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Autore: Lady_Crow    18/11/2021    1 recensioni
Siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni. Ma di cosa sono fatti i sogni? Cosa significa: “Vissero per sempre felici e contenti”?
 Isabeau e Navarre sono finalmente insieme, ma i loro guai non sono finiti. Marquet, il Capitano della Guardia al servizio del Vescovo, è ormai stato sconfitto; tuttavia, a Roma, suo fratello Leroy preme perché gli vengano assegnati degli uomini, in modo da poter riconquistare Aguillon e vendicarsi.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Etienne Navarre, Imperius, Nuovo personaggio, Philippe Gaston
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Philippe non aveva avuto il tempo di esaminare le capacità di tutti i soldati della guardia di Aguillon. O meglio: non aveva avuto modo di fare calcoli, non avendo affatto idea di quando le truppe nemiche fossero partite, ammesso che fossero già partite; in tutta onestà, però, il ladro non dubitava della realtà della minaccia, giacché i sogni profetici d’Imperius si erano già rivelati affidabili in circostanze in cui avevano dipinto scenari ben meno realistici.
Fortunatamente, in quei due mesi, Etienne aveva avuto modo di conoscere bene i propri soldati – certo, nel limite in cui due mesi potessero essere sufficienti a conoscere duecento uomini – dunque gli era risultato semplice trovare una rosa di nomi da suggerire a Philippe. A dire il vero, il sovrano di Aguillon, con la sua mentalità da guerriero, si sarebbe sentito più tranquillo se l’amico avesse portato con se perlomeno un piccolo gruppo di soldati, ma comprendeva che il ladro seguisse ben altre logiche, e soprattutto il quel contesto non si sarebbe mosso per vincere, bensì per spiare e scoprire; più che di forza, ci sarebbe stato bisogno di muoversi veloci, leggeri, e facendo meno rumore possibile. In fondo, non per niente Philippe Gaston era detto “il Topo”.
Il caso, o forse il destino, volle che – fra gli uomini suggeriti da Navarre – Philippe scegliesse per accompagnarlo proprio Gérard: il soldato che per primo, dall’alto delle mura di Aguillon, aveva avvistato lui e Imperius avvicinarsi per portare alla città le loro nefaste nuove. Forse però, se l’avesse incontrato prima del viaggio, invece di limitarsi alle descrizioni di Navarre per risparmiare tempo prezioso, non avrebbe deciso di portare con sé proprio lui, perché la sua presenza, in qualche modo che non comprendeva pienamente, lo metteva a disagio.
Adesso si erano lasciati alle spalle Aguillon già da qualche ora, col favore della notte; non avevano sperato di riuscire a percorrere un lungo tratto di strada senza luce, ma semplicemente di potersi addentrare nel bosco e di allontanarsi un poco, in modo che ci fossero meno possibilità di essere visti mentre lasciavano la città, qualora il nemico li stesse già osservando. Ora, con la schiena e la testa poggiate ad un tronco, il cappuccio tirato sulla faccia, con un occhio semiaperto, cercando di non farsi notare, Philippe osservava il soldato dormiente, che in posizione simile alla sua si era appisolato davanti a lui, appoggiato ad sempreverde. L’odore del bosco, seppur pungente, era piacevole, e lo faceva sentire vivo, soprattutto quando faceva paragoni col tempo trascorso nelle prigioni di Aguillon, fra il tanfo di chiuso e taluni tipi di olezzo che sperava di vivere abbastanza a lungo da dimenticare. Qui, in questo momento, in parte aveva paura, ma soprattutto si sentiva libero; e ora che ci pensava, non ricordava di essersi mai sentito davvero libero senza provare, di fondo, quello stesso filo di timore; forse una cosa non poteva esistere senza l’altra? Adesso, ad ogni modo, non era la paura ciò su cui si stava concentrando. L’umidità e il suono dei richiami degli uccelli notturni sembravano metterlo in contatto col proprio istinto, e questo lo portava a domandarsi quale fosse la natura del disagio che provava difronte a questo soldato. Anche così, avvolto dal mantello e col viso in gran parte coperto, pur essendo di corporatura esile e di modesta statura, dava l’idea di essere forte, probabilmente grazie agli anni di addestramento; però c’era dell’altro.
“Hai finito di fissarmi?” domandò il giovane a mezza bocca, un po’ divertito e un po’ infastidito, un attimo prima che il cappuccio per un attimo rivelasse un sorriso sornione mentre si stiracchiava come un gatto.
Ecco! Ecco cosa lo faceva stare sulle spine: Gérard gli ricordava un gatto.
Philippe quasi si spaventò, perché nell’esatto momento in cui ebbe finito di formulare quel pensiero, il suo compagno di viaggio emise un lieve grugnito; talmente lieve, da ricordargli il suono delle fusa. Cercò di rimanere fermo e immobile, continuando a respirare profondamente, in modo che perlomeno Gérard non potesse avere la certezza che fosse davvero sveglio e che lo stesse fissando, ma non poté fare a meno di domandarsi se, qualche mese, prima non avesse avuto ragione a pensare di essere diventato matto.

   
 
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