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Autore: Stella Dark Star    13/11/2021    1 recensioni
+MULTISHIP che troverete man mano che leggete! ;)
Cambiare il passato può avere ripercussioni inaspettate sul futuro, questo Takemichi lo sa bene. Ma nemmeno lui poteva immaginare di ritrovarsi in una linea temporale in cui Chifuyu è un ragazzo intersessuale... Quel dannato 31 ottobre 2005, Baji era morto fra le braccia di Chifuyu, senza sapere che lui portava in grembo suo figlio.
Ottobre 2021. Unmei è un adolescente ribelle, Comandante di una gang, ha un pessimo carattere, è segretamente innamorato di Kazutora pur avendo una relazione di letto col migliore amico Blitz (figlio di Smiley) e ha il cuore a pezzi nel vedere sua madre Chifuyu soffrire ogni anno. Quando scopre per caso che Takemichi può viaggiare nel tempo, gli ordina di andare a salvare suo padre Baji per creare un nuovo futuro ma...con la stretta di mano si ritrova anche lui nel passato! Interagire con i suoi giovanissimi genitori, col suo amore Kazutora, con zio Taka, con Draken e perfino con un Mikey indemoniato sarà un'esperienza decisamente fuori dalle righe, dove non mancheranno drammi, delusioni ma anche momenti bizzarri e felici (e triangoli amorosi di varia natura)!
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Chifuyu Matsuno, Kazutora Hanemiya, Keisuke Baji, Nuovo personaggio, Takemichi Hanagaki
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Seconda Fase:
[Only you know]
 
Il ‘subito’ di Unmei divenne un ‘tra qualche ora’ per volere di Takemichi. Dopo aver cercato di spiegargli più chiaramente possibile come funzionavano quei viaggi nel tempo, aveva anche sottolineato che mentre il suo spirito e la sua mente sarebbero stati altrove, il suo corpo sarebbe rimasto lì, per cui era necessario preparare una postazione con tutto l’occorrente. Inoltre aveva fermamente sostenuto che, al contrario di altri viaggi, questa volta il suo intervento non avrebbe mutato il proprio futuro con Hinata e la loro attuale vita, perciò era indispensabile chiedere anche l’aiuto di suo cognato Naoto affinché gli coprisse le spalle e gli procurasse un valido motivo per giustificare la lunga assenza dal lavoro. Naoto era un Detective, chi meglio di lui poteva farlo? Tutto sensato, sì, peccato che per Unmei si trattava solo di seccature.
“Essere adulti fa schifo…” Borbottò, mentre richiudeva il cancelletto di casa Hanagaki. Salì in moto, più infastidito che mai, e andò dritto a casa di Blitz con l’intenzione di sfogarsi per bene.
Visto che il pomeriggio precedente erano stati interrotti dalla telefonata di Chifuyu e per lui era stato impossibile riprendere… Magari adesso… Blitz se la cavava bene con la bocca e di solito ci metteva poco a farglielo diventare duro… Doveva solo concentrarsi… La sua lingua la sentiva bene… La sua bocca era calda e stretta… Di sicuro tra poco… Ma chi voleva prendere in giro?
“Porca di quella puttana.” Sibilò tra i denti, stringendo i pugni con rabbia.
Ovviamente Blitz si fermò, per un lungo e imbarazzante momento si ritrovarono entrambi con lo sguardo puntato su quel coso che non voleva saperne di collaborare.
Unmei si lasciò ricadere all’indietro sul materasso, sospirando. “Ok, diventerò impotente…”
“Ma no! E’ che sei troppo stressato!” Lo rassicurò Blitz, mentre si premurava di risistemargli tutto dentro i pantaloni. “Magari c’è un modo semplice per farti stare meglio!”
“Tipo?”
Blitz balzò in piedi agilmente e, aprendo le braccia, sfoggiò uno dei suoi sorrisi in grado di illuminare il mondo anche nella più cupa giornata di pioggia. “Fammi diventare ufficialmente il tuo ragazzo!”
Silenzio totale…
“Bene, addio.” Sentenziò Unmei, per poi alzarsi dal letto e avviarsi verso la porta.
Subito Blitz si precipitò a fermarlo, aggrappandosi al suo braccio a mo’ di scimmietta col ramo. “Eddai, scherzavo! Cioè, mi piacerebbe diventare il tuo ragazzo, ma va bene anche se restiamo amici! E… Come amico… Vorrei vederti felice, Unmei.” Ora il suo tono di voce si era fatto serio. “Credo sia arrivato il momento che tu ti dichiari a-”
Unmei gli troncò la frase. “Sei un vero rompipalle!” Quindi accennò un sorriso. “Ma sei anche un ottimo amico e Vicecomandante!”
Blitz rispose con un timido sorriso e fece un cenno col capo. E lo lasciò andare.
Uscito anche da quella casa e risalito in moto, Unmei si ritrovò di nuovo solo coi propri pensieri. Quella di dichiararsi era un’opzione che non aveva mai preso davvero in considerazione, vista la sua delicata situazione famigliare. Però adesso…
Si fermò ad un semaforo rosso, l’incrocio era piuttosto affollato essendo sabato mattina, ma almeno non c’era traccia degli sbirri che sicuramente lo avrebbero fermato perché era senza casco.
Takemichi gli aveva ripetuto più volte di pensare seriamente al fatto che, nel peggiore dei casi, cambiando il passato lui avrebbe potuto non nascere. E se fosse andata così…
Il semaforo diventò verde e lui ripartì senza meta.
Se non fosse mai nato, sua madre sarebbe stata meglio, di questo ne era sicuro. Non partorire un bambino a quattordici anni avrebbe fatto la differenza, no? Che al suo fianco ci fosse stato Baji o no, le difficoltà da superare sarebbero state comunque minori. Era una nobile causa per cui sacrificarsi… Lasciando da parte Chifuyu…cosa poteva dire se stesso? Fin dalla nascita era stato protetto e amato, soprattutto aveva numerosi ricordi con le due nonne che vivevano entrambe nella stessa palazzina. Quelle due erano amiche inseparabili, ma quando si trattava di lui ecco che si percepiva un pizzico di rivalità su quale delle due lo viziasse di più.
Sorrise di questo pensiero, mentre la moto eseguiva elegantemente una curva, la quale costeggiava un grande albero sempreverde.
Da piccolo forse era stato affettuoso e…perché no, un po’ dolce. Gli piacevano gli animali ed era stato felicissimo quando aveva messo piede nel negozio di sua madre il giorno dell’inaugurazione. Però non tanto come quando era entrato per la prima volta al D&D Motors gestito da Draken e Inupi! Era appena un mocciosetto di seconda elementare, ma quel giorno aveva scoperto la passione per i motori. Quanto tempo era passato… Per il resto non aveva nulla da dire. Non era mai stato brillante negli sport o nello studio. Gli piaceva menare le mani, questo sì, un vero talento naturale avendo entrambi i genitori con un passato da teppisti. Ma quella passione aveva dovuto tenerla sempre nascosta, ad ogni minimo graffio sul viso sua madre si allarmava e così aveva imparato a misurare l’entusiasmo e a fare a botte per lo più con persone su cui sapeva di avere la meglio. Aveva messo su una gang per puro capriccio, per assaporare il gusto del proibito. Non aveva ambizioni e col brutto carattere che si ritrovava non avrebbe mai fatto nulla nella vita. Eccetto finire dietro il bancone del negozio di famiglia, ovviamente.
Con la moto s’imbucò fra viette strette e poco frequentate, un sapore amaro in bocca.
Non nascere poteva essere una benedizione. Altro che rischio. Forse l’unica cosa per cui valeva davvero la pena vivere era…
Frenò di colpo, sgommando sull’asfalto.
C’era solo una cosa che lo teneva ancorato al mondo e alla vita…
Diede gas e ripartì di gran lena, ignorando un signore di mezza età che era uscito in giardino e che ora gli stava gridando qualcosa, sicuramente riguardo il gran casino causato dalla moto. Se davvero correva il rischio di sparire, di essere cancellato, di non esistere, allora c’era una cosa che doveva assolutamente fare.
*
 
Kazutora, nei suoi semplici abiti da lavoro, avvolto dal grembiule e coi capelli legati in una coda di cavallo ad eccezione di due delle ciocche bionde ai lati del viso, era intento a svuotare uno scatolone e riporre la merce sullo scaffale apposito. Si trattava di buste contenenti cibo per gatti, di una decina di gusti diversi. Quelle bestiole erano proprio trattate da re! Bah, aveva imparato a non fare domande e a non tentare di capire. Era lì solo per lavorare e per tentare di ripagare quel debito morale che aveva nei confronti di Chifuyu, per averlo accolto dopo la prigione, avergli dato una casa, una famiglia e un lavoro. In poche parole, gli doveva tutto. L’unica cosa di cui non avrebbe mai potuto ripagarlo era la vita di Baji… Dopo tutti quegli anni ancora non riusciva a perdonare se stesso e si chiedeva se nel profondo Chifuyu lo avesse davvero perdonato per avergli sottratto il ragazzo che amava e che sarebbe stato il suo compagno di vita, oltre che padre di suo figlio. Scosse il capo, quasi commiserandosi. Ogni anno, con l’avvicinarsi del 31 ottobre, i suoi pensieri diventavano lugubri. Forse aveva bisogno di una pausa… Abbandonò lì a terra lo scatolone ancora mezzo pieno e attraversò la corsia. Chifuyu era alla cassa e stava facendo il conto della spesa di una cliente. Una delle tante che andava lì principalmente per vedere lui, deliziarsi del suo bel viso e dei suoi modi galanti e lasciarsi corteggiare pur sapendo che era solo artefatta per vendere. Passando, intercettò il momento in cui lui gli rivolse uno sguardo, allora portandosi due dita alle labbra mimò l’atto di fumare e lui gli fece un cenno affermativo col capo. Bene. Lasciò il locale principale e dopo aver richiuso la porta attraversò anche il magazzino. In quel momento il telefono vibrò nella tasca dei pantaloni. Lo prese e diede un’occhiata rapida allo schermo, prima di rispondere.
“Pronto?”
Kazutora… Hai un momento libero?
“Stavo giusto uscendo a fumare una sigaretta. Hai bisogno?”
…io…sono qui fuori…
Chiuse la chiamata e, dopo aver messo via il telefono, aprì la porta che dava sul retro. Appena affacciato, vide Unmei nel vialetto, a cavallo della moto spenta.
“Ehilà… Non mi sembra di averti sentito arrivare…”
“Ho fatto l’ultimo tratto a piedi per non farmi sentire…”
“Meglio così. Chifuyu si è già lamentato perché neanche oggi ti sei offerto di aiutare in negozio.” Recuperò il pacchetto dall’altra tasca dei pantaloni e si accese una sigaretta. Prese una buona boccata di fumo e poi la buttò fuori creando una voluminosa nuvola bianca. “Perché mi volevi?”
Unmei era incerto sul da farsi. Era andato lì d’impulso ma… Scese dalla moto e fece scattare il cavalletto. Nell’avvicinarsi a lui, tenne lo sguardo basso di proposito e continuò anche quando iniziò a parlargli. “Avevo bisogno di vederti… Io…” Trattenne il respiro, non sapeva da che parte cominciare, accidenti. “Io… Senti, se dovesse accadermi qualcosa…”
“Aspetta un secondo, che intendi dire con ‘qualcosa’?” Quel comportamento era strano e…ora che ci faceva caso, Unmei aveva addosso la giacca della gang. “Sei nei guai?”
Unmei sollevò lo sguardo. “Che?”
“Hai bisogno di aiuto? Se è così, devi dirmelo. Posso aiutarti,  me la cavo bene quanto te a fare a botte. Anzi, forse meglio. Comunque, di qualunque cosa si tratti, non posso farti tornare a casa ricoperto di lividi dalla testa ai piedi, lo sai.”
Unmei ci mise un po’ a connettere. Giusto, si era presentato con addosso la giacca e lui aveva pensato che si trattasse di qualcosa che aveva a che fare con la gang. “Sei più preoccupato che io possa farmi male o che mia madre ne soffra?” Gli era uscita peggio di quanto volesse.
Kazutora sbuffò fuori un’altra boccata di fumo e parlò agitando la mano con cui reggeva la sigaretta. “Non è il momento per queste domande trabocchetto, dimmi in che casino ti sei messo.”
“Ahahahah! Scusa!” Una risata amara. Si scostò una ciocca di capelli che gli era ricaduta sulla fronte. “Non è niente! Davvero… La gang non c’entra. Sono qui per un altro motivo.” Si volse dandogli di spalle, in un modo o nell’atro doveva dirglielo.
Kazutora incalzò. “Unmei, parla. Ti stai comportando in un modo troppo strano. Che ti prende?” Fece un passo verso di lui e, afferrandolo per una spalla, lo obbligò a girarsi e a guardarlo. Aveva un’ombra negli occhi che non riusciva ad interpretare.
Messo alle strette, Unmei lasciò perdere le parole e passò ai fatti. Gli avvolse il girovita col braccio e lo attirò a sé per baciarlo. Così tante volte aveva immaginato quel momento… E in nessuna fantasia era accaduto in un modo tanto banale! Vero che alcune erano fin troppo incredibili e difficilmente avrebbero potuto realizzarsi…come quella di baciarlo dopo essere rimasti chiusi in cima alla Tokyo Tower…figurarsi… Ma almeno alla fine lo aveva fatto, lo aveva baciato davvero. Al diavolo il momento e il luogo. Le labbra di Kazutora erano leggermente secche e fredde e avevano il sapore della nicotina. Finalmente lo sapeva… Con questo ultimo pensiero separò le labbra dalle sue e lo guardò. Lui aveva giustamente gli occhi sbarrati e quasi si poteva intravedere un punto di domanda nelle pupille! Quasi…
Ci mise un po’ a ritrovare l’uso della parola. “Cosa significa?”
Unmei fece spallucce. “Niente. Solo che ti amo. Dal primo momento in cui ti ho visto.”
Il punto di domanda si accentuò. “Sei impazzito?”
Unmei ridacchiò. “Se preferisci! Volevo solo che lo sapessi, nel caso io…” S’interruppe. Non poteva certo dirgli cosa stava per fare e le conseguenze che questo ne avrebbe riportato.
“Nel caso cosa?” Kazutora cominciava ad alterarsi, gettò la sigaretta a terra e la calpestò. Tanto in quel vicoletto non passava mai nessuno, nemmeno la polizia. Il che significava niente rischio di multa per inquinamento dell’aria e dell’ambiente. “Cazzo, Unmei, se non ti decidi a parlare ti tiro un pugno e ti trascino da tua madre.” La suoneria del telefono di Unmei si fece sentire chiassosa. Forse era il caso che imparasse ad usare la vibrazione. Fece per rifiutare la chiamata, ma Kazutora gli sottrasse il telefono con gesto rapido. “Perché Takemichi ti sta chiamando?”
“Dobbiamo vederci. Per…una cosa.” La voce gli tremò nel dirlo, la tensione lo stava divorando. Si riprese il telefono e rispose. “Sì, Takemichi… Sì. Mh. Sono con Kazutora adesso. No, arrivo subito. Sì, a tra poco.” Poche parole che non trapelavano alcun indizio.
Kazutora si portò una mano alla fronte, sospirando. “Stupido moccioso, mi hai fatto prendere un colpo. Non potevi dire subito che devi solo vedere Takemichi?”
“Be’… Vado. Non dire a mia madre che sono venuto qui.” Girò sui tacchi e recuperò la moto, tenendola per i manubri si avviò per portarla un po’ più distante dal negozio. Era sul punto di svoltare e uscire dalla stradina, quando la voce di Kazutora lo richiamò. “Il bacio e la dichiarazione…era tutto uno scherzo, giusto?”
Unmei volse il capo e accennò un sorriso. “Ovviamente no.” Svoltò, pregando che lui non lo rincorresse per chiedere spiegazioni.
*
 
Finalmente era tutto pronto. Una volta tornato a casa dei coniugi Hanagaki, Unmei aveva intravisto Hinata con la coda dell’occhio e questo gli era bastato per percepire una certa freddezza da parte sua. Niente di cui sorprendersi, era stato lui a costringere suo marito a fare quella cosa rischiosa. E Takemichi non tardò a dargliene conferma.
“Sia lei che Naoto hanno provato a persuadermi a non farlo. Soprattutto perché, anche nel caso la stretta di mano con te funzionasse, quando sarò nel passato come farò a tornare indietro?”
“Domanda più che legittima. Quindi cosa hai intenzione di fare?”
Takemichi lo guardò storto. “Non ho intenzione di tirarmi indietro, se è questo che stai pensando.”
“Ora leggi anche nel pensiero?” Tono strafottente al massimo e nessun rimorso. Quando ci si metteva, Unmei sapeva farsi odiare alla grande!
“Comunque, tornando al discorso di prima, credo che non sarà necessario un diretto contatto con te. Voglio dire…sarai nel ventre di Chifuyu, quindi basterà stringere la sua mano. Suppongo... Oppure alla peggio aspetterò che tu nasca…”
“Sì, come ti pare. Allora, iniziamo?” Tagliò corto lui.
“Hai sempre avuto un brutto carattere… Uff, lasciamo perdere…”
Prese un lungo respiro e cercò di farlo uscire assieme alla tensione che provava. A conti fatti l’ultima volta che era tornato indietro nel tempo era stato circa tre anni fa, ma quella era una cosa a cui evidentemente non era in grado di abituarsi.
Unmei fece un passo verso di lui e gli porse la mano. “Fammi vedere di che pasta sei fatto, vecchio!”
Takemichi, suo malgrado, ridacchiò. “Non sappiamo nemmeno se funzionerà! Sarebbe pazzesco aver fatto tutti questi preparativi per poi ritrovarci qui come due idioti a stringerci la mano per niente!”
“In quel caso mi incazzerei a morte e sarai tu stesso a pregare di finire nel passato per evitare che io ti uccida.” Lo afferrò per la maglia e si sporse su di lui, così vicino da fargli sentire il proprio respiro contro il viso, e con uno sguardo tanto minaccioso da farlo rabbrividire. “Non hai idea di quello che ho appena fatto per colpa delle tue raccomandazioni del cazzo.”
Una cosa che per Takemichi non era mai cambiata, era il desiderio di filarsela a gambe levate al primo ostacolo e diventare blu dalla paura. Forse fu questo a distrarlo. Senza rendersene conto, afferrò quella mano invadente per togliersela di dosso e…il suo mondo divenne improvvisamente nero. Percepì quella specie di scossa elettrica che lo aveva travolto ad ogni viaggio e, prima ancora che potesse battere ciglio, i colori tornarono. Anzi…UN colore. L’azzurro di un cielo privo di nuvole in una tipica giornata di sole. Confuso, sbatté le palpebre un paio di volte. Dove era finito? Tanto per cominciare era sdraiato su un suolo erboso, cosa strana ma non sgradita, sicuramente meglio di quella volta che si era ritrovato nel bel mezzo di una scazzottata! Sentire la morbidezza dell’erba lo rassicurò un poco. Si portò una mano ai capelli, erano carichi di gel e tirati su esattamente come quando era un ragazzino. Buon segno. “Allora ce l’ho fatta…”
Si mise seduto. A prima vista riconobbe il luogo in cui si trovava. Era il parco di Shibuya in cui Chifuyu gli aveva confessato di essere intersessuale e di essere incinto. Ancora ricordava il suo volto pallido, la voce tremante mentre glielo confessava, una mano premuta contro il ventre, gli occhi rossi e gonfi dai tanti pianti per aver perso il ragazzo che amava…
Scosse il capo. “Devo portare a termine la missione.” Facendo pressione con la mano piantata nell’erba, si rimise in piedi con cautela, giusto per evitare un capogiro e…quando allungò lo sguardo…
“EEEH??? TU CHE CI FAI QUI’?”
*
 
Ottobre 2005.
Se gli occhi gli avessero giocato un brutto scherzo, sarebbe stato meglio. Invece no, per quanto continuasse a fissare la figura davanti a lui, non c’era modo che potesse sbagliarsi. Quei capelli neri e lunghi, quegli occhi sottili azzurro verde, quella lunga giacca grigia…
“UNMEI???”
Era lì, con lui, in quel parco. Nel passato.
“MA CHE COS-?”
E a conferma che era tutto vero, ci pensò proprio Unmei a riprenderlo con tono rabbioso. “Piantala di strillare come una zitella mestruata!” Fece un passo per avvicinarsi e, vista la differenza di altezza, torreggiò su di lui. “Dovrei essere io quello sorpreso, non tu! Che ci faccio qui nel passato? Non mi avevi detto che le cose sarebbero andate così! Rispondi, cazzo!”
Facile a dirsi! Takemichi lo guardava col naso in su ed era così sconvolto che non riusciva più a spiccicare parola. Al contrario di lui, tralasciando la sfuriata, Unmei era molto più calmo e in grado di ragionare. O forse ancora non si rendeva conto della situazione… Infatti prese lo smartphone dalla tasca della giacca e disse con noncuranza: “Chiamo mia madre. Dobbiamo incontrarlo e decidere un piano per salvare mio padre.”
Così, di punto in bianco, senza farsi problemi. Ma scherziamo???
Takemichi ebbe una fulminea ripresa che gli permise di sottrargli il telefono dalla mano, prima che commettesse un errore madornale.
“Non puoi chiamarlo! Sei pazzo? Non ti conosce, non sa nemmeno di essere incinto! Non puoi sputargli addosso la storia che sei suo figlio e che vieni dal futuro!”
“Non… Non avevo intenzione di farlo…” Si difese Unmei, seppur in modo poco convinto.
“E allora come pensavi di iniziare la conversazione? Eh?”
Colpito e affondato! E zittito per bene.
Ora che Takemichi aveva ristabilito l’ordine, cercò di prendere in mano la situazione. Gli restituì lo smartphone e poi recuperò dalla propria tasca il suo caro vecchio telefono a conchiglia a cui si affezionava nuovamente ad ogni viaggio. Si mise a cercare nella rubrica. E lì arrivò il primo problema. “Che strano… Non trovo il numero di Chifuyu…”
“Posso dartelo io, cosa cambia?”
Le sopracciglia di Takemichi si aggrottarono un po’. “Non è questo… Mi ha dato il suo numero il giorno stesso in cui ci siamo conosciut-” Il dito si fermò di colpo, tempo un paio di secondi ed ecco che cambiò tasto.
Unmei, a braccia incrociate per mascherare il senso di vergogna per l’errore che stava commettendo prima, si sporse leggermente verso il telefono e provò a sbirciare. “Che c’è?”
La mano di Takemichi tremava. “E’…è successa una cosa strana… Ma ho anche una notizia peggiore…” Sollevò lo sguardo su di lui, aveva gli occhi spalancati e tremanti e una goccia sulla fronte aveva tutta l’intenzione di colare giù. “Dimmi, Unmei…quando ci siamo stretti la mano esattamente?”
“Mmh… 2021, ottobre, 23, sabato, ore 11:30, ma non sono sicuro dei minuti…”
“Eh eh… Oggi è il 23 ottobre. Del 2005. E’ domenica. Ma sono le 16:49.”
“Tutto qua? Ma chi se ne frega! E’ pomeriggio invece che mattina!”
“Sì, non è questo il punto… Non ti ho ancora detto la cosa peggiore…”
Unmei prese respiro, costringendosi a restare calmo. “Sentiamo.”
“Come ricorderai, io e Chifuyu ci siamo conosciuti il giorno dopo che tuo padre è entrato nella Valhalla… Quel pomeriggio, dopo la scuola, in quel piccolo parco per bambini…”
“Quindi???”
“Era il 25 ottobre. Quindi tecnicamente non ci siamo ancora parlati. Per questo non ho il suo numero.”
I denti di Unmei digrignarono in modo sinistro e una vena si gonfiò visibilmente sulla sua fronte. “Razza di…” Gli gridò in piena faccia. “SFIGATO DI MERDA!”
Inutile dire che Takemichi finì col cadere sedere a terra per lo spavento!
“Basta, mi hai rotto. Adesso lo chiamo io e la facciamo finita.” Di nuovo si mise ad armeggiare col telefono, ma quando fece per avviare la chiamata… “Merda…”
“C-cosa c’è adesso?”
Unmei sospirò pesantemente, al limite della pazienza. “Siamo nel 2005. La mia scheda non è attiva, quindi il mio telefono è inutile.”
Cri cri cri cri cri….
“Pfff… Pwahahahahahahahaha!!!!!” Takemichi scoppiò a ridere a crepapelle, come un idiota. “Chi è adesso lo sfigato?”
Il pugno di Unmei era stretto al fianco e fremeva per la voglia di colpire quel deficiente che lo derideva, ma adesso non c’era tempo per le cazzate, doveva darsi una mossa. Gli voltò le spalle e s’incamminò da solo.
“E-ehi, dove stai andando?” La risata scemò immediatamente e Takemichi balzò in piedi in modo impacciato per inseguirlo.
“Vado a casa di mia nonna, lì dovrei trovarlo. Ci abbiamo vissuto fino al compimento dei miei sei anni, prima che io e lui ci trasferissimo nella casa nuova.”
“Va bene, ma… Cosa gli dirai quando lo avrai davanti? Forse non capisci la gravità della situazione.” Faticava a stargli dietro, quel ragazzo aveva una camminata troppo veloce per lui.
“Senti, non ne ho idea. Per ora voglio solo incontrarlo. Poi qualcosa farò. Hai detto che domani mio padre entrerà nella Valhalla, quindi oggi dovrebbe lasciare la Toman, giusto?”
Takemichi raggruppò i pensieri, prima di confermare. “Sì, esatto. Lo farà oggi. Mikey presenterà Kisaki come nuovo Capitano della 3a divisione, io gli tirerò un pugno sulla scia del momento e poi arriverà Baji a pestarmi e a dichiarare che se ne và.” Appena il tempo di finire la frase che… “Ugh… Rischiavo di dimenticarmene…”
“Cosa?”
“Io sono stato invitato da Mikey e Draken ai bagni pubblici, prima del raduno.” In mano aveva ancora il telefono, quindi fece presto a sbirciare lo schermo. “Devo andare o farò tardi e di sicuro s’incazzeranno!”
Unmei si fermò e gli assestò una pacca sulla spalla che quasi gli fece perdere l’equilibrio. “Allora vai. Io vedo se riesco a trovare mia madre a casa. Altrimenti… Magari più tardi andrò anche io al Santuario di Musashi e vada come vada.”
Si scambiarono uno sguardo d’intesa, soprattutto Takemichi che adesso aveva riacquistato la giusta serietà. “Mi raccomando, non fare pazzie. In gioco non c’è solo la vita di Baji…ma anche la tua.”
Unmei fece un cenno col capo. “Lo so. Farò attenzione.”
*
 
Un’altra porzione di deliziosa Peyong yakisoba finita nel cesso… Letteralmente. Con una mano davanti alla bocca, in attesa che la nausea si placasse, Chifuyu osservava quello che fino a poco fa era stato il suo spuntino pomeridiano, chiedendosi per quale motivo il suo stomaco aveva deciso di non accettarlo. Di nuovo. Quante volte era capitato? Da alcune settimane non stava bene, se poteva evitava la colazione e anche quando aveva fame si ritrovava spesso in quella stessa identica situazione. In ginocchio davanti alla tazza e con lo stomaco sfarfallante. Allungò l’altra mano per tirare lo sciacquone, lo sguardo fisso su quel vortice  d’acqua che si portava via il suo pasto. Che rabbia… Ora che la nausea era passata, al suo posto era subentrata una forte irritazione. Si alzò in piedi e andò al lavandino per lavarsi bene i denti. Lo spazzolino che sfregava energicamente contro la dentatura bianca produceva un rumore quasi fastidioso, per i suoi timpani. Sputò con rabbia e si sciacquò la bocca. Il contatto dell’acqua fredda col sapore di menta del dentifricio gli diede un senso di freschezza. Posò lo spazzolino e lasciò un sospiro, il suo sguardo incontrò il proprio riflesso allo specchio. Non stava bene per niente… Ma c’erano troppi problemi da risolvere in quel periodo, per pensare alla salute.
Quando tornò in camera sua, trovò Baji ancora seduto a terra e con la schiena poggiata alla struttura del letto.
“Ehi, tutto bene?” Lo sguardo di Baji, quello sguardo da predatore che di solito spaventava alla prima occhiata, ora traspariva una sincera preoccupazione.
Chifuyu si accomodò al chabudai, a gambe incrociate. “Sì.” Una risposta secca.
“A me non sembra… Spero non sia colpa della Peyong… Cazzo, se hanno aggiunto un ingrediente che ti fa stare male io li…” Baji si morse un labbro con disapprovazione.
“No… E’ un problema mio, credo.”
“Non è il caso di andare dal dottore?”
Chifuyu gli lanciò uno sguardo tagliente. “Mi succede da quando hai cominciato a creare casini nella gang. Che coincidenza!”
“Cosa vorresti dire?”
“Voglio capire cosa ti sta passando per la testa!” Gridò Chifuyu, sbattendo i pugni sul ripiano del tavolino. “Sembra che tu stia facendo di tutto per farti cacciare! Per quale motivo?”
“Chifuyu…”
“Dimmelo, per favore!”
Baji allora si sollevò su un ginocchio e si sporse verso di lui, quindi gli rispose stizzito. “Non è una cosa che io, Capitano della 1a divisione, debba spiegare al mio Vice.”
Chifuyu sgranò gli occhi, aveva commesso una gaffe. Cosa gli era preso per parlare in quel modo proprio  a lui che gli era superiore di rango? Ultimamente faticava a separare la vita privata dalle faccende della gang… Chinò il capo. “Scusa. Non volevo mancarti di rispetto. Starò al mio posto.” Diede una rapida scorsa alla sveglia. “Devo prepararmi. Mi presenterò in anticipo per radunare la nostra squadra prima dell’arrivo di Mikey e Draken.” Si alzò in piedi e andò all’armadio a recuperare il tokkofuku, la divisa nera come la notte e con ricamati in giallo il nome della gang e il suo ruolo all’interno di essa.
L’atmosfera era pesante e Baji sapeva di esserne responsabile. Chifuyu aveva capito che stava tramando qualcosa… Doveva dirglielo? Allungò lo sguardo su di lui, mentre si toglieva i vestiti da casa e li riponeva con cura su una sedia lì vicino. Dirglielo…e metterlo in mezzo al casino che stava per scatenare? No, quella era una cosa che doveva sistemare da solo e basta. E se per tenerlo fuori avesse dovuto ricorrere a mezzi più severi, allora… Certo che in quei giorni il suo incarnato era più pallido del solito…
Chifuyu si stava giusto accomodando i pantaloni, quando percepì il lieve solletico causato dalle ciocche di capelli contro la spalla nuda. Poi un paio di braccia forti lo avvolsero di schiena e una voce calda gli sussurrò all’orecchio: “Chi è il mio ragazzo?”
“Io…”
“E la mia ragazza?”
“Sempre io…”
Baji gli stampò un bacio sul collo, stringendolo a sé in quel tenero abbraccio, quindi poggiò il mento sulla sua spalla e riprese a parlare. “Tu sei doppiamente importante per me. Questo lo sai.”
Chifuyu sollevò una mano e cominciò a giocherellare coi lunghi capelli neri di lui. “Lo so… Ma vorrei che mi coinvolgessi di più in ciò che fai. Come tuo ragazzo, come tua ragazza e…come tuo Vicecapitano.”
Baji era sul punto di vuotare il sacco, una parte di sé lo voleva davvero, però c’era una parte ben più oscura e prepotente che gli imponeva il silenzio. Confessare tutto era troppo rischioso, una sola svista poteva mandare a monte il piano che aveva elaborato e questo non poteva permetterlo. Per questo, quando dischiuse le labbra, invece di rispondergli, si limitò a bisbigliare un semplice e fuorviante: “Ti amo, Chifuyu…”
Capendo che non sarebbe riuscito ad ottenere nulla, per il momento, Chifuyu sorrise per quel goffo tentativo di depistarlo. “Ti amo anch’io, Baji-san!”
Terminò di prepararsi e insieme uscirono dall’appartamento in cui Chifuyu viveva con la madre. Affacciati alle scale, Chifuyu gli chiese: “Ci vediamo quando torno?”
“Sì.”
In teoria Baji avrebbe dovuto prendere la rampa opposta e salire fino al quinto piano dove era il suo appartamento, invece rimase al fianco di Chifuyu e lo precedette nella discesa.
“Dove stai andando? Non puoi venire all’incontro! Mikey ti ha sospeso!” Lo fermò lui.
Baji si fermò su un gradino, le mani in tasca, si voltò con aria disinvolta. “Non vengo con te. Voglio andare alla farmacia qua vicino a prenderti qualcosa per la nausea. Spero che stasera passerai da me a prenderla.”
“Q-qualcosa per la…?” Chifuyu lo stava guardando con tanto d’occhi. Non era così raro che Baji si mostrasse premuroso, però dopo aver litigato non se lo aspettava! Scese trottando i gradini che li separavano. “Va bene!”
I loro sguardi complici si unirono e parvero brillare alla luce del tramonto.
*
 
Sussurr…Sussurr… Mi chiamo Unmei… Sono…sono un amico di Takemichi e…” Mentre camminava, continuava a stringere il pugno e poi a distendere la dita, come se in mano avesse avuto uno di quei pupazzetti antistress che andavano tanto di moda in quegli anni. Peccato che quel gesto non stava avendo l’effetto desiderato, anzi, più si avvicinava alla palazzina grigia dove viveva Chifuyu, più sentiva la tensione contrargli lo stomaco. L’edificio era sempre più vicino e lui continuava a sussurrare le frasi che aveva preparato per quando Chifuyu avesse aperto la porta. “Mi…mi chiamo Unmei… Sono amico di…Takemichi… Hai presente, no? Quello che è entrato nelle simpatie di Mikey e Draken…e…spesso si vedono in giro insieme…”
Giunto all’ingresso, proprio di fronte alla prima rampa di scale, si fermò di colpo. “Coraggio, non sarà così difficile! Adesso mia madre è un ragazzino di tredici anni!” Si appoggiò al corrimano e pian piano iniziò a salire le scale, il passo che gli diventava sempre più pesante gradino dopo gradino, nemmeno stesse scalando il monte Fuji! Quando giunse al secondo piano e si ritrovò di fronte alla grande porta di legno chiaro, il cuore gli mancò un battito. Con una certa agitazione prese a sistemarsi i capelli, sfiorò la piccola pietra onice che gli pendeva dal lobo e si sistemò bene la giacca. Voleva fare una bella impressione. Era una cosa stupida?
“Fuuuh…basta perdere tempo, fallo!” Disse a se stesso, quindi sollevò la mano e andò a premere il polpastrello dell’indice sul bottone del campanello.
5 secondi: nulla. 10 secondi: nulla. 30 secondi: nulla. 60 secondi: nulla. 80 secondi… Unmei crollò giù sulle sue stesse ginocchia e con la testa fra le mani come se fosse sfinito!
“Grazie agli dei non è in casa! Non sono ancora pronto ad affrontarlo!” In effetti era meglio così, almeno aveva il tempo di pensare meglio a cosa dirgli ed elaborare una storia convincente che non includesse i viaggi nel tempo! Per prima cosa, sentendosi un coglione a starsene in quella posizione, si affrettò a rimettersi in piedi. “Bene, proverò ad aspettare un po’ e, se non arriva, andrò al Santuario a cercare Takemichi.”
Nel frattempo, dabbasso giunse Baji. In mano la sportina con il logo della farmacia. Salì i gradini a testa bassa, talmente immerso in cupi pensieri da dimenticare di accendere la luce. Anche se il sole era tramontato, grossomodo riusciva a salire senza uccidersi, però se si fosse ricordato di premere l’interruttore all’ingresso, avrebbe evitato un piccolo incidente. Aveva appena messo piede sul pianerottolo del secondo piano quando con la spalla urtò contro qualcosa.
“AHI! MA CHE CAZ-?”
No. Contro qualcuno.
Invece di scusarsi, Baji attaccò. “Stai attento, cazzo. Se fossi stato un passo più indietro mi avresti buttato già dalle scale.”
“Che? Guarda che sei stato tu a venirmi addosso! Perché cazzo sali le scale al buio? Cosa sei, un vampiro?”
In effetti si distinguevano giusto le sagome…
Di nuovo Baji si fece sentire. “Anche tu eri qui al buio, stronzo! Che stavi facendo, eh? Scommetto che non vivi in questa palazzina!”
“No, infatti. Volevo incontrare la persona che abita in questo appartamento, ma adesso non c’è.”
“Eh? Qui ci abita Chifuyu… Cosa vuoi da lui?”
“Niente che ti riguardi!”
Baji ne aveva fin sopra i capelli di quel tizio e, visto che la pazienza non era affatto il suo forte, non tardò a spingerlo contro la parete. Andando a tentativi riuscì a trovare il pulsante per accendere la luce delle scale. Pochi istanti che il neon bianco illuminasse il pianerottolo e lui balzò addosso a quello che si rivelò un ragazzo alto quasi come lui e probabilmente della sua età. Lo afferrò per i risvolti della giacca ed esibì i suoi caratteristici canini appuntiti. “Ora mi dici cosa vuoi da Chifuyu, altrimenti questo vampiro ti dissangua, bastardo!”
Se Baji era scattato all’azione, non sapendo chi lui fosse, Unmei ebbe tutt’altra reazione quando si ritrovò la sua faccia davanti. Gli era bastato un istante per riconoscere quel volto che aveva sempre e solo visto in fotografia. Come aveva fatto a non pensarci? In quella palazzina, oltre a sua madre, un tempo ci aveva vissuto anche…
“Baji Keisuke?” La voce gli uscì appena sussurrata dalle labbra tremanti.
Baji proprio non se l’aspettava. Prima a parole sembrava un tipo cazzuto, ma desso…cos’erano quegli occhi lucidi? E quel volto pallido? E quella lacrima che gli attraversava la guancia?
“E-ehi…che ti prende? Era uno scherzo, non sono un vampiro!” Lasciò la presa alla giacca e fece un passo indietro per porre fine alle ostilità. “Conosci il mio nome… Posso sapere chi sei?”
Unmei accennò un sorriso, gli occhi ancora gonfi di lacrime. “Qualcuno che ha sempre desiderato conoscerti!”
“Uh uh! Cerca di farla suonare meno come una dichiarazione d’amore, io sono già impegnato!” Si chinò per riprendere la sportina della farmacia che gli era caduta di mano durante il trambusto. Quando si risollevò, si passò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e gli fece un cenno. “Vieni su, ti offro qualcosa!”
Unmei lo seguì senza dire nulla.
Quando entrarono nell’appartamento al quinto piano, notò che molte cose erano uguali a come le conosceva. Ad esempio le tele floreali color pastello appese alle pareti, che sua nonna collezionava e adorava per la loro semplicità. Oppure l’arredamento minimo e i pochi soprammobili ordinati, perfino il divano in finta pelle marrone era sempre lo stesso. La differenza più evidente era che, a quel tempo, sua nonna non teneva foto di Baji in ogni stanza. Ovviamente.
Tolte le scarpe e appese le giacche, Baji lo invitò ad entrare e gli fece strada fino alla cucina.
“Ti va di bere un tè?” Gli chiese, con una mano già all’anta della credenza.
“Sì, grazie!”
“Hai preferenze?”
“Fiori di ciliegio, se c’è!”
Baji inarcò le labbra in un sorriso compiaciuto. “E’ anche il mio preferito!”
Unmei lo sapeva, ma non poteva dirglielo. Scostò una sedia e prese posto al tavolo, mentre suo padre si occupava di mettere su il bollitore e preparare le tazze con dentro gli infusori.
“Quindi…sei una specie di mio fan?”
“Ah ah! Più o meno!”
“E conosci Chifuyu, giusto?”
“Mh. Sì. Lo conosco da molto tempo.” Si schiarì la voce e lanciò una piccola bomba per stuzzicarlo. “A proposito…quando vi deciderete a dire a tutti che siete una coppia di innamorati?”
Baji sbatté la fronte contro la cappa sopra il fornello, nel sentire quelle parole. Quando si voltò, era così rosso che sembrava un pomodoro! “I-innamor… Te-te l’ha detto lui?”
“Già!” Be’ era tutto vero ciò che gli aveva detto finora, solo che si stava anche divertendo a prendere in giro il suo vecchio e far emergere quei lati di lui che solo in pochi conoscevano.
“Ah…Oh-ehm…” Il fischio del bollitore lo salvò. Spense la fiamma e versò l’acqua fumante dentro le due tazze a fiori che ricordavano le tele pastello, quindi le posò sul tavolo e si sedette di fronte al suo ospite. “Non mi hai ancora detto come ti chiami…”
“Unmei.”
“Fiuuh, un nome impegnativo!”
“L’ha scelto mia madre… Secondo lu-ehm, secondo lei, è il destino a muovere i fili delle nostre esistenze. Così mi ha dato questo nome.” Col dito sfiorò la catenella dell’infusore, facendola tintinnare contro la ceramica. “Mio padre è morto prima che io nascessi e lu-lei  non è mai riuscita a farsene una ragione, però spesso mi ha detto che il destino le ha donato me per poter avere una parte di lui sempre accanto. Solo che io a volte mi sento come…se avessi tradito le sue aspettative.”
“Capisco… Anche io ho dato del filo da torcere a mia madre… Non lo faccio apposta eh, ma quando ne combino una delle mie e lei si mette a piangere, mi sento un verme.”
Unmei ridacchiò. Conosceva fin troppo bene quella sensazione.
Baji scosse il capo. “Non so nemmeno perché te lo sto dicendo! Dieci minuti fa stavamo per picchiarci sul pianerottolo e adesso siamo qui a confidarci come se ci conoscessimo da sempre! Bah, sarà che mi ispiri fiducia e…non so, hai come un’aria familiare.”
Anche tu hai l’impressione di guardarti allo specchio, eh? Pensò Unmei, frenando l’impulso di dirlo ad alta voce.
Nella manciata di minuti a seguire, rimasero in silenzio a bere il tè, fino a quando Baji non gettò l’occhio sullo schermo del cellulare e si accorse dell’ora.
“Merda, è tardi. Devo andare al Santuario.”
“Parli della sede della Toman? C’è qualcosa di importante stasera?”
Baji si alzò dalla sedia e rispose mentre riponeva le tazze vuote nel lavello. “No. Cioè sì. Però io non dovrei andarci perché sono stato sospeso, al momento.”
“Allora perché lo fai?” Unmei si alzò a sua volta.
Baji lasciò un sospiro. “Ho preso una decisione difficile… Il mio migliore amico è appena uscito dal riformatorio e ha bisogno di aiuto e…è lunga da spiegare…” Sollevò lo sguardo su Unmei e gli parlò seriamente. “Posso…chiederti di aver cura di Chifuyu al posto mio, per un po’ di tempo? Non gli ho detto cosa ho in mente, ma le mie azioni lo faranno soffrire. Quindi fino a che non avrò risolto…non potrò stargli accanto…”
Doveva essere davvero disperato per affidare la cosa che più amava al mondo ad un tizio che aveva appena conosciuto. Ma questo fortunatamente andava a vantaggio di Unmei.
“Lo farò. Conta su di me.”
Baji fece un cenno affermativo. “Mh. Io…vado a cambiarmi. Se dopo ti va di venire con me…”
“Certo.”
Attese che Baji andasse in camera e allora ne approfittò per fare una mossa strategica. Recuperò il numero di Takemichi dalla propria rubrica e usò il telefono di Baji per inviargli un messaggio.
[Sono Unmei. Ho incontrato mio padre. Tra poco andremo insieme al Santuario di Musashi. Per ora lascia le cose come stanno. Salta addosso a Kisaki e lasciati pestare da mio padre.]
Mezzo minuto e il telefono vibrò.
[COSA??? Guarda che i pugni fanno male! Non possiamo evitare?]
[Non rompere il cazzo, sfigato, o ti faccio rimpiangere di essere nato. E smettila di rispondere, sto usando il suo telefono di nascosto.]
Lo inviò e subito dopo cancellò ogni traccia sia dei messaggi che aveva inviato sia di quello ricevuto. Fece appena in tempo a posare il telefono sul tavolo dove era prima, che Baji ricomparve con addosso il suo tokkofuku da Capitano.
Gli fece segno con la mano. “Andiamo.” Lo precedette, ma prima di arrivare alla porta si fermò davanti ad un mobile dove aveva lasciato la sportina e ne estrasse una scatolina di piccole dimensioni. Gliela mostrò e poi gliela lanciò. “Per Chifuyu. Fagliene prendere una, se ci riesci. Ultimamente non sta bene.”
Unmei lesse le diciture. Erano pasticche contro la nausea. Chiaro… Era quasi fine ottobre, facendo i conti doveva essere già incinto, solo che ancora non lo sapeva.
*
 
La chiave girò nella toppa e la porta si aprì emettendo un leggero cigolio. Baji entrò, addosso la divisa scolastica e gli orrendi occhiali che sembravano fondi di bottiglia e girandole mescolate assieme, e non dimentichiamo i capelli legati in una triste coda e con la riga di lato! Non per niente, seguendolo a ruota, Chifuyu se la stava ridendo della grossa e, non appena ebbe richiuso la porta, ci si lasciò scivolare contro come uno sputo su un vetro.
“Baji-san! Sei come un super eroe! Nascondi la tua vera natura sotto ad un ridicolo travestimento!”
Baji, nel levarsi una delle scarpe, gliela lanciò contro col piede. “Piantala!” Ma non era affatto arrabbiato, anzi, fece appena in tempo a sfilarsi gli occhiali finti che scoppiò a ridere a sua volta.
Chifuyu si asciugò una lacrima. “Sembra quasi impossibile che nella nostra scuola ci sia ancora qualcuno che non sa chi sei davvero!”
Baji sfilò il nastro che legava la coda e poi scosse il capo per dare una ravvivata alla bella chioma nera e ondulata. “E’ per questo che continuo a travestirmi! Mi diverto troppo a prenderli per il culo!” Allungò un braccio  e gli porse la mano per aiutarlo ad alzarsi, quindi entrambi finirono di togliersi le scarpe e si diressero in cucina.
“Grazie a me potresti diventare davvero un secchione! Da quando ti aiuto nello studio i tuoi voti sono diventati buoni!”
“Non esagerare! A proposito, oggi la tettona di Giapponese Moderno ha detto che la mia calligrafia è migliorata.”
Chifuyu si poggiò col gomito sul ripiano della credenza e sfoggiò un sorriso da conquistatore. “Visto? Dritto sulla via del secchione!”
Di rimando, Baji gli diede una bella arruffata alla chioma bionda. “Tra noi due, basti tu come bravo ragazzo! Io mi tengo il ruolo del bastardo molto volentieri!”
Chifuyu arrossì per quel tocco, seppur fatto in modo scherzoso, ma cercò di mascherarlo con la scusa di risistemarsi i capelli. Da un po’ di tempo li portava con la frangia tutta buttata sul davanti, anziché raccolti e gonfiati nel Pompadour che ormai aveva totalmente abbandonato. Era stato proprio lui a consigliargli di cambiare stile, sostenendo che una pettinatura più semplice si addiceva al suo animo gentile. Inutile dire che aveva seguito il consiglio prendendolo come oro colato. Dal loro primo incontro, lui e Baji erano diventati inseparabili. Andavano a scuola insieme, pranzavano insieme, tornavano insieme, studiavano insieme, andavano a correre con le moto e, da quando lo aveva nominato Vicecapitano della 1a divisione, erano appiccicati anche durante i raduni della Toman. Per lui era praticamente un sogno ad occhi aperti. Anche potere osservarlo mentre metteva a scaldare l’acqua per preparare la yakisoba, era un piccolo momento magico. Baji che cucinava per lui… Era un pensiero che aveva un pizzico di erotico! Non appena fu tutto pronto, si trasferirono nella stanza di Baji per mangiare stando comodamente seduti sul suo letto.
Il letto di Baji-san!!! Chifuyu gridava questa frase nella propria mente ogni volta che ci saliva o anche quando era solo seduto ai piedi di quel letto rialzato e incastonato al centro del grande armadio che occupava tutta la parete. Qualche volta aveva anche avuto l’occasione di respirare il suo odore dal cuscino e dalle lenzuola, per poi auto rimproverarsi di quel vizietto da maniaco! Baji gli piaceva…gli piaceva in senso romantico. Se tutto era partito come curiosità verso di lui e poi nel giro di poco si era trasformato in pura ammirazione, altrettanto poco era bastato per rendersi conto che stare al suo fianco gli faceva battere il cuore. Un segreto che era convinto si sarebbe portato nella tomba, dato che era impensabile sperare che Baji provasse lo stesso per lui… E allora non gli restava che gioire di ogni singolo istante, di ogni sguardo, di ogni parola, di ogni gesto, a costo di farsi scoppiare il cuore.
Sluurp! I deliziosi fili gialli entrarono velocemente nella sua bocca, una rapida masticata e giù in gola per andare a riempirgli lo stomaco. Si passò la lingua sulle labbra, dove giacevano ancora gli aromi. “Squisito! Come sempre!”
Baji terminò di mangiare la propria parte di quel pasto che dividevano amichevolmente quasi ogni giorno, una sorta di rito che apparteneva solo a loro due. Afferrò il contenitore vuoto e vi ripose all’interno le bacchette, quindi balzò giù dal letto per andare a posare il tutto sulla scrivania.
Chifuyu si alzò a sua volta. “Vado un attimo al bagno!”
Non fece in tempo a mettere piede fuori dalla stanza che…
“Uh? Cos’è quello?”
“Cosa?” Quando si voltò era già troppo tardi.
Baji aveva preso da terra quello che ai suoi occhi era un piccolo sacchetto bianco che conteneva qualcosa di lungo e sottile. E lo stava guardando con aria parecchio strana.
Chifuyu si tastò velocemente l’interno delle tasche dei pantaloni, pregando inutilmente che quella cosa fosse ancora dove l’aveva lasciata. Un gesto inutile, appunto. “Quello è mio, ridammelo.” Lo disse a voce un po’ troppo alta e si precipitò su Baji per recuperare l’oggetto.
“Sul serio, cos’è? Assomiglia a uno di quei…come si chiamano…quei cosi che mettono le donne per fermare il sangue?”
Era un tampone. Chifuyu lo strinse fra le mani, il cuore che gli batteva nel petto all’impazzata.
Baji insistette. “Anzi, sono sicuro che si tratta di quello. Perché ne tenevi uno in tasca?”
Non sapeva cosa dire, le parole non gli arrivavano alla bocca e sentiva di cominciare  a sudare freddo.
“Chifuyu? Sto aspettando una spiegazione. Che diavolo ci fai con quella cosa?”
“Io…” Un’idea improvvisa. “Questa mattina ho litigato con un tizio e lui mi ha colpito il naso. Siccome mi usciva sangue, una compagna di classe mi ha dato qualche tampone per fermarlo.”
Baji fece una smorfia. “Ti sei ficcato uno di quei cosi su per il naso?”
“...sì. Sì è così! Uno l’avevo tenuto in tasca per sicurezza e me n’ero dimenticato!” E subito lo rimise in tasca, sforzandosi di apparire normale.
Ma Baji non era stupido. Vedeva che il suo comportamento era strano, vedeva il suo viso pallido e il sudore da sotto la frangia. Lo guardò dritto negli occhi. “Scusa.”
“Oh, non è nient-” Prima di finire la frase, si ritrovò denudato nella parte inferiore del corpo, le mani di Baji che tenevano stretti i bordi dei pantaloni e delle mutande all’altezza delle ginocchia, gli occhi fissi sulle sue parti intime. “Tu…hai l’uccello…” Disse Baji, senza battere ciglio.
Chifuyu diventò immediatamente rosso per la vergogna e gridò. “Cos’altro dovrei avere???” Cacciò via le sue mani e si ricoprì alla velocità della luce.
Finalmente Baji si rese conto di ciò che aveva appena fatto, le sue guance s’imporporarono. “Volevo…controllare…” In quel momento non gli sarebbe dispiaciuto avere addosso gli occhialoni finti per coprirsi!
“Spero tu sia soddisfatto!” Gridò di nuovo Chifuyu, per poi correre a chiudersi nel bagno a chiave. Si piegò sulle ginocchia, l’agitazione gli aveva tolto il fiato neanche avesse corso la maratona, gli occhi sbarrati sul pavimento. “C’è mancato poco…”
Si portò una mano fra le cosce, dove era celato un altro segreto che non poteva rivelargli.
*
 
Se gli avessero chiesto cosa provava in quel momento non avrebbe saputo rispondere. La moto sfrecciava fra le auto sulla strada trafficata, le luci dei lampioni e delle vetrine dei negozi e dei neon delle insegne sembravano onorare il passaggio spargendo i propri colori su di loro. Agli occhi di chiunque non erano altro che due ragazzi scapestrati che correvano ad alta velocità e senza casco, ma per Unmei… Eh eh, per lui era molto di più. Era il primo viaggio in moto con suo padre. Se una chiromante glielo avesse predetto, lui non ci avrebbe mai creduto. Invece era lì, insieme a lui, comodo sul posto del passeggero e con gli occhi fissi sulla schiena di Baji e sui suoi capelli che si agitavano pazzamente durante la corsa. Un’emozione indescrivibile, qualcosa che fino a ieri non aveva nemmeno sognato di provare. Quando raggiunsero i pressi del Santuario di Musashi e dovettero lasciare lì la moto, Unmei scese dalla sella a malincuore. Ci sarebbe stata un’altra occasione di viaggiare con lui?
“Dobbiamo essere discreti. Io non dovrei essere qui e preferirei non farmi notare fino al momento giusto.”
Il momento giusto eh? E quale sarebbe di preciso? Se non fosse stato per l’entrata in scena di Takemichi, come si sarebbe inserito? Chi avrebbe picchiato? Che scusa avrebbe trovato per abbandonare la Toman? Una parte di lui era curiosa di metterlo alla prova, ma per sicurezza era meglio lasciare che le cose procedessero naturalmente.
Ad una certa distanza, attraverso gli alberi, intravidero la grande massa di divise nere. I membri della Tokyo Manji Gang riuniti in file ordinate e attenti alle parole del loro Comandante. Da dove erano loro due, favoriti dal buio, non avevano nemmeno bisogno di nascondersi, e questo per Unmei significava poter vedere coi propri occhi, indisturbato, cosa diamine era accaduto quella sera del 23 ottobre. Più che sulle parole di Mikey, era concentrato sui volti dei ragazzi. Insomma, ascoltare non era così necessario, sapeva bene che quella sera Mikey doveva presentare ufficialmente il nuovo Capitano della 3a divisione. Un quattrocchi odioso di nome Kisaki che aveva sentito nominare spesso sia da sua madre che da Kazutora. Non gli importava gran che di lui, anche se era stato il burattinaio di tutto ed era in parte responsabile della morte di suo padre. Sarebbe stato figo ucciderlo lì, direttamente e senza rimpianti, ma questo avrebbe causato troppi cambiamenti sul futuro. C’erano cose che, per quanto fastidiose, bisognava lasciarle andare e attendere che facessero la fine che meritavano, nel momento opportuno. Lo sguardo gli cadde su alcuni volti conosciuti… Draken non era cambiato molto, la differenza più sostanziale era che da ragazzo si tingeva i capelli, per il resto, altezza, sguardo serio e presenza imponente, era ancora uguale. Il cuore gli balzò nel petto quando vide una folta chioma color pesca. Accidenti, quello era Smiley, il padre di Blitz! Gli assomigliava in modo incredibile! Per ora era meglio stargli alla larga, per evitare fraintendimenti e situazioni imbarazzanti… Anche se sarebbe stato comico piombargli davanti ed esordire con un bel “Nel futuro mi scopo tuo figlio!” Il pensiero lo fece ridacchiare. Cazzo… Tornò subito serio e si volse per guardare Baji, pronto a beccarsi un rimprovero. Ma lui non si era accorto di nulla, era totalmente preso dalla scena che stava osservando. Il suo sguardo si muoveva come a rotazione tra Mikey, Chifuyu e Kisaki. Probabilmente stava avendo una lotta interiore su cosa fare.
Unmei serrò il pugno, stava morendo dalla voglia di dirgli che non doveva sacrificarsi, che lui era disposto a spezzare l’osso del collo a quel figlio di puttana occhialuto anche subito. Ma non poteva fare niente di tutto ciò. In quel momento Baji posò lo sguardo su di lui.
“Io faccio il giro per dietro. Ti raccomando Chifuyu.”
Unmei fece un cenno affermativo, senza dire nulla, e seguì i movimenti di Baji mentre si allontanava.
Ora in teoria toccava a Takemichi fare casino. Era il momento in cui si levava dalla folla per sparare un cazzotto supersonico  a Kisaki. Il fischio di partenza ad una precisa sequenza di eventi.
Non stava accadendo nulla.
Perché non stava accadendo nulla?
Adocchiò Takemichi tra le prime file, l’unico che non indossava la divisa perché non faceva parte della Toman. Era teso, pallido e non aveva intenzione di muoversi da lì. Porca puttana.
“Muoviti, sfigato, o giuro che ti rovino.” Lo maledisse tra i denti, fissandolo come se potesse fulminarlo da lì.
In qualche modo ebbe effetto, comunque. Anche se era protetto dagli alberi e dal buio, Takemichi allungò lo sguardo proprio dove si trovava lui e divenne blu dalla strizza! Forse prendere qualche pugno ben assestato da Baji era meglio di farsi uccidere da Unmei. Fu questo pensiero a spingerlo ad agire. Per quanto terrorizzato e quasi sicuramente con le mutande bagnate, alla fine Takemichi si lanciò di corsa contro Kisaki e lo colpì con forza, facendogli volare via gli occhiali.
“Cazzò sì!” Si complimentò Unmei, colpendo il tronco di un albero. Rimase giusto un paio di minuti ad osservare il resto, ossia Draken e altri ragazzi inveirgli contro per quel gesto, la mitica entrata in scena di Baji e i suoi fantastici pugni e…il suo annuncio di passare alla Valhalla. Per lui non era ancora il momento di uscire allo scoperto, però quando vide l’espressione di sua madre si sentì stringere il cuore. Doveva solo attendere che i ragazzi cominciassero ad andarsene e poi avrebbe potuto raggiungere Chifuyu e…
“Quello sguardo…” Lo conosceva, era lo stesso che rivolgeva alle foto di Baji quando gli venivano i soliti attacchi di disperazione e lui non poteva fare nulla per consolarlo. Però adesso era presto per intervenire…era troppo presto…
“FANCULO.” Imprecò, balzando fuori dal buio nascondiglio.
Mikey era ancora scosso dalla dichiarazione di Baji, quando qualcosa gli sfrecciò accanto, così vicino da smuovergli i capelli biondi. Un ragazzo? Seguì la scia della sua giacca grigia, i capelli lunghi e neri sciolti e ribelli, lo osservò mentre balzava addosso a Kisaki per fermargli il braccio. Fermargli il braccio… Quindi Kisaki stava per colpire Takemichi? Non se n’era accorto.
“E quello chi è? Non fa parte della Toman.” Disse Draken, a poca distanza da lui.
“Non saprei…” Continuò a seguirlo curiosamente con lo sguardo, ora quel ragazzo misterioso stava scambiando qualche parola con un Takemichi incredibilmente pallido, mentre Kisaki si allontanava con aria parecchio incazzata. “Un tipo interessante, eh Ken-chin?” Aggiunse, accennando un sorriso. Poi vide il ragazzo allontanarsi e Takemichi venire verso di lui con passo incerto.
“Ehm… Mikey-kun…possiamo parlare qualche minuto?” Takemichi gli si rivolse imbarazzato, mentre con una mano si copriva un fresco livido omaggio di Baji.
Fregandosene completamente degli sguardi sorpresi e delle domande idiote, Unmei corse come il vento per raggiungere i suoi genitori.
“Baji-san, per favore aspetta! Cosa significa tutto questo?” La voce di Chifuyu era implorante, i suoi occhi lucidi risaltavano sotto la luce del lampione.
Baji gli dava di spalle. “Quello che ho detto. Ora lasciami in pace e non impicciarti.”
“Ma… Non…non puoi andartene così…”  Allungò il braccio, desiderando disperatamente di fermarlo. Fu allora che arrivò Unmei e gli afferrò la mano nella propria.
Percependo il movimento, Baji volse il capo.
“Qui ci penso io.” Lo rassicurò Unmei. Un’occhiata d’intesa e Baji si allontanò rapidamente.
“BAJI-SAN! NO! ASPETTA!” Chifuyu fece per corrergli dietro, ma Unmei glielo impedì avvolgendogli il busto con entrambe le braccia. Allora provò a dimenarsi, gli occhi colmi di lacrime. “BAJI-SAN!”
“Devi calmarti, tutta questa agitazione non fa bene alla tua salute.” Gli disse Unmei, continuando a trattenerlo.
“Lasciami andare, maledet- B…burp…” Sostenuto dalle sue braccia, si chinò in avanti e rigettò quel poco di Peyong che gli era rimasto nello stomaco dal pomeriggio. Il suo intero corpo tremò.
“Va tutto bene… Va tutto bene, non temere…” Sussurrò Unmei, per rassicurarlo. Quando Chifuyu terminò, gli fece cambiare posizione, si passò il suo braccio attorno al collo e con l’altro continuò a sorreggerlo. “Ti porto al bagno, ce la fai a camminare?”
“Uh… S-sì… Un po’…”
Attorno era il caos totale, ma loro ignorarono tutto e tutti.
*
 
L’acqua che scorreva copiosa nel lavandino, Chifuyu chino su di esso intento a risciacquarsi bene la bocca per lavare via il sapore di vomito, Unmei che vegliava su di lui standogli accanto… Uno scenario a cui era abituato fin da bambino, passato o futuro non cambiava niente…
Pur avendo le braccia incrociate al petto, le sentì tremare. No. Doveva fare in modo che tutto ciò non accadesse mai più. Quel ragazzo tormentato dai dispiaceri era sua madre, cazzo. Aiutarlo era il minimo che potesse fare.
Chifuyu sputò un’ultima volta e chiuse il rubinetto. Nella tasca aveva un fazzoletto in cotone che usò per asciugarsi le labbra, il peggio era passato però il suo viso non aveva ancora riacquistato il normale colorito. Si accorse che Unmei gli stava porgendo qualcosa, rimise via il fazzoletto e si schiarì la voce. “Cos’è?”
“Pasticche per la nausea. Prendine una.”
Chifuyu ridacchiò. “Uh uh, sei così gentile… Non ti conosco nemmeno.” Porse il palmo della mano e attese che lui vi versasse sopra una pasticca, quindi se la portò alla bocca e bevve a canna dal rubinetto.
“Baji mi ha chiesto di prendermi cura di te per un po’.”
Chifuyu si volse a guardarlo con occhi sbarrati. “Baji-san ha…?”
“E’ complicato.”
“Ma tu…sei un suo parente? Ora che ti guardo bene, gli somigli davvero molto.”
Unmei abbassò il capo, come se bastasse far ricadere una ciocca davanti al viso per far sparire la somiglianza. “Non ha importanza. Ora l’unica cosa che ti chiedo è di fidarti di me e…” S’interruppe e sbirciò alle proprie spalle come per controllare qualcosa. “Per cominciare, questa sera non tornerai a casa.”
Chifuyu strabuzzò gli occhi. “Come?”
“Vieni fuori. Spero che quello sfigato non ci faccia aspettare troppo.”
Uscì dai bagni seguito da Chifuyu.
“Per fortuna siete ancora qui! Tutto bene?” La voce di Takemichi arrivò a loro prima che lo vedessero, pochi istanti e li raggiunse di corsa.
“Tu piuttosto? Mikey ti ha chiesto…quella cosa?” Chiese Unmei.
“Ehm….sì. Tutto come…insomma…l’altra volta.”
“Perfetto. Noi questa notte dormiremo da te.”
“Ok…” Poi realizzò quanto aveva appena detto ed esplose in un rumoroso. “COSA??? PERCHE’?”
“Chifuyu non può tornare a casa. Domani è il 24.” Si sporse su di lui e gli lanciò un’occhiata significativa. “E tu sai cosa succederà domani. Giusto???”
“Ah oh, ah sì! Sì lo so! Quindi…andiamo da me! Dirò ai miei che facciamo un pigiama party!”
Unmei si portò una mano alla fronte e sospirò. “Che sfigato…”
“Scusate se vi interrompo…” Si fece sentire Chifuyu, attirando la loro attenzione. “Uno di voi vuole spiegarmi cosa sta succedendo? E comunque non posso partecipare alla vostra festa, devo andare a parlare con Baji-san.”
“Te lo puoi scordare, fine della storia.” Rispose secco Unmei, per poi cambiare tono e abbozzare un sorriso che più finto non si può. “Facciamo le presentazioni. Io sono Unmei e per una serie di motivi che non ti spiegherò mai mi trovo a corto di risorse, perciò per un po’ dovrò dipendere da questo qui.” Indicò Takemichi e proseguì. “A titolo informativo, lui è Takemichi, il nuovo amichetto di Mikey. Anche se è una mezza sega ti prego di diventargli amico, potrebbe rivelarsi utile. Forse.”
Ad ogni frase che aveva detto, dei simbolici massi erano caduti sulla testa del povero Takemichi e l’ultimo gli diede il colpo di grazia  e lo fece crollare  a terra. “Non potresti trattarmi meglio? Ti prego, Unmeiiii!” Lacrime agli occhi e totale perdita della dignità. Tutto normale.
“Seh… Ora dimmi dove abiti. Io e mia mad-Chifuyu ci andremo con la sua moto, tu vai a prendere la metro o il bus o quello che ti pare, basta che ti dai una mossa.”
Con una ripresa incredibile, Takemichi balzò in piedi e lo apostrofò. “Perché devo andare io coi mezzi pubblici???”
“Nel caso Chifuyu decidesse di fuggire, ci metterebbe un secondo a buttarti giù dalla sella. Io invece non mi faccio fregare così facilmente.”
“Pfff ahahahahah!!!” Scoppiò a ridere Chifuyu, così di gusto che il suo viso diventò di un bel rosa carico. Finalmente. “Certo che…ah ah voi due siete forti insieme!”
“PROPRIO NO!” Gridarono i due diretti interessati, d’accordo per la prima volta in vita loro.
Chifuyu cercò di calmarsi, un giramento di testa lo fece barcollare addosso ad Unmei, il quale si premurò di afferrarlo immediatamente. “Uhhh, scusate! Non sto bene… Ma sono sicuro che dopo una dormita sarò come nuovo!”
Takemichi e Unmei si scambiarono un’occhiata preoccupata. Sapevano che non era così, però non potevano ancora dirgli niente.
Alla fine fecero come detto. Takemichi diede indicazioni per raggiungere casa sua e corse a prendere la metro, mentre Unmei aiutò Chifuyu a raggiungere la moto e, ovviamente, guidò fino alla destinazione. Mentre attendevano l’arrivo di Takemichi, Chifuyu telefonò alla madre per avvisarla e poi il telefono gli venne sequestrato da Unmei perché “Non vorrei che ti venisse la brillante idea di scrivere a Baji. Nelle tue condizioni non saresti in grado di affrontarlo.”
Poi Takemichi arrivò.
Tutto sommato l’accoglienza da parte dei suoi genitori non fu male, considerando che si erano ritrovati ad ospitare due ragazzi all’improvviso e a condividere con loro la cena che la signora aveva dovuto cucinare in tutta fretta. C’era anche da dire che non sembravano particolarmente interessati a loro o a cosa combinava il figlio. I genitori dei teppisti erano tutti così?
Dopo aver consumato un pasto caldo, compreso Chifuyu a cui era tornato l’appetito grazie all’effetto della pasticca, fecero il turno per fare il bagno e Takemichi si vide costretto a fornire loro dei pigiami per la notte. Quella serata era totalmente improvvisata, ma lui se la stava cavando bene. Dopo tutto ciò che aveva passato a causa dei numerosi viaggi nel tempo, era comprensibile.
“Ora resta da decidere la disposizione per la notte. Un letto singolo ed un futon è tutto ciò che ho. Decidete voi.”
Nemmeno il tempo di pensarci che Unmei decise per tutti. “A Chifuyu spetta il letto, mentre io e te ci dividiamo il futon.”
Chifuyu, imbarazzato, scosse il capo con vigore. “No, non è giusto! Io sono un ospite! Il letto è di Takemichi!”
“A me va bene così! Nessun problema! Tu non stai bene, sul letto riposerai meglio!” Lo incitò Takemichi, invitandolo con un gesto della mano. In fondo lui era il suo migliore amico, lo avrebbe fatto in ogni caso, malessere o meno.
“Mh… Allora…scusatemi se ne approfitto.” S’infilò sotto le coperte e si coprì bene fino al collo, la coperta sfiorò il suo orecchino in metallo.
Nel mentre Takemichi spense la luce al soffitto e accese una piccola lampada che poi posizionò dalla parte opposta del letto e coprì con un fazzoletto grigio perché non facesse troppa luce. Quindi lui e Unmei si sedettero uno di fronte all’altro, sul morbido futon. Unmei poggiato di spalle alla struttura del letto.
Il silenziò calò per una buona mezzora.
Unmei si sporse con l’orecchio e rimase ad ascoltare il respiro profondo di Chifuyu. “Si è addormentato.”
“Ora puoi aggiornarmi. Cosa hai in mente di fare?”
“Domani niente scuola per voi. Mia madre non dovrà uscire da questa casa per nessun motivo.”
“Per evitare che segua Baji alla sede della Valhalla, giusto?”
“Mh. In questo modo, non solo eviterò che lui gli massacri la faccia… Se non farà la prova di fedeltà, non potrà entrare nella Valhalla e sarà costretto a riappacificarsi con Mikey.”
Takemichi abbassò il capo, con le dita si mise a giocherellare con un filo della coperta. “Potrebbe funzionare. Ma la faccenda non termina qui…”
“Lo so.” Unmei prese respiro e si voltò per guardare la figura addormentata di Chifuyu sotto le coperte. “Domani pomeriggio andrò da mio padre e gli parlerò. Credo riuscirò facilmente a convincerlo a rivedere le sue decisioni, se gli prometto di aiutarlo. E una volta che sarà tornato alla Toman, farò in modo di aiutare anche Kazutora.”
“Sei innamorato di lui, vero?”
Unmei non rispose, solo distolse lo sguardo da Chifuyu e lo abbassò sul futon.
“Quando mi hai chiesto di tornare indietro nel tempo, non era solo per i tuoi genitori… Tu volevi che io aiutassi anche Kazutora.”
“Visto che sono qui me ne occuperò io.” Risollevò lo sguardo, le iridi azzurro cangiante parvero brillare. “Farò qualunque cosa per il ragazzo che amo.”
*
 
Bla bla, bla bla, bla bla… Da quando si erano incontrati fuori dalla scuola, Chifuyu continuava a parlare senza sosta e con un certo entusiasmo, ma Baji aveva smesso di ascoltare già al primo incrocio in cui avevano svoltato e men che meno lo aveva guardato in faccia. Due giorni prima c’era stato quel…come poteva definirlo…incidente? Da quando gli era caduto dalla tasca quel dannato tampone si comportava in modo strano, era come se si sforzasse di parlare di qualunque cosa tranne di quello che era successo e lui continuava ad arrovellarsi su cosa avesse da nascondere e in che modo fosse collegato a quell’affare. La storia del sangue dal naso era una balla, questo l’aveva capito, e quindi? Aveva una ragazza? Ma in quel caso, perché lo teneva nascosto? Era l’unica opzione a cui aveva pensato, visto che aveva appurato sul momento che Chifuyu era dotato di un pene. E ALLORA COSA CAZZO GLI NASCONDEVA??? Più ci pensava  e più s’incazzava, ogni volta.
“Baji-san? Qualcosa non va?” Gli chiese lui, con un pizzico di timidezza.
“Sì.” Si volse e gli lanciò un’occhiata gelida. “TU.”
Chifuyu sentì un brivido corrergli lungo la schiena. Doveva fare qualcosa…. “Ti…ti va di venire da me? Ieri sera mia madre è tornata con la spesa e ha preso anche qualche confezione di Peyong!” Aveva sorriso in modo naturale? Era stato convincente?
Baji sostenne il suo sguardo e alla fine rispose semplicemente: “Mh.”
Percorsero il resto del cammino in silenzio, cosa che contribuì a far agitare Chifuyu a tal punto che, nel momento di inserire la chiave nella toppa, questa gli scivolò di mano.
“Tsk. Ti cadono spesso le cose, eh?” Una frecciatina da parte di Baji, che di certo non aiutò ad allentare la tensione.
Chifuyu finse di ignorarlo, riuscì ad aprire la porta e lo invitò ad entrare. Stava giusto per dirigersi in cucina quando notò che Baji aveva preso un’altra direzione.
“Dove vai?”
“Vado a vedere se Peke J è sul balcone.”
La piccola palla di pelo a cui entrambi erano affezionati. A onor del vero era stato Chifuyu a trovarlo, in un giorno di pioggia, dopo averlo sentito miagolare dentro una scatola abbandonata sul ciglio della strada. Lo aveva chiamato Excalibur, come la leggendaria spada, ma il micio non era mai stato incline a rispondere a quel nome! E non gli era nemmeno stato fedele come animale domestico! Infatti, un giorno si era infilato nella stanza di Baji saltellando da un balcone all’altro e ben presto aveva fatto di lui un secondo padrone. Questo gli aveva fatto guadagnare anche un secondo nome, Peke J.
Baji scostò la tenda e aprì la finestra, lasciandosi investire dal calore asfissiante del sole. Mancavano pochi giorni alle vacanze estive, in certi orari il caldo era insopportabile. Sbirciò attorno, ma del micio non c’era traccia. Poggiò i gomiti sul telaio della finestra e rimase lì.
Dalla parte opposta della stanza, Chifuyu era rimasto fermo ad osservarlo. Ce l’aveva così tanto con lui da preferire stare alla finestra a farsi cucinare dal sole, piuttosto che voltarsi verso di lui? Non era stupido, era consapevole che andando avanti così lo avrebbe perso…
“Baji-san? Tu…mi odi?”
“No.” Baji sospirò. “Non ci conosciamo da molto, ma credevo che tra noi si fosse creato un legame forte. Dannazione. Ti ho preso con me e ti ho nominato mio Vice!”
“E io te ne sono grato! Lo sarò sempre, Baji-san! Però…” Scosse tristemente il capo. “Non posso dirti il mio segreto…”
“Per quale motivo?”
“Perché sono terrorizzato all’idea che il nostro rapporto possa cambiare!”
Allora Baji si voltò. “E’ una cosa così grave? Sei forse al servizio di una gang rivale?”
“No… Niente di tutto ciò…”
“E allora cosa? Cazzo! Chifuyu mi stai davvero facendo incazzare!” Vedendo che lui non collaborava, prese una drastica decisione. “D’accordo…l’hai voluto tu.” Gli si posizionò davanti e gli parlò con tono autoritario. “Se non vuoi parlare in amicizia, dovrò passare alle maniere forti. Come tuo Capitano, ti ORDINO di sputare il rospo.”
Chifuyu sollevò lo sguardo tremante su di lui. La situazione stava peggiorando ogni momento di più. Baji era irremovibile, se lui se ne fosse andato ora avrebbe perso tutto ciò che aveva conquistato. Non gli restava che arrendersi. E pregare.
“Te lo dirò… Anzi, te lo farò vedere.”
Baji aggrottò le sopracciglia. “Vedere?”
Chifuyu passò oltre e andò verso il letto, dove cominciò a sbottonarsi i pantaloni.
“Che stai facendo?”
A Baji mancò un battito nel momento in cui i pantaloni e la biancheria scivolarono dalle gambe di Chifuyu e ricaddero a terra.
Coi piedi scavalcò il mucchietto. “Sono pochissime le persone a conoscere la verità su di me. Mia madre che mi ha dato alla luce, mio padre quando era in vita, il Dottore che mi ha fatto nascere e che da allora si è sempre occupato della mia salute…” Si voltò interamente verso di lui. “E da oggi…tu.”
Improvvisamente, Baji sentì caldo. “Chifuyu, non ti sto seguendo. Perché ti sei spogliato?”
Al contrario di lui, ora Chifuyu era particolarmente tranquillo e sosteneva il suo sguardo. “L’altro giorno, quando mi hai abbassato i pantaloni, hai visto questo.” Con la mano indicò il proprio membro. “Io sono un maschio. O almeno, mi considero tale.”
“T-ti consideri…?”
“Se mi avessi visto in un’altra posizione, ti saresti di certo accorto che possiedo anche un’altra cosa.” Chifuyu si gettò sul materasso di schiena, sollevò le gambe e le aprì tenendole salde con le braccia. “Fisicamente io sono sia maschio che femmina. E’ questo il segreto che ti stavo nascondendo.”
Baji sentì il sangue congelare nelle vene, alla faccia del caldo estivo! Per quanto incredulo, ciò che vedeva era davvero… Non poteva essere… Raggiunse il letto, lasciando che la curiosità schiacciasse l’imbarazzo e il senso del pudore. Gli occhi non lo stavano ingannando, quella era proprio… “E’ la prima volta che ne vedo una dal vivo…” Bisbigliò tra sé.
Suo malgrado, Chifuyu ridacchiò. “E’ tutto ciò che hai da dire?”
“Tu…sei nato così…”
“Esatto.”
“Quindi quel tampone…”
Chifuyu si rimise in posizione seduta, le estremità della camicia gli coprirono le parti intime, come era giusto. “Ho il ciclo mestruale ogni mese. E’ iniziato appena l’anno scorso… Come avrai notato, non ho un apparato completo. Possiamo dire che…per questioni di spazio, non ho il clitoride, anche se il mio scroto e il mio pene hanno un’attaccatura un po’ più alta del normale.”
Baji era immobile come pietrificato e il sangue sembrava aver completamente smesso di circolargli nelle vene. Lo sguardo fisso a terra.
“Mi troverai…disgustoso…” Si auto commiserò Chifuyu. Rimase sorpreso dal scatto repertino di Baji nel mettersi in ginocchio davanti a lui. Cosa stava…?
“No, affatto. Sono rimasto di sasso, ma non puoi darmi torto! Come potevo immaginare una cosa del genere?”
“Sei sicuro che…non ti faccio schifo?”
Baji aggrottò le sopracciglia. “Smettila di dirlo. Tu sei Chifuyu, il ragazzo gentile che quel giorno mi ha aiutato a scrivere una lettera. Il ragazzo che è diventato mio amico e che è al mio fianco anche nella gang. Per me è questo che conta, non cos’hai fra le gambe. Vedi di capirla subito, altrimenti ti piazzo un pugno in piena faccia, cazzo!”
Ora era Chifuyu a sentirsi spiazzato. Tutto si era aspettato tranne una reazione così positiva! Dunque possedeva anche un lato così? Quanto ancora di lui aveva da scoprire? Un singhiozzo gli salì dalla gola e gli occhi gli si riempirono di lacrime. Si portò una mano al viso. “Scusa… Credevo che non avrei mai detto a nessuno un simile segreto e…ora che l’ho fatto…con te…sono troppo felice!”
Baji abbozzò una risata. “Sì, be’… Non è una cosa da dire a chiunque…posso immaginarlo.” Col pugno gli diede un colpetto alla spalla. “Vedi di non montarti la testa! Non è che adesso ti tratterò coi guanti di velluto solo perché sei per metà femmina!”
Chifuyu rise tra le lacrime, quindi si passò il dorso della mano sugli occhi per asciugarle. “Non ti chiederei mai di farlo, comunque!”


Continua nel prossimo capitolo: Terza Fase: [Fear in your heart]
Finalmente entra in scena il Kazutora del passato! ;) 
  
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