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Capitolo 12
SOS: il grande giorno!
Il
fatidico giorno era arrivato, i dieci gironi scadevano esattamente quel sabato
mattina. Forse erano trascorsi troppo velocemente, forse anch’io avevo perso la
cognizione del tempo, forse avrei potuto studiare di più, forse avrei persino
dovuto ringraziare il professore.
Sospirai
alzandomi dal letto: quella notte non avevo dormito molto, troppo presa dai
miei dubbi e maledettamente agitata e nervosa per riuscire a tranquillizzarmi e
addormentarmi.
Andai
in bagno e non potei non notare il mio viso riflesso nello specchio. Non avevo
delle occhiaie e apparentemente non sembravo stanca. I miei lineamenti
apparivano riposati e rilassati, mentre i miei capelli erano testimoni delle
brutta notte che era avevo appena trascorso. Erano tutti spettinati e
arricciati, oltre che gonfi e pieni di nodi. Una palla di fieno, insomma!
Iniziai
a prepararmi velocemente, nel tentativo di recuperare un po’ di tempo da poter
dedicare al ripasso di fisica. La sera precedente, infatti, avevo riletto tutti
gli appunti che mi aveva lasciato Akito e avevo persino rifatto qualche
esercizio, che poi non si era neppure trovato. Così dopo il terzo ed inutile
tentativo mi ero innervosita ed ero andata a letto,ma ciò non aveva dato
risultati positivi.
Scesi
distrattamente le scale e andai in cucina. Rei e Mama stavano già facendo
colazione.
“Buongiorno!”,
mi salutarono all’unisono.
Sorrisi
flebilmente, cercando di mascherare l’agitazione.
“Buongiorno!”,
ripetei non appena fui sicura di essere in grado di utilizzare un tono di voce
piuttosto atono.
“Già
pronta per la scuola?”, mi chiese mia madre, riferendosi al fatto che fossi già
vestita.
“Eh
si!”, le risposi, forse un po’ troppo afflitta.
Anche
la signora Patricia arrivò in cucina con un piatto di sushi in mano.
“Buongiorno!”,
disse non appena mi vide seduta a tavola.
Con un
cenno della mano risposi al saluto, poi la mia attenzione fu nuovamente attirata
dal piatto.
“Stai
già cucinando per il pranzo?”, le domandai mentre lei, di spalle, continuava a
preparare pietanze.
“No,
veramente questo è per la cena!”, annunciò con un enorme sorriso sulle labbra.
La
cena, giusto.
Perché
in quella giornata un evento sconvolgente non era abbastanza, no!
Io la
mattina avrei dovuto fare quel maledetto test di fisica ed il pomeriggio, o
meglio la sera, avrei dovuto presentare Akito a mia madre e al resto della
combriccola come mio fidanzato.
Deglutii
e presi il mio cappuccino, poi diedi un morso al cornetto alla nutella che era
rimasto sul vassoio, rivendicandone il possesso.
“A
proposito, cosa ha detto Akito?”, mi chiese mia madre.
Vidi
Rei irrigidirsi nello stesso momento in cui Mama pronunciò quel nome. Ma non stava
forse esagerando? Del resto mi ero fidanzata, non ero mica andata a combattere
in guerra!
Cosa
pretendeva? Che sarei rimasta una bambina per sempre? Purtroppo per lui i suoi
sogni non si sarebbero mai avverati. Io stavo crescendo e soprattutto io volevo
crescere, che lui capisse oppure no. Abbassai lo sguardo e poi tornai a
concentrarmi sulla strana figura di mia madre.
“Ha
detto che verrà!”, le riferii ripensando alle poche parole che avevamo
scambiato a riguardo.
Mama
sorrise allegramente, mentre Rei assunse una faccia da funerale. Evitai di
farlo notare, non sopportavo quando si comportava in quel modo. Perché non
poteva essere un po’ più come mia madre? Certo, avrei capito se lui mi avesse
rimproverata per qualcosa tipo l’assenza a scuola dell’altro giorno, o per aver
preso un brutto voto, lui era come un padre per me, ma l’unica cosa su cui si
esprimeva era la mia vita sentimentale e naturalmente lo faceva per escludere
da essa ragazzi e adolescenza. Lo faceva per il mio bene, ciò mi era più che
chiaro in testa, ma forse non era ben chiaro a lui cosa fosse il mio bene.
Ripresi
a mangiare il mio cornetto e per tutto il tempo restante rimasi in silenzio,
assorta dalle mie riflessioni.
Tra un
boccone e l’altro ripetei mentalmente il principio di inerzia, la legge di
Boyle, la proporzionalità tra fora e accelerazione, alcuni cenni sul movimento
di un solido immerso in un fluido e su quello di un proiettile ed infine
ripassai i moti.
Naturalmente
per ogni cosa che ricordavo ce n’era un’altra che mi sfuggiva e ciò non faceva
altro che peggiorare la già precaria situazione.
Mi
alzai di scatto, presi il mio zaino e i libri che avevo lasciato di proposito
fuori e dopo aver salutato tutti mi avviai a scuola.
Akito
mi aspettava con la schiena poggiata al cancello, a pochi metri dal portone.
“Niente
moto?”, gli chiesi quasi come se fosse una supplica.
“Eh si,
buongiorno anche a te!”, mi canzonò lui riferendosi al fatto che non l’avessi
neppure salutato.
Mi
avvicinai alle sue labbra, alzai gli occhi ed incrociai il suo sguardo. Cercava
di apparire rilassato, forse voleva solo aiutarmi a non pensare. Abbassai le
palpebre e lo baciai. Lui immediatamente mi strinse a sé, circondandomi la vita
con le sue braccia. Iniziò a giocare un po’ con la mia lingua, mentre sentivo
la sua mano salire sulla mia schiena fino ad arrivare alle punte dei capelli.
Afferrò qualche ciuffo e lo intrecciò alle dita, poi si allontanò leggermente
per riprendere fiato.
“Buongiorno!”,
gli dissi finalmente.
Lui mi
sorrise sghembo, mentre continuava ancora a intrecciare i miei capelli.
“Eh si,
è proprio un buon giorno un giorno che inizia così!”, costatò ridacchiando con
tono ironico. “Per oggi niente moto!”, aggiunse poco dopo, confermando le mie
supposizioni.
Sorrisi
istintivamente: del resto era più che risaputo che io non adorassi certi mezzi!
Mi
prese per mano e iniziammo a camminare senza troppa fretta.
Durante
tutto il tragitto non feci altro che ripetere concetti e definizioni inerenti
agli argomenti di fisica. Akito pareva orgoglioso e fiero del suo operato,
soprattutto perché fu costretto una sola volta ad intervenire per correggere
una mia distrazione. Certo prima di rispondere dovevo riflettere e le mie
riflessioni spesso duravano qualche minuto, ma i risultati erano senza dubbio
soddisfacenti.
“Salve
signorina!”, mi salutò l’incorruttibile “sono solo al mondo” o “ti faccio
entrare solo adesso che so di averti rovinato la giornata” ed ora anche
improvvisamente giovane.
“Ciao!”,
esclamai io sperando di concludere seduta stante la nostra già lunga
chiacchierata mattutina.
“Ho
saputo di oggi!”, dichiarò con un sorriso sulle labbra.
Ma se
aveva saputo, perché sorrideva? Gli sembrava divertente una cosa del genere?
Scossi la testa per liberarmi da queste silenziose domande, per non esplodere e
gridargliele in faccia.
“Le
voci corrono!”, borbottai seccata.
“E
faresti meglio a farlo anche tu se non vuoi arrivare in ritardo il girono del
test! Considerando che hai fisica alla prima ora!”, mi consigliò annuendo di
tanto in tanto.
Controllai
l’orologio: mancavano tre minuti all’ora x. Sbiancai all’istante. Non mi ero
resa conto di quanto tempo avessimo impiegato io ed Akito per raggiungere la
scuola.
D’un
tratto ripensai alle parole che l’uomo aveva appena pronunciato: ma come
diavolo faceva a conoscere tutti quei dettagli? Che mi spiasse? Che fosse una
spia mandata da Rei?
Certo
che ne avevo di fantasia!
Colsi
l’occasione per dileguarmi, non volendo perdere altro tempo e soprattutto non
volendo arrivare tardi a lezione. Già il tempo per il compito era poco, se poi
ci sottraevo quello perso inutilmente la situazione peggiorava categoricamente.
“Allora
io scappo!”, dissi salutandolo con un cenno della mano.
Lui
ricambiò il gesto sorridendomi.
“In
bocca al lupo!”, esclamò.
“Crepi!”,
risposi mentre avevo già ripreso la mia marcia verso l’aula, seguita dal mio
ragazzo.
In giro
non c’era più nessuno, erano già entrati tutti quel sabato mattina.
Salimmo
le scale ed in poco tempo raggiungemmo la classe. Akito spalancò la porta e
facemmo il nostro trionfale ingresso.
Il
professore non era ancora arrivato, ma i banchi era tutti occupati, tutti
incluso quello di Fuka.
Aveva
la testa bassa, puntata sui suoi quaderni. Il piede sinistro picchiettava
freneticamente sul pavimento allo stesso ritmo delle dita della mano poggiata
sul banco. Era nervosa.
Cercai
di evitare di guardarla troppo e con finta indifferenza andai a sedermi vicino
ad Aya.
La mia
amica mi sorrise comprensiva, poi mi strinse forte la mano. Non avevamo bisogno
di parole per comunicare, ci bastavano quei pochi attimi e qualche sguardo per
farlo.
Akito
si accomodò accanto a Tsuyoshi ed iniziarono a parlare senza sosta, chissà cosa
avevano da dirsi di tanto importante!
Tuttavia
nonostante ciò non smetteva di fissarmi. Teneva lo sguardo fisso su di me,
mentre ascoltava le parole dell’amico. Fuka parve essere infastidita dalle
circostanze, infatti si mise ad ascoltare un po’ di musica con le cuffie del
cellulare nelle orecchie.
Il
professore, il mio adorato professore di fisica, entrò in classe con la
ventiquattrore in una mano e dei fogli in un’altra.
Iniziò
quindi l’abituale routine, con l’appello e annessi e connessi, poi finalmente
parve ricordarsi di me.
Ero
tesa, questo era evidente, e il suo comportamento certo non mi aiutava. Con la
penna iniziai a ticchettare sul banco, mentre lo fissavo timorosa e sfacciata
al contempo.
“Allora
Kurata, oggi è il grande giorno!”, disse aprendo il discorso.
“Si
professore! Ma la prego, non si emozioni!”, scherzai io per alleggerire l’ormai
crescente senso d’insicurezza che si era impossessato del mio corpo.
“Non
preoccuparti Kurata! Ho portato con me tre pacchi di fazzoletti, oltre che il
mio adorato cuscino!”, controbatté tirando fuori i quattro elementi.
Sgranai
leggermente gli occhi: possibile che facesse sul serio? Beh, l’immagine appena
apparsa davanti ai miei occhi me lo confermava. Si.
Piegai
le labbra in un sorriso forzato per camuffare la sorpresa e forse anche la
paura.
“Kurata
il test lo farai solo tu! Per tutti gli altri oggi sarà un giorno di ripasso!”,
annunciò.
“Naturalmente
il primo che proverà anche solo ad intercettare Kurata verrà punito con un uno
sul registro, intesi?”, aggiunse immediatamente dopo.
I miei
compagni di classe annuirono, palesemente intimoriti.
“Kurata
siediti qui, vicino alla cattedra!”
Feci
come mi aveva detto e vidi che aveva già posizionato il test con le domande
sullo spazio che mi era stato riservato.
Cominciai
immediatamente a leggerle, non curandomi del silenzio disumano che era calato
nell’aula. Focalizzai la mia attenzione sulla prima, non mi sembrava difficile,
eppure la soluzione mi sfuggiva. Ripensai alle spiegazioni di Akito, nel
tentativo di ricordare qualcosa di utile, poi la lampadina si accese. Iniziai a
scrivere di getto, sicura di ciò che stessi mettendo su carta. Le parole
apparivano frettolosamente sul foglio, scritte con una calligrafia un po’
disordinata ma chiara. Le schede si riempivano senza troppe complicazioni,
mentre giravo la prima pagina ormai ultimata con apparente successo. Continuavo
a rispondere ai tantissimi quesiti, senza curarmi del tempo o dello spazio, né
delle occhiatacce esterrefatte del professore.
Fui
costretta a fermarmi solo quando sentii il suono della campanella riecheggiare
nel corridoio e nella stanza, interrompendo il lungo e profondo silenzio che
ormai regnava sovrano.
Sospirai:
mi mancava solo una domanda, l’unica a cui non avevo risposto per mancanza di
tempo.
Tentai
di abbozzare qualcosa sulle righe bianche nella vana speranza che una frase
fosse sufficiente.
“Penna
sul banco Kurata! Il tempo è scaduto!”, mi rimproverò il professore.
Feci
cadere immediatamente la penna e consegnai il test, comunque soddisfatta di me
stessa. Non avevo mai puntato alla perfezione, ma adesso che ci ero andata così
vicina avrei davvero voluto raggiungerla. Magari la prossima volta! Pensai per
rincuorarmi.
“Allora
Akito, pregherò per te!”, confessò il professore prima di uscire dalla classe.
“Sempre
simpatico!”, borbottai tornando a posto.
Fui
completamente sommersa dalle domande curiose di Aya.
“Quali
erano le domande? E gli argomenti? Su quali argomenti era incentrato il test? E
a quanti quesiti hai risposto? E erano difficili? Dimmi, come credi sia andata?
Pensi di aver preso più di sei? Coma hai risposto?”
“Aya
una domanda alla volta!”, mi lamentai interrompendo il continuo flusso di
parole a cui aveva appena dato inizio.
“Scusa!”,
sussurrò lei essendosi accorta di aver esagerato.
“Credo
sia andato bene e le domande non erano particolarmente difficili, anche se
implicavano risposte piuttosto lunghe! Comunque ho risposto a tutti i quesiti
tranne all’ultimo, per quello non c’è stato tempo!”, spiegai sedendomi e
prendendo il diario.
Akito
mi abbracciò da dietro, stritolandomi.
“Sono
fiero di te!”, si congratulò baciandomi su una guancia.
“Ma se
non sai neppure come sia andato il test!”, gli ricordai sorridendo.
“Non
m’importa com’è andato! Sono fiero di te e basta! Hai studiato e ti sei
impegnata, indipendentemente dal voto che prenderai!”, replicò arruffandomi i
capelli.
Sorrisi
istintivamente: che dolce che era!
“Grazie!”,
sussurrai voltandomi verso di lui.
Akito
fece spallucce poi si allontanò leggermente.
“Adesso
devo andare in bagno!”, annunciò serio.
Ed ecco
che la dolcezza andava a farsi benedire!
Aya
scoppiò a ridere, mentre io mi limitai a rimanere in silenzio. Hayama uscii
dall’aula a passo svelto, forse aveva fretta.
Il
professore di religione entrò in classe e prese posto dietro al cattedra.
“Professore
posso andare in bagno?”, gli chiese Fuka alzandosi.
L’uomo
acconsentì, probabilmente non aveva notato che ci fosse già qualcuno fuori
dall’aula e quel qualcuno era Akito. E adesso anche Fuka.
Sbiancai
non appena mi resi conto di ciò che stava succedendo.
Akito e
Fuka fuori dalla classe contemporaneamente.
Cercai
di convincermi a non pensare al peggio, forse si trattava solo di una stupida
maledetta coincidenza.
Puntai
gli occhi sulla porta, aspettando che uno dei due rientrasse,
Niente.
Nessun arrivo all’orizzonte.
Controllai
l’orario sul display del cellulare.
Erano
passati tre minuti e mezzo e fin qui tutto regolare.
Attesi
per altri ben cinque minuti, per un totale di otto e mezzo, ma ancora nulla.
Il
professore continuava a spiegare, non curandosi del fatto che anche altri,
oltre me, non lo stessero ascoltando.
Alzai
la mano in un impeto d’impulsività, senza neppure riflettere.
“Kurata,
a cosa devo il suo intervento?”, domando l’uomo concedendomi la parola.
“Devo
andare in bagno!”, dichiarai cercando di apparire sincera, non potevo certo
dirgli che volevo andare a controllare il mio fidanzato e la mia amica qui
fuori!
“Possibile
che debba sempre ricordarti il regolamento scolastico? Non si esce in due!”,
affermò convinto.
“E
allora perché ha fatto uscire Fuka se Hayama era già fuori?”, gli chiesi in
tono di sfida.
Lui
rimase sorpreso dalla rivelazione, evidentemente non sapeva che Akito fosse
presente.
“Non
c’è due senza tre!”, aggiunsi poco dopo per convincerlo.
“Kurata
non posso farvi uscire tutti! Capisco che la lezione vi annoi però dovete
rimanere in classe!”, annunciò.
“Professore
devo andare in bagno! Sa cosa vuol dire questo, vero? Non devo mica spiegarglielo?”,
controbattei ormai determinata ad averla vinta.
“So
esattamente cosa significhi Kurata, non c’è bisogno delle tue spiegazioni!”,
replicò lui irritato.
“Suvvia
professore! Non vorrà di certo essere la causa di ciò che potrebbe succedere!”,
dissi, ma le mie parole suonarono quasi come una minaccia.
Non
sapevo bene a cosa mi stessi riferendo, ma di certo lui non se ne rese conto.
“E va
bene, esci!”, mi concesse.
Sorrisi
e velocemente raggiunsi il corridoio.
Andai
in direzione del bagno delle ragazze. Se ci avessi trovato Fuka sarei tornata
in classe felice e soddisfatta, magari anche un po’ dispiaciuta per aver avuto
tutte quelle paranoie e insicurezze. Se invece Fuka non ci fosse stata… evitai
di trarre conclusioni affrettate, così mi decisi a varcare la soglia del bagno.
Le
porte erano tutte aperte, tutte tranne una.
“Cosa
diavolo vuoi?”, disse qualcuno dietro di essa.
Riconobbi
immediatamente la voce d Akito.
Per un
attimo pensai che mi avesse vista, ma le successive parole mi costrinsero a
cambiare idea.
“Dobbiamo
parlare!”, aveva risposto Fuka.
Deglutii
e appoggiai la schiena al muro, ormai decisa a sentire tutto il discorso.
Non
m’importava quanto maleducata potessi sembrare, né quanto origliare potesse essere
vile.
Rimasi
in silenzio e attesi che continuassero.
“Di
cosa vuoi parlare?”, chiese il biondo con tono di voce particolarmente irritato
e indifferente al contempo.
“Di
noi! Non è possibile che sia finita così!”, si lamentò quella che doveva essere
la mia amica.
“E
invece si, è finita!”, annunciò Hayama.
Vidi la
maniglia della porta abbassarsi lievemente, forse stava per aprirla.
“Aspetta!”,
sussurrò Fuka con voce incerta.
“Cos’altro
c’è?”, domandò.
Effettivamente
fino a quel momento lui si era comportato da perfetto fidanzato. Certo, non mi
spiegavo la sua presenza in quel luogo, questo era più che ovvio, ma non aveva
fatto nulla che non avrebbe potuto fare.
Non
avevo motivo per non fidarmi ciecamente, forse avevo esagerato con tutte le mie
preoccupazioni.
Feci un
passo, nel tentativo di convincere il mio corpo a tornare in classe.
“Ti
amo!”, mormorò Fuka.
Mi
immobilizzai all’istante e trattenni il respiro.
Fuka
amava Akito.
Quella
nuova certezza mi spaventava.
Hayama
non le aveva ancora risposto nulla e ciò non faceva altro che rendermi ancora
più nervosa ed agitata.
Quanto
ci voleva a dirle che lui non amava lei ma me?
Perché
lui amava me, vero? Vero?
“Io…
io… non so cosa dire!”, bisbigliò il mio ragazzo.
Sbiancai
e lentamente indietreggiai fino a sbattere di nuovo con le spalle al muro.
Cosa
significavano le sue parole?
Perché
con una frase tutte le mie certezze erano crollate?
“Dimmi
che mi ami!”, gli suggerì Fuka in un flebile sussurro.
Non
sentii alcuna risposta, ma dai piccoli rumori dovuti ai loro spostamenti
riuscii a capire che si stavano abbracciando, o chissà, magari baciando.
Abbassai
il capo, puntando lo sguardo sui miei piedi.
Sarebbe
stato troppo bello per essere vero.
Iniziai
a correre fino alle scale. Scesi al piano terra, poi uscii dall’edificio
scolastico e andai in cortile. Mi avvicinai ad un albero e diedi una veloce
occhiata al paesaggio davanti a me, poi mi lasciai cadere sull’erba riscaldata dai
caldi raggi del sole e mi allungai.
Delle
lacrime cominciarono a cadere silenziose sul mio viso.
Provai
a non singhiozzare, non volendo attirare l’attenzione dei ragazzi che si
trovavano a passare, magari durante una delle loro abitudinali passeggiatine.
Chiusi
gli occhi, ma non fu una grande idea.
Nella mia
mente, infatti, apparvero come tante fotografie mischiate alcuni dei momenti
più belli tra me e Akito, mescolati a quelli con Fuka.
“Stupida!”,
borbottai strappando dei fili d’erba dal terreno.
“Non è
vero, non sei una stupida!”, affermò con voce calda e comprensiva un ragazzo a
pochi metri di distanza.
“Justin”,
riuscii a dire prima che le parole mi morissero in gola.
Istintivamente
mi misi seduta, temendo che quella situazione sarebbe solo andata a peggiorare.
Lui si
accorse della mia insicurezza e del mio timore, quindi mi sorrise
amichevolmente.
“Tranquilla,
non mordo e non picchio!”, mi rassicurò avvicinandosi e sedendosi accanto a me.
Mi
allontanai lievemente, allungando le distanze.
Lui
fece finta di non notare il mio gesto.
“Tutta
sola soletta a piangere… non mi pare che tu stia bene!”, commentò giocando con
l’erba.
“Nessuno
ha chiesto un resoconto generale della mia situazione attuale!”, replicai
asciugandomi le lacrime.
“Si, ma
io ho voluto farlo lo stesso! Che dici, mi perdoni?”, domandò, ma era evidente
che non fosse serio.
Forse,
ma solo forse, stava provando a farmi sorridere.
“Devo
andare!”, annunciai alzandomi.
“Sai
benissimo che non è vero!”, dichiarò lui con tono ovvio.
Prima
un ragazzo in discoteca, poi maleducato e prepotente, uomo delle consegne della
pizza ed infine anche psicologo! Certo che la lista delle cose che sapeva, o
meglio provava, a fare era davvero lunga!
“Devo
tornare in classe!”, gli feci notare evidenziando l’ultima parola.
“Ah si,
la scuola! Sai quando sarà finita ne sentirai la nostalgia!”, disse
sorridendomi, lasciando intuire che lui l’avesse già terminata da un po’.
“A me
manca già adesso! Quindi meglio che vada!”, ribattei facendo qualche passo in
direzione dell’ingresso.
Mi
voltai di scatto realizzando finalmente ciò che stava accadendo: lui, un
ex-studente, si trovava nel cortile della scuola durante le lezioni a parlare
con una studentessa.
“Come
hai fatto ad entrare?”, gli chiesi corrugando la fronte.
“Ho
scavalcato il cancello! Sai è un ottimo metodo per evitare di farti segnare il
ritardo!”, confessò facendo spallucce.
“Dovresti
andartene! Se ti trovassero…”, iniziai a dire, ma lui mi interruppe.
“Non
succederebbe nulla, non possono espellermi o sospendermi!”, mi ricordò.
“Ma
possono farlo con me, quindi addio!”, lo salutai questa volta decisa a tornare
in classe.
“Sana!”,
mi chiamò lui quando fui a pochi metri dall’ingresso dell’edificio.
Voltai
il capo nella sua direzione e attesi che continuasse.
“Qualsiasi
cosa sia successa lui ti ama, davvero!”, esclamò prima di correre via.
Sorrisi
amaramente. A quanto pareva non era più così.
Tornai
in classe e mi sedetti al mio posto. Notai che Fuka e Akito erano seduti
vicini. Abbassai il capo e mi concentrai sulle righe del mio quaderno,
stranamente interessanti e stimolanti. Presi il libretto e firmai una
giustifica per l’uscita anticipata, poi non appena terminò l’ora di religione e
la professoressa di biologia entrò in classe, mi alzai e gliela porsi
gentilmente. Lei la controllò due volte, poi si decise a firmare.
Così,
sotto lo sguardo curioso e sbalordito dei miei compagni di classe, misi le
poche cose che avevo cacciato nello zaino e uscii dall’aula.
Prima
di chiudere la porta con la coda dell’occhio notai Hayama alzarsi e seguirmi,
senza l’autorizzazione della donna, fuori dalla classe.
“Cosa
significa?”, mi chiese con aria disordinata.
“Dovresti
essere tu a spiegarlo a me!”, controbattei con tono pacato.
“Hayama
torna immediatamente in classe!”, urlò l’insegnate.
“Si
Hayama, la professoressa ha ragione! Torna in classe!”, aggiunsi io abbassando
lo sguardo.
“Sana
dimmi cosa diamine succede!”, replicò lui alzando il tono di voce.
“Succede
che forse hai ragione tu!”, sussurrai con voce tremante.
No, che
non aveva ragione lui! No, che non andava bene così! No, che non poteva andare
così!
“Hayama
non costringermi a metterti una nota!”, esclamò la docente per attirare la
nostra attenzione.
“Vai
Hayama, io... io… non so cosa dire.”, bisbigliai ripetendo le stesse parole che
lui aveva usato poco prima.
Sorrisi
malinconicamente, poi mi voltai.
Lui
afferrò il mio polso e mi immobilizzò contro il muro. La sua presa era forte,
molto forte.
“Hayama,
così mi fai male!”, mi lamentai in un sussurro.
Lui si
paralizzò all’istante e allentò la stretta, per poi lasciarla del tutto.
“Signorino
Hayama, non si trattano così le ragazze!”, lo rimproverò la donna.
Lui non
ascoltò le sue parole, aveva gli occhi puntati su di me.
Era
triste, deluso per la piccola debolezza in cui era caduto.
Avrei
voluto abbracciarlo e dirgli che tutto sarebbe andato bene, che non era
successo nulla, ma purtroppo non era così.
“Ciao
Kurata!”, mi salutò lui.
“Addio
Hayama!”, corressi io per rendere più chiara la situazione.
Mi
girai di scatto ed iniziai a correre.
Ci
eravamo lasciati.
Raggiunsi
il marciapiede e mi mescolai tra i mille passanti.
Lacrime
amare cominciarono a scorrere imperterrite sulle guance, sul collo, inumidendo
il colletto della camicia.
Sciolsi
distrattamente le codine che avevo fatto quella mattina e lasciai che i capelli
ricadessero liberi sulle spalle.
Non
poteva essere successo davvero.
Ripensai
alle parole udite clandestinamente in bagno, alla chiacchierata con Justin, a
loro due seduti vicini, alla mia uscita…
Altre
lacrime cominciarono a scendere. Gli occhi mi pizzicavano, mentre sentivo la
gola farsi sempre più secca. Avevo il respiro affannato, colpa della corsa che
ancora stavo facendo.
Mi
fermai a una fontana e bevvi un sorso d’acqua.
Mi
voltai e osservai la familiare zona in cui mi ero casualmente ritrovata. Scorsi
qualche metro più in là il nostro gazebo.
Feci
qualche passo in direzione di esso, attratta da una qualche forza
soprannaturale. Non m’importava se nel vederlo avrei sofferto ancora di più,
ormai avevo persino smesso di preoccuparmi delle lacrime.
Intravidi
due ragazzini seduti sulla panchina. Erano piccoli, forse avevano sui dieci
anni. Inevitabilmente tornai a pensare a noi a quell’età.
Scrutai
per qualche istante i movimenti vivaci e allegri della bambina e quelli timidi
ed insicuri del suo amico e non potei fare a meno di rivedere me e lui in loro.
Ingenui e spensierati vivevano il loro piccolo e immaturo noi, senza curarsi
del mondo che li invidiava.
Un
sorriso amaro s’impossessò delle mie labbra.
Chissà,
magari per loro il destino riserverà altro!
Sospirai,
poi ripresi la mia marcia per le strade affollate della città.
Camminai
per ore senza una meta, fermandomi di tanto in tanto ad osservare le auto che
sfrecciavano veloci sulla strada seduta su qualche panchina un po’ isolata.
La
gente si muoveva freneticamente, chi in ritardo di qualche secondo, chi di
minuti, chi persino di ore o di giorni. Pochi, pochissimi quelli che sembravano
tranquilli, forse gli unici ad essere in orario o addirittura in anticipo.
Perché
la vita era così, una corsa contro il tempo ed io avevo appena perso la mia
gara.
Scossi
la testa. Le lacrime ormai si erano fermate, o forse erano semplicemente finite,
fatto sta che ora il mio viso era del tutto asciutto, triste, amareggiato,
afflitto, malinconico, depresso, ma asciutto.
Ed in
fondo era questo l’importante, ciò che contava. Non dovevo dare segni evidenti
della mia sofferenza. Perché una brutta faccia l’avrei potuta giustificare con
un po’ di sonnolenza, ma una lacrima di certo sarebbe passata meno inosservata.
Quando
finalmente si fece ora di pranzo decisi di tornare a casa.
Entrai
nell’ingresso lentamente e senza fare rumore, così nessuno si accorse del mio
arrivo. Salii in camera e posai le mie cose, poi andai in bagno e sciacquai il
viso con dell’acqua fredda.
Andai
in cucina e notai la tavola già apparecchiata.
Mia
madre, sorridente, mi venne incontro e mi posò un bacio sulla guancia.
“Per
stasera tutto confermato?”, chiese e dai suoi occhi potei percepire la sua
emozione.
Abbassai
frettolosamente il capo, imbarazzata.
Cosa le
avrei detto?
“Mama,
Akito non può venire.”, mormorai con voce incerta.
Lei
assunse un’espressione seria e dispiaciuta, evidentemente anche questa volta
aveva capito tutto.
Nessuno
mi fece più domande a riguardo, né intrapresero discorsi lontanamente
riconducibili ad Akito.
Rei
provava di tanto in tanto a fare qualche battuta, ma potevo ben capire quanto
anche lui fosse a disagio, probabilmente si sentiva persino in colpa. Tuttavia
non riuscii neppure a mimare una risata, così lui sembrò rassegnarsi e
immediatamente dopo pranzo uscì di casa.
La
signora Patricia mi propose di preparare con lei una cena alternativa a quella
a base di sushi che aveva già preparato, in quanto sapeva che quel pesce era il
preferito del mio raga… di Hayama.
“Non
c’è nessuno problema! Il sushi è perfetto per stasera!”, la tranquillizzai non
volendo arrecarle troppo disturbo.
Sapevo
quanta fatica avesse impiegato nel preparare tutte quelle pietanze e di certo
non volevo che tutti i suoi sforzi finissero tra i rifiuti.
Verso
le tre andai in camera e mi stesi sul letto. Presi un cuscino e lo strinsi con
vigore al petto, circondandolo con le braccia.
Le
immagini, sempre quelle, continuavano a vorticare senza controllo nella mia
testa.
Chissà
com’era andata a finire in bagno tra loro due!
Di
certo non l’avrei mai saputo.
Sorrisi
flebilmente a questa costatazione: io non sapevo ciò che era successo dopo, ma
ne avevo visto le conseguenze e ciò mi sembrava sufficientemente abbastanza.
A cena
mangiai tutto, nel vano tentativo di non far preoccupare ulteriormente Mama,
Rei e la signora Patricia.
Mentre
mangiavo quello stramaledettissimo sushi sentivo gli occhi pizzicarmi, ma
preferii farmi coraggio e non arrendermi, non dovevo mostrarmi tanto sofferente
davanti alla persone che mi volevano bene, avrei fatto soffrire anche loro.
Ogni
boccone sembrava ricordarmi una piccola parte di lui, un momento che avevamo
trascorso insieme, o uno che lui aveva rovinato con le sue battute.
Mama
aveva lo sguardo fisso su di me. Cercava di memorizzare ogni mio singolo
movimento, anche il più lieve. Rei, dopo la passeggiata pomeridiana, aveva
provato nuovamente a tirarmi su di morale, procurandosi le basi delle canzoni
che da piccola cantavo a squarciagola. Tuttavia, io avevo accettato il regalo
ma avevo preferito non ascoltarle. Quelle, infatti, facevano parte dei miei
momenti felici e mischiarle con quelli tristi avrebbe fatto perdere loro parte
del fascino e dell’allegria che racchiudevano in sé e nei miei ricordi.
Ci
eravamo lasciati senza darci neppure una spiegazione plausibile.
Sentii
un vuoto nello stomaco, misto ad una fitta lancinante all’altezza del cuore.
Non era un male quello, non era una malattia, era solo il dolore per un amore
finito e forse neppure iniziato.
Perché
mi ero resa conto di amarlo davvero, perché la mia non era una cotta, perché
l’avevo capito troppo tardi. Perché nonostante fossimo fidanzati non ci eravamo
mai sbilanciati troppo, per paura di cadere. E nonostante tutta la nostra
prudenza eravamo caduti lo stesso.
Presi
un leggero giubbino e uscii per fare una passeggiata. Non avevo una
destinazione da raggiungere, ma i piedi si muovevano senza alcun controllo
decisi e sicuri verso un luogo a me noto.
Mi
avvicinai al gazebo e notai Hayama seduto ai piedi della panchina.
Aveva
la testa abbassata e un ginocchio portato all’altezza del petto. Giocava con il
dinosauro che gli avevo regalato qualche anno fa. Alcuni ciuffi di capelli gli
ricadevano disordinati sulla fronte, nascondendo quasi completamente i suoi
occhi.
Non era
teso, né tanto meno agitato. Sembrava tranquillo, triste, ma tranquillo.
“Finalmente
sei arrivata!”, sussurrò incrociando i nostri sguardi.
“In un
certo senso sapevo che sarei venuta!”, mormorai io sedendomi accanto a lui.
“Oggi
in bagno, vedi, ho capito che ci hai ascoltati, ma forse sei andata via troppo
presto!”, raccontò lui a bassa voce.
“O
forse sei tu che hai parlato troppo tardi!”, controbattei io pacatamente.
Lui
sorrise flebilmente, probabilmente non era molto sicuro di sé stesso in quel
momento.
“È
tardi solo quando non c’è più tempo!”, replicò lui porgendomi il dinosauro.
“E il
tempo c’è?”, gli chiesi timorosa della sua risposta mentre afferravo il pupazzo.
“Solo
se lo vuoi!”, bisbigliò lui.
Abbassai
il capo, non sapendo esattamente cosa rispondere. Non volevo sbilanciarmi
troppo e soprattutto non volevo essere io a farlo.
Dai
suoi occhi capii che forse mi ero sbagliata, che forse davvero c’era stato
dell’altro tra loro due e che quell’altro era stato l’ennesimo litigio.
Ma ero
stata troppo frettolosa e impulsiva per poterne parlare con lui.
“E tu
lo vuoi?”, gli domandai tornando ad osservarlo.
Lui
prese nuovamente il giocattolo dalle mie mani e lo strinse fra le sue.
“Lo
voglio!”, confessò in un sussurro. “E tu?”, aggiunse poco dopo.
Ed io?
Cosa volevo io?
Ero
disposta a credergli davvero? Ero disposta a mettermi in gioco?
“Akito,
diventiamo grandi?”
Angolo autrice
Ed eccoci alla fine della storia!
Naturalmente non posso lasciarvi così, quindi posterò al più presto anche l'epilogo!^^
Avete visto come sono stata veloce ad aggiungere il nuovo chap??:D
*me si fa i complimenti da sola xD*
Poi sono pure stata brava nel far risolvere tutto in fretta e furia, non volevo allungare troppo il brodo!!
*ma brava, modestia zero, eh??*xD
Scusate, ma sono veramente euforica stasera!
Ringrazio, innanzitutto, tutti coloro che hanno aggiunto la fic tra le preferite, e cioè
92titti92, a fatha, Aranel Tae Shinoda, crhystal, DenaDena, dolcementeprincess, elli_kaulitz, Erica97, evol, fatina93, free__sky__77, guid, Heric e Sana per sempre, Ili91, Kula, luchia nanami, mione94, princerella, sam05, Sana1991, Simona_Cullen e stefola93... grazie mille!!
Un altro grazie, speciale anche questo, a chi ha aggiunto la storia tra quelle seguite, e quindi
aki96, AngelOfLove, beky, cicia123456, dolcementeprincess, francydenis, Geo88, giulia0209, guid, Hatori, Il_Genio_del_Male, lady_free, lalex, lucia_hp, mikyvale, mione94, ryanforever, salf, Spagno, SunakoNakahara, turnright__ e _Haruka_, grazie anche a voi!!!
Vi adoro tutti!!!
Non posso non ringraziare gli autori delle 11 recensioni!! *me supercontenta*
Adesso vi rispondo!^^
mione94: ok, adesso è ufficiale, vado ad aprire un tuo fanclub!!^^ Le tue recensioni sono fantastiche! Grazie mille, sei troppo gentile e buona con me! Beh, per il capitolo... allora, ti è piaciuto?? Spero che non ti abbia delusa... vabbè, giudica tu! E comunque l'onore è stato tutto mio!! Ultima cosa lampo... w l'incorruttibile!!xD 1baci8...
ryanforever: per scoprire l'esito del test ti toccherà aspettare l'epilogo, se avrai ancora il coraggio di leggere questa "storia"... vabbè, allora, ti è piaciuto il chap? 1baci8...
92titti92: grazie per il commento!!^^ Allora, visto che aggiornamento flash? Piaciuto il chap?? Spero di si... 1baci8...
Simona_Cullen: beh, congratulazioni per l'esame allora!!^^ Spero che il chap sia di tuo gradimento!! 1baci8...
trixina: grazieeee!! O mamma, tutte queste belle parole mi danno alla testa!!xD Vabbè, spero che questo capitolo ti sia piaciuto, anche perchè ormai la storia è finita, se si esclude l'epilogo! Grazie ancora per il commento! 1baci8...
Heric e Sana forever: che bello, un'altar scientifica come me!!xD Sono sicura che il primo anno andrà benissimo!!^^ Passando al capitolo... allora, paiciuto?? *me incrocia le dita* Fammi sapere! 1baci8...
stefola93: tu vuoi farmi rpendere un infarto con tutti quei compliemnti! Ma grazieeeee!! Troppo gentile!! Spero che anche questo chap sia di tuo gradimento!!^^ 1baci8...
Ili91: ed ecco un capitolo appena sfornato!!xD *me affamata xD* Vabbè, con Fuka diciamo che chiariamo nell'epilogo e con il prof... eheh, vedremo come andrà il test!! *me fa risata dabolica* Spero che il capitolo ti sia piaciuto! 1baci8...
fatina93: wow!! Che bella recensione!! Me ti ringrazia profondamente!!^^ Allora, spero di non averti delusa con l'ultimo capitolo... ti è piaciuto?? Fammi sapere! 1baci8...
delichan123: ed ecco l'ultimo capitolo! Certo, ora manca l'epilogo, ma ormai i giochi sono fatti!!xD Spero che il capitolo ti sia piaciuto!!! Grazie per la recensione! 1baci8...
DenaDena:
tra le preferite... me essere onorata!!!^^ Troppo gentile!!!:D Allora,
che ne dici dell'ultimo capitolo?? Piaciuto?? Spero che leggerai anche
l'epilogo...
1baci8...
Signori e signore per stasera è tutto! Mi raccomando, leggete e commentate!! Siamo arrivati quasi alla fine e non si può più rimandare!! Affrettatevi gente!! *me fare lo spot pubblicitario xD*
Allora, ringrazio anche tutti i miei cari lettori e tutti voi! 1baci8...
...bontina...