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Autore: ChrisAndreini    07/11/2021    0 recensioni
[Howl's moving castle AU-Klapollo]
"Klavier era lo stregone più temuto e allo stesso tempo più ammirato nell'orfanotrofio. Gli ultimi sette anni si erano sentite tantissime storie su di lui, il mago di fuoco, così potente che neanche lo stregone supremo Miles Edgeworth era riuscito a tenerlo a freno, e lo combatteva con forza e senza successo.
Voci giravano per quei corridoi di come rapisse i bambini e ghermisse il cuore di tutte le belle donne che incrociava, facendole innamorare e poi mangiando loro l’anima per essere più forte.
Apollo non aveva nessuna opinione né su quelle storie, né su Klavier in generale.
Dopotutto dubitava fortemente che lui, la persona più ordinaria e meno interessante del regno, potesse mai avere a che fare con maghi, stregoni e incantatori di alcun genere, soprattutto con qualcuno come Klavier."
...oh si sbagliava di grosso.
"-Ah, eccoti qui! Ti ho cercato dappertutto- Apollo si girò verso la persona a cui apparteneva la voce, ritrovandosi faccia a faccia con l’uomo più bello che avesse visto in vita sua"
Genere: Fantasy, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Apollo Justice, Klavier Gavin, Phoenix Wright, Trucy Wright
Note: AU, Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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Il mercato 

 

Quasi una settimana era passata da quando Apollo era entrato a far parte della famiglia del castello, e non riusciva a capacitarsi da quanto in fretta si fosse ambientato.

Forse per via del fatto che una famiglia non l’aveva mai avuta, forse perché tutti i membri del castello erano piuttosto amabili, Phoenix escluso, ma si trovava molto meglio di quanto si sarebbe mai aspettato.

Nonostante il suo corpo anziano non gli facesse godere appieno l’esperienza.

Ma iniziava in parte ad abituarsi anche ai dolori della vecchiaia, che stavano diventando quasi accettabili, e meno invadenti di prima.

Che fosse un segno che la maledizione si stesse indebolendo da sola, o solo una conseguenza della forte abilità di Apollo di adattarsi, questo l’orfano non lo sapeva, anche se temeva che se si fosse abituato troppo, sarebbe stato più difficile tornare ad essere quello che era prima.

…non che la sua vita fosse poi così grandiosa, prima di entrare al castello, ma almeno sarebbe stata un po’ più lunga da vivere piuttosto che restare lì invecchiato… forse.

A dire il vero, Apollo non ne era poi così certo. La guerra continuava senza sosta, e il castello, grazie a Phoenix, era forse il luogo più sicuro che ci fosse.

Apollo cercava di non pensare troppo. Non aveva neanche abbastanza tempo per pensare alle cose, dato che tra il lavoro come domestico, Trucy che si esercitava con la magia con lui, May che adocchiava sempre il suo cibo durante i pasti e i commenti irritanti di Phoenix ogni volta che Apollo si trovava in stanza con lui, di tempo ne aveva davvero poco per pensare.

E per indagare sul contratto che legava Klavier a Phoenix.

Anche perché Klavier si faceva vedere ben poco, al castello.

Di solito durante i pasti, e ogni tanto aiutava Trucy con delle pozioni da dare a vari clienti.

Apollo non aveva avuto molte occasioni di parlare con lui, ma un paio di volte l’aveva notato intento ad osservarlo da lontano, e il suo cuore aveva perso un battito.

Che fosse per la paura di essere scoperto come impostore, o perché quegli occhi color zaffiro erano davvero affascinanti, anche qui Apollo non avrebbe saputo definirlo, ma una cosa era ormai piuttosto certa, dopo averlo osservato così a lungo: Klavier era una brava persona.

Era chiaro che non fosse crudele neanche un decimo di quanto dicessero i rumors, e sebbene Apollo ancora non sapesse esattamente cosa era successo ai membri della “famiglia” per finire lì, era chiaro come il sole che Klavier stava solo cercando di aiutare tutti, e vivere libero, al sicuro, lontano dalla guerra e dagli altri stregoni.

Insomma, nonostante i misteri, Apollo iniziava davvero a sentirsi parte del gruppo, e persino Phoenix iniziava a far breccia nel suo spesso strato di esasperazione verso i suoi commenti.

Al momento, Apollo e Trucy erano al mercato, in compagnia di May, che era appollaiata sul cappello della streghetta trasformata in uomo di mezza età.

-Quando sei vestita così più che mia nipote sembri un mio eventuale figlio- aveva commentato Apollo quando l’aveva vista così prima di uscire. Si era ormai abituato ad essere chiamato nonnino dalla ragazzina, ma non voleva essere chiamato tale anche dalla sua versione adulto, o si sarebbe sentito un centenario.

-No, nonnino! Se fossi figlio e nipote insieme la faccenda si farebbe troppo imbarazzante!- aveva obiettato Trucy, ridacchiando e preparandosi all’uscita.

-Ricordatevi di restare sempre insieme. Soprattutto tu, Apollo, non allontanarti!- si era fatto promettere Phoenix, in tono serio.

Apollo gli sentiva dire talmente tante cose, che non aveva badato molto al suo avvertimento.

Anche se, ora che era effettivamente fuori con Trucy versione Shadi, come si era chiamata durante il travestimento, stava notando che la ragazza non gli lasciava un momento di libertà, ma lo teneva per il braccio come ad evitare che scappasse via.

Apollo non ne aveva la minima intenzione, e cercò di ignorare la cosa. Probabilmente lo teneva d’occhio perché lo credeva un anziano e voleva assicurarsi che stesse bene. Era una ragazzina molto attenta a queste cose. 

Per la prima ora, lo shopping andò piuttosto bene. Comprarono cibo, legna di buona qualità, e materiali per le pozioni e gli incantesimi di Klavier.

-Il fratellone adorerà queste pietre curative!- commentò Trucy, mostrando con orgoglio ad Apollo due zaffiri appena acquistati.

-Sembrano i suoi occhi- borbottò Apollo, osservandoli ammirato.

-…quasi sempre- aggiunse Trucy, rabbuiandosi appena, e mettendo le pietre in tasca.

-In che senso?- Apollo la guardò confuso. Gli occhi di Klavier erano sempre azzurri come zaffiri, o almeno Apollo li aveva sempre visti così.

-Niente… andiamo! Dobbiamo ancora comprare del mangime per May!- Trucy gli riprese il braccio e indicò uno stand poco distante.

May, che aveva volteggiato intorno a loro tutto il tempo, si abbandonò sul cappello di Apollo, e iniziò a punzecchiarlo con il becco.

-Che c’è?- chiese Apollo, confuso.

May si limitò a lamentarsi.

-Credo che non le piaccia il mangime per uccelli- indovinò Apollo, rendendo Trucy partecipe dell’informazione.

-Ma ad un uccellino non fa bene mangiare sempre bacon! Devi alternare almeno un po’- la riprese Trucy, lanciandole un’occhiataccia.

Apollo aveva ormai intuito che May non poteva essere davvero un uccello, però concordava con Trucy sul mantenere la dieta come se fosse davvero tale. Dopotutto il corpo che aveva era quello.

Così come Apollo aveva dovuto rinunciare ad alcuni cibi a causa della sua vecchiaia.

Anche se gli zuccheri gli mancavano.

-Andiamo, May! Se fai la brava e mangi il tuo mangime, prometto che la prossima volta che faccio degli hamburger te ne do un pezzo!- Trucy provò a prendere l’uccello in mano, ma May iniziò a volare via, e facendo alzare gli occhi al cielo alla bambina travestita da uomo.

-Torna qui, dai! May!- Trucy iniziò a seguirla, e Apollo cercò di stare al passo, anche se la sua stamina non era granché con il corpo che si ritrovava.

-Ragazze, pensate all’anziano!- provò a richiamarle, in tono autoritario. 

La sua autorità purtroppo era di dieci spanne inferiore a quella di Trucy e May, nonostante fosse teoricamente il più vecchio tra di loro.

Solo teoricamente.

Anche se praticamente era più vecchio almeno di Trucy. Non che questo servisse a qualcosa, dato che era lei il capo di tutto.

Ma comunque sperò che si fermassero ad aspettarlo, dato che Phoenix aveva insistito tanto per non allontanarsi mai l’uno dall’altro durante quell’uscita in città.

Stranamente, non che se ne lamentasse, sembrava riuscire a tenere abbastanza il passo, e le due rimasero sempre a portata di vista, pur lontane.

O almeno, lo rimasero finché Apollo non decise di fermarsi, di sua spontanea volontà, allertato da un caos improvviso della folla, che iniziò ad avviarsi contemporaneamente al porto.

Apollo si girò per controllare il motivo di tale agitazione collettiva, e il cuore gli sprofondò nel petto quando notò che una nave da guerra era tornata, e portava appresso a lei un’altra nave da guerra, più piccola, appartenente alla flotta avversaria.

Al momento Apollo era nella città portuale di Kurain, nel regno dei Fey, il ché significava che la nave avversaria era dell’esercito di von Karma.

…Clay era arruolato con von Karma.

Apollo dimenticò Trucy, May e la promessa fatta a Phoenix di non allontanarsi, e si avviò in direzione del porto, preoccupato dalla possibilità che il suo più vecchio amico, e unica persona che aveva considerato come una famiglia crescendo, potesse essere ferito… o peggio.

Ricordava il numero della nave che Clay aveva preso, il giorno in cui era partito per la guerra. Forse… se si avvicinava abbastanza…

Apollo provò ad andare più vicino, ma si sentì bloccato sul posto, e iniziò ad essere trascinato da una forza invisibile lontano dalla nave.

Non aveva mai provato niente del genere. Era come se il suo braccio, quello con il bracciale di sua madre, avesse una corda piuttosto resistente, ma invisibile, che lo trascinava lontano dal luogo che voleva raggiungere, verso il mercato, lontano dalla folla.

Forse Apollo avrebbe dovuto seguire quella forza e lasciar perdere. Conoscere la verità non gli serviva a niente se tanto comunque non poteva fare nulla per cambiare le cose.

Ma Clay era tutto ciò che aveva avuto per molto, molto tempo.

Con la poca forza che aveva, provò a liberarsi della presa invisibile, con uno strattone, e il filo si spezzò di netto, con inaspettata facilità, rischiando di far cadere l’anziano a terra.

Ma Apollo si tenne in equilibrio per un pelo, e si avvicinò alla nave, proprio mentre l’equipaggio scendeva, tutto tronfio, con una schiera di prigionieri, legati e acciaccati, al seguito.

Apollo perse un battito, ma cercò di non concentrarsi su di loro, e si avviò il più in fretta possibile alla nave ormai quasi distrutta.

HAT-2

…oh no!

Il suo sguardo tornò ai prigionieri, cercando una familiare chioma scura, pregando con tutto il cuore che Clay fosse lì in mezzo a loro, ma non sembrò notarlo da nessuna parte.

La folla era estremamente compatta, e per Apollo fu estremamente difficile superare tutti e raggiungere i prigionieri, ma doveva farlo, a tutti i costi.

Forse se riusciva a parlare con uno di loro, avrebbe potuto chiedere chiarimenti.

Era rischioso, ma che altro poteva fare?!

Non avere la minima idea di cosa fosse successo a Clay era terrificante.

-Hey, tu! Nonnino! Cosa pensi di fare? Sta indietro!- provò a fermarlo uno dei soldati di Kurain, ma Apollo neanche badò a lui, e si avvicinò all’ultimo dei prigionieri, un ragazzo dallo sguardo perso nel vuoto. Sembrava terrorizzato e allo stesso tempo completamente assente.

-Cosa è successo al resto dei soldati?- chiese nel panico, prendendolo per un braccio e facendolo sobbalzare.

-L’angelo della morte!- esclamò lui, con sguardo spiritato.

-Cosa?- Apollo si ritirò, sorpreso da tale veemenza, e ancora più preoccupato per Clay. 

Si guardò nuovamente intorno per controllare, in un disperato tentativo di ignorare la realtà, se il suo migliore amico fosse tra i prigionieri, ma non c’era… non era da nessuna parte.

-L’angelo… della morte?- ripetè, in un sussurro, sperando non significasse ciò che temeva.

-Un enorme uccello di fuoco è piombato sulla nave, e ha preso tutti quelli che ha potuto. L’angelo della morte. Un demone dagli inferi…- continuò l’uomo, afferrando Apollo a sua volta e rischiando di farlo cadere.

Un uccello… di fuoco?

Quindi… un qualcosa di reale, non era una metafora!

…non che fosse poi tanto meglio.

-C’era fuoco dappertutto… la nave affondava…- aggiunse il prigioniero prima di lui, in un sussurro che Apollo riuscì a malapena a recepire.

-Lui li ha presi tutti! Li ha presi tutti quanti!- continuò l’ultimo della fila.

Il cuore di Apollo batteva così forte nel petto che era certo stesse per scoppiare da un momento all’altro.

Aprì la bocca per chiedere ulteriori chiarimenti, ma la voce non sembrava uscirgli.

Le unghie del prigioniero, che gli serravano il braccio, iniziavano a fargli del male.

Prima che potesse riprendersi e indagare, venne violentemente strappato via dalla sua presa da un soldato di Kurain, che quasi lo gettò a terra.

-Cosa credi di fare?!- chiese, puntandogli l’arma contro.

Apollo alzò le mani.

-Io… mi dispiace… sono…- cercò una scusa al volo da rifilare per giustificare il suo essersi buttato sui prigionieri a fare domande, ma non trovava niente di realistico, o quantomeno non riusciva a pensarci al momento.

La sua mente era troppo occupata a farsi prendere dal panico e dalla disperazione alla ormai quasi totale certezza che il suo più vecchio amico non c’era più.

…un uccello di fuoco… fuoco… Apollo sentiva che c’era qualcosa di importante in quella descrizione.

Ma non riusciva a pensarci, non riusciva a pensare a nulla.

Riusciva solo a tremare e a trattenere a stento le lacrime mentre borbottava scuse incomprensibili.

Non aveva più nessuno… non aveva più assolutamente nulla. Se fosse morto lì, con un colpo di fucile da parte di un soldato di Kurain, non se ne sarebbe accorto nessuno. Non avrebbe avuto alcuna importanza.

Chiuse gli occhi, aspettando il colpo.

-Nonnino!- venne salvato da una voce alle sue spalle, la voce spaventata e tremante di una ragazzina, e Apollo riaprì gli occhi di scatto, sorpreso.

Sia lui che il soldato, così come gran parte dei curiosi attorno a loro, si voltarono nella direzione dalla quale la voce era venuta, e prima ancora di scorgere l’immagine di Trucy, che correva nella sua direzione, Apollo sentì qualcosa posarsi sul suo cappello, quasi con violenza, rischiando di farglielo cadere via. Era May, trasformatasi in usignolo. 

-Questo vecchio è con te?- chiese il soldato a Trucy, tornata normale, una volta che lei fu giunta davanti a loro.

-Sì… è mio nonno! La prego, lo lasci andare- Trucy si mise davanti ad Apollo, proteggendolo dal poco amichevole soldato.

Il ragazzo maledetto era senza parole.

Non si aspettava minimamente che le due sarebbero venute a salvarlo. 

Per un attimo, seppellito dalla sua disperazione, si era persino dimenticato di essere venuto al mercato con loro.

Rimase immobile a fissare la scena davanti a lui, senza ancora riuscire a proferire alcuna parola, semplice spettatore.

-Ha iniziato a fare domande ai prigionieri del nemico! Dobbiamo portarlo dalla regina per interrogarlo!- obiettò il soldato nemico. Apollo sentì May tremare sul suo cappello, parecchio vistosamente.

-Oh no, la prego. È solo un vecchio matto. Sa, ha parecchi problemi di salute. Anni fa è stato maledetto da uno stregone e da allora ha delle allucinazioni. Ha partecipato alla guerra anni e anni fa. Chiuda un occhio questa volta, la imploro!- Trucy si inventò in fretta una storia piuttosto credibile, e il tremare di Apollo, ancora sconvolto da tutto quello che stava succedendo intorno a lui, convinse il soldato a lasciar stare, per quella volta.

Rinfoderò l’arma, e fece cenno ai tre di allontanarsi in fretta da lì.

Trucy ringraziò sentitamente, poi prese Apollo per un polso, e lo trascinò il più lontano possibile dalla nave, dai prigionieri, e dalla folla di curiosi.

Apollo la fece fare, completamente incapace di obiettare. Non che avesse voluto farlo, dato che probabilmente era vivo solo grazie a lei.

Per la prima volta da quando era stato maledetto, si sentiva davvero addosso l’età che dimostrava.

Ed era stanco, stanchissimo.

-Come ti è saltato in mente di allontanarti così?! Ti abbiamo cercato ovunque. Non dovevamo separarci per nessun motivo!- una volta fuori dalla portata d’orecchio, e isolati, Trucy si rivolse ad Apollo, in tono combattivo.

Apollo sobbalzò vistosamente, come svegliato da un sogno.

Ed in effetti la sua mente era come in un sogno, perché continuava ad immaginare scenari dove Clay veniva afferrato e brutalmente ucciso da un demone di fuoco.

Non la cosa migliore a cui pensare.

-Mi dispiace- borbottò, poco sentitamente. A sua discolpa, non riusciva proprio a restare ancorato alla realtà.

Trucy non sembrò accorgersi del pessimo stato emotivo del suo presunto nonno, perché a sua volta sembrava estremamente agitata.

La mano che teneva il polso di Apollo tremava vistosamente, e si guardava intorno preoccupata, come se fosse braccata.

-Come hai potuto allontanarti così tanto?!- continuò il rimprovero. Anche se più che un rimprovero sembrava una vera e propria domanda.

Come era riuscito ad allontanarsi così tanto?! 

Apollo si mise sulla difensiva.

-Siete voi che siete scappate via di corsa. Sono anziano, anche provando non sarei riuscito a starvi dietro- provò a giustificarsi, anche se effettivamente si era allontanato di sua spontanea volontà, e non si era semplicemente perso.

Trucy si fermò e si girò di scatto verso di lui, fulminandolo con lo sguardo.

-Sì invece! Ti bastava seguire….- si interruppe di scatto, e scosse la testa -Non importa! Dobbiamo tornare immediatamente a casa- gli diede nuovamente le spalle, e tornò a trascinarlo verso l’ingresso della casa nella città marittima.

Seguire… cosa?

Apollo ripensò alla corda invisibile sul suo polso, e un fastidioso dubbio iniziò a rosicchiargli il cervello.

Ma non aveva tempo di pensare anche a questo.

Aveva già troppi pensieri negativi in testa.

-Che caratterino…-borbottò tra sé, cercando di stare al passo, anche se la schiena era alquanto provata da quella velocità.

-Perché tanta fretta?- chiese poi, molto confuso riguardo alla situazione.

Trucy gli lanciò un’occhiata sospettosa.

-Perché vuoi prenderla con calma?- rigirò la domanda.

-Mi fa male la schiena- rispose Apollo, con ovvietà.

Trucy, effettivamente, rallentò appena.

Ma riprese in fretta velocità.

-Dovevi pensarci prima di spezzare il vincolo!- si lamentò, più tra se che rivolta espressamente ad Apollo.

-Il… cosa?- era impossibile ormai ignorare quel pensiero.

La corda non era stata un’illusione, ma un vero e proprio incantesimo, messo sicuramente da Trucy, per evitare che si allontanasse. Per tenerlo letteralmente al guinzaglio, come un cagnolino.

-Lascia stare! Dobbiamo tornare a casa!- Trucy interruppe sul nascere ogni possibile discussione.

Anche May, ancora appollaiata sul cappello di Apollo, fece un verso di urgenza, e beccò appena la fronte del ragazzo-nonno per scoraggiarlo dal fare altre domande, e seguire semplicemente il flusso.

Apollo era piuttosto seccato.

O lo trattavano come fosse un vecchio, o come fosse un bambino, ma non era nessuna delle due cose, e se anche lo fosse stato, meritava di sapere cosa stesse succedendo.

-Trucy, sul serio, perché tutto questo…?- provò a chiedere, seccato che lo stessero tenendo all’oscuro di tutto.

-Non c’è tempo di spiegarti! Dobbiamo…- ma la replica ancora più seccata di Trucy venne interrotta da una voce alle loro spalle, dolce e melliflua.

-Finalmente! Sono giorni che cerco di rintracciarti- 

Trucy si fermò di scatto, e il tremore della sua mano si fece più evidente.

Anche Apollo si sentì piuttosto teso.

Perché avrebbe riconosciuto quella voce tra mille, dopo quello che gli aveva fatto.

Si girò di scatto, ritrovandosi faccia a faccia con la Farfalla Velenosa.

Ombrello alla mano, farfalle tutte intorno.

Sembrava la donna più innocente del mondo, ma allo stesso tempo irradiava potere malvagio.

Quella non era proprio la giornata di Apollo.

-Oh no…- sentì Trucy sussurrare alle sue spalle. Gli tenne il polso con più forza, chiaramente spaventata a sua volta dalla visione.

-Mi hai portato esattamente dove volevo che mi portassi. Sei stato davvero bravissimo- continuò la Farfalla Velenosa, guardando fisso verso Apollo, con estrema soddisfazione.

Apollo era confuso. A chi si stava riferendo? Forse a May, sul suo capo? Non poteva chiaramente parlare di lui… vero?

-Apollo… che significa questo?- Trucy si rivolse a lui con tono chiaramente accusativo, e allo stesso tempo estremamente ferito.

Apollo la fissò incredulo.

Era come se nella sua testa ci fossero alcuni pezzi di puzzle che non riuscivano in alcun modo ad incastrarsi tra di loro, perché gliene mancavano troppi altri.

E aggiungendoci la consapevolezza che Trucy gli aveva posto un vincolo, e l’incertezza se il suo migliore amico fosse vivo o morto, Apollo era convinto che presto la sua mente sarebbe esplosa.

-Significa, mia cara Trucy Enigmar, che adesso tu verrai con me, e spera di essere abbastanza importante per Phoenix- la Farfalla Velenosa le puntò l’ombrello contro, e Trucy si irrigidì.

-Mi chiamo Trucy Wright!- obiettò, prima di attaccare.

Apollo non ebbe il tempo di pensare, di parlare, di riflettere o anche solo di capire cosa stesse succedendo, che si ritrovò nel mezzo di un vero e proprio scontro tra streghe.

Gli occhi di Trucy si fecero rossi, e iniziò a lanciare palle di fuoco, che vennero schivate e bloccate senza alcuna difficoltà dalla donna davanti a lei e dal suo ombrello magico.

Ci volle meno di un minuto per capire l’estrema disparità tra le due combattenti: Trucy ci metteva la massima forza possibile, mentre la Farfalla Velenosa ridacchiava e si sforzava al minimo.

Neanche l’intervento di May, trasformatasi in un condor gigantesco e minaccioso, riuscì ad aiutarla. Infatti in poco tempo venne lanciata in un angolo con un “Non metterti in mezzo, cugina!” che Apollo proprio non capì.

Apollo avrebbe voluto raggiungerla per controllare che stesse bene, ma era sparita alla vista, e in ogni caso, lui era completamente bloccato sul posto, immobile e incapace di fare altro che cercare di tenersi fuori portata dalla magia.

Odiava la magia!

Non gli aveva portato altro che guai!

Perché la Farfalla Velenosa si accaniva così contro di lui?!

Anche se… non si stava accanendo contro di lui.

Voleva Trucy.

Per arrivare a Phoenix.

E a Klavier.

Il suo intento era sempre stato quello di arrivare a Klavier.

E aveva detto che…

Un momento!

Sebbene Apollo non avesse tutti i pezzi del puzzle, con un’illuminazione, riuscì a mettere insieme i pochi che aveva, che formarono una figura davvero preoccupante.

Le rassicurazioni di Phoenix sul non allontanarsi.

Il vincolo.

La preoccupazione di Trucy, che continuava a guardarsi intorno.

La stessa maledizione contro di lui, proprio dopo essere stato salvato da Klavier quel giorno fatale, quando tutto era iniziato.

Per tutto questo tempo, la Farfalla Velenosa aveva cercato di usarlo per rintracciare Klavier, e Apollo era stato protetto dalla vicinanza di Trucy e May, forse con un incantesimo, forse solo stando loro vicino in quanto avevano uno scudo intorno.

Una cosa era certa: se al momento Trucy era in pericolo, era solo colpa sua.

Non poteva permettere che Trucy venisse rapita a causa sua.

Certo, la conosceva da poco, ma si era enormemente affezionato a lei, sempre così energica, ed entusiasta per tutto. Trattava Apollo come se fosse parte della sua famiglia, sentimento al quale Apollo non era affatto abituato.

Non aveva armi da usare contro la Farfalla Velenosa, ma doveva comunque provare ad affrontarla, distrarla, proteggere Trucy.

Si guardò intorno, in cerca di qualcosa da utilizzare.

-Com’è possibile?! Non dovresti essere così potente- Trucy era già stremata, sebbene lo scontro procedesse da ben poco.

La Farfalla Velenosa invece sembrava fresca come una rosa. Abbassò l’ombrello e si avvicinò a lei, facendolo roteare tra le mani giocosamente.

-Un conto è prendere un minimo di supporto magico da un demone. Un conto è stringere un patto con esso. Non mi potrai mai battere, ragazzina. Neanche con il potere prestato del demone del fuoco- la donna agitò i capelli, soddisfatta. Poi si irrigidì e rabbuiò.

-Dico quello che mi pare, non sei il mio capo- borbottò tra sé qualche secondo dopo, rispondendo ad una voce che nessun altro poteva sentire.

Apollo decise di approfittare della sua distrazione per tentare il tutto per tutto, e le lanciò contro un sasso trovato per terra, cercando di attirare la sua attenzione e permettere a Trucy di scappare.

Non la colpì neanche di striscio, ma l’attenzione della strega venne attirata.

Non fu una gran cosa.

-Oh, vero, mi ero dimenticata di te. Fuori dai piedi- la Farfalla Velenosa fece un gesto con la mano, e Apollo venne sbalzato via, come prima era accaduto per May.

Batté violentemente la schiena contro la strada piena di sassi, ma non si fece fermare dal dolore, e cercò di rialzarsi più in fretta possibile, per quanto glielo permettessero le ossa da anziano.

Buona notizia, era alle spalle della Farfalla Velenosa, che si era nuovamente dimenticata di lui, o quantomeno era convinta di averlo messo KO definitivamente.

Cattiva notizia, il suo tentativo di salvare Trucy aveva finito per distrarla, quindi era a pochi secondi dall’essere rapita, e Apollo non aveva tempo per pensare ad un modo intelligente per uscire da quella situazione.

Così agì di istinto.

E afferrò l’ombrello che la Farfalla Velenosa stava per usare contro Trucy.

Per un secondo, un singolo istante pieno di ottimismo, la strega sembrava in procinto di lasciare l’ombrello, troppo sorpresa per tenerlo stretto.

Poi, l’ombrello stesso scottò la mano di Apollo, che fu sbalzato nuovamente all’indietro.

-Per essere un vermiciattolo maledetto, sei fastidiosamente resiliente- borbottò la Farfalla Velenosa, concentrandosi nuovamente su di lui.

Apollo era terrorizzato, ma cercò di mantenere viva quell’attenzione, e fece un cenno a Trucy di allontanarsi da lì, sperando lo cogliesse.

La ragazzina era incredula e senza parole, ma non perse tempo, e iniziò ad indietreggiare discretamente.

-Tu mi hai maledetto! E mi hai usato! Non ho intenzione di fartela passare liscia!- si lamentò Apollo, sperando che la sua voce non fosse uscita troppo tremante.

Sebbene fosse spaventato da quella pericolosa donna, era anche furioso per tutto quello che stava sopportando a causa sua. Se doveva morire, preferiva morire affrontandola con coraggio, e salvando nel frattempo anche Trucy.

-Grandi parole provenienti da un vecchietto. Ora che non mi sei più utile, posso anche ucciderti- la Farfalla Velenosa non sembrò affatto colpita dal suo coraggio, e sollevò l’ombrello verso di lui, preparando un incantesimo.

Per la seconda volta in quel giorno sfortunato, Apollo si trovò in procinto di venire ucciso.

Sollevò di riflesso le mani davanti al volto, come a proteggersi, anche se sapeva fosse inutile, e chiuse di scatto gli occhi, affatto desideroso di vedere la morte in faccia.

Non sarebbe venuto nessuno a salvarlo, questa volta.

Ma per fortuna, Trucy era riuscita a scappare, e sicuramente a quell’ora era tornata nel castello, al sicuro insieme a Phoenix, May e Klavier.

…Klavier.

Apollo era finito in tutta quella situazione solo a causa sua, eppure non riuscì a non rammaricarsi di non poterlo vedere un’ultima volta.

Lui e quei meravigliosi occhi azzurri.

…Apollo non voleva morire.

No! Non voleva morire!

Non sarebbe morto così!!

Sentì una strana energia circondarlo, come un formicolio che gli attraversò completamente il corpo, e temette fosse l’incantesimo mortale che lo stesse lentamente uccidendo.

Poi sentì la voce della strega.

-….cosa? Come è possibile?- Apollo riaprì di scatto gli occhi, e osservò una confusa ed estremamente contrariata Farfalla Velenosa, che lo guardava, ancora con l’ombrello puntato su di lui, ma senza aver lanciato nessun incantesimo. O se l’aveva lanciato, non aveva funzionato come voleva.

Improvvisamente, Apollo si sentiva stanco, e il bracciale che aveva al polso glielo stava stringendo con forza, facendogli male.

Cosa stava succedendo?

-Dici che è stato Klavier? Ma non dovrebbe potergli offrire un supporto, finché la mia maledizione è in atto- si lamentò la donna, rivolta a nessuno in particolare, o forse a qualcuno di invisibile che esisteva solo nella sua mente.

Apollo non capì a cosa si riferisse, ma ora che Trucy era ufficialmente al sicuro, era il momento giusto per provare a scappare a sua volta.

Purtroppo venne afferrato per la gola da una forza invisibile, e trascinato più vicino alla strega.

-Visto?! Posso usare la magia su di lui!- ella continuò a litigare con l’essere invisibile.

-Aspetta, in che senso “la ragazzina è scappata”!- poi si girò nella direzione dove Trucy avrebbe dovuto trovarsi, ed impallidì notando che non c’era più.

Seguirono alcuni secondi di silenzio sbigottito, poi la Farfalla Velenosa tornò a concentrarsi su Apollo, sempre tenuto a mezz’aria da una forza invisibile.

-Tutto a posto, possiamo usare lui. Dopotutto, se Klavier è riuscito a proteggerlo, significa che ci tiene, per qualche motivo- cercò di mantenere la calma, anche se sembrava in procinto di esplodere di rabbia, e aveva un vistoso tic all’occhio.

Apollo dubitava fortemente che quello fosse il caso. Klavier non aveva alcun interesse verso di lui, avevano a malapena parlato, quei giorni.

-Perdi il tuo tempo. Klavier non verrà mai a salvarmi- affermò con convinzione, e una certa delusione alla realtà dei fatti.

-In tal caso ti ucciderò definitivamente, sia perché non mi sei più utile, che come vendetta per avermi tolto la possibilità di rapire quella sciocca ragazzina- la Farfalla Velenosa si avvicinò a lui, con l’ombrello puntato, pronta a fare una qualche nuova maledizione.

-Perché sei così fissata con Klavier?- Apollo cercò di indagare e darsi un po’ di tempo per trovare una soluzione. Non credeva sarebbe venuto qualcuno a salvarlo, ma era sempre meglio di niente.

Non gli dispiaceva vivere qualche minuto in più.

-Non è a quel buono a nulla che aspiro, ma al demone. Cerchiamo Phoenix da anni. Con il suo potere diventeremo inarrestabili- la donna sorrise malefica al pensiero.

-Diventerete? Tu e chi? Il demone con il quale hai fatto un accordo?- Apollo continuò a farla parlare.

-Credi davvero che ti darei un’informazione simile? …non adesso, sto facendo un monologo da cattiva!- sebbene non avesse risposto, Apollo intuì senza problemi che sì, il “noi” si riferiva a lei e alla voce nella sua testa con la quale continuava a parlare. Ed evidentemente era un altro demone.

Se Apollo fosse uscito vivo da quella situazione, non avrebbe mai più voluto avere a che fare con streghe, maghi, demoni e quant’altro. 

Aveva raggiunto il limite.

-Non importa! Tu ora vieni con me! E vediamo se Klavier si deciderà a farsi vedere!- la Farfalla Velenosa lo afferrò per un braccio, liberandolo dalla presa magica, e iniziandolo a trascinare con sé.

-Se hai così tanto desiderio di parlarmi basta mandare un messaggio, non c’è bisogno di rapire i membri della mia famiglia- una voce proveniente dall’alto fece sobbalzare entrambi, Apollo più della strega, che dopo un secondo di sorpresa, si aprì ad un enorme sorriso.

Afferrò Apollo con più forza e gli puntò l’ombrello contro, tenendolo completamente sotto scacco.

-Ho provato a mandarti dei messaggi, l’ultimo abbastanza recentemente, ma sei sempre troppo codardo per presentarti- obiettò, stringendo Apollo con forza e facendolo irrigidire per il dolore.

Klavier scese davanti a loro, impassibile, ma allo stesso tempo spaventoso.

Apollo non l’aveva mai visto così. Non credeva possibile che il tranquillo e a volte quasi irritante stregone, che abbozzava davanti alla piccola Trucy, avesse in sé la capacità di irradiare una tale furia.

-Non è codardia, è che non ho assolutamente nulla da dirti. Lascia andare Apollo, se non vuoi che questa conversazione si faccia molto meno amichevole- la minacciò, con la sicurezza di qualcuno che ha il coltello dalla parte del manico, anche se era chiaro che in quel caso, ad avere la situazione dalla sua, era la Farfalla Velenosa, con tanto di ostaggio.

-Mi piacciono le conversazioni poco amichevoli- il sorriso della donna si allargò, e attaccò con l’ombrello Klavier.

Di nuovo, lo scontro si trasformò in fretta in un combattimento ad armi tutt’altro che pari, ma questa volta il coltello era effettivamente dalla parte del manico per Klavier, che evitò senza alcun problema il primo attacco, e approfittò della distrazione per allontanare con un movimento della mano Apollo e metterlo al sicuro, fluttuante in aria e lontano dallo scontro.

Iniziò poi ad attaccare a sua volta la strega, e prima che Apollo potesse controllare cosa stesse effettivamente succedendo, una nuvola di polvere si alzò ovunque, isolando lo scontro e impedendogli di vedere alcunché.

Durò pochi minuti di ansia totale, poi qualcosa di ancora più spaventoso si dipanò oltre la polvere: un enorme uccello infuocato dagli occhi rossi. L’immagine che Apollo non riusciva a togliersi dalla testa da quando aveva sentito i racconti dei prigionieri, che sembrava appena uscita dai suoi incubi ad occhi aperti.

L’uccello di fuoco si diresse velocemente verso Apollo, prendendolo al volo e iniziando a volare via da lì, diretto non si sapeva dove.

-Lasciami! Lasciami immediatamente!- gridò il ragazzo, con voce rauca dall’anzianità indotta e dai singhiozzi che non riusciva a trattenere per la paura.

Non era così che voleva morire! Non era pronto a rivedere Clay in questo modo.

L’uccello sembrò sentire le sue suppliche disperate, perché lo guardò dritto negli occhi, e rallentò il volo, tenendolo con più delicatezza, ma non lasciandolo andare.

Se Apollo non fosse stato troppo occupato ad essere terrorizzato, probabilmente avrebbe apprezzato non poco quel volo magico, in mezzo alle nuvole e libero nel cielo, lontano dei problemi a terra.

Ma non ebbe il tempo di abituarsi a quella sensazione, o calmare il suo animo inquieto, perché prima di quanto si aspettasse, ma ugualmente troppo tardi per i suoi gusti, l’uccello di fuoco iniziò a planare, verso le lande, che aveva raggiunto senza che Apollo se ne rendesse conto. Vicino al castello errante.

Posò delicatamente Apollo a terra, e riprese il volo prima che egli potesse riprendere del tutto l’equilibrio e le facoltà mentali.

…onestamente, Apollo ci mise così tanto a riprendere l’equilibrio e le facoltà mentali, che la creatura mostruosa avrebbe potuto fare un pisolino accanto a lui e giocherellare lì in giro prima che Apollo riuscisse a fargli qualche domanda, o accusa, o ritirarsi spaventato da lui.

Perché il ragazzo maledetto rimase a terra, tremante, ancora confuso da tutto ciò che era successo quel giorno, e incapace di rialzarsi e tornare al castello.

Soprattutto perché… voleva davvero tornare al castello? 

Dopo tutto quello che era successo, dopo essere stato usato da entrambe le parti per quella guerra personale che non aveva niente a che fare con lui, dopo aver scoperto che qualunque fosse la natura della creatura di fuoco, sicuramente l’assassino di Clay lavorava per Klavier… o era anche Klavier stesso…

Apollo voleva davvero restare invischiato con quelle persone?

Certo, sembravano gentili, all’apparenza, e lo avevano accolto come nessuno aveva fatto prima.

Inoltre aveva un accordo con Phoenix.

Ma… poteva davvero fidarsi di loro? Di persone che continuavano a tenerlo all’oscuro, e gli avevano posto un vincolo senza neanche chiedere il suo consenso?

Lentamente, mentre la sua mente tornava ad essere leggermente più attiva, Apollo iniziò a massaggiarsi il polso con il bracciale, ancora dolorante senza che ne capisse il motivo, e sobbalzò nel rendersi conto che la pelle subito a contatto con il cimelio di famiglia era scottata.

Un dolore inspiegabile, acuto, che sembrava espandersi lungo tutte le zone adiacenti come un veleno.

Cosa diamine gli stava succedendo?!

Quante altre cose strane dovevano succedergli quel giorno?!

Il castello era a pochi metri di distanza. Apollo riusciva quasi a vedere i confini magici che lo tenevano al sicuro. Sembravano brillare in modo più nitido, ma più Apollo sforzava la vista, più il polso gli faceva male, quindi cercò di ignorare la magia nell’aria.

Ma si rese conto che era ai confini della zona.

Qualche passo più avanti, e sarebbe stato fuori.

Fuori dai segreti, fuori dalla guerra magica, fuori da accordi con demoni, maghi e streghe.

…non fuori dalla maledizione. E avrebbe lasciato Trucy, May e… Klavier. Inoltre, la Farfalla Velenosa poteva rintracciarlo in ogni luogo, avrebbe rischiato di essere ancora più in pericolo, e di mettere nuovamente in pericolo tutti gli altri. Insomma, era un topolino in trappola, qualsiasi cosa avesse scelto.

Il peso di tutto quello che gli stava capitando divenne troppo da sopportare, e amare lacrime iniziarono a scendergli lungo le guance, troppo fitte e numerose perché Apollo potesse in qualche modo fermarle o asciugarle.

Quindi si limitò ad assecondare il fiume in piena, e cominciò a singhiozzare, raggomitolandosi su sé stesso come un bambino e sfogandosi.

Non aveva mai avuto la possibilità di sfogarsi in questo modo, prima. Era orfano fin dalla primissima infanzia, aveva sempre dovuto badare a sé stesso, crescere in fretta, senza nessun aiuto, o supporto.

Era così impegnato a piangere, che non si rese minimamente conto che qualcuno lo avesse raggiunto, almeno finché non sentì una mano sulla sua spalla.

A quel punto sobbalzò vistosamente, e il suo istinto primordiale da combatti o fuggi gli fece tirare un pugno alla cieca verso lo sprovveduto che aveva avuto il coraggio di avvicinarsi all’anziano emotivamente instabile.

-S_scusa! Volevo solo… offrirti un fazzoletto!- sprovveduto che si rivelò essere Klavier, che si affrettò a fare un passo indietro e sventolare il fazzoletto bianco che teneva in mano come una bandiera di pace.

Era così diverso dal minaccioso stregone che aveva affrontato la Farfalla Velenosa che Apollo non riusciva a credere fossero la stessa persona.

Il suo cuore cominciò in ogni caso a battere furiosamente nel petto, forse per la paura, o forse per altri motivi.

A prescindere da quali fossero i suoi sentimenti per Klavier, non voleva farsi vedere così vulnerabile, così gli diede le spalle, e provò ad asciugarsi le lacrime.

Resosi conto che gli unici lembi di tessuto che poteva usare erano già fradici, si girò un attimo verso Klavier e gli prese con uno strattone il fazzoletto, facendogli spuntare fuori un timido sorriso intenerito, e dandogli implicitamente il permesso di restare lì con lui, visto che aveva accettato la richiesta di pace.

-Sai… non ti biasimo se non vuoi più fare parte della nostra famiglia- dopo alcuni secondi di silenzio, Klavier cominciò a parlare, sedendosi a terra, ma ad una considerevole distanza, per dargli i suoi spazi.

Apollo sobbalzò appena. Gli aveva per caso letto nel pensiero?! Come faceva a sapere che Apollo voleva andarsene?!

-Ma prima che tu prenda una decisione, meriti una spiegazione, riguardo al vincolo che Trucy ha imposto su di te. Non l’abbiamo messo perché non ci fidiamo delle tue buone intenzioni. Ma non eravamo certi che Dahlia ti tenesse d’occhio, e non volevamo preoccuparti, quindi abbiamo preferito provare a tenerti al sicuro accanto a noi, dove la Farfalla Velenosa non poteva rintracciarti. È stato rischioso, me ne rendo conto. Non avevo idea che la tua maledizione avrebbe in qualche modo spezzato il vincolo- si scusò, iniziando ad offrire informazioni.

Apollo gli lanciò una breve occhiata. Fissava il cielo con occhi carichi di tristezza e sincerità.

Erano i soliti zaffiri, ma avevano una luce particolare, e brillavano con meno intensità.

Come corrotti da una forza pericolosa.

Ma completamente diversi dai pozzi rossi del mostro di fuoco che l’aveva portato in salvo… e probabilmente ucciso Clay.

Apollo era estremamente combattuto.

Senza contare che… Klavier aveva appena ammesso che sapeva della maledizione di Apollo, quindi sicuramente l’aveva riconosciuto da quando l’aveva salvato, la prima volta, con la sua vera età.

-Mi dispiace che sei finito in questo disastro a causa mia, Apollo- Klavier continuò, con un sospiro carico di rammarico -Non ho mai avuto intenzione di metterti in pericolo, volevo solo…- si interruppe, e abbassò lo sguardo.

Apollo lo osservò, chiedendosi cosa mai potesse volere uno stregone così potente e affascinante da una nullità come lui.

O forse… era stato solo gentile la prima volta, e poi lo aveva accolto perché si sentiva in colpa. Non aveva alcun interesse personale verso Apollo come persona.

-…non ha importanza. Per farmi perdonare, posso offrirti qualche moneta d’oro, e il passaggio verso la capitale del re. Miles Edgeworth ascolterà il tuo caso e sono certo che sarai al sicuro da Dahlia dentro le mura del palazzo- Klavier non diede ulteriori spiegazioni, ma gli offrì una soluzione, con un grande e allo stesso tempo triste sorriso.

Per la prima volta da quando aveva visto le navi rientrare al porto, Apollo sentì un briciolo di speranza farsi largo nel suo cuore.

Poteva accettare quel salvagente, e lasciarsi alle spalle quello scontro, e quelle persone.

Non c’era certezza che lo stregone supremo Edgeworth lo avrebbe aiutato, ma poteva essere meglio l’incertezza piuttosto che la certezza di morte, in un modo o nell’altro.

Apollo non rispose, intento a riflettere sulla risposta.

Klavier si alzò in piedi.

-Prenditi il tempo che ti serve. E se vuoi allontanarti dal castello… non c’è niente che ti blocca questa volta. Te lo prometto- lo salutò, e iniziò ad avviarsi verso la casa.

Apollo osservò le lande desolate.

Ripensò ai momenti passati in compagnia dei membri della famiglia del castello.

May che lo aiutava a pulire, Trucy che lo chiamava nonnino. Persino i commenti non richiesti di Phoenix. E il sorriso di Klavier, silenzioso ma presente e con troppi pesi sulle sue spalle.

Apollo era combattuto, diviso in due e incapace di rendersi conto di quale dei due piatti della bilancia fosse più pesante, se i lati positivi dell’esperienza, o quelli negativi.

Non poteva ancora escludere che il suo migliore amico fosse morto a causa di qualcuno in quella casa.

Eppure…

Apollo si girò, per dare un’occhiata al castello, e tutti i suoi dubbi volarono via come uccelli dopo aver sentito uno sparo.

Perché nel suo percorso verso la porta, Klavier procedeva a passi pesanti, tenendosi il petto dolorante.

-Klavier…- Apollo sussurrò, osservandolo incredulo e alzandosi con difficoltà in piedi.

Era forse rimasto ferito? Per proteggere lui?

Prima che potesse indagare ulteriormente, lo vide accasciarsi a terra, e una forza che non credeva più di avere lo fece correre verso di lui, per soccorrerlo.

-Klavier!- gridò, preoccupato, controllando le sue condizioni. Non aveva ferite esterne, ma la bocca era circondata di sangue, che gli aveva sporcato le mani. Il suo volto era pallido, e sembrava aver perso i sensi.

La decisione di Apollo poteva aspettare.

Al momento la salute di Klavier era più importante.

Lo mise in spalla per quanto gli permettesse il suo corpo minuto e anziano, e rientrò nel castello errante, che, lo sapeva già, gli sarebbe stato molto difficile lasciare.

Ormai era in ballo, e avrebbe ballato.

 

Nel suo personale castello, non errante, la Farfalla Velenosa era furente.

-È tutta colpa tua! Sei stato tu a suggerirmi questa strategia!- gridava rivolta alla voce nella sua mente, che al contrario manteneva un’apparente calma.

-Se avessi assorbito il potere della piccola strega, saresti stata abbastanza potente da sconfiggerlo- le fece notare.

-Se tu fossi anche solo la metà di quanto credi, a quest’ora avremmo già sconfitto quel demone e la sua marionetta! Sono stanca di farmi comandare a bacchetta da te e dai tuoi piani fallimentari!- si lamentò, accusandolo di essere il solo responsabile del proprio fallimento.

-I miei piani sono perfettamente programmati, il vero problema è la tua abitudine per le scenate e per l’improvvisazione!- continuò ad accusarla Kristoph.

-La mia capacità di seguire il flusso è ciò che mi ha permesso di sopravvivere tutti questi anni!- ormai Dahlia stava urlando a pieni polmoni, per far capire il suo punto.

-Ah! Sopravvivere! Questa è buona! Guardati allo specchio, e ricorda a chi devi la tua “sopravvivenza!” Senza di me non saresti nessuno in questo momento!- le ricordò il demone, iniziando ad irritarsi a sua volta.

La sua voce fino a quel momento impassibile tradì un fremito di irritazione.

-Tsk. Ti trattieni, questa è la verità. Per via di Klavier!- lo accusò, scuotendo la lunga chioma, e prendendo in mano una lettera che le era arrivata qualche giorno prima.

Era stanca di essere legata a quel demone deludente, e di rincorrere a ragazzini per arrivare all’immenso potere che aveva ricercato per tutta la vita. 

Ma forse c’era un modo per ottenere quello che voleva senza ricorrere a scialbi trucchetti demoniaci.

Un alleato con il suo stesso obiettivo, e secoli di esperienza.

Magari era il momento di fare una visita al palazzo del re.

   
 
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