#Kinkybutnotreally
challenge del gruppo H/C
Hurt/Comfort Italia – Fanart and Fanfiction – GRUPPO NUOVO
Prompt di Blyth:
MICROFONO
ABRASIONE
POMATA
Situazioni dubbie e imbarazzanti in contesto H/C
L’allenamento
intensivo degli ultimi giorni aveva spinto San a superare i propri limiti,
arrivando a terminare il lavoro sempre più tardi tanto da raggiungere le docce
degli spogliatoi completamente senza forze. Il ragazzo scaraventò in un angolo
i vestiti madidi di sudore, si sarebbe impegnato a raccoglierli più avanti.
L’importante era buttarsi sotto il getto dell’acqua bollente e levare via
l’odore del parquet, della fatica e delle lezioni intensive dai capelli scuri e
dalla pelle pallida, approfittando poi di una buona dose di pomata
antinfiammatoria sulle spalle e al braccio destro, particolarmente stimolato
negli ultimi giorni. Si recò rapido in camera, ciabattando furtivo con le
solette di gomma umida dopo aver buttato in lavanderia i panni sporchi: lo sploch che accompagnava i suoi passi rimbombava in
quello che pareva un corridoio completamente vuoto. Gioì di quella
consapevolezza, non aveva granché voglia di incontrare qualcuno, ammise a se stesso sospirando. Dondolò sui talloni fermandosi nel
momento in cui avvertì un passo disinvolto venire in sua direzione, e da dietro
l’angolo destro sbucò il ciuffo biondo di Wooyoung, giusto accanto alla porta
della stanza a letto; si bloccò, i buoni propositi di non farsi beccare
andarono a farsi benedire così come il bisogno di poter riposare entro breve. Tentò
di deviare il percorso ma scivolò con le solette sulle piastrelle e rovinò a terra
imprecando in modo altamente colorito. Il collega si inginocchiò accanto a lui
reprimendo a malapena una risata spontanea, aiutandolo ad alzarsi facendo
trazione proprio sul braccio dolorante dell’amico: una seconda sequela di
parole poco carine aveva accompagnato il gesto, San strinse i denti
massaggiandosi i muscoli che bruciavano sotto alla pelle fresca di doccia,
sentendosi tratto verso l’alto da chi lo stava trascinando all’interno della
stanza senza troppa difficoltà.
«Possibile che non possa lasciarti solo per più di mezz’ora che rischi di
ammazzarti? Sul serio? Dai, piazzati qui e fai silenzio.» Wooyoung non era
nuovo a quel genere di trattamenti: capitava spesso a tutti loro di esagerare
in allenamento e aver bisogno di un piccolo aiuto in gel per sopportare le
sollecitazioni elevate alla muscolatura. Raccolse con disinvoltura il tubetto
posto sulla scrivania a destra dell’entrata e invitò San a sedersi sul letto,
gli si piazzò dietro allargando le ginocchia e accogliendolo tra le cosce avvolte
in comodi pantaloni di tuta chiara, così da aver maggiore spazio di mobilità: spruzzò
poi una dose abbondante di crema direttamente sulla spalla e sul braccio
dell’altro, cominciando a massaggiare con vigore e finta noncuranza.
«Ahia…!» sibilò San tra i denti stretti, mordendo l’interno della guancia
destra cercando di trattenere un altro gemito contrariato. «Lo fai apposta,
vero?»
«Quanto mi conosci?» Continuava Wooyoung, accarezzando ora più docilmente il deltoide
seguendone la linea fino al collo; insistette profondamente, la nervatura
sembrava lottare contro il suo massaggio. Un più alto sibilo fuoriuscì dalle
labbra strette dell’altro, stava tentando in ogni modo di non farsi sentire,
non voleva certo fare la figura di chi non faceva altro che lamentarsi… anche
se, di fatto, ci stava riuscendo benissimo.
«Oh, brucia tanto? Poverino.» Il tono canzonatorio lasciò il posto a due
sopracciglia aggrottate sotto alla frangia bionda che ricadeva ormai
disordinata sul volto improvvisamente serio. «E questo cos’è?» Wooyoung sfiorò
la pelle del collo di San, giusto poco dietro l’orecchio, dove la zona era
arrossata: dei graffi da sfregamento arrossati si mostravano su tutta la
superficie.
Il moro si ritirò come scottato, il bruciore s’era fatto ancora più fastidioso
ora che il braccio pulsava meno: tentò di rialzarsi dalle grinfie sadiche
dell’amico che sorrideva meno, ma venne trascinato nuovamente sul morbido
copriletto arancione.
«Non provarci nemmeno a scappare.» Wooyoung lo afferrò per un polso tenendolo
fermo, mentre allungandosi nuovamente sulla scrivania non lontana dal letto
rovistò a tentoni sulla superficie, spostandosi poi sui cassetti sottostanti
alla ricerca di un disinfettante di cui era sicuro conoscere l’ubicazione –
azione complessa, visto il divincolarsi dell’altro. Un sussulto di trionfo lo
animò nello stringere tra le dita la boccetta. Più difficile fu recuperare
qualcosa per accompagnarne l’utilizzo, e optò per un fazzoletto raccattato
sempre sul mobile.
«No, no sta’ fermo, non provarci, ho detto. Cosa è successo?»
San bofonchiò qualcosa osservando il tappeto peloso di un giallo
particolarmente brillante in cui aveva immerso i piedi, contandone ogni singolo
filo per distrarsi: «dai la colpa a quel cazzo di microfono, durante le prove cantate
della coreografia mi ha fatto ammattire.»
«E metterci un cerotto? Avvolgerci del nastro, fermarlo in qualche modo con un
pezzo di scotch… Cristo, San, devo insegnarti io le cose? E pensare che sono
anni che lo facciamo. Dove avevi la testa? Guarda qui, è tutto rosso… brucerà
un po’, sappilo.»
«Certo che lo s…! Porca troia, ma stai scherzando? Tira via tira via tira via,
brucia!»
«Stai fermo, cosa pensi di fare? Guarda che se ti agiti ti fa peggio, non ho
ancora fin-» Wooyoung sentì mancare l’aria ai polmoni dopo uno scontro diretto
con il gomito di San ben assestato sullo stomaco. «Ma si può sapere cosa fai?»
Lo strattonò verso di sé schiacciandogli il volto sulla coscia, il naso a pochi
centimetri dai lacci dei pantaloni.
«Qui, fermo.»
San non protestò e gemette ancora per il contatto con il liquido disinfettante,
strizzando gli occhi e maledicendo la risolutezza del collega; gliel’avrebbe
fatta pagare, certo, e con gli interessi.
«E non comportarti come un bambino, chi vuoi che ti veda, scusa?»
La porta della camera si spalancò e la zazzera bionda di Felix fece irruzione
nella stanza: il ragazzo trasportava trafelato una cassetta del primo soccorso,
mugugnando qualcosa come “sai, ho sentito che ti lamentavi del dolore durante
gli allenamenti, quindi ho pensato ti sarebbe stato utile questo…” ma stoppò la
frase nel sentir mugolare San con il volto schiacciato contro l’inguine di
Wooyoung dalla stessa mano di quest’ultimo.
Il kit cadde a terra aprendosi e mostrandone il contenuto: una selezione
articolata di bende, disinfettanti, cerotti, aghi e pinzette e un laccio
emostatico ancora sigillato si rovesciò fino a raggiungere il tappeto colorato,
così come era cascata la sensazione di utilità che aveva accompagnato i passi
incerti e imbarazzati di Felix. Il ragazzo coprì con i palmi delle mani il
volto che aveva assunto le più svariate tonalità dal carminio al porpora,
indietreggiò colpendo lo stipite della porta e svanì nel corridoio, camminando
ancora a ritroso.
San alzò la testa di scatto, sentendo un colpo terribile alla cervicale: aveva
intuito cosa era accaduto dal tonfo della cassetta e dalle risate di Wooyoung.
Avrebbe dovuto pensare a come scusarsi per la scena dubbia, ma aveva come
l’impressione che all’amico lì presente non fosse certo dispiaciuta la cosa.