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Autore: crazyfred    12/11/2021    8 recensioni
Alessandro, 45 anni, direttore di una rivista di lifestyle. Maya, 30 anni, sua assistente personale. Borgataro lui, pariolina lei. Self made man lui, principessina viziata ma senza un soldo lei. Lavorano insieme da anni, ma un giorno, la vita di entrambi cambierà radicalmente ... ed inizieranno a guardarsi con occhi diversi. Sullo sfondo: Roma.
(dal Prologo) "Quando Alessandro l'aveva assunta, oltre al suo aspetto patinato, aveva notato la sua classe e il suo buon gusto, oltre ad una sensibilità ed intelligenza nascoste, ma scalpitanti e volenterose di venire fuori. Forse nemmeno Maya si rendeva conto, all'epoca, che razza di diamante grezzo fosse. Alex però, che nello scoprire talenti era un segugio infallibile, non se l'era fatta sfuggire."
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sotto il cielo di Roma'
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Capitolo 16
 


"Non capisco perché tu non abbia voluto festeggiare da mamma e Ruggero"
Mentre indagava, Lavinia scolava la pasta nella padella doveva aveva preparato la salsa. Nonostante le proteste della sorella minore, che l'accusava di essere rimasta ferma agli anni '80, le penne alla vodka erano il suo piatto preferito e le cucinava appena ne aveva occasione. E Maya, che cucinava solo per sopravvivenza, non poteva che apprezzare un volontario ai fornelli, specialmente il giorno del suo compleanno; le sue lamentele, quindi, erano più un fuoco di paglia fatto per scena che per convinzione.
"Perché dopo i 25 non si festeggia ogni singolo compleanno. Al massimo è tollerabile un brindisi con gli amici, ma la festa con la torta della mamma proprio no"
La torta della mamma che, per la cronaca, non sarebbe stata davvero della mamma perché Matilde era a malapena in grado di fare un caffè e cuocere la pasta asciutta, ma per Maya le feste in famiglia evocavano un periodo che era morto e sepolto, letteralmente. Il vestitino rosa o celeste con le maniche a palloncino e fiocco sulla schiena, ballerine mary jane lucide e tutta la famiglia al completo: suo fratello che non preferiva le sue compagnie alla famiglia e suo padre ancora vivo.
"E questa cena come la definisci?" domandò sua sorella, aggrottando le sopracciglia, perplessa costantemente dalle pippe mentali di Maya.
"Come una normalissima cena tra sorelle, visto che per i prossimi tre giorni sarai chiusa in ospedale ed è già tanto se riuscirò a sentirti su Whatsapp con dei vocali"
Lavinia prima o poi si sarebbe abituata alle dimostrazioni d'affetto sui generis della sorella, ma non era quello il giorno: starle dietro era una fatica mentale incredibile.
"Non mi rinchiudono mica" chiarì Lavinia, scherzosa "la fai sembrare così tragica!"
"Ma perché lo è … fate dei turni assurdi!"
Maya ammirava la passione di sua sorella, che per il suo lavoro disconosceva parenti e amici e, in caso di necessità, si tratteneva in ospedale oltre il suo orario di lavoro. Le ripeteva sempre che era troppo buona e si faceva mettere i piedi in testa troppo facilmente; il che era vero, ma Lavinia aveva una vera e propria vocazione.
"La torta almeno l'hai presa?"Lavinia cambiò argomento, riportando la conversazione sui 31 anni di sua sorella "Una foto con le candeline ci vuole"
"Certo che l'ho presa … semifreddo cioccolato e arancia"
Era andata a prenderlo nel bar di Piazza Euclide dove faceva sempre colazione - o forse era meglio dire brunch - la domenica mattina, per recuperare dalla sbornia. Ma questo dettaglio l'avrebbe omesso, così come avrebbe omesso il suo dileguarsi in fretta prima che qualcuno della vecchia comitiva potesse intercettarla. "Ma ho preso la candelina e basta … col cavolo che mi fai una foto con il numero …" precisò, facendo alla sorella il gesto dell'ombrello. Lavinia sorrise, impiattando.
"Potevi farla fare alla tua vicina … è bravissima con i dolci"
Anche Lavinia aveva scoperto i dolci della signora Rossi, in particolare i suoi biscotti e le crostate visciole e ricotta, e non ci aveva messo niente ad andare a suonarle al campanello, con la scusa di restituirle un piatto, per congratularsi e dirle che doveva assolutamente partecipare a Bake Off. Sì, Lavinia, la tranquilla e riservata dottoressa di casa Alberici, aveva avuto la sfacciataggine di andare da un'estranea ed entrarci immediatamente in confidenza, e trovandole persino un soprannome: La Betty. C'è davvero una prima volta per tutto…
"Va beh tirare la cinghia ma non sono così al verde da non potermi più permettere neanche una torta"
Si misero a tavola; tra il cibo e il vino - Maya aveva tanti difetti ma in quanto a vini pochi se ne intendevano come lei - arrivarono al dolce senza quasi accorgersene. La conversazione tra loro non loro non era mai stata un problema: erano talmente diverse, due poli opposti in pratica, che per raccontarsi il tempo volava; ora che Maya riusciva a confidarsi molto più liberamente, era ancora più piacevole.
C'era una cosa però che la giovane non era ancora riuscita a rivelarle: il bacio di Alex. No, non di Alex. Con Alex. C'era una bella, netta, grossa differenza.
Quell'uomo ricco e affascinante era stato oggetto di sfottò da parte di Lavinia e Olivia, ma tornata seria sua sorella non aveva fatto mancare di esprimere la sua preoccupazione quando si era accorta che Maya aveva iniziato a guardarlo e a pensarlo in maniera diversa.
Maya non sapeva dire perché non gliene avesse parlato finora. Forse temeva la sua riprovazione, un'ennesima strigliata per qualcosa che le stava già creando problemi così com'era e che stava già combattendo da sola, persino contro sé stessa. Non che non fosse in grado di controbattere o tenerle testa, ne era perfettamente capace, ma era una cosa che sentiva, almeno per il momento, di dover gestire da sola, da persona adulta qual era. Non aveva bisogno di una mamma chioccia. E poi era una situazione complicata: meno persone erano coinvolte, meglio sarebbe stato per tutti.
Per questo motivo Maya stava bene attenta a misurare ogni parola e a scacciare dalla testa il pensiero di Alex affinché non finisse per caso in qualche frase o in un lapsus.
Ma c'era una cosa che Maya non aveva calcolato: d'improvviso, mentre mangiavano la torta, suonò il citofono.
"Dimmi che non hai fatto venire qualcuno a festeggiare a mia insaputa …" pregò Maya implorante. Ma Lavinia alzò le mani.
"Io?! Al massimo avrò detto della cena alle mie coinquiline …"
Maya si alzò per andare al citofono, contrariata che qualcuno l'avesse interrotta mentre mangiava la torta e insospettita dall'orario; magari era una sorpresa di Lavinia, un regalo della madre o di suo fratello - tanto Amazon consegna fino alle 23. Oppure era semplicemente Olivia che le faceva un’improvvisata, presentandosi con spumante e pasticcini, nonostante avessero già in programma di andare in una SPA per festeggiare e recuperare la settimana bianca saltata qualche settimana prima.
"Chi è?"
"Maya Alberici?"
"Sì"
"Ho un pacco per lei"
"Scendo subito"
Prese le chiavi dietro la porta e corse al pianterreno dove il fattorino l'aspettava che con un piccolo pacchetto nero tra le mani. Dopo aver firmato sul palmare diede una sbirciata veloce al furgone prima di tornare a prendere l'ascensore, ma era un corriere qualsiasi e poteva essere qualunque cosa.
Mentre saliva, notò riflesso allo specchio dell'ascensore un logo dorato sul retro della scatola nera: Interflora. Ora almeno sapeva che erano dei fiori.
Arrivata al pianerottolo, trovò sua sorella alla porta ad aspettarla come una pettegola comare di paesello.
"Allora?"
"Sono dei fiori"
"Sarà un fiore solo … guarda quanto è piccola la scatola" fece notare Lavinia "chi te lo manda?"
Maya fece spallucce; era curiosa, ma non al punto da non poter aspettare di rientrare in casa per saperechi fosse il mittente. Sperava solo non fosse Federico Ultima Spiaggia: sarebbe stato complicato spiegare a sua sorella che aveva un trombamico. O meglio aveva avuto, visto che negli ultimi tempi gli aveva dato buca ripetutamente e alla fine lui aveva smesso di insistere. Non era mai stato tipo da certe smancerie, era proprio per quello che esistevano gli amici con benefici, per non avere implicazioni sentimentali e obblighi vari, ma non si poteva mai sapere.
Aprì la scatolina e dentro trovò, in un cubo di plexiglas, una rosa rossa. Di lato, naturalmente, un bigliettino.
"Dio che poracciata!" commentò sua sorella.
"Perché?" chiese Maya, distrattamente, mentre tirava fuori il cubo e il biglietto.
"Una rosa stabilizzata?! Me pare più una bomboniera che un regalo romantico."
Ma Maya quelle parole le filtrò completamente. Mentre leggeva il bigliettino che accompagnava la rosa dovette obbligarsi a respirare perché d'improvviso senti un vuoto d'aria, come un pugno nello stomaco che ti lascia senza fiato. Tirando fuori il cartoncino dalla piccola busta, la prima cosa che saltò al suo occhio fu la calligrafia e la firma, inconfondibili.
 
"Se vuoi bene ad una rosa che sta su una stella, di notte è bello guardare il cielo."
Buon compleanno, Alex
 
"Chi te la manda?"
"Eh?" rispose, stranita.
"Maya! Che succede? Chi ti ha mandato la rosa?"
Maya porse il biglietto a sua sorella e andò a sedersi sul divano, portando con sé la rosa. Era piombata in uno stato catatonico, rigirando tra le mani quel box come fosse un enigma da risolvere. In un certo senso lo era. Non era tanto il fiore il problema: era un gesto gentile, elegante, ma anche un po' impersonale, come aveva suggerito il commento di Lavinia. Forse era solo un modo per scusarsi per essersi dimenticato di farle gli auguri - che comunque lei non pretendeva affatto.
Era la frase nel biglietto che non riusciva a spiegarsi. Era una citazione dal Piccolo Principe, Maya lo conosceva praticamente a memoria, era il suo libro preferito da bambina, suo padre glielo aveva letto persino in francese; che lui lo sapesse, però, era escluso. Forse l'aveva presa a caso da uno di quei siti per frasi d'auguri, forse gliel'aveva suggerita la fiorista eppure non riusciva a non leggere tra le righe, a non pensare che fosse un segno del destino. La rosa era un simbolo, nel libro, di un legame speciale. Era quello che lui sentiva per lei? Ancora? Nonostante fosse stata chiara?
"Maya? Che significa?" sua sorella si era seduta accanto a lei e forse era da un po' che le stava porgendo quella domanda perché aggiunse "Mi vuoi rispondere?"
"Cosa?"
"Si può sapere che è successo con quest'uomo? E non dire niente perché me ne accorgo se menti"
Maya si lasciò ad andare ad uno sbuffo ironico, mentre poggiava la rosa sul tavolino da caffè di fronte al divano.
"Non te ne accorgi se mento, Lavi, è un dato di fatto. Ti ho nascosto una cosa nelle ultime settimane …"
"Oddio …" sua sorella trattenne il respiro, portando le mani in viso, sbalordita "ecco lo sapevo! Ti sei messa con lui ma non ha lasciato la moglie"
"No, ma che vai a pensare!" Maya scosse la testa "Ti ricordi la sera di Capodanno, quando ti ho detto che non mi sentivo bene?"
Lavinia annuì. In realtà aveva sospettato che Maya avesse solo trovato una scusa per non uscire con lei, ma pensava più ad una scusa per non farsi vedere in giro con la sorella come una sfigata - alla maniera della vecchia Maya.
"Beh per farla breve quel pomeriggio mi ha riaccompagnata a casa dopo il lavoro e mi ha baciata"
Le avrebbe risparmiato i dettagli: lo sguardo di fuoco di Claudia rientrata in casa all'improvviso che la trova con Giulia tra le braccia che dorme, la conversazione con Alex sul padre e naturalmente le loro mani intrecciate mentre si decidevano ad accorciare la distanza tra loro.
"E tu?"
"Io cosa?"
"Dai Maya non far finta di cadere dalle nuvole!" la richiamò Lavinia, seria ma agitata. "Io … io non mi sono propriamente tirata indietro"
Si vergognava da morire, specialmente perché di fronte a sé aveva sua sorella e Lavinia doveva cavarle di bocca la verità poco per volta; ma se non riusciva ad accettarla lei per prima, non c'erano speranze che riuscisse a parlarne serenamente nemmeno con sua sorella. Se ne stava con gli occhi bassi e accartocciata su sé stessa, pronta a parare il colpo della sicura strigliata di sua sorella, dei suoi te l'avevo detto sicuri come la morte.
"Beh non ci sono andata troppo lontana."
Lavinia era tranquilla, impassibile quasi; forse non era comprensiva, né entusiasta, ma non aveva affatto l'aria di essere pronta a giudicarla negativamente. Sembrava quasi essersi messa il camice bianco addosso, pronta a segnare tutti i dettagli anamnestici di una paziente.
"E ora?"
"E ora niente. Gli ho detto che stiamo bene così, da colleghi di lavoro e basta"
"E tu ci credi?"
"A questo punto non più, visto il biglietto e il regalo …"
"Non sto parlando di lui" chiarì "sto parlando di te"
"Io che c'entro?"
"Mi pare di ricordare che certe cose si fanno in due, Maya"
"Non lo so … è tutto tremendamente nuovo e complicato"
E non era la parte complicata a spaventarla di più, paradossalmente. Si era costruita un castello di bugie per sopravvivere per anni in un mondo che non le apparteneva, una relazione con un uomo separato e con due figli quanto più difficile da gestire poteva essere?
"Lui se n'è andato di casa dopo che ci siamo baciati …" le rivelò.
Aveva la sensazione che sua sorella non si fidasse appieno di Alex - come avrebbe potuto, non lo conosceva come lo conosceva lei.
"Davvero?"
Maya annuì. Con quel dettaglio, aveva chiaramente attirato l'attenzione di Lavinia. Forse non si aspettava che potesse fare sul serio fino a quel punto, non uno come Alex che le sembra più uno di quelli che, con l'altro sesso, non deve chiedere mai, che uno a cui piace fare le cose per bene. Per come glielo aveva descritto sempre Maya e per quel po' che la prima impressione gli aveva consentito di indagare, era persino stupita che fosse sposato.
"Ma non cambia nulla … ho come l'impressione di essere un ripiego in un momento di crisi e non posso rischiare una storia con uno che mi può lasciare letteralmente in mezzo ad una strada se le cose vanno male."
"Quindi non lo hai rifiutato perché non ti interessa …"
Maya avrebbe voluto controbattere, ma per la prima volta davvero si rese conto che non poteva perché era proprio come sua sorella aveva detto. Di tutte le obiezioni che aveva dato anche a sé stessa fino a quel momento, nessuna era del tipo: mi è totalmente indifferente. Del resto, quando lui l'aveva baciata, lei non lo aveva respinto e, a dirla tutta, le era pure piaciuto parecchio, altrimenti non avrebbe passato una notte a pensarci e non avrebbe iniziato a perdere la concentrazione quando lui era nei paraggi.
"È successa una cosa strana. È come se avessi sentito un … click … dentro di me" ammise.
Non sapeva come spiegare quello che provava, era una cosa mai provata prima, e quello era il paragone migliore che riusciva a provare.
"Che significa?" domandò Lavinia, confusa.
"Dopo che è successo quel che è successo … è cambiato tutto. Non è più Alessandro Bonelli, il redattore capo di Roma Glam. È Alex e basta."
Aveva paura che lui potesse ferirla e restare fregata, ma si era già fregata con le sue mani e lui c'entrava davvero in minima parte. Si aggrappava più che poteva alle sue ragioni, logiche e inoppugnabili, ma sentiva la forza venirle meno ogni volta che lui era nei paraggi.
"Oh Maya" sospirò sua sorella, abbracciandola "la mia sorellina che si strugge per amore!"
"No no no no no ferma!" la giovane frenò l'entusiasmo di sua sorella, divincolandosi "chi ha parlato di amore? Ho solo detto che non mi lascia indifferente"
Amore … che parola grossa e super impegnativa, una parola che era meglio tenere alla larga, perché aveva imparato a sue spese che tutto può cambiare in un battito di ciglia; a questo punto, immaginava, persino i sentimenti. E si rifiutava di stare male, tanto meno per un uomo.
"Eh va beh … se sono rose fioriranno, è proprio il caso di dirlo" ironizzò Lavinia, prendendo il cofanetto con la rosa tra le mani "comunque per me rimane un soprammobile da vetrinetta a casa della nonna. Poteva fare decisamente meglio"
Le sorelle risero mentre la minore le strappava il regalo dalle mani. Lei non la pensava così; quella rosa era destinata a durare a lungo, molto più di più di un bouquet ben più ricco e costoso. Era come se le dicesse che lui per lei ci sarebbe sempre stato e che l'avrebbe aspettata senza cambiare di una virgola i suoi sentimenti. O forse era solo un film mentale e sua sorella aveva ragione, era solo un brutto regalo, ma preferiva di gran lunga la sua versione a quella di Lavinia.
Andò a mettere al sicuro in camera da letto quel dono mentre sua sorella si sedeva a tavola per finire la torta. Si sedette sul bordo del letto, poggiando la rosa sul comodino e prendendo il cellulare che era in carica.
"Ora che farai?" le domandò Lavinia dalla zona giorno "non puoi mica far finta di niente?!"
"Lo ringrazierò domani, ma senza troppe smancerie …"
Considerò davvero quell'ipotesi ma ci ripensò: non poteva lasciarlo in sospeso così, sarebbe stato come dire che non gliene fregava nulla e invece gliene fregava tanto, forse anche troppo. Sia della rosa che del biglietto, che aveva appoggiato sulla piccola teca trasparente. Rilesse quella frase ancora ed ancora - come se ne avesse avuto bisogno - e se lo immaginò alla finestra, in attesa di un suo messaggio o di una chiamata. Finiscila Maya! Adesso ti stai rendendo ridicola! Non è Edward Cullen e tu non sei Bella Swan, cresci! Era tardi per entrambi per giocare agli eroi romantici e maledetti, la loro data di scadenza per essere protagonisti di un teen drama era passata da un pezzo e bisognava rimanere realistici.
Andò su Whatsapp e digitò qualche parola di ringraziamento. Troppo formale, cancellò subito.
"Maya ho fatto il caffè … vieni a finire la torta e poi mi devi ancora raccontare tutto nei dettagli!" 
Maya alzò gli occhi al cielo. Non voleva la festa a casa della madre e si era ritrovata comunque con sua sorella a farle il terzo grado, ma era il bello di avere una sorella come lei: ogni tanto bisognava sopportare anche quello che non le andava di fare per averla vicina ed essere così unite.
A quel pensiero le venne in mente il modo perfetto per ringraziare Alex, ed inviò in fretta il messaggio per tornare da sua sorella.


Alex era appena rientrato con i ragazzi nella sua nuova casa. Aveva preso in affitto a tempo indeterminato un appartamentino in un residence a Borgo Pio, vicino alla casa di famiglia. I termini della separazione prevedevano che vedesse i figli 3 giorni a settimana, e restassero con lui a dormire week end e festività alternate. Erano riusciti a trovare quest'accordo senza dover far intervenire alcun giudice dopo un lungo tira e molla, con l'impegno da parte di Alex di non spostarli troppo dal loro quartiere quando li avrebbe tenuti lui. Di conseguenza, Alex per il momento si era dovuto accontentare di quella sistemazione di ripiego, anche se estremamente lussuosa, nell'attesa di trovare una sistemazione definitiva. Di questa decisione, Edoardo non era il più fervido sostenitore. Giulia, invece, riusciva per fortuna a trasformare tutto in un gioco.
L'appartamento era moderno e abbastanza spazioso, con un piccolo terrazzo che affacciava sui tetti di una delle zone più antiche della città, ma rimaneva pur sempre un aparthotel: impersonale, neutro, con le lenzuola ruvide stirate dalla lavanderia industriale e i saponi nelle boccette monouso.
Mentre Edoardo si buttò sul divano sciattamente, lasciando il suo borsone in mezzo alla stanza e la giacca sul tavolo, Giulia corse a poggiare il suo trolley di Frozen nella cameretta con i due letti singoli che condivideva con il fratello.
"Ti piace stare con papà?" Alex domandò alla piccola, mentre sistemava i vestiti nell'armadio.
Era da due settimane che Alessandro abitava lì e i figli lo avevano già visitato diverse volte, ma il primo vero weekend che avrebbero passato insieme in quell'appartamento gli metteva ansia addosso. Alex si accertava di continuo che i figli fossero a loro agio, apprensivo per quella situazione in cui li aveva trascinati: non voleva tornare indietro, ma i suoi figli non dovevano pagare per le sue scelte.
La piccola però annuì, tutto sommato contenta "Sembra di stare in vacanza, anche se non c'è il mare e domani mattina vado all'asilo"
"La vogliamo fare una cosa veramente da vacanza?"
"Cosa?"
"Domani mattina invece di fare colazione qui andiamo nella sala dell'albergo dove fanno un grande buffet"
"E ci sono anche i cornetti con la Nutella?" domandò la bambina, sorpresa ed entusiasmata.
"Soprattutto i cornetti con la Nutella!"
Tirando fuori un gridolino così acuto più vicino agli ultrasuoni, la piccola corse a comunicare la notizia a suo fratello che era distratto dallo zapping sulla pay TV. La scacciò via malamente, ma la bambina era uno spirito così positivo che si infervorava con poco ed era difficile farla imbronciare.
"Vai a disfare anche tu il borsone, non aspettare di andare al letto che poi disturbi Giulia" lo ammonì il padre.
Sapeva di doverci andare piano, che era solo un ragazzino in piena fase di ribellione cui era caduta addosso, pesante come un macigno, la separazione dei genitori; ma Edoardo aveva anche bisogno di regole e non avrebbe usato la scusa della situazione familiare per viziarlo: detestava le gare tra genitori separati per accaparrarsi l'affetto dei figli.
"Non la disturberei se avessi una casa normale con una stanza ciascuno" polemizzò, come faceva ogni singola volta che metteva piede in quell'appartamento "ah già … è già troppo se non ci tocca un divano letto"
Quando li aveva portati a vedere l’appartamento la prima volta, Alessandro l'aveva buttata sul ridere con quella battuta, ma Edoardo evidentemente non l'aveva trovata affatto divertente.
"Cos'è una casa normale?" gli domandò, sorvolando sul commento "alla tua età vivevo in una casa normalissima eppure condividevo camera con zia Anna"
"Noi però non siamo pov-"
"AH REGAZZI'!" tuonò suo padre prima che potesse finire la frase, mettendosi davanti alla tv per avere tutta la sua attenzione.
Edoardo sbuffò, battendo il telecomando sul divano, stizzito.
"Forse nonno e nonna non avevano i soldi per un appartamento in centro extralusso o per pagarci la retta in una scuola privata, ma il rispetto e la dignità sono cose i soldi non possono comprare e loro ne avevano a vagonate, cosa che purtroppo non posso dire di te".
"Ma ti senti? Mi rimproveri sempre ma sei tu il primo a rinfacciarmi le cose che mi dai. Magari se mi avessi dato più tempo che denaro forse oggi non saremmo in questa situazione"
Sentire quelle parole fece male ad Alex, perché erano una prova schiacciante della sua colpevolezza. Fisicamente c'era, ma troppo spesso aveva messo al primo posto gli affari, la rivista, gli investitori, persino gli amici al posto dei figli. Forse con Giulia era diverso la piccolina aveva un carattere più espansivo e riusciva ad attirare l'attenzione più facilmente, ma il carattere introverso di Edoardo dava facilmente l'impressione, quando era piccolo, di stare bene così, sempre sulle sue, di non avere bisogno di nulla oltre quello che suo padre gli offriva. E poi era molto legato a sua madre, ma solo ora Alessandro si rendeva conto che quel legame era anche frutto delle sue assenze.
Un'altra cosa attirò la sua attenzione: la voce di suo figlio era cambiata, ispessita, scurita. Agli angoli della bocca stavano spuntando dei primi peli più scuri, avvisaglia dei baffi imminenti. Stava diventando un uomo e c’era mancato poco che non se ne accorgesse.
Preso un lungo respiro e, le labbra serrate e tremanti per trattenere una lacrima che forzava l'uscita e bruciava gli occhi, con calma, Alessandro si andò a sedere al suo fianco.
"È vero … hai ragione sono stato uno stronzo, ma anche i genitori sbagliano e lo sai perché? Perché nessuno ci insegna, per quanti libri possano pubblicare o gli esperti parlare e consigliare. Non ti dirò che non farò più errori perché non è vero. Non è umanamente possibile, ma voglio provarci, se me lo permetti."
"Perché non ci provi anche con mamma?"
“Edo … vedi … lo so che è difficile da accettare, ma quando due adulti ...”
“Oh ma fammi il piacere” lo troncò immediatamente “non vado più all’asilo, ho 15 anni, possiamo parlare da adulti!”
“Vuoi parlare da adulti? Benissimo … beh tra te e mamma c'è una differenza: io e lei non ci amiamo più"
"Non è vero, altrimenti non sarebbe tornata"
"Ma un matrimonio si vive in due"
Era ancora troppo fresca la ferita per il ragazzo, che aveva attivamente provato a salvare il matrimonio dei suoi, e suo padre non avrebbe girato il coltello nella piaga spiegandogli che forse era lontano dalla famiglia perché da tempo aveva smesso di farne parte, ed era per il mantenimento dello status quo che non aveva chiuso i battenti prima, perché alla fin fine conveniva un po' a tutti.
Il ragazzo non disse nulla, rimase in silenzio a rimuginare. Non era sicuro di averlo convinto, ma almeno era un inizio.
Il telefono di Alex, sulla piccola credenza alle loro spalle, vibrò. Lasciò Edoardo rimuginare ancora, scompigliandoli la chioma bionda.
 
"È una follia odiare tutte le rose perché una spina ti ha punto”
Antoine de Saint-Exupéry
Io questa, ad esempio, l'ho apprezzata tantissimo. Grazie.
 
"Maya" Alex si accorse di aver letto ad alta voce il nome del mittente.
Rimase inebetito a rileggere quel messaggio per essere sicuro di non averlo immaginato o sognato. Se non ci fossero stati Edoardo sul divano e Giulia che gli scorrazzava intorno, si sarebbe dato un pizzicotto sul braccio.
Dopo aver fatto l'ordine in un fioraio dell'Eur, per essere sicuro che nessuno di sua conoscenza lo vedesse, era rimasto lì con il pensiero per tutto il tempo, mentre aspettava i ragazzi fuori dalla porta di casa sua o a tavola nella loro pizzeria di fiducia.
Era stato un gesto istintivo, e quasi se ne era pentito, ma ci doveva provare. Quel che è certo, è che non si aspettava mica una risposta del genere. Era pronto a tutto, ad una telefonata indignata, con Maya che gli urlava qualcosa del tipo come ti sei permesso, oppure silenzio di tomba fino al giorno dopo, quando avrebbe trovato l'ufficio vuoto e una lettera di dimissioni. Aveva pensato a tutti gli scenari negativi possibili, e stava elaborando un piano per giustificarsi in ognuno di essi, ma non si era soffermato nemmeno per un momento alla possibilità che lei potesse, in effetti, aver gradito.
Non solo, aveva colto la citazione e aveva risposto con una simile. Era intelligente Maya, lo sapeva eppure si stupiva ancora, dopo tutto il tempo passato insieme. Era un segno - del destino, di Maya stessa forse - che gli dava il permesso di non arrendersi, di portare pazienza e provarci ancora, al momento giusto.
"Hai detto qualcosa?" domandò suo figlio.
"No…niente…cose di lavoro"
Era una porticina che si apriva, che lasciava intravedere uno spiraglio di luce. Non era molto ma per il momento era più che sufficiente.



 

Eccoci alla fine di un nuovo capitolo! Alcune cose iniziano a tornare al loro posto, qualche piccolo passetto avanti viene fatto, ma non è tutto oro quello che luccica, sia ben chiaro...il cuore di Maya anche se più aperto di prima alla possibilità che possa esserci qualcosa, rimane pieno di dubbi che la sua ragione le impone. In questa battaglia cuore/ragione chi l'avrà vinta? Lo scopriremo solo continuando a leggere XD
Un abbraccio e un ringraziamento a tutti i lettori, a chi è sempre presente dei commenti, a chi è un silenzioso passante (mi piacerebbe "leggere" anche una vostra opinione, la speranza è l'ultima a morire) e a chi sta scoprendo la storia ora poco alla volta (magari arriverà a questo capitolo tra un po' ma poco importa).
Alla prossima, 
Fred ^_^
   
 
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