non potei non notare il mio viso riflesso nello specchio. Non avevo delle occhiaie e apparentemente non sembravo stanca. I miei lineamenti apparivano riposati e rilassati, mentre i miei capelli erano testimoni delle brutta notte che era avevo appena trascorso. Erano tutti spettinati e arricciati, oltre che gonfi e pieni di nodi. Una palla di fieno, insomma!
Iniziai a prepararmi velocemente, nel tentativo di recuperare un po’ di tempo da poter dedicare al ripasso di fisica. La sera precedente, infatti, avevo riletto tutti gli appunti che mi aveva lasciato Akito e avevo persino rifatto qualche esercizio, che poi non si era neppure trovato. Così dopo il terzo ed inutile tentativo mi ero innervosita ed ero andata a letto,ma ciò non aveva dato risultati positivi.
Scesi distrattamente le scale e andai in cucina. Rei e Mama stavano già facendo colazione.
“Buongiorno!”, mi salutarono all’unisono.
Sorrisi flebilmente, cercando di mascherare l’agitazione.
“Buongiorno!”, ripetei non appena fui sicura di essere in grado di utilizzare un tono di voce piuttosto atono.
“Già pronta per la scuola?”, mi chiese mia madre, riferendosi al fatto che fossi già vestita.
“Eh si!”, le risposi, forse un po’ troppo afflitta.
Anche la signora Patricia arrivò in cucina con un piatto di sushi in mano.
“Buongiorno!”, disse non appena mi vide seduta a tavola.
Con un cenno della mano risposi al saluto, poi la mia attenzione fu nuovamente attirata dal piatto.
“Stai già cucinando per il pranzo?”, le domandai mentre lei, di spalle, continuava a preparare pietanze.
“No, veramente questo è per la cena!”, annunciò con un enorme sorriso sulle labbra.
La cena, giusto.
Perché in quella giornata un evento sconvolgente non era abbastanza, no!
Io la mattina avrei dovuto fare quel maledetto test di fisica ed il pomeriggio, o meglio la sera, avrei dovuto presentare Akito a mia madre e al resto della combriccola come mio fidanzato.
Deglutii e presi il mio cappuccino, poi diedi un morso al cornetto alla nutella che era rimasto sul vassoio, rivendicandone il possesso.
“A proposito, cosa ha detto Akito?”, mi chiese mia madre.
Vidi Rei irrigidirsi nello stesso momento in cui Mama pronunciò quel nome. Ma non stava forse esagerando? Del resto mi ero fidanzata, non ero mica andata a combattere in guerra!
Cosa pretendeva? Che sarei rimasta una bambina per sempre? Purtroppo per lui i suoi sogni non si sarebbero mai avverati. Io stavo crescendo e soprattutto io volevo crescere, che lui capisse oppure no. Abbassai lo sguardo e poi tornai a concentrarmi sulla strana figura di mia madre.
“Ha detto che verrà!”, le riferii ripensando alle poche parole che avevamo scambiato a riguardo.
Mama sorrise allegramente, mentre Rei assunse una faccia da funerale. Evitai di farlo notare, non sopportavo quando si comportava in quel modo. Perché non poteva essere un po’ più come mia madre? Certo, avrei capito se lui mi avesse rimproverata per qualcosa tipo l’assenza a scuola dell’altro giorno, o per aver preso un brutto voto, lui era come un padre per me, ma l’unica cosa su cui si esprimeva era la mia vita sentimentale e naturalmente lo faceva per escludere da essa ragazzi e adolescenza. Lo faceva per il mio bene, ciò mi era più che chiaro in testa, ma forse non era ben chiaro a lui cosa fosse il mio bene.
Ripresi a mangiare il mio cornetto e per tutto il tempo restante rimasi in silenzio, assorta dalle mie riflessioni.
Tra un boccone e l’altro ripetei mentalmente il principio di inerzia, la legge di Boyle, la proporzionalità tra fora e accelerazione, alcuni cenni sul movimento di un solido immerso in un fluido e su quello di un proiettile ed infine ripassai i moti.
Naturalmente per ogni cosa che ricordavo ce n’era un’altra che mi sfuggiva e ciò non faceva altro che peggiorare la già precaria situazione.             
Mi alzai di scatto, presi il mio zaino e i libri che avevo lasciato di proposito fuori e dopo aver salutato tutti mi avviai a scuola.
Akito mi aspettava con la schiena poggiata al cancello, a pochi metri dal portone.
“Niente moto?”, gli chiesi quasi come se fosse una supplica.
“Eh si, buongiorno anche a te!”, mi canzonò lui riferendosi al fatto che non l’avessi neppure salutato.
Mi avvicinai alle sue labbra, alzai gli occhi ed incrociai il suo sguardo. Cercava di apparire rilassato, forse voleva solo aiutarmi a non pensare. Abbassai le palpebre e lo baciai. Lui immediatamente mi strinse a sé, circondandomi la vita con le sue braccia. Iniziò a giocare un po’ con la mia lingua, mentre sentivo la sua mano salire sulla mia schiena fino ad arrivare alle punte dei capelli. Afferrò qualche ciuffo e lo intrecciò alle dita, poi si allontanò leggermente per riprendere fiato.
“Buongiorno!”, gli dissi finalmente.
Lui mi sorrise sghembo, mentre continuava ancora a intrecciare i miei capelli.
“Eh si, è proprio un buon giorno un giorno che inizia così!”, costatò ridacchiando con tono ironico. “Per oggi niente moto!”, aggiunse poco dopo, confermando le mie supposizioni.
Sorrisi istintivamente: del resto era più che risaputo che io non adorassi certi mezzi!
Mi prese per mano e iniziammo a camminare senza troppa fretta.
Durante tutto il tragitto non feci altro che ripetere concetti e definizioni inerenti agli argomenti di fisica. Akito pareva orgoglioso e fiero del suo operato, soprattutto perché fu costretto una sola volta ad intervenire per correggere una mia distrazione. Certo prima di rispondere dovevo riflettere e le mie riflessioni spesso duravano qualche minuto, ma i risultati erano senza dubbio soddisfacenti.
“Salve signorina!”, mi salutò l’incorruttibile “sono solo al mondo” o “ti faccio entrare solo adesso che so di averti rovinato la giornata” ed ora anche improvvisamente giovane.
“Ciao!”, esclamai io sperando di concludere seduta stante la nostra già lunga chiacchierata mattutina.
“Ho saputo di oggi!”, dichiarò con un sorriso sulle labbra.
Ma se aveva saputo, perché sorrideva? Gli sembrava divertente una cosa del genere? Scossi la testa per liberarmi da queste silenziose domande, per non esplodere e gridargliele in faccia.
“Le voci corrono!”, borbottai seccata.
“E faresti meglio a farlo anche tu se non vuoi arrivare in ritardo il girono del test! Considerando che hai fisica alla prima ora!”, mi consigliò annuendo di tanto in tanto.
Controllai l’orologio: mancavano tre minuti all’ora x. Sbiancai all’istante. Non mi ero resa conto di quanto tempo avessimo impiegato io ed Akito per raggiungere la scuola.
D’un tratto ripensai alle parole che l’uomo aveva appena pronunciato: ma come diavolo faceva a conoscere tutti quei dettagli? Che mi spiasse? Che fosse una spia mandata da Rei?
Certo che ne avevo di fantasia!
Colsi l’occasione per dileguarmi, non volendo perdere altro tempo e soprattutto non volendo arrivare tardi a lezione. Già il tempo per il compito era poco, se poi ci sottraevo quello perso inutilmente la situazione peggiorava categoricamente.
“Allora io scappo!”, dissi salutandolo con un cenno della mano.
Lui ricambiò il gesto sorridendomi.
“In bocca al lupo!”, esclamò.
“Crepi!”, risposi mentre avevo già ripreso la mia marcia verso l’aula, seguita dal mio ragazzo.
In giro non c’era più nessuno, erano già entrati tutti quel sabato mattina.
Salimmo le scale ed in poco tempo raggiungemmo la classe. Akito spalancò la porta e facemmo il nostro trionfale ingresso.
Il professore non era ancora arrivato, ma i banchi era tutti occupati, tutti incluso quello di Fuka.
Aveva la testa bassa, puntata sui suoi quaderni. Il piede sinistro picchiettava freneticamente sul pavimento allo stesso ritmo delle dita della mano poggiata sul banco. Era nervosa.
Cercai di evitare di guardarla troppo e con finta indifferenza andai a sedermi vicino ad Aya. 
La mia amica mi sorrise comprensiva, poi mi strinse forte la mano. Non avevamo bisogno di parole per comunicare, ci bastavano quei pochi attimi e qualche sguardo per farlo.
Akito si accomodò accanto a Tsuyoshi ed iniziarono a parlare senza sosta, chissà cosa avevano da dirsi di tanto importante!
Tuttavia nonostante ciò non smetteva di fissarmi. Teneva lo sguardo fisso su di me, mentre ascoltava le parole dell’amico. Fuka parve essere infastidita dalle circostanze, infatti si mise ad ascoltare un po’ di musica con le cuffie del cellulare nelle orecchie.
Il professore, il mio adorato professore di fisica, entrò in classe con la ventiquattrore in una mano e dei fogli in un’altra.
Iniziò quindi l’abituale routine, con l’appello e annessi e connessi, poi finalmente parve ricordarsi di me.
Ero tesa, questo era evidente, e il suo comportamento certo non mi aiutava. Con la penna iniziai a ticchettare sul banco, mentre lo fissavo timorosa e sfacciata al contempo.
“Allora Kurata, oggi è il grande giorno!”, disse aprendo il discorso.
“Si professore! Ma la prego, non si emozioni!”, scherzai io per alleggerire l’ormai crescente senso d’insicurezza che si era impossessato del mio corpo.
“Non preoccuparti Kurata! Ho portato con me tre pacchi di fazzoletti, oltre che il mio adorato cuscino!”, controbatté tirando fuori i quattro elementi.
Sgranai leggermente gli occhi: possibile che facesse sul serio? Beh, l’immagine appena apparsa davanti ai miei occhi me lo confermava. Si.
Piegai le labbra in un sorriso forzato per camuffare la sorpresa e forse anche la paura.
“Kurata il test lo farai solo tu! Per tutti gli altri oggi sarà un giorno di ripasso!”, annunciò.
“Naturalmente il primo che proverà anche solo ad intercettare Kurata verrà punito con un uno sul registro, intesi?”, aggiunse immediatamente dopo.
I miei compagni di classe annuirono, palesemente intimoriti.
“Kurata siediti qui, vicino alla cattedra!”
Feci come mi aveva detto e vidi che aveva già posizionato il test con le domande sullo spazio che mi era stato riservato.
Cominciai immediatamente a leggerle, non curandomi del silenzio disumano che era calato nell’aula. Focalizzai la mia attenzione sulla prima, non mi sembrava difficile, eppure la soluzione mi sfuggiva. Ripensai alle spiegazioni di Akito, nel tentativo di ricordare qualcosa di utile, poi la lampadina si accese. Iniziai a scrivere di getto, sicura di ciò che stessi mettendo su carta. Le parole apparivano frettolosamente sul foglio, scritte con una calligrafia un po’ disordinata ma chiara. Le schede si riempivano senza troppe complicazioni, mentre giravo la prima pagina ormai ultimata con apparente successo. Continuavo a rispondere ai tantissimi quesiti, senza curarmi del tempo o dello spazio, né delle occhiatacce esterrefatte del professore.
Fui costretta a fermarmi solo quando sentii il suono della campanella riecheggiare nel corridoio e nella stanza, interrompendo il lungo e profondo silenzio che ormai regnava sovrano.  
Sospirai: mi mancava solo una domanda, l’unica a cui non avevo risposto per mancanza di tempo.
Tentai di abbozzare qualcosa sulle righe bianche nella vana speranza che una frase fosse sufficiente.
“Penna sul banco Kurata! Il tempo è scaduto!”, mi rimproverò il professore.
Feci cadere immediatamente la penna e consegnai il test, comunque soddisfatta di me stessa. Non avevo mai puntato alla perfezione, ma adesso che ci ero andata così vicina avrei davvero voluto raggiungerla. Magari la prossima volta! Pensai per rincuorarmi.
“Allora Akito, pregherò per te!”, confessò il professore prima di uscire dalla classe.
“Sempre simpatico!”, borbottai tornando a posto.
Fui completamente sommersa dalle domande curiose di Aya.
“Quali erano le domande? E gli argomenti? Su quali argomenti era incentrato il test? E a quanti quesiti hai risposto? E erano difficili? Dimmi, come credi sia andata? Pensi di aver preso più di sei? Coma hai risposto?”
“Aya una domanda alla volta!”, mi lamentai interrompendo il continuo flusso di parole a cui aveva appena dato inizio.
“Scusa!”, sussurrò lei essendosi accorta di aver esagerato.
“Credo sia andato bene e le domande non erano particolarmente difficili, anche se implicavano risposte piuttosto lunghe! Comunque ho risposto a tutti i quesiti tranne all’ultimo, per quello non c’è stato tempo!”, spiegai sedendomi e prendendo il diario.
Akito mi abbracciò da dietro, stritolandomi.
“Sono fiero di te!”, si congratulò baciandomi su una guancia.
“Ma se non sai neppure come sia andato il test!”, gli ricordai sorridendo.
“Non m’importa com’è andato! Sono fiero di te e basta! Hai studiato e ti sei impegnata, indipendentemente dal voto che prenderai!”, replicò arruffandomi i capelli.    
Sorrisi istintivamente: che dolce che era!
“Grazie!”, sussurrai voltandomi verso di lui.
Akito fece spallucce poi si allontanò leggermente.
“Adesso devo andare in bagno!”, annunciò serio.
Ed ecco che la dolcezza andava a farsi benedire!
Aya scoppiò a ridere, mentre io mi limitai a rimanere in silenzio. Hayama uscii dall’aula a passo svelto, forse aveva fretta.
Il professore di religione entrò in classe e prese posto dietro al cattedra.
“Professore posso andare in bagno?”, gli chiese Fuka alzandosi.
L’uomo acconsentì, probabilmente non aveva notato che ci fosse già qualcuno fuori dall’aula e quel qualcuno era Akito. E adesso anche Fuka.
Sbiancai non appena mi resi conto di ciò che stava succedendo.
Akito e Fuka fuori dalla classe contemporaneamente.
Cercai di convincermi a non pensare al peggio, forse si trattava solo di una stupida maledetta coincidenza.
Puntai gli occhi sulla porta, aspettando che uno dei due rientrasse,
Niente. Nessun arrivo all’orizzonte.
Controllai l’orario sul display del cellulare.
Erano passati tre minuti e mezzo e fin qui tutto regolare.
Attesi per altri ben cinque minuti, per un totale di otto e mezzo, ma ancora nulla.
Il professore continuava a spiegare, non curandosi del fatto che anche altri, oltre me, non lo stessero ascoltando.
Alzai la mano in un impeto d’impulsività, senza neppure riflettere.
“Kurata, a cosa devo il suo intervento?”, domando l’uomo concedendomi la parola.
“Devo andare in bagno!”, dichiarai cercando di apparire sincera, non potevo certo dirgli che volevo andare a controllare il mio fidanzato e la mia amica qui fuori!
“Possibile che debba sempre ricordarti il regolamento scolastico? Non si esce in due!”, affermò convinto.
“E allora perché ha fatto uscire Fuka se Hayama era già fuori?”, gli chiesi in tono di sfida.
Lui rimase sorpreso dalla rivelazione, evidentemente non sapeva che Akito fosse presente.
“Non c’è due senza tre!”, aggiunsi poco dopo per convincerlo.
“Kurata non posso farvi uscire tutti! Capisco che la lezione vi annoi però dovete rimanere in classe!”, annunciò.
“Professore devo andare in bagno! Sa cosa vuol dire questo, vero? Non devo mica spiegarglielo?”, controbattei ormai determinata ad averla vinta.
“So esattamente cosa significhi Kurata, non c’è bisogno delle tue spiegazioni!”, replicò lui irritato.
“Suvvia professore! Non vorrà di certo essere la causa di ciò che potrebbe succedere!”, dissi, ma le mie parole suonarono quasi come una minaccia.
Non sapevo bene a cosa mi stessi riferendo, ma di certo lui non se ne rese conto.
“E va bene, esci!”, mi concesse.
Sorrisi e velocemente raggiunsi il corridoio.
Andai in direzione del bagno delle ragazze. Se ci avessi trovato Fuka sarei tornata in classe felice e soddisfatta, magari anche un po’ dispiaciuta per aver avuto tutte quelle paranoie e insicurezze. Se invece Fuka non ci fosse stata… evitai di trarre conclusioni affrettate, così mi decisi a varcare la soglia del bagno.
Le porte erano tutte aperte, tutte tranne una.
“Cosa diavolo vuoi?”, disse qualcuno dietro di essa.
Riconobbi immediatamente la voce d Akito.
Per un attimo pensai che mi avesse vista, ma le successive parole mi costrinsero a cambiare idea.
“Dobbiamo parlare!”, aveva risposto Fuka.
Deglutii e appoggiai la schiena al muro, ormai decisa a sentire tutto il discorso.
Non m’importava quanto maleducata potessi sembrare, né quanto origliare potesse essere vile.
Rimasi in silenzio e attesi che continuassero.
“Di cosa vuoi parlare?”, chiese il biondo con tono di voce particolarmente irritato e indifferente al contempo.
“Di noi! Non è possibile che sia finita così!”, si lamentò quella che doveva essere la mia amica.
“E invece si, è finita!”, annunciò Hayama.
Vidi la maniglia della porta abbassarsi lievemente, forse stava per aprirla.
“Aspetta!”, sussurrò Fuka con voce incerta.
“Cos’altro c’è?”, domandò.
Effettivamente fino a quel momento lui si era comportato da perfetto fidanzato. Certo, non mi spiegavo la sua presenza in quel luogo, questo era più che ovvio, ma non aveva fatto nulla che non avrebbe potuto fare.
Non avevo motivo per non fidarmi ciecamente, forse avevo esagerato con tutte le mie preoccupazioni.
Feci un passo, nel tentativo di convincere il mio corpo a tornare in classe.
“Ti amo!”, mormorò Fuka.
Mi immobilizzai all’istante e trattenni il respiro.
Fuka amava Akito.
Quella nuova certezza mi spaventava.
Hayama non le aveva ancora risposto nulla e ciò non faceva altro che rendermi ancora più nervosa ed agitata.
Quanto ci voleva a dirle che lui non amava lei ma me?
Perché lui amava me, vero? Vero?
“Io… io… non so cosa dire!”, bisbigliò il mio ragazzo.
Sbiancai e lentamente indietreggiai fino a sbattere di nuovo con le spalle al muro.
Cosa significavano le sue parole?
Perché con una frase tutte le mie certezze erano crollate?
“Dimmi che mi ami!”, gli suggerì Fuka in un flebile sussurro.
Non sentii alcuna risposta, ma dai piccoli rumori dovuti ai loro spostamenti riuscii a capire che si stavano abbracciando, o chissà, magari baciando.
Abbassai il capo, puntando lo sguardo sui miei piedi.
Sarebbe stato troppo bello per essere vero.
Iniziai a correre fino alle scale. Scesi al piano terra, poi uscii dall’edificio scolastico e andai in cortile. Mi avvicinai ad un albero e diedi una veloce occhiata al paesaggio davanti a me, poi mi lasciai cadere sull’erba riscaldata dai caldi raggi del sole e mi allungai.
Delle lacrime cominciarono a cadere silenziose sul mio viso.
Provai a non singhiozzare, non volendo attirare l’attenzione dei ragazzi che si trovavano a passare, magari durante una delle loro abitudinali passeggiatine.
Chiusi gli occhi, ma non fu una grande idea.
Nella mia mente, infatti, apparvero come tante fotografie mischiate alcuni dei momenti più belli tra me e Akito, mescolati a quelli con Fuka.
“Stupida!”, borbottai strappando dei fili d’erba dal terreno.
“Non è vero, non sei una stupida!”, affermò con voce calda e comprensiva un ragazzo a pochi metri di distanza.
“Justin”, riuscii a dire prima che le parole mi morissero in gola.
Istintivamente mi misi seduta, temendo che quella situazione sarebbe solo andata a peggiorare.
Lui si accorse della mia insicurezza e del mio timore, quindi mi sorrise amichevolmente.
“Tranquilla, non mordo e non picchio!”, mi rassicurò avvicinandosi e sedendosi accanto a me.
Mi allontanai lievemente, allungando le distanze.
Lui fece finta di non notare il mio gesto.
“Tutta sola soletta a piangere… non mi pare che tu stia bene!”, commentò giocando con l’erba.
“Nessuno ha chiesto un resoconto generale della mia situazione attuale!”, replicai asciugandomi le lacrime.
“Si, ma io ho voluto farlo lo stesso! Che dici, mi perdoni?”, domandò, ma era evidente che non fosse serio.
Forse, ma solo forse, stava provando a farmi sorridere.
“Devo andare!”, annunciai alzandomi.
“Sai benissimo che non è vero!”, dichiarò lui con tono ovvio.
Prima un ragazzo in discoteca, poi maleducato e prepotente, uomo delle consegne della pizza ed infine anche psicologo! Certo che la lista delle cose che sapeva, o meglio provava, a fare era davvero lunga!   
“Devo tornare in classe!”, gli feci notare evidenziando l’ultima parola.
“Ah si, la scuola! Sai quando sarà finita ne sentirai la nostalgia!”, disse sorridendomi, lasciando intuire che lui l’avesse già terminata da un po’.
“A me manca già adesso! Quindi meglio che vada!”, ribattei facendo qualche passo in direzione dell’ingresso.
Mi voltai di scatto realizzando finalmente ciò che stava accadendo: lui, un ex-studente, si trovava nel cortile della scuola durante le lezioni a parlare con una studentessa.
“Come hai fatto ad entrare?”, gli chiesi corrugando la fronte.
“Ho scavalcato il cancello! Sai è un ottimo metodo per evitare di farti segnare il ritardo!”, confessò facendo spallucce.
“Dovresti andartene! Se ti trovassero…”, iniziai a dire, ma lui mi interruppe.
“Non succederebbe nulla, non possono espellermi o sospendermi!”, mi ricordò.
“Ma possono farlo con me, quindi addio!”, lo salutai questa volta decisa a tornare in classe.
“Sana!”, mi chiamò lui quando fui a pochi metri dall’ingresso dell’edificio.
Voltai il capo nella sua direzione e attesi che continuasse.
“Qualsiasi cosa sia successa lui ti ama, davvero!”, esclamò prima di correre via.
Sorrisi amaramente. A quanto pareva non era più così.
Tornai in classe e mi sedetti al mio posto. Notai che Fuka e Akito erano seduti vicini. Abbassai il capo e mi concentrai sulle righe del mio quaderno, stranamente interessanti e stimolanti. Presi il libretto e firmai una giustifica per l’uscita anticipata, poi non appena terminò l’ora di religione e la professoressa di biologia entrò in classe, mi alzai e gliela porsi gentilmente. Lei la controllò due volte, poi si decise a firmare.
Così, sotto lo sguardo curioso e sbalordito dei miei compagni di classe, misi le poche cose che avevo cacciato nello zaino e uscii dall’aula.
Prima di chiudere la porta con la coda dell’occhio notai Hayama alzarsi e seguirmi, senza l’autorizzazione della donna, fuori dalla classe.
“Cosa significa?”, mi chiese con aria disordinata.
“Dovresti essere tu a spiegarlo a me!”, controbattei con tono pacato.
“Hayama torna immediatamente in classe!”, urlò l’insegnate.
“Si Hayama, la professoressa ha ragione! Torna in classe!”, aggiunsi io abbassando lo sguardo.
“Sana dimmi cosa diamine succede!”, replicò lui alzando il tono di voce.
“Succede che forse hai ragione tu!”, sussurrai con voce tremante.
No, che non aveva ragione lui! No, che non andava bene così! No, che non poteva andare così!
“Hayama non costringermi a metterti una nota!”, esclamò la docente per attirare la nostra attenzione.
“Vai Hayama, io... io… non so cosa dire.”, bisbigliai ripetendo le stesse parole che lui aveva usato poco prima.
Sorrisi malinconicamente, poi mi voltai.
Lui afferrò il mio polso e mi immobilizzò contro il muro. La sua presa era forte, molto forte.
“Hayama, così mi fai male!”, mi lamentai in un sussurro.
Lui si paralizzò all’istante e allentò la stretta, per poi lasciarla del tutto.
“Signorino Hayama, non si trattano così le ragazze!”, lo rimproverò la donna.
Lui non ascoltò le sue parole, aveva gli occhi puntati su di me.
Era triste, deluso per la piccola debolezza in cui era caduto.
Avrei voluto abbracciarlo e dirgli che tutto sarebbe andato bene, che non era successo nulla, ma purtroppo non era così.
“Ciao Kurata!”, mi salutò lui.
“Addio Hayama!”, corressi io per rendere più chiara la situazione.
Mi girai di scatto ed iniziai a correre.
Ci eravamo lasciati.
Raggiunsi il marciapiede e mi mescolai tra i mille passanti.
Lacrime amare cominciarono a scorrere imperterrite sulle guance, sul collo, inumidendo il colletto della camicia.
Sciolsi distrattamente le codine che avevo fatto quella mattina e lasciai che i capelli ricadessero liberi sulle spalle.
Non poteva essere successo davvero.
Ripensai alle parole udite clandestinamente in bagno, alla chiacchierata con Justin, a loro due seduti vicini, alla mia uscita…
Altre lacrime cominciarono a scendere. Gli occhi mi pizzicavano, mentre sentivo la gola farsi sempre più secca. Avevo il respiro affannato, colpa della corsa che ancora stavo facendo.
Mi fermai a una fontana e bevvi un sorso d’acqua.
Mi voltai e osservai la familiare zona in cui mi ero casualmente ritrovata. Scorsi qualche metro più in là il nostro gazebo.
Feci qualche passo in direzione di esso, attratta da una qualche forza soprannaturale. Non m’importava se nel vederlo avrei sofferto ancora di più, ormai avevo persino smesso di preoccuparmi delle lacrime.
Intravidi due ragazzini seduti sulla panchina. Erano piccoli, forse avevano sui dieci anni. Inevitabilmente tornai a pensare a noi a quell’età.
Scrutai per qualche istante i movimenti vivaci e allegri della bambina e quelli timidi ed insicuri del suo amico e non potei fare a meno di rivedere me e lui in loro. Ingenui e spensierati vivevano il loro piccolo e immaturo noi, senza curarsi del mondo che li invidiava.
Un sorriso amaro s’impossessò delle mie labbra.
Chissà, magari per loro il destino riserverà altro!
Sospirai, poi ripresi la mia marcia per le strade affollate della città.
Camminai per ore senza una meta, fermandomi di tanto in tanto ad osservare le auto che sfrecciavano veloci sulla strada seduta su qualche panchina un po’ isolata.
La gente si muoveva freneticamente, chi in ritardo di qualche secondo, chi di minuti, chi persino di ore o di giorni. Pochi, pochissimi quelli che sembravano tranquilli, forse gli unici ad essere in orario o addirittura in anticipo.
Perché la vita era così, una corsa contro il tempo ed io avevo appena perso la mia gara.
Scossi la testa. Le lacrime ormai si erano fermate, o forse erano semplicemente finite, fatto sta che ora il mio viso era del tutto asciutto, triste, amareggiato, afflitto, malinconico, depresso, ma asciutto.
Ed in fondo era questo l’importante, ciò che contava. Non dovevo dare segni evidenti della mia sofferenza. Perché una brutta faccia l’avrei potuta giustificare con un po’ di sonnolenza, ma una lacrima di certo sarebbe passata meno inosservata.
Quando finalmente si fece ora di pranzo decisi di tornare a casa.
Entrai nell’ingresso lentamente e senza fare rumore, così nessuno si accorse del mio arrivo. Salii in camera e posai le mie cose, poi andai in bagno e sciacquai il viso con dell’acqua fredda.
Andai in cucina e notai la tavola già apparecchiata.
Mia madre, sorridente, mi venne incontro e mi posò un bacio sulla guancia.
“Per stasera tutto confermato?”, chiese e dai suoi occhi potei percepire la sua emozione.
Abbassai frettolosamente il capo, imbarazzata.
Cosa le avrei detto?
“Mama, Akito non può venire.”, mormorai con voce incerta.
Lei assunse un’espressione seria e dispiaciuta, evidentemente anche questa volta aveva capito tutto.
Nessuno mi fece più domande a riguardo, né intrapresero discorsi lontanamente riconducibili ad Akito.
Rei provava di tanto in tanto a fare qualche battuta, ma potevo ben capire quanto anche lui fosse a disagio, probabilmente si sentiva persino in colpa. Tuttavia non riuscii neppure a mimare una risata, così lui sembrò rassegnarsi e immediatamente dopo pranzo uscì di casa.
La signora Patricia mi propose di preparare con lei una cena alternativa a quella a base di sushi che aveva già preparato, in quanto sapeva che quel pesce era il preferito del mio raga… di Hayama.
“Non c’è nessuno problema! Il sushi è perfetto per stasera!”, la tranquillizzai non volendo arrecarle troppo disturbo.
Sapevo quanta fatica avesse impiegato nel preparare tutte quelle pietanze e di certo non volevo che tutti i suoi sforzi finissero tra i rifiuti.
Verso le tre andai in camera e mi stesi sul letto. Presi un cuscino e lo strinsi con vigore al petto, circondandolo con le braccia.
Le immagini, sempre quelle, continuavano a vorticare senza controllo nella mia testa.
Chissà com’era andata a finire in bagno tra loro due!
Di certo non l’avrei mai saputo.
Sorrisi flebilmente a questa costatazione: io non sapevo ciò che era successo dopo, ma ne avevo visto le conseguenze e ciò mi sembrava sufficientemente abbastanza.
A cena mangiai tutto, nel vano tentativo di non far preoccupare ulteriormente Mama, Rei e la signora Patricia.
Mentre mangiavo quello stramaledettissimo sushi sentivo gli occhi pizzicarmi, ma preferii farmi coraggio e non arrendermi, non dovevo mostrarmi tanto sofferente davanti alla persone che mi volevano bene, avrei fatto soffrire anche loro.
Ogni boccone sembrava ricordarmi una piccola parte di lui, un momento che avevamo trascorso insieme, o uno che lui aveva rovinato con le sue battute.
Mama aveva lo sguardo fisso su di me. Cercava di memorizzare ogni mio singolo movimento, anche il più lieve. Rei, dopo la passeggiata pomeridiana, aveva provato nuovamente a tirarmi su di morale, procurandosi le basi delle canzoni che da piccola cantavo a squarciagola. Tuttavia, io avevo accettato il regalo ma avevo preferito non ascoltarle. Quelle, infatti, facevano parte dei miei momenti felici e mischiarle con quelli tristi avrebbe fatto perdere loro parte del fascino e dell’allegria che racchiudevano in sé e nei miei ricordi.
Ci eravamo lasciati senza darci neppure una spiegazione plausibile.
Sentii un vuoto nello stomaco, misto ad una fitta lancinante all’altezza del cuore. Non era un male quello, non era una malattia, era solo il dolore per un amore finito e forse neppure iniziato.
Perché mi ero resa conto di amarlo davvero, perché la mia non era una cotta, perché l’avevo capito troppo tardi. Perché nonostante fossimo fidanzati non ci eravamo mai sbilanciati troppo, per paura di cadere. E nonostante tutta la nostra prudenza eravamo caduti lo stesso.
Presi un leggero giubbino e uscii per fare una passeggiata. Non avevo una destinazione da raggiungere, ma i piedi si muovevano senza alcun controllo decisi e sicuri verso un luogo a me noto.
Mi avvicinai al gazebo e notai Hayama seduto ai piedi della panchina.
Aveva la testa abbassata e un ginocchio portato all’altezza del petto. Giocava con il dinosauro che gli avevo regalato qualche anno fa. Alcuni ciuffi di capelli gli ricadevano disordinati sulla fronte, nascondendo quasi completamente i suoi occhi.
Non era teso, né tanto meno agitato. Sembrava tranquillo, triste, ma tranquillo.
“Finalmente sei arrivata!”, sussurrò incrociando i nostri sguardi.
“In un certo senso sapevo che sarei venuta!”, mormorai io sedendomi accanto a lui.
“Oggi in bagno, vedi, ho capito che ci hai ascoltati, ma forse sei andata via troppo presto!”, raccontò lui a bassa voce.
“O forse sei tu che hai parlato troppo tardi!”, controbattei io pacatamente.
Lui sorrise flebilmente, probabilmente non era molto sicuro di sé stesso in quel momento.
“È tardi solo quando non c’è più tempo!”, replicò lui porgendomi il dinosauro.
“E il tempo c’è?”, gli chiesi timorosa della sua risposta mentre afferravo il pupazzo.
“Solo se lo vuoi!”, bisbigliò lui.
Abbassai il capo, non sapendo esattamente cosa rispondere. Non volevo sbilanciarmi troppo e soprattutto non volevo essere io a farlo.
Dai suoi occhi capii che forse mi ero sbagliata, che forse davvero c’era stato dell’altro tra loro due e che quell’altro era stato l’ennesimo litigio.
Ma ero stata troppo frettolosa e impulsiva per poterne parlare con lui.
“E tu lo vuoi?”, gli domandai tornando ad osservarlo.
Lui prese nuovamente il giocattolo dalle mie mani e lo strinse fra le sue.
“Lo voglio!”, confessò in un sussurro. “E tu?”, aggiunse poco dopo.
Ed io? Cosa volevo io?
Ero disposta a credergli davvero? Ero disposta a mettermi in gioco?
“Akito, diventiamo grandi?”

Angolo autrice

Ed eccoci alla fine della storia! 
Naturalmente non posso lasciarvi così, quindi posterò al più presto anche l'epilogo!^^
Avete visto come sono stata veloce ad aggiungere il nuovo chap??:D 
*me si fa i complimenti da sola xD* 
Poi sono pure stata brava nel far risolvere tutto in fretta e furia, non volevo allungare troppo il brodo!! 
*ma brava, modestia zero, eh??*xD
Scusate, ma sono veramente euforica stasera!
Ringrazio, innanzitutto, tutti coloro che hanno aggiunto la fic tra le preferite, e cioè

92titti92, a fatha, Aranel Tae Shinoda, crhystal, DenaDena, dolcementeprincess, elli_kaulitz, Erica97, evol, fatina93, free__sky__77, guid, Heric e Sana per sempre, Ili91, Kula, luchia nanami, mione94, princerella, sam05, Sana1991, Simona_Cullen e stefola93... grazie mille!!
Un altro grazie, speciale anche questo, a chi ha aggiunto la storia tra quelle seguite, e quindi
aki96, AngelOfLove, beky, cicia123456, dolcementeprincess, francydenis, Geo88, giulia0209, guid, Hatori, Il_Genio_del_Male, lady_free, lalex, lucia_hp, mikyvale, mione94, ryanforever salf, Spagno, SunakoNakahara, turnright__ e _Haruka_, grazie anche a voi!!!
Vi adoro tutti!!!
Non posso non ringraziare gli autori delle 11 recensioni!! *me supercontenta*
Adesso vi rispondo!^^

mione94: ok, adesso è ufficiale, vado ad aprire un tuo fanclub!!^^ Le tue recensioni sono fantastiche! Grazie mille, sei troppo gentile e buona con me! Beh, per il capitolo... allora, ti è piaciuto?? Spero che non ti abbia delusa... vabbè, giudica tu! E comunque l'onore è stato tutto mio!! Ultima cosa lampo... w l'incorruttibile!!xD 1baci8...

ryanforever: per scoprire l'esito del test ti toccherà aspettare l'epilogo, se avrai ancora il coraggio di leggere questa "storia"... vabbè, allora, ti è piaciuto il chap? 1baci8...

92titti92: grazie per il commento!!^^ Allora, visto che aggiornamento flash? Piaciuto il chap?? Spero di si... 1baci8...

Simona_Cullen: beh, congratulazioni per l'esame allora!!^^ Spero che il chap sia di tuo gradimento!! 1baci8...

trixina: grazieeee!! O mamma, tutte queste belle parole mi danno alla testa!!xD Vabbè, spero che questo capitolo ti sia piaciuto, anche perchè ormai la storia è finita, se si esclude l'epilogo! Grazie ancora per il commento! 1baci8...

Heric e Sana forever: che bello, un'altar scientifica come me!!xD Sono sicura che il primo anno andrà benissimo!!^^ Passando al capitolo... allora, paiciuto?? *me incrocia le dita* Fammi sapere! 1baci8...

stefola93: tu vuoi farmi rpendere un infarto con tutti quei compliemnti! Ma grazieeeee!! Troppo gentile!! Spero che anche questo chap sia di tuo gradimento!!^^ 1baci8...

Ili91: ed ecco un capitolo appena sfornato!!xD *me affamata xD* Vabbè, con Fuka diciamo che chiariamo nell'epilogo e con il prof... eheh, vedremo come andrà il test!! *me fa risata dabolica* Spero che il capitolo ti sia piaciuto! 1baci8...

fatina93: wow!! Che bella recensione!! Me ti ringrazia profondamente!!^^ Allora, spero di non averti delusa con l'ultimo capitolo... ti è piaciuto?? Fammi sapere! 1baci8...

delichan123: ed ecco l'ultimo capitolo! Certo, ora manca l'epilogo, ma ormai i giochi sono fatti!!xD Spero che il capitolo ti sia piaciuto!!! Grazie per la recensione! 1baci8...

DenaDena: tra le preferite... me essere onorata!!!^^ Troppo gentile!!!:D Allora, che ne dici dell'ultimo capitolo?? Piaciuto?? Spero che leggerai anche l'epilogo...
1baci8...

Signori e signore per stasera è tutto! Mi raccomando, leggete e commentate!! Siamo arrivati quasi alla fine e non si può più rimandare!! Affrettatevi gente!! *me fare lo spot pubblicitario xD*

Allora, ringrazio anche tutti i miei cari lettori e tutti voi! 1baci8...

                                                                          ...bontina...

 

  
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