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Autore: My Pride    11/11/2021    0 recensioni
~ Raccolta Curtain Fic di one-shot incentrate sulla coppia Damian/Jon + Bat&Super family ♥
» 79. With all my life
Le note di Jingle Bells risuonavano a ripetizione negli altoparlanti del centro commerciale e diffondevano quell’aria natalizia che si respirava in ogni punto della città di Gotham, dai piccoli magazzini, negozi di alimentari e ristoranti ai vicoli che circondavano ogni quartiere.
[ Tu appartieni a quelle cose che meravigliano la vita – un sorriso in un campo di grano, un passaggio segreto, un fiore che ha il respiro di mille tramonti ~ Fabrizio Caramagna ]
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bat Family, Damian Wayne, Jonathan Samuel Kent
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Meet you in the cornfield, my sweet boy Titolo: Meet you in the cornfield, my sweet boy
Autore: My Pride
Fandom: Super Sons
Tipologia: One-shot [
4027 parole fiumidiparole ]
Personaggi: Damian Bruce Wayne,
Jonathan Samuel Kent, Alfred Pennyworth, Clark Kent, Bruce Wayne
Rating: Giallo
Genere: Generale, Slice of life
Avvertimenti: What if?, Slash, Hurt/Comfort
Just stop for a minute and smile: 15. "Se non esistessi, bisognerebbe inventarti."
Una volta nella vita: 19. Adottare un bambino


SUPER SONS © 2016Peter J. Tomasi/DC. All Rights Reserved
.

    Quando era tornato alla fattoria con quel fagotto fra le braccia, Damian aveva quasi faticato a credere che fosse successo davvero.

    Con Jon a lavoro, era toccato a lui fare compere per la clinica e per le loro scorte alimentari personali, quindi aveva finito con lo scrivere una lista prima di indossare la protesi e salire sul furgone. Era quasi passato un anno e mezzo da quando aveva perso la gamba e aveva imparato a cavarsela al meglio delle sue possibilità, modificando persino la loro macchina in modo da poterla guidare con la nuova protesi che Pennyworth gli aveva consegnato. Così, guidando alla volta di Hamilton, aveva comprato tutto il necessario e anche qualche bocconcino extra per Tito e Alfred, senza contare qualche snack per se stesso e Jon. Ma era stato sulla via del ritorno che era successo qualcosa.

    A metà strada dalla fattoria, aveva sentito uno scoppio e per poco non aveva sbandato, rendendosi conto solo in un secondo momento di aver bucato; era sceso dal furgone con un'imprecazione per controllare i danni, dando una botta alla carrozzeria per zoppicare verso il retro e afferrare la ruota di scorta e il crick, ma qualcosa, che sulle prime gli era sembrato un vagito, aveva richiamato la sua attenzione e lo aveva stranito non poco. Si era voltato per un momento verso i campi di grano alle sue spalle, scrutando con le palpebre socchiuse, senza però riuscire a capire se si fosse immaginato quel suono oppure no; così aveva finito col tornare ad occuparsi della gomma da cambiare ma, mentre si chinava con attenzione, aveva distintamente sentito un pianto disperato levarsi tra le alte spighe, e Damian aveva sgranato gli occhi. Incredulo, aveva cercato di muovere dei passi veloci in quella direzione per quanto la protesi glielo consentisse, insinuandosi in quella marea biondeggiante che lo circondava; spostando steli su steli, aveva lasciato che fosse quel pianto a guidarlo fino a raggiungere uno spiazzo in cui il grano era stato schiacciato contro il terreno. Ed era stato proprio lì che, avvolto in una coperta con un biglietto legato al polso paffuto, aveva trovato un neonato con le guance rosse e rotonde che scalciava e urlava a perdifiato.

    Damian era rimasto immobile per attimi che gli erano parsi interminabili. Aveva guardato quel bambino che piangeva come non mai, le palpebre chiuse e le manine strette a pugno mentre agitava le gambe, e per un momento non aveva saputo che cosa fare. Solo quando lo sconcerto aveva finalmente dato spazio alla razionalità, si era chinato e lo aveva issato fra le sue braccia, notando con la coda dell'occhio cosa c'era scritto sul biglietto... e Damian era quasi sbiancato nel leggere un "Che Dio abbia pietà della sua anima", come se quel bambino fosse stato abbandonato di proposito dai propri genitori.

    Una strana ansia si era impossessata di Damian, a quel punto. Un genitore poteva davvero arrivare a tanto? Talia era stata una pessima madre, era vero, ma forse nemmeno lei si sarebbe spinta ad abbandonare un bambino in fasce in un fottuto campo di grano. Aveva avvolto quel corpicino tremante in quella coperta e aveva cercato di calmare quel pianto, impanicato dal fatto che quel neonato non sembrava volerne sapere di smetterla; aveva provato quindi a sussurrare qualche parola in arabo, vecchie nenie che si erano fatte largo nei suoi ricordi, e una specie di sorriso si era fatto largo sulle sua labbra quando, con un piccolo mugugno, alla fine il bambino si era calmato e aveva smesso di piangere, stringendo i pugni contro il petto prima di aprire le palpebre. Ed era stato quando aveva incrociato il suo sguardo, soffermandosi su quell'occhio azzurro e quell'occhio marrone, che Damian aveva capito il probabile motivo di quell'abbandono.

    Damian aveva sentito qualcosa di strano all'altezza del petto, soprattutto quando una delle manine paffute si era allungata per afferrargli un dito e stringerlo stretto, quasi senza volerlo lasciar andare; deglutendo, aveva sistemato quel frugoletto fra le sue braccia ed era tornato verso il furgone, ancora scombussolato da quanto accaduto. Lo aveva sistemato sul sedile in modo che non cadesse mentre si occupava con mani tremanti della ruota da cambiare, gettando di tanto in tanto qualche occhiata al bambino. E adesso che si trovava a casa, con quel bambino nuovamente accoccolato fra le sue braccia e il cellulare in mano, ancora stentava a credere alla sua esistenza. Tito e Alfred si erano avvicinati non appena era tornato, e se ne stavano tuttora attorno a lui sul divano, annusando quel fagotto che soreggeva mentre cercava il numero di suo padre.

    «D, sono a casa!»

    La voce di Jon giunse allegra dall'ingresso, e Damian si affrettò a zittirlo quando lo vide fare capolino in soggiorno, con quel suo solito sorriso che si congelò sulle sue labbra non appena il suo sguardo si posò sulla scena che gli si parò davanti agli occhi. Sbattendo le palpebre e boccheggiando, fece scorrere lo sguardo da Damian a quel bambino, il quale aveva poggiato la testolina contro il petto di Damian e sonnecchiava tranquillamente fra le sue braccia.

    «D... ma cosa...»

    «So che può suonare assurdo... o ironico», replicò subito Damian a bassa voce, così da non disturbare il piccolo, «ma l'ho trovato in un campo di grano».

    L'espressione di Jon divenne confusa. «...stai scherzando?» chiese, ma il modo in cui Damian lo fulminò con lo sguardo fu piuttosto eloquente.

    «Ti sembro forse il tipo da scherzare su cose del genere?»

    «Hai ragione... scusa. Continua», lo esortò, chiedendo spiegazioni mentre si avvicinava silenziosamente e si accomodava accanto a lui; Damian cominciò a parlare e a spiegargli ogni cosa, dal momento in cui aveva bucato fino a quando aveva trovato quel frugoletto con quel biglietto, e Jon era ribollito di rabbia al solo pensiero che qualcuno avesse potuto abbandonare quella povera creatura, lanciando uno sguardo al bambino che aprì gli occhi proprio in quel momento. E nel guardare quelle iridi, così diverse ma così luminose, Jon si innamorò all'istante e sentì il cuore fare una capriola nel petto. Quando poi lo vide sorridere, si sciolse completamente come neve al sole.

    «Oh, Rao... D... è così...»

    «...piccolo», concluse per lui, e a Jon parve di scorgere l'ombra di un sorriso anche sulle sue labbra. Aveva mai visto Damian sorridere in quel modo? Non ne era molto sicuro. «Devo chiamare mio padre. Far venire qui Pennyworth. Voglio... voglio accertarmi che stia bene», aggiunse, gettandogli una rapida occhiata. «Puoi... puoi tenerlo per un momento?»

    Un po' incerto, Jon allungò attentamente le braccia per poter prendere quel bambino e sistemarlo contro il proprio petto, sentendosi un po' stupido quando gli parve di sentire qualche lacrima bruciargli agli angoli degli occhi. Oh, andiamo. Si stava commuovendo?

    Concentrato com'era sul volto paffuto del bambino, su quel sorriso che mostrava già qualche dentino e su quegli occhioni che l'avevano completamente rapito, Jon non si accorse nemmeno che Damian si era alzato e aveva cominciato a parlare al cellulare, zoppicando un po' avanti e indietro con Alfred che aveva iniziato a strofinarsi contro la protesi.

    «Saranno qui a momenti». Damian, che aveva appena riagganciato, gli lanciò un'occhiata. Jon aveva cominciato a giocherellare con quel piccoletto, sfiorandogli la punta del nasino e sorridendo come non mai quando si lasciava scappare qualche piccola risata. «Non aveva nessuno... non potevo lasciarlo lì», soggiunse, come se si sentisse in dovere di dover giustificare la cosa, ma Jon scosse la testa.

    «Adesso ha noi», disse di getto e, se avesse ancora potuto, avrebbe sentito il cuore di Damian perdere un battito per quelle semplici parole. Non avevano mai pensato ad avere figli, di adottare un bambino o simile, non avevano mai nemmeno toccato l'argomento... eppure adesso eccoli lì, completamente rapiti da un neonato saltato fuori dal nulla in un campo di grano. Aveva un che di bizzarramente profetico, e Jon probabilmente avrebbe riso se non fosse stato troppo impegnato a sorridere.

    Fu il boato di un boomdotto a richiamare la loro attenzione, e non dovettero nemmeno aspettare molto prima di veder entrare in casa Alfred a passo spedito, seguito a ruota da Bruce. «Fatemi dare un'occhiata a questo giovanotto», esordì il maggiordomo, con le maniche già tirate sugli avambracci e la valigetta con i suoi strumenti medici ben stretta nella mano destra; Jon si alzò per distendere il bambino sul divano sotto richiesta di Alfred, così che potesse occuparsi del piccolo senza alcun problema.

    A Damian frattanto non sfuggì l'espressione sul volto di suo padre, un misto di incredulità e sorpresa che non aveva mai creduto di poter vedere, e forse persino un tremolio ad un angolo della bocca. A cosa stava pensando? Damian non ne era poi così sicuro.Tutta la situazione si svolse nel più completo silenzio. Stanco dallo stare in piedi, Damian aveva purtroppo dovuto accomodarsi su una poltrona e aveva invitato suo padre a fare lo stesso, entrambi con gli occhi puntati su Alfred e Jon senza proferire parola. Sembrava esserci così tanto da dire, eppure nessuo dei due osava fare un solo fiato mentre il maggiordomo auscultava il battito del cuore, gli controllava la bocca, si assicurava al meglio delle sue possibilità che il bambino non avesse problemi e fosse sano.

    «Che avete intenzione di fare?» chiese Bruce di punto in bianco, a braccia conserte mentre vedeva Alfred continuare ad occuparsi del bambino e Jon stargli accanto con un sorriso così luminoso che sembrò potesse toccare il cielo con un dito, cosa che quasi due anni addietro avrebbe potuto fare senza alcun problema.

    Damian si raschiò il labbro inferiore, incerto su cosa rispondere. Aveva cominciato a carezzare il dorso di Alfred - il gatto - che gli era saltato in grembo, quasi a volersi distrarre da ciò che il padre gli aveva chiesto. Non parlò, non ancora, gettandogli un'occhiata per vederlo con la schiena dritta contro la poltrona e una mano sul capo di Tito. In altri tempi, sarebbe sembrato il perfetto patrono di un'austera dimora.

    Sospirando, Damian si prese ancora un attimo. Solitamente non era tipo da tergiversare in quel modo, aveva sempre detto ciò che pensava senza pentirsene ma, ora come ora, ammetteva di temere ciò che avrebbe potuto consigliargli il padre. Forse era stupido, dato che non erano nemmeno passate un paio d'ore, ma si era affezionato a quel bambino; in lui era scattato qualcosa nell'esatto momento in cui l'aveva visto, e mai avrebbe creduto possibile di poter provare una cosa simile. Di solito gli accadeva con gli animali, non... non con un neonato. E ammetteva di aver paura che suo padre, complice anche il passato che si ritrovava alle spalle e il suo non essere mai stato una persona con una certa stabilità, potesse consigliare a lui e a Jon di dare quel bambino in affidamento.

    Al solo pensiero, lanciò una rapida occhiata proprio a Jon. Sarebbero davvero riusciti a separarsene? Vista l'espressione sul suo volto, espressione che era certo di aver avuto anche lui, ne dubitava. «So che detto da me potrebbe suonare strano, padre... e che potrebbe sorgere qualche complicazione per l'apparizione così improvvisa di un bambino, ma... vogliamo che resti con noi», affermò, stringendo così forte una mano a pugno che si conficcò le unghie nei palmi senza nemmeno rendersene pienamente conto. Aveva persino trattenuto il fiato, sentendo il cuore cominciare a battere furiosamente nel petto. Cosa avrebbe detto suo padre? Come l'avrebbe presa? Forse non voleva nemmeno saperlo.

    Contro ogni sua aspettativa, però, le spalle di suo padre parvero rilassarsi, la sua espressione si ammorbidì e Damian fu sicuro di aver visto l'ombra di un sorriso far capolino sulle sue labbra. «Sono contento di sentirtelo dire», affermò Bruce. «Perché mi farebbe piacere che voi tre tornaste un po' alla villa con noi».

    Damian avrebbe voluto replicare qualcosa, ma era troppo scombussolato per riuscire a spiccicare qualche parola. Forse perché, in quel momento, tutto si sarebbe aspettato tranne che suo padre potesse dirgli una cosa del genere, persino approvare una decisione che altri avrebbero potuto pensare che fosse stata presa fin troppo alla leggera. «...prenderemo la cosa in considerazione», replicò Damian a mezza bocca, richiamando su di sé l'attenzione di Bruce.

    «Voglio ben sperarlo», affermò in finto tono di rimprovero, strappando un sorriso a Damian prima che un pianto richiamasse la loro attenzione; si voltarono immediatamente, vedendo Jon che cullava il bambino fra le braccia mentre Alfred, tranquillo, raddrizzava la schiena.

    «Non si preoccupi, padron Damian», rassicurò, posando lo stetoscopio. «È un bambino perfettamente sano. Ma piuttosto affamato», soggiunse con un pizzico di divertimento, accentuato anche dal fatto che, nonostante gli sforzi di Jon, quel piccoletto si faceva sentire parecchio con la sua vocetta acuta.

    Damian sgranò gli occhi e si guardò intorno, forse persino con un moto di panico, gettando uno sguardo a Jon che ricambiò quell'occhiata con la stessa espressione dipinta in viso. «Non abbiamo niente che potrebbe andare bene», ammise.

    «L'avevo immaginato», disse subito Alfred, tirando fuori dalla valigetta una scatola per mostrarla ai due giovani, «dunque ho portato con me del latte in polvere per il giovanotto».

    «Sei grande, Alfred», replicò Jon con un sorriso a trentadue denti, tornando ad occuparsi del bambino che piangeva fra le sue braccia mentre si sedeva sul divano, e Damian quasi rise al modo in cui Jon aveva cominciato a canticchiargli qualcosa nell'attesa, notanto un sorriso anche nel sulle labbra del padre che si avvicinò a Jon senza nemmeno rendersene conto.

    Damian sollevò un angolo della bocca e li lasciò stare - non riusciva a capire chi dei due fosse stato catturato di più da quel piccoletto, dato che suo padre stava provando a dare consigli a Jon su come farlo smettere di piangere -, alzandosi attentamente dalla poltrona. «Puoi mostrarmi come si prepara quel latte, Pennyworth?»

    «Ma certamente», disse il maggiordomo con un cenno e un sorriso, e fu Damian stesso a guidarlo verso la cucina tra un passo incerto e l'altro, lanciando un'ultima occhiata a Jon e al bambino e a suo padre. Cos'era quella strana sensazione di calore che sentiva farsi spazio dentro di lui? Gli gonfiava il petto e gli faceva battere il cuore, provocando in lui una bizzarra protettività che non ricordava di aver mai sperimentato prima.

    Scosse il capo a quel pensiero, affrettandosi in cucina per eseguire con estrema attenzione ogni indicazione datagli dal maggiordomo: prendendo dal cassetto un termometro per alimenti, mise a bollire l'acqua e fu attento ad arrivare almeno a settanta gradi prima di unirla al latte in polvere che gli venne consegnato, aspettando che si raffreddasse quanto bastava per far sì che il bambino, che nel frattempo piagnucolava ancora, potesse berlo; Pennyworth gli ricordò che scaldare semplicemente l'acqua e lasciarla raffreddare non avrebbe sterilizzato la polvere, quindi avrebbe dovuto fare molta attenzione a quel passaggio per evitare contaminazioni. E Damian si annotò tutto mentalmente, venendo aiutato dal maggiordomo anche a riempire in modo corretto il biberon che aveva diligentemente portato con sé. Se non avessero avuto Pennyworth, avrebbero proprio dovuto inventarlo.

    Quando tornarono in soggiorno, la scena che si parò davanti ai loro occhi sembrò piuttosto comica e bizzarra. Con Tito che scodinzolava vicino al divano e Alfred che si leccava tranquillo sul bracciolo, Bruce si era chinato un po' e aveva cominciato a fare le boccacce al bambino, cercando di fermare il suo pianto affamato mentre Jon continuava a cullarlo. Damian e Alfred si gettarono un'occhiata stranita, poiché mai nella vita avrebbero pensato di vedere una cosa del genere, e stavolta Damian non riuscì a frenare la risata che scaturì dalla sua gola, richiamando l'attenzione; Jon accennò un sorriso imbarazzato e Bruce tossì per ricomporsi, con una vaga sfumatura rosata sulle guance mentre raddrizzava nuovamente la schiena.

    «Deduco che il latte sia pronto», replicò nel cercare di far finta di niente con la sua solita espressione disinteressata, spostandosi per permettere a Damian e ad Alfred di avvicinarsi e pensare al bambino.

    Alfred sorrise comunque e fu abbastanza gentiluomo da nascondere la risata che aleggiava sulle sue labbra, dando ai due giovani indicazioni su come far bere quel latte al bambino: disse a Jon, che per il momento sorreggeva il neonato, di mettere un braccio intorno a lui e di fare in modo che restasse in posizione semi-seduta, con la testolina più sollevata rispetto al resto del corpo, così da evitare che il latte potesse andargli in qualche modo di traverso; una volta fatto, gli accennò di inclinare il biberon e far sì che la tettarella si riempisse di latte, impedendo così che il bambino ingurgitasse aria. Consigliò ad entrambi di non forzare il neonato a bere tutto e, soprattutto, di tenerlo un po' sollevato a fine poppata per permettergli di fare il ruttino, e fu piuttosto interessante vedere l'espressione determinata e attenta che si era dipinta sul volto dei neo-genitori, e anche il sorrisetto soddisfatto sulle loro labbra quando il piccolo, dopo quel ruttino, sbadigliò e si accoccolò contro la spalla di Jon, abbassando le palpebre.

    Non ebbero però il tempo di godersi quel piccolo attimo, poiché il suono del campanello richiamò la loro attenzione; si gettarono tutti un'occhiata, ma fu Damian stesso a fare la domanda ovvia. «Chi può essere?» replicò scettico, e Jon ridacchiò un po' mentre si grattava dietro al collo.

    «Potrei... aver chiamato mio padre, D», accennò, notando Bruce guardare dall'altra parte.

    «...potrei averlo fatto anch'io».

    Massaggiandosi le tempie, Damian borbottò qualcosa tra sé e sé sotto lo sguardo divertito di Alfred, che si offrì di andare ad aprire per non far sforzare troppo il giovane padrone di casa; in meno di qualche secondo, il maggiordomo riapparve in compagnia di un trafelato Clark Kent che, a quanto sembrava, era volato fin laggiù e aveva anche avuto il tempo di cambiarsi, per quanto i suoi capelli fossero così scompigliati da fare invidia alla solita capigliatura del figlio. E nel vedere quel bambino in braccio a Jon, a nessuno sfuggì la commozione che sembrava essersi dipinta sul volto dell'uomo d'acciaio.

    «Oh, Rao», sussurrò in un tono basso, avvicinandosi senza dire un’altra parola; guardò i presenti con aria smarrita, accennando poi un sorriso prima di sfiorare i capelli del bambino. «Come si chiama?»

    Per quanto la domanda sarebbe potuta apparire normale, nell’intero salone cadde comunque un silenzio carico d'attesa. Sul biglietto, Damian non aveva trovato nessun nome e loro stessi erano stati troppo presi dall’assicurarsi che quel piccoletto stesse bene per poterne pensare uno.

    «Non... non ci abbiamo ancora pensato», ammise Jon, stringendosi un po' nelle spalle prima di sollevare lo sguardo verso Damian, il quale fece lo stesso.

    «Tranquillo, Jonno», esordì Clark nel poggiare una mano sulla spalla del figlio e sorridere rassicurante. «Tua madre, tua nonna e Conner non vedono comunque l'ora di conoscerlo».

    «Anche i ragazzi», accennò Bruce nell'ignorare l'occhiataccia che gli venne lanciata da Damian - dannazione, suo padre aveva già spifferato tutto? Per fortuna che in quella famiglia avrebbero dovuto essere bravi a mantenere i segreti -, ma Jon non poté fare a meno di ridere nell'immaginare il fermento che era corso tra Wayne e Kent alla notizia di quel bambino.

    Sollevando lo sguardo, probabilmente già arreso a ciò che sarebbe successo alla villa, Damian si limitò solo a dire ai presenti di prendere tutto ciò di cui avrebbero dovuto avere bisogno se proprio li volevano a Gotham, vedendoli indaffarati; Jon si offrì di aiutare e porse il bambino a Damian che, pur provando a ribattere che avrebbe potuto pensarci lui stesso, alla fine fu mollato in soggiorno mentre le valigie venivano preparate e anche le cose degli animali venivano sistemate in appositi zaini.

    «Portiamo queste cose al furgone», disse infine Clark mentre Alfred e Bruce cominciavano già ad avviarsi, con Alfred il gatto chiuso nel trasportino e Tito al guinzaglio. «Vi aspettiamo».

    Damian fece giusto un breve cenno col capo. Il padre di Jon si era offerto di portare il furgone in volo direttamente a Gotham, così avrebbero risparmiato tempo, e lui non se l'era sentita di replicare, soprattutto perché guidare tutta la notte con un bambino non gli era sembrata una buona idea; ma fu col bambino fra le braccia che adocchiò il compagno che stava già cominciando ad avviarsi insieme a loro.

    «Jon», lo fermò un attimo, e il giovane gli gettò un'occhiata curiosa mentre si sistemava in spalla la sacca con le loro cose; lo spronò a parlare, e Damian sollevò un po' il mento nel guardarlo. «Avrei un nome in mente. Ma voglio prima sapere che ne pensi», accennò prima di pronunciare quel nome.

    Jon non dovette nemmeno sentire i motivi per cui l'aveva scelto, dando vista ad un sorriso radioso prima di tornargli accanto e avvolgergli le spalle con un braccio, sentendo Damian poggiarsi contro di lui mentre il bambino mugugnava un po' nel sonno. Si presero un altro momento prima di guardarsi e scambiarsi un cenno, e Jon rimase al passo di Damian per uscire con lui da casa dopo essersi assicurato di aver chiuso bene tutto, girando infine le chiavi nella toppa prima di affiggere un avviso che informava che la clinica sarebbe stata chiusa per qualche giorno. Damian aveva persino mandato un messaggio a Kathy per chiederle di occuparsi delle mucche in loro assenza, promettendole che l'avrebbe chiamata per spiegarle tutto non appena si sarebbe svegliata il giorno successivo; quando salirono nel furgone, con Pennyworth e Bruce davanti, Tito sul retro e Alfred il gatto sul sedile del passeggero, si accomodarono a loro volta, Jon contro il finestrino e Damian al centro, con il bambino stretto fra le sue braccia e avvolto in una coperta.

    Il viaggio fu per lo più silenzioso. Jon, già stanco di suo per la giornata lavorativa, aveva finito per l'appisolarsi contro la spalla di Damian, russando beatamente mentre mugugnava qualcosa nel sonno, e persino Alfred aveva chiuso un po' gli occhi per riposarsi, ma senza dormire. Era quasi l'una di notte, quindi non poteva biasimare nessuno dei presenti. Avrebbe volentieri dormito anche lui, ma stringere quel piccoletto gli sembrava più importante.

    «Thomas», esordì d'un tratto Damian, richiamando l'attenzione nell'abitacolo; Bruce fu il primo a voltarsi verso di lui, sbattendo le palpebre come se non avesse ben capito.

    «Cosa?»

    «Thomas», ripeté pazientemente il giovane, abbassando lo sguardo per fissare un momento quella testolina che si era accoccolata contro il suo stomaco. «Il... il bambino. Vogliamo chiamarlo Thomas Alfred».

    Bruce parve trattenere bruscamente il fiato, esattamente come fece Alfred, il maggiordomo; si erano voltati entrambi per fissare il giovane con gli occhi spalancati, quasi non fossero sicuri di ciò che avevano appena sentito. Sui loro visi corsero una miriade di emozioni: sbattevano le palpebre, si gettavano rapide occhiate, Bruce aveva persino aperto la bocca per replicare, ma dalla sua bocca non era uscito alcun suono finché i loro volti non si riempirono di commozione. Damian non ne fu proprio sicuro ma, nella penombra dell'abitacolo, gli parve di vedere gli occhi di entrambi completamente lucidi. Alfred si era persino portato una mano alla bocca, le sopracciglia sollevate in un'espressione di completo sbigottimento, per quanto quello più stordito fosse sembrato proprio Bruce.

    Se Alfred alla fine si era lasciato andare, col cuore gonfio di gioia e congratulandosi coi i due giovani per quanto Jon stesse ancora placidamente dormendo, Bruce ci aveva messo un po' a ricarburare e a formare un pensiero coerente, forse ancora un po' scombussolato dalla decisione presa dal figlio. Non aveva mai mostrato vero e proprio interesse per quelli che erano stati i suoi nonni paterni, una volta gli aveva persino detto che per lui erano solo “Nomi e foto impolverate sulle pareti”, quindi la cosa lo aveva lasciato letteralmente senza parole.

    Il silenzio divenne così teso che, per un momento, Damian quasi si pentì di averlo detto; però, contro ogni sua aspettativa, alla fine Bruce si sporse oltre il sedile del guidatore e abbassò il viso verso la capoccia scura del bambino, sfiorandola delicatamente con le proprie labbra.

    «Benvenuto in famiglia, Thomas»
.






_Note inconcludenti dell'autrice
Allora. Allora, allora, allora.
Sebbene questa storia sia stata scritta da u bel po', vede la luce solo adesso perché io sono lenta, davvero lenta a postare le cose. Comunque. L'idea che Damian trovasse un bambino abbandonato in un campo di grano faceva tanto Superman che non ho proprio potuto evitare di scriverlo, quindi alla fine eccolo qui.
Nella loro vita, da questo momento in poi (almeno per quanto riguarda questa raccolta) farà la sua apparizione Thomas, questo tenero e piccolo bambino che ha già un'intera storia davanti (storia che verà presto delineata qui in questi lidi)
Commenti e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥



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