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Autore: Little Firestar84    19/11/2021    4 recensioni
Sogno o realtà...o qualcos'altro?
Kaori si sveglia, in un letto non suo, con in braccio un bambino che non ha mai visto- ma che assomiglia in maniera impressionante a Ryo - e con in testa solo alcuni ricordi frammentati, che culminano tutti con la fuga dalla nave di Kaibara, e Ryo che l'abbracciava, stretta...
Ma dopo, cosa le è successo esattamente?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
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C’era qualcosa di estremamente strano nel rifare il letto, riordinare la camera di Ryo, sapendo che quella, adesso, era anche la sua camera. Prima di andare a dormire, il cuore palpitante ed emozionato, e forse anche un po’ impaurito, all’idea di cosa sarebbe potuto accadere, Kaori aprì il loro armadio, e sfiorò con tocco delicato i vari capi… da una parte i suoi - più femminili e delicati di quelli che era solita indossare, dall’altra quelli di lui, non propriamente divisi, un mix eterogeneo che rappresentava ciò che erano sempre stati e che ancora dopo anni erano. 

Afferrò una camicia bianca leggermente sgualcita dalla sua gruccia, e sedendosi sul letto se la portò al naso, assorbendo il profumo unico che era Ryo che era rimasto addosso al capo, nonostante lei l’avesse molto probabilmente lasciato fuori… quel mix così unico e peculiare che gli era entrato sotto alla pelle, in ogni cellula del corpo, che quella piccola bambina meravigliosa come Shiori aveva associato a casa e alla sua famiglia di origine, preferendo lui alla più materna Kaori.

La fede alla sinistra, l’anello lasciatole dal fratello alla destra: fissando la piccola pietra rossa, l’anellino da bambina di poco valore, Kaori tornò ancora una volta con la mente all’ultima cosa che ricordava con assoluta certezza e lucidità, quando si erano apprestati ad andare ad affrontare Kaibara. 

L’anello che ti ha dato Makimura… sciocca, volevi portarlo con te? Non penserai mica di non poterlo mettere mai più, vero? Non scherzare! Sembra quasi che andiamo a morire! Lascialo a casa! Lo rimetterai quanto torniamo. Hai capito, Kaori?

Alzò la mano e studiò la piccola gemma tondeggiante, splendente alla luce artificiale del lampadario, e sorrise, immaginandosi che magari fosse stato proprio Ryo a rimetterglielo al dito… se lo vide far scorrere la fedina come fosse stata un anello di fidanzamento, ed il pensiero la fece scoppiare a ridere: conosceva Ryo da ormai oltre dieci anni, e nonostante una parte di lei avesse sempre pensato che Ryo avesse il potenziale per essere un bravo padre di famiglia, Kaori si era convinta che non sarebbe mai e poi mai successo, non con lei, almeno.  Ryo era abituato ad essere corteggiato ed amato da donne belle, ricche, potenti…

Perché scegliere lei, povera in canna, quando poteva avere benissimo Yuki e divenire re? 

Perché scegliere lei, maschiaccio senza forme, quando c’erano a disposizione Reika o Saeko o Kasumi?

Eppure, è successo. Ha scelto me… 

Sospirò, pensierosa, maledicendo ancora una volta il fatto di non capire cosa stesse accadendo e di non conoscere gli ultimi anni della vita di quella Kaori, tenendo ancora in grembo la camicia di Ryo. A volte in passato si era concessa questo piccolo lusso, rubargli un  capo, assaporare il suo profumo ed immaginato di essere avvolta dal forte e caldo abbraccio del socio, ma lo aveva fatto solo quando era certa che lui non ci fosse o fosse troppo addormentato o troppo sbronzo per vederla. Ma i sogni erano sempre stati solo quello, e Kaori li aveva sempre ricacciati via con decisione, maledicendosi per la sua stupidità infantile.

Eppure, è successo. Ha scelto me.

“Disturbo, regina del mio cuore?” Persa nei suoi pensieri e nelle sue elucubrazioni interiori, Kaori non si era accorta dell’arrivo di un ospite; occhi colmi di lacrime, si alzò in piedi di scatto, lasciando cadere a terra in un mucchietto di stoffa la camicia del marito, e travolse impetuosa, con la furia di un uragano, il nuovo venuto, gettandogli le braccia al collo e singhiozzando in maniera quasi isterica. “Ma, ma, Kaori, nemmeno fossi tornato dalla guerra…. Ci siamo visti ieri mattina l’ultima volta!”

Avvertendo una leggera nota di imbarazzo nella voce, Kaori si scostò; imbarazzata lei stessa, stette davanti all’uomo, mani giunte davanti a sé mentre tirava su con il naso come una bimbetta, ed occhi sfuggenti.

Si permise però di dare un’occhiata a quell’uomo che, nonostante l’amore per Ryo, l’aveva attratta- forse perché così simile a lui nel carattere, ed allo stesso tempo, così diverso. 

Entrambi micidiali sweeper, entrambi farfalloni un po’ (tanto) maniaci, entrambi affascinanti, e ritrosi ad iniziare un vero rapporto sentimentale basato sull’onestà e sul reciproco affetto. 

Lui però era più elegante e raffinato di Ryo, e aveva dimostrato di essere aperto alla possibilità di amarla: forse per questo ne era stata così fortemente attratta. 

“Scusa, Mick, è che mi hai presa un po’ alla sprovvista….” Ammise, guardandolo di sottecchi, cercando di mascherare la sorpresa di averlo davanti a sé in vita; ancora una volta Kaori si domandò cosa fosse quell’esperienza - sogno o realtà?- e se davvero Mick si fosse salvato, o se fosse tutto il frutto della sua mente, anche se aveva un ricordo, o forse un’impressione...

Sfiorò il collo, dove fino al giorno prima – o una vita prima - c’era stato quel ciondolo che lui le aveva donato, quel curioso portafortuna, il primo proiettile che l’americano avesse mai sparato, e sperò con tutto il cuore che quella fosse la realtà – non solo perché Ryo era in pace come non lo aveva mai visto prima, o perché il suo sogno si era realizzato, ma perché il loro amico era vivo, con loro. 

Kaibara non aveva avuto questa vittoria.

Sorridendo dolce, pensierosa, Kaori scrollò il capo lieve, e andò a sedersi su una poltroncina rossa; a casa loro non c’era ancora quell’articolo, ma tempo prima le era capitato di vederla mentre andava a fare acquisti in un grande magazzino con Miki ed Eriko, e aveva immaginato che sarebbe stata perfetta in camera, l’ideale per sedersi e leggere un buon libro mentre sorseggiava un bicchiere di vino o una tazza di the, magari una cioccolata calda, oppure appoggiare i suoi capi alla sera.

Accarezzò pensierosa il tessuto soffice proprio come l'aveva immaginato, lanciò un’occhiata all’anello nuziale, una all’amico, e si accarezzò il ventre…. la casa dei suoi sogni, i suoi amici, la sua famiglia: cercò di convincersi che non era troppo bello per essere vero, ma ormai era abituata alle delusioni, ad avere solo qualche contentino. 

“Kaori…” Mick le si avvicinò; inginocchiatosi davanti a lei, le pose una mano sulla spalla, e sospirò triste vedendola che si asciugava, con il pugno chiuso, le lacrime, fingendo di essere più forte di quello che era - e per il loro bene, come aveva fatto fin dalla primo giorno in cui era entrata nella loro sgangherata famiglia di sweeper e mercenari. “Kaori, cosa succede? Ci stai facendo preoccupare…”

“Sono solo una sciocca, Mick, tutto qui.” Si limitò a dire, dissimulando il suo miglior sorriso. “Brutti pensieri, sogni, i ricordi, belli e brutti… lo sai come sono. A volte mi faccio prendere dalla malinconia.”

“In realtà, ti capisco, sai?” Mick si sedette sul letto, accanto a lei, e gettò a terra i guanti bianchi che indossava. Kaori quasi urlò per lo spavento, quando vide cosa la pelle conciata bianca nascondeva… cicatrici, alcune chiaramente di ustioni, altre di tagli. La donna si sforzò di uccidere sul nascere un singhiozzo, sapendo fin troppo bene che Mick non avrebbe accettato alcuna pietà, da nessuno, nemmeno da lei che era stata il suo primo amore e che era divenuta la sua migliore amica. 

“Anche io mi sento così quando si avvicina l’anniversario della morte di Kaibara, capisco che possa essere lo stesso anche per te e Ryo, soprattutto per lui, ancora adesso che è padre. Per quanto ami il professore e rifiuti il passato, Kaibara è e sempre sarà la cosa più simile ad un genitore che lui abbia mai avuto. Che si interroghi sul suo ruolo di padre in questi frangenti non è solo naturale, ma salutare - vuole dire che ha un’anima, e per questo deve ringraziare solo te. L’hai davvero cambiato, sai? Lo dicevano sempre anche Sonia e Mary… avevi preso un demonio trasformandolo in un brav’uomo.”

Mick prese a far scorrere il pollice sulla pelle violacea, tesa e in rilievo; sembra perso in un mondo tutto suo, la mascella squadrata tesa in una linea dura, Kaori giurò perfino di poter vedere il pulsare del sangue all’altezza delle tempie. 

Rabbia, dolore, odio - ecco cosa le trasmetteva il volto di Mick, che poi però si voltava verso di lei e le comunicava tutto l’affetto che nutriva per lei. Non avvertiva più l’amore strabordante e totalizzante dei primi tempi in cui si conoscevano: Mick era ora cresciuto, e le voleva bene, lei era più di una sorella e meno di un’amante. 

Per quanto immaginasse che fosse così, nonostante a volte il suo Ryo le sembrasse identico a quello che aveva incontrato quando aveva solo sedici anni, a volte Kaori faceva fatica a crederci… e soprattutto faticava a credere che quella Kaori, quella di cui abitava il corpo, quella del sogno, qualunque cosa fosse – avesse un Ryo così… così perfetto. Così suo.

Ryo poteva davvero cambiare così tanto? Lo avrebbe mai fatto? Per lei, per giunta?

Forse. O forse no. 

“Ah, ma allora non è solo Kaibara a turbare quella tua bella testolina…” Mick la prese in giro, facendo schioccare la lingua contro il palato; si distese sul letto, puntellandosi con i gomiti per poter continuare a guardare Kaori, ed incrociò le caviglie. Prese a fissare il soffitto, con un sorrisetto stampato sul viso, fingendo di essere perso nei suoi pensieri e nelle ipotesi più strambe.

“Allora, cos’è che ti fa stare tanto male, Kaori? Conoscendoti, non può che trattarsi di una questione di cuore… forse ti interroghi ancora su cosa tuo fratello avrebbe voluto per te e Ryo o forse…fammi indovinare, si tratta di una cosa più maliziosa… il caso che Ryo ed io abbiamo seguito con Saeko mica ti avrà fatto preoccupare, vero? O semplicemente ti ha ricordato come quel bastardello del mio migliore amico si è comportato al matrimonio di Miki e Umi, quando ci ha provato con Saeko e poi faceva tanto il santerellino perché non la smettevi di essere arrabbiata, ih, ih, ih!”

“Figuriamoci se io mi preoccupo per quella!” Kaori rispose, risentita, belligerante, mettendosi immediatamente sulla difensiva, come pure ogni suo atteggiamento fisico dimostrava; mento sollevato, si era raddrizzata, tendendo i muscoli fino a quasi star male, la mano sinistra appoggiata al ventre con fare protettivo. La sua postura però metteva in evidenza il ventre leggermente e dolcemente arrotondato, quasi a voler dimostrare che era nel suo grembo che stava crescendo la figlia di Ryo, e non in quello di una di quelle svenevoli manipolatrici con cui lui aveva amato passare il suo tempo in passato.

Sospirò, un po’ rattristata: un altro tassello da aggiungere a ciò che non conosceva, o non ricordava: Miki aveva finalmente coronato il suo sogno d’amore- e Kaori, la sua migliore amica, non lo ricordava. 

“E fai bene!” Mick la punzecchiò, risvegliandola da quei pensieri tristi. “Anche se non vi foste messi insieme, Ryo non sarebbe mai andato fino in fondo con Saeko. Gli piaceva stuzzicarla, ma tutte quelle battutacce che le faceva, le avances… guarda caso  gliele propinava sempre quando tu eri presente, perché gli è sempre piaciuto farti ingelosire!”

“Sì, però…” Kaori si morse le labbra, un po’ petulante. “Mica era obbligato a… insomma, ad essermi fedele quando non stavamo insieme. Me lo ripeteva sempre…. Kaori, smettila di dirmi che ho l’amante, mica stiamo insieme noi, non siamo sposati!” 

“Forse,” l’amico scrollò le spalle. “Ma tu sei sempre stata la cosa più simile ad una famiglia che Ryo abbia avuto dopo Kaibara. E comunque, con Saeko non ci sarebbe mai stato perché era pur sempre la donna del suo migliore amico, Reika è un po’ troppo dominante e pretende di essere solo lei quella con i pantaloni in famiglia, Kasumi ha la famiglia che si ritrova, Miki è la donna di Falcon, e la bella Kazue…. Eh, beh, lì non c’era gara. Perché prendere Ryo quando ha potuto avere me?”

La donna sgranò gli occhi, cercando di mascherare la sorpresa… Mick e Kazue? Le sembrava quasi impossibile… certo, una parte di lei era un po’ ferita all’idea di essere stata rimpiazzata – chissà quanto velocemente poi - ma si disse che doveva essere felice, e che forse, se Mick si era aperto alla possibilità di amare davvero qualcuno, il merito era anche un po’ suo. 

“A parte, mia bellissima amica, che non capisco perché ti fai tutti questi problemi adesso…” L’amico la  prese leggermente in giro, dandole un leggero pizzicotto alla guancia – un segno che indicava la familiarità che li legava, il loro legame, il fatto che per lui ormai Kaori fosse come una sorellina. “Vuoi sapere cosa ne penso io? Goditi questo momento. Godetevelo tutti e due… e ricordati che Ryo ti ama. Ti ha amata più a lungo di quanto tu possa credere… sei l’unica donna che abbia mai visto o trattato come moglie, e questo ben prima che vi sposaste. Cosa credi? Guarda che anche lui è stato parecchio geloso di te… e contrariamente a quanto ti ha fatto sempre credere, tu lo eccitavi e pure parecchio!”

L’uomo scoppiò in una fragorosa risata, mentre Kaori lo guardava a bocca aperta, incredula…. Ryo, geloso di lei? Certo, lo aveva capito che questo Ryo era innamorato della sua Kaori, ma vederlo geloso le sembrava così… così strano… “Ryo…. Geloso? Di me?”

“Che razza di domande…. Certo! Non lo sai? Tutte le volte che c’era un uomo che ti girava intorno Ryo se ne stava a farti la posta, e nemmeno te ne accorgevi, ih, ih!” Mick continuò, facendo schioccare la lingua contro il palato mentre gli si accendeva una luce sinistra negli occhi azzurri come il mare. “Keichi, Kitao, Uragami… IO!  Eh, se ripenso alla notte in cui ti ho quasi rubato il tuo primo vero bacio, ed invece lui ha fatto scattare gli allarmi. Che iella, ma ci pensi? Magari se la mia visita notturna fosse andata a buon fine saresti la mia di mogliettina, adesso!

A Kaori si abbassarono le spalle, e sbuffò, tentata di prendere l’amico a martellate… era inutile, Mick non sarebbe cambiato, mai – per fortuna, forse. Era bello sapere che, dopotutto, nonostante ciò che era accaduto, nonostante il loro amico avesse rischiato la morte – e chissà, fosse stato forse prigioniero di Kaibara – non fosse cambiato nel profondo, ed il suo rapporto con Ryo fosse rimasto immutato.

Anche se, a quanto sembrava, avevano lottato per il suo cuore - anche se a modo loro...

“Che fai, dici stronzate a mia moglie, brutto cretino?”  La coppia di amici alzò lo sguardo in direzione della porta; vestito con il suo solito look, che negli anni Kaori aveva imparato ad accettare (nonostante per lei fosse inconcepibile come un uomo potesse comprare dieci mise tutte identiche per risparmiare tempo… certo, con i jeans neri aderenti che facevano risaltare i muscoli guizzanti Ryo stava molto più che bene, ma quelle giacchette azzurrognole e le magliette perennemente stropicciate gli davano un po’ l’aspetto del vagabondo senza fissa dimora, e poi, un po’ di fantasia non sarebbe certo guastata), Ryo li guardava con l’espressione da cane feroce. 

Mick scoppiò a ridere e, fu più forte di lei, lo stesso fece Kaori. “Ma bene, sono felice, io sto a sbolognarmi quella peste che non vuole addormentarsi e voi due scoppiate a ridere alle mie spalle! Mia moglie ed il mio migliore amico…. Tsk, siete proprio anime gemelle!”

“Dai, dai, che stavo decantando le tue lodi, old brother!” Mick si alzò, e diede una pacca sulle spalle di Ryo mentre usciva dalla stanza, facendogli l’occhiolino. “Io taglio la corda, ma tu, Stallone, guarda di darti da fare e rendi onore al tuo soprannome, che la mogliettina si sente trascurata. Mica vorrai che venga a provare la mercanzia della concorrenza!" 

Ryo si voltò a guardare Mick, che da solo si accomodava fuori, alzando un sopracciglio con fare interrogativo; poi, si voltò verso Kaori, che era intanto arrossita come un peperone e si era fiondata, nonostante fosse ancora vestita di tutto punto, sotto alle lenzuola, coprendosi fino alla punta del naso, rendendo ancora più perplesso Ryo, che la guardava quasi fosse una pazza. 

“Kaori, cosa stai facendo?” Le domandò, afferrando il lenzuolo con una mano e gettandolo a terra, lasciando la sua compagna seduta in mezzo al letto matrimoniale, inginocchiata. Ryo la guardò con sguardo malandrino, a malapena celando una risata; poi, a carponi, la raggiunse, e le lasciò un delicato bacio sulla punta del naso prima di leccarsi le labbra ed assumere quell’espressione assatanata che, purtroppo per lei, negli anni Kaori aveva imparato a conoscere fin troppo bene.

Anche se, a dirla tutta, quella era la prima volta che lei gliela vedeva addosso diretta a lei. 

“Dì un po’, ti ricordi quando eri tu a buttarmi giù dal letto così? Eh, quanto tempo è passato... però, io, mica ero tutto vestito…”

La donna arrossì, il suo incarnato ormai dello stesso colore dei suoi capelli; Kaori abbassò lo sguardo, timida, ma tuttavia la sua mente non poté esimersi dall’andare lì, dal ricordare le tante, troppe mattine in cui aveva svegliato Ryo, gettandogli le coperte a terra, trovandolo nudo ed eccitato… un’eccitazione che adesso scopriva essere dovuta anche a lei!

Lui la guardò, dolce, una dolcezza così intensa che il cuore di Kaori le scoppiò nel petto, e lei si sentì mancare. Quello di lui era uno sguardo pieno d’amore, che raccontava senza una sola parola tutto il loro rapporto… e se Kaori faticava a credere alle parole, era impossibile rifuggire a quegli occhi. Ryo poteva mentire con la bocca, ma non con gli occhi. A quelli, Kaori avrebbe sempre creduto, qualsiasi cosa fosse mai accaduta, qualunque fosse stato il loro rapporto.

Con le lacrime agli occhi, la donna accarezzò la guancia dell’uomo, che lasciò un bacio sul palmo della mano di Kaori, mantenendo saldo in contatto visivo, lasciandosi andare a quel tocco delicato arrivando ad emettere un suono che non era dissimile da quello delle fusa di un gatto.

Fulmineo come era arrivato, Ryo si staccò da lei. Rimase però sul letto, seduto sui talloni, e con un movimento sensuale e lento, degno di uno spogliarellista, si tolse la maglietta, e a Kaori mancò il fiato, mentre, tentata,  allungava una mano verso quel torace muscoloso, possente, cesellato neanche fosse stato una statua di marmo – Ryo, bellissimo e suo… ma lo era davvero?

L’uomo prese a guardarla, curioso, intrigato, il capo inclinato verso la spalla. A vederlo così, il cuore di Kaori prese a battere all’impazzata, con la potenza del battito d’ali di una creatura imprigionata in gabbia… era così potente che la donna temette che Ryo potesse scorgere il movimento attraverso la delicata mussola bianca dell’abito che indossava. 

Conosceva quello sguardo, dolce eppure potente; Ryo guardava così le donne quando voleva farle capitolare, voleva provarci un po’ più seriamente… era un’espressione che di rado gli aveva visto addosso, eppure ricordò con sconcerto le poche volte che quello sguardo era stato rivolto a lei, e si chiese se, sotto, sotto, quel giorno, quando Silver Fox aveva attentato alla sua vita, una parte di Ryo non l’avesse desiderata davvero, o se la sua fosse stata davvero una finta, uno scherzo. Ryo sembrò percepire i tumultuosi pensieri della donna, ed abbassò gli occhi, un po’ imbarazzato, un po’ colpevole, tanto triste.

Sulle labbra di Kaori spuntò un sorriso da ragazzina: Ryo era davvero tenero, si era sempre dato tante arie da uomo di mondo, ma con lei si comportava come un ragazzino innamorato alle prese con i primi batticuori!

“Non… non mi vuoi, Kaori?” le domandò, impacciato. “Se… se non hai voglia… posso… posso… ehm… posso almeno coccolarti un po’?”

Kaori si morse le labbra: già, Ryo si comportava davvero come un ragazzino alla prima cotta, anche se…. Dopo tutto, cosa ne sapeva lei, che poteva contare sulle dita di una mano gli appuntamenti che aveva avuto nel corso della sua vita, che fino a ventisette anni non era mai stata baciata- e anzi, tecnicamente lei, quel primo vero bacio, non lo aveva ancora ricevuto… o lo aveva forse dimenticato? Il fatto era che in testa aveva una tale confusione, ma soprattutto tanta paura e tanti dubbi. Non si sentiva davvero a casa, in quel corpo un po’ più adulto del suo, e non voleva essere baciata da… da un altro, anche se quell’uomo era, in un certo senso, Ryo. 

Ma non era il suo Ryo… e se quel primo vero bacio doveva accadere, voleva che fosse con lui, con quel debosciato del suo socio, e non con il premuroso marito e padre di famiglia di un’altra Kaori!

“No, no, non è questo, è solo che…” Kaori prese a giocherellare con le dita, cercando di capire quale scusa inventarsi, immaginando che, nonostante la piccola Sara potesse leggere nel pensiero, nonostante Mami fosse stata uno spettro in grado di possedere i corpi altrui, il viaggio nel tempo potesse essere perfino un po’ troppo pazzo per gli standard di Ryo.

Cosa dire? Cosa inventarsi?

Kaori lo guardò, sentendosi quasi una ladra, e colpevole…. E avvertì di non potergli mentire. Decise quindi di girare intorno alla verità, senza però mai giungere al vero nocciolo della faccenda, quel curioso transfer di corpi attraverso lo spazio ed il tempo – se di questo si trattava, perché la donna continuava ad avere i suoi dubbi, ma d’altronde, un sogno poteva essere così realistico? Ne dubitava.

“Solo che, l’avere di nuovo a che fare con Silver Fox, mi ha fatto tornare in mente il passato. L’ultima volta che l’abbiamo incrociato.” Si corresse, facendo una linguaccia sbarazzina. “Beh, la penultima volta che l’abbiamo incrociato.”

“Oh?” Ryo la guardò, cambiando improvvisamente espressione; interessato, sembrava a dir poco deliziato, ed il suo volto assunse quell’aria da pervertito che lei, purtroppo, conosceva fin troppo bene. “Quindi… quindi vuoi dire che sotto a quel bel vestitino hai la tua tutina? Dimmi Kaori, è quella sgambata o quella a fuseaux? A me va bene tutto, adoro scartarti lo sai, ih, ih, ih! Scommetto che con il pancino da gravidanza adesso sei pure più sexy con quella cosuccia rossa…. Ih, ih, ih!”

“Brutto maiale!” Stavolta, la martellata fu vera, una di quelle che lo piantarono senza troppi problemi nel pavimento. Kaori gli stette davanti, mani ai fianchi, inferocita, eppure le gote arrossate, caratteristica imprescindibile di quella donna dall’animo così puro ed innocente. Quella dualità tutta sua era un connubio che, segretamente, aveva sempre attizzato Ryo, che a vederla così si sentiva ancora più spronato nel suo bisogno, quasi fisiologico, di compiere uno dei suoi sensuali attacchi. “Sono seria, Ryo! Io stavo davvero pensando alla volta in cui Silver Fox ha tentato di uccidermi, e a come tu ti sei comportato con me!”

“Ti riferisci al fatto che volevo tanto, tanto, tanto fare l’amore con te con la scusa di farti diventare veramente la mia donna? Ma, Sugar, lo sai che dicevo sul serio… solo che poi mi sono fatto prendere dal panico quando ho visto quanto anche tu lo volevi, e allora ti ho lasciato credere che era uno scherzo!” Ryo le domandò, portandosi un dito al mento. Come suo solito, si era già ripreso dalla sonora martellata che la socia gli aveva rifilato come punizione divina per il suo comportamento lascivo. “Kaori, sei sicura di non soffrire di nuovo di amnesia? Sembra che ti sia dimenticata certe cose…”

“Non lo so, Ryo, è solo che… con quello che è successo, e… e i miei sogni, ho ripensato molto al passato, e…” La donna si chiuse nelle spalle, quasi a creare un bozzolo protettivo intorno a sé; incapace di incontrare gli occhi del compagno, si portò la mano sinistra al grembo. “Mi chiedo come si possa essere così felici. Mi sembra quasi, non lo so, irreale. Tutto questo… è più di quanto io abbia mai osato sperare.”

“E cosa mi dici di questo, Kaori?” Ryo la studiò, comprensivo. Afferrò delicatamente la mano che Kaori aveva posato sul grembo, e se la posò sul petto, intrecciando le dita delle loro mani sinistre. Sotto alla pelle, la donna sentiva battere il cuore di lui, che continuava a studiarla neppure fosse stata la cosa più bella e preziosa nell’intero mondo. “Questo ti sembra abbastanza reale? Questo cuore batte per te Kaori- e con te. Perché, come mi aveva detto una volta una ragazzina molto più saggia di quello che sembrava, i nostri cuori sono sempre stati uniti.”

Kaori fece cenno di sì col capo, senza tuttavia dire una sola parola; si strinse a Ryo, che la prese tra le braccia e la cullò dolcemente, lasciando che il battito del suo cuore la calmasse. Occhi socchiusi, la donna si godette quel momento, mentre lui prese ad accarezzarle le ciocche morbide.

“Sai, questo cuore, batte col mio, eppure sembra quasi che oggi rallenti, perda i colpi.”  Le sussurrò. “Quasi come se non fossimo in completa sintonia. Quasi come se tu avessi scordato cosa ci aveva fatto diventare una cosa sola… o fossi così turbata dai tuoi incubi da mettere in dubbio tutto quello che abbiamo costruito insieme in questi anni.”

Tra le sue braccia, Kaori si paralizzò: Ryo sapeva – aveva capito. Ma cosa? Che lei non era la sua Kaori? Che aveva scordato cosa fosse accaduto dopo lo scontro con Kaibara? Come poteva lui avere una soluzione a quell’enigma, se non l’aveva lei stessa?

Le baciò la fronte, come quel giorno sulla cima del loro palazzo, e prese a sussurrare, a narrare, rievocare il loro passato, la loro storia d’amore, così a bassa voce che pareva quasi che ogni singola parola andasse persa nel vento – ma lei sentiva tutto, ogni parola, con la mente e con il cuore gonfio di amore percepiva ogni sacrosanta parola, come se lui le avesse urlate. 

Ryo ricordò tutti gli uomini che l’avevano corteggiata, le disse che aveva davvero temuto che Uragami avrebbe potuto innamorarsi di lei e portarla via, o che Mick avesse potuto vincere il suo cuore, dividendoli per sempre. Le raccontò di quanto era stato difficile lavorare per  e con Sayuri, intimorito che Kaori avrebbe potuto scegliere la sorella… e poi rise mentre ammetteva di come lei l’avesse letteralmente steso, la prima volta che gli si era parata davanti in costume da bagno, bellissima, perfetta, meravigliosa, di come, la volta in cui Silver Fox le aveva sparato, lui aveva perso tempo a guardarle il fondoschiena… E poi, le raccontò anche della prima volta in cui era stato tentato di baciarla, un po’ per sfida verso sé stesso, un po’ verso quel moccioso irriverente di Takuya… ed invece di baciare Kaori, per capire come sarebbe potuto essere tra loro, era tra le braccia di Atsuko, la bella maestra, che era finito!

Kaori, scherzosamente, gli diede un leggero pugno sul petto, a cui Ryo reagì piagnucolando in modo sfrontato ed esagerato; poi, entrambi scoppiarono a ridere. Le loro risate riempirono la camera, fino a perdersi una volta che il silenzio prese di nuovo il sopravvento: un silenzio confortevole, che sapeva di intimità, rispetto, conoscenza reciproca, pace, tranquillità, fiducia... e di casa.

“Sai, non è da te aprirsi così… lo hai fatto così raramente in passato…” Kaori sospirò ad occhi chiusi, mentre disegnava con un dito ghirigori immaginifici sul petto di Ryo, facendolo tremare di desiderio, il pomo di Adamo che si alzava ed abbassava al ritmo del suo pazzo cuore. 

“Lo so che sono un farfallone, ma due o tre discorsi seri li ho fatti, e credo che fossero quasi tutti con te.” Ryo scrollò le spalle con nonchalance, mentre continuava, quasi ossessivo, a far scorrere la mano nei soffici capelli di Kaori.  “E poi, ti capisco. A volte anche io mi sono svegliato nel cuore della notte, capita che mi chieda se tu sia davvero con me o… o ancora in coma, e io stia solo sognando tutta questa nostra vita.”

Kaori strinse i denti, gli occhi, sempre più certa che Ryo potesse avvertire quel suo turbamento; diceva di capirla: ma quella di lui era una paura infondata, data dai loro trascorsi, o come quella di lei, una disarmante consapevolezza, la certezza che tutto quello fosse un sogno, una vita appartenuta ad altri, e che se si fosse addormentata di nuovo avrebbe potuto svegliarsi e ritrovarsi di   nuovo prigioniera della sua vita, della suo routine?

Paura, insulti, battutacce, i maltrattamenti di Ryo, che troppo spesso la trattava alla stregua di una cameriera… Kaori stava provando il paradiso in quella immaginifica realtà, ma sapeva che  una volta svegliata l’avrebbe attesa l’inferno.

Un cuore spezzato. 

Ma adesso, desiderava solo godere di quegli attimi, bearsi di essi come se le appartenessero davvero. Fingere di essere un’altra persona, che quella fosse la realtà. Il suo mondo. 

Che la bella donna dai capelli ramati che le arrivavano alle spalle, dal pancione che diveniva ogni giorno più prominente, fosse lei.

“Certi incubi sono una brutta bestia, Kaori, te lo dice uno che lo sa.” Ryo le diede un bacio delicato sulla fronte, sistemandole una ciocca di capelli ribelli, e proprio come la prima volta che lo aveva fatto, quando lei aveva deciso la data del suo compleanno, lei si accaldò immediatamente. “Anche io spesso sognavo di perderti… e poi quando venivi a svegliarmi in questo letto, ti trattavo male e ti tenevo a distanza, perché, non lo so… forse credevo di proteggerti. O di proteggere me stesso. Ma tu non devi fare così con me, Kaori. Io sono disposto a darti i tuoi spazi - ma a patto che tu non lasci mai il mio fianco. Solo così potrò mantenere le mie promesse.”

“Le… le tue promesse…” Kaori sollevò gli occhi, che brillavano, colmi di speranza, incontrando quelli luminosi di Ryo; lui, sorridendo un po’ tronfio e pacioccone, fece segno di sì con il capo. 

“Già… quella che ti ho fatto sulla nave, prima che ci baciassimo, di non farti piangere con la mia morte… e quella che ti ho fatto al matrimonio di Miki e Umi, di vivere per te… la donna che amavo. Che amo.” le fece l’occhiolino, facendo schioccare la lingua contro il palato. Poi, prese la mano destra di Kaori, e baciò l’anello che per anni Hideyuki aveva tenuto per lei, l’unico ricordo tangibile che la ragazza avesse della sua famiglia d’origine. “Te l’ho ripetuto quando ti ho chiesto di sposarmi e ti ho messo questo anello al dito, e ti ho fatto vedere il passaporto che Saeko mi aveva procurato… davvero non lo ricordi, Sugar? Sei così turbata?”

Kaori sorrise, dolce; si appoggiò contro di Ryo, stringendolo forte, con sicurezza – sentendosi forse per la prima volta veramente parte di qualcosa, emozionata – come lo era ogni volta che sentiva quel nome lasciare le labbra di Ryo, ricordandole da quanto tempo lo amava. 

Posò due dita sulle labbra dell’uomo, per zittirlo; non sapeva ancora, non capiva cosa fosse successo, ma se quello era il futuro, non voleva sapere nulla, le bastava la consapevolezza che c’era la possibilità di un domani, di un futuro, per loro- e non solo come City Hunter, ma come Ryo e Kaori. Kaori però era certa di una cosa: quel domani, lei lo voleva vivere, attimo per attimo, giorno per giorno.

Voleva essere sorpresa – proprio come Ryo l’aveva sorpresa con l’ammissione che quel bacio per cui lo aveva castigato anni prima era stato diretto a lei.

Che il giorno in cui era entrato nel backstage della sfilata di Eriko era stato non con la segreta speranza di vedere  le altre modelle nude, ma lei.

La voleva. L’aveva sempre voluta. E adesso, non aveva paura ad ammetterlo, a mostrarlo. Sarebbe stato lo stesso per il suo Ryo? Non lo sapeva, ma doveva ammettere che adesso iniziava ad essere curiosa…

Allungandosi verso di lui, gli lasciò un bacio, casto eppure colmo di sensualità e desiderio, sulla guancia, proprio all’angolo delle labbra. Ryo nemmeno fosse stato al suo primo approccio con l’altro sesso, arrossì, emozionandosi. Si strinsero l’uno nelle braccia dell’altra, e si coricarono, intrecciando le loro gambe, cullandosi a vicenda al ritmo dei rispettivi respiri. Kaori non avvertì tuttavia il desiderio di piangere: anzi, il calore che Ryo le dava, tanto fisico che emotivo, la rincuorava, le dava speranza, e quelle parole, quelle confessioni… prese a ripensare al passato, a tutte quelle cose che Ryo, Mick e gli altri avevano raccontato, e vide tutti quei fatti con occhi nuovi.

Possibile che…

Ridacchiò, di una delicata risata gentile, che soffocò nel petto del suo uomo: forse, del domani non poteva avere certezza, ma di una cosa era certa, non avrebbe permesso che il ricordo di quella giornata finisse nel dimenticatoio, vi si sarebbe aggrappata con le unghie e con i denti e avrebbe lottato… se Ryo l’amava, come lei amava lui, allora avrebbe fatto di tutto per farlo capitolare, e convincerlo a dare loro una possibilità.

Un giorno, si disse, avrebbe rivissuto quella giornata con i loro amici, con la loro famiglia. E lo avrebbe fatto per davvero- come la Kaori “giusta”.

Mentre Ryo le lasciava dolci baci, leggieri come soffici carezze, sul capo, Kaori decise di arrendersi, e finalmente permise a sé stessa di cadere tra le braccia di Morfeo… non sapeva cosa sarebbe accaduto, se si sarebbe svegliata nel proprio letto, nel loro oppure altrove, ma di certo, avrebbe fatto di tutto e di più per guadagnarsi la sua fetta di Paradiso.

   
 
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