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Autore: CatherineC94    19/11/2021    2 recensioni
«Sei una dannata bugiarda, una sciroccata lestofante che racconta solo frottole» sentenzia Aberforth Silente.
Sibilla non risponde, allunga la mano verso l’altro calice ed avvicinandolo alle sue labbra beve un sorso, mentre un leggero rivolo irrora il suo mento.
«Per questo ti voglio» mormora rauco.
Sibilla stringe la sua mano, calda.
#Siberforth
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Aberforth Silente, Sibilla Cooman
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
- Questa storia fa parte della serie '#Aberforth'
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Il calore
 
«Cosa potresti comprendere di tutto questo?».
La donna ha un sorriso beffardo sulle labbra, gli occhi sono puntati sul suo volto.
«Ho questo dono, io lo sento» replica.
Sibilla ha la voce secca, il sapore amaro della sfiducia che legge nell’espressione di sua madre.
«Razza di bugiarda, nessuno di noi lo possiede» sussurra fredda.
Sibilla si alza, scuote nel vento di quel triste mattino di aprile le mani; il rumore dei pendagli che adornano i polsi creano un cigolio metallico di acida rivalsa.
«Solo chi è privo del potere, non ammette quello altrui» ha risposto voltandosi.
Sibilla non è una sprovveduta, il calore dipinge la tiepida voce che scaturisce dal profondo.
 
 
Il selciato è ardente sotto i piedi, ma Sibilla che è stata sommersa dalla lava bollente dell’ignobile prepotenza di sua madre, la sopporta senza battere ciglio.
Nelle mani stringe una valigia tutta rattoppata, dentro protegge quel poco calore che rimane.
Non ha mai smesso di sperare, come quando ha osservato da bambina un tramonto pesca dalla piccola finestra della sua camera.
Sibilla ha chiesto a quel muto cielo di poter vivere in un modo o nell’altro.
Ha ricevuto solo silenzi, quindi ha solcato quelle scelte da tempo meditate.
«Devo incontrare il Professor Silente» dice malferma.
«Ci mancava un’altra stramba come te in quella scuola di matti» sputa il barista.
Sibilla sorride incerta.
 
Sibilla ama il soffocante silenzio della sua aula.
Quel caldo asfissiante che la fa sentire protetta, che la cela agli occhi del mondo che per così tanto tempo si è avvalso di giudicarla.
Nella quiete dei fumi della sua aula Sibilla vive, forse come non l’ha fatto mai, nemmeno scappando  nel bosco nelle notti di luna piena.
«Professoressa, sono Lavanda Brown posso chiederle aiuto?».
Il suo corpo trema, il cuore balza in petto quando comprende che quella giovane ha bisogno di lei.
«Certo mia cara, avvicinati presso di me» le sussurra.
Gli occhi sono accesi, il viso chiazzato di rosso e le mani frenetiche.
Per Sibilla è solo calore.
 
 
«Sei una donna strana».
Sibilla piega la testa di lato, gli occhi di quel rozzo uomo sembrano pozzi infiniti ma lei non lo dirà mai.
«C-cosa?» è il suo pigolio, che la fa annegare nel calore lascivo della stanza.
«Hai capito bene, ti ho osservato bene per tutto il giorno…» continua, bevendo avido dal suo calice.
Sibilla trattiene il respiro.
«Sei una dannata bugiarda, una sciroccata lestofante che racconta solo frottole» sentenzia Aberforth Silente.
Sibilla non risponde, allunga la mano verso l’altro calice ed avvicinandolo alle sue labbra beve un sorso, mentre un leggero rivolo irrora il suo mento.
«Per questo ti voglio» mormora rauco.
Sibilla stringe la sua mano, calda.
 
 
«Scappa quanto vuoi, ti verrò a prendere».
Sibilla rimane ferma ai piedi del letto, la vestaglia lilla tra le esili braccia ed i suoi occhi che la stanno perforando fino al midollo.
«Non fai che insultare ogni cosa di me!» strilla.
Aberforth ride, gli occhi ormai ridotti a fessure.
«Sai anche tu che ciò che dico è vero, saresti troppo stupida però ad ammetterlo» la provoca.
Sibilla sbotta, il viso caldo per l’amplesso che ha vissuto da poco, gli occhi insiti di quel calore che cerca da sempre.
«T-tu non mi hai compresa fino in fondo!» singhiozza.
Tra le pieghe dissolute della sua bocca, invece è l’unico in grado di capirla.
 
«Vattene, vattene via!».
Sibilla si stringe nel suo logoro mantello da viaggio, quando la sua voce fredda è come una frustra che le segna il corpo.
«T-ti prego, lasciami fare almeno qualcosa» lo supplica tremante.
«Cosa devi fare? Credi che io abbia bisogno della tua pietà? Del tuo stupido aiuto?» urla Aberforth.
«Comprendo i tuoi sentimenti, troppe perdite, troppo dolore» sussurra triste.
«Tu non capirai mai! Nascosta dietro ad un muro di bugie, tutti voi insulsi esseri umani che credete di aver compreso tutto della vita! esclama con gli occhi fuori dalle orbite.
Sibilla si dirige verso la porta con la capra che l’osserva arcigna.
Il calore non c’è più.
 
 
«Sembri Madama Palude nei giorni di festa» le dice.
Sibilla fa finta di niente e continua a stringere la veste, meticolosa.
«Credi che io voglia davvero andare alla dannata festa di matrimonio dell’insulso Potter?» sbraita, mentre il kilt ondeggia pericoloso.
Sibilla non risponde ancora, osservandolo con semplice quiete.
Lei non ha mai chiesto molto, un semplice getto di calore, uno di quelli che arrivano all’improvviso e che ti lasciano a bocca aperta; chiudendo gli occhi si trova davanti al tramonto con gli occhi ricolmi di qualcosa che non riesce a determinare.
«Ti dai una mossa? Sembri uno spaventapasseri comunque!» gracchia Aberforth.
Sibilla sospira, la capra Milly ha divorato anche la sua borsetta.

 
Note.

Non so cosa ho scritto, perdonatemi.
   
 
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