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Autore: Clementine84    20/11/2021    0 recensioni
Una donna normale, distrutta dalle difficoltà che la vita l'ha costretta ad affrontare, costringendola a dimostrare un coraggio che non credeva di avere e che le ha prosciugato ogni energia.
Un uomo famoso, abbandonato dalla compagna di una vita proprio mentre sta attraversando uno dei periodi più difficili della sua vita.
Entrambi restii a confessare le proprie debolezze, entrambi incapaci di chiedere aiuto, devono rimettere in piedi le proprie vite.
Quante sono le possibilità che si incontrino e decidano di provare a farlo insieme?
Two in a million. Once in a life.
Genere: Hurt/Comfort, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brian Littrell, Nick Carter, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1

 

What if I'd never run into you?

 

Aprì la porta di casa e fu subito colpito dalla temperatura. Era fine agosto e faceva caldo, dannatamente caldo. Non che ad Atlanta patisse il freddo, anche lì le estati erano discretamente calde, ma non così. Erano le sette di mattina e il suo orologio segnava 28°C. Decisamente troppo per i suoi gusti. In ogni caso, doveva uscire. Sentiva la necessità di muoversi e aveva deciso di andare a fare una passeggiata nel circondario. L’idea era di dare un’occhiata in giro e, magari, rimediare una tazza di caffè. L’avrebbe di sicuro aspettato una bella colazione, una volta tornato a casa, ma il suo amico e la moglie avevano avuto una nottata difficile a causa di una delle bimbe che era stata poco bene – aveva percepito i pianti e le voci rassicuranti dei genitori al di là della porta della sua stanza – quindi si meritavano di restare a letto un po’ più a lungo, figli permettendo. Si era comunque premurato di lasciare un biglietto sul bancone della cucina, avvisando i padroni di casa della passeggiata, in modo che non si preoccupassero se non l’avessero trovato al loro risveglio. Già averlo in casa era una bella incombenza, non voleva causargli ulteriori grattacapi. Alzò gli occhi al cielo, ammirandone le tonalità rosa e dorate, che piano piano stavano lasciando il posto all’azzurro limpido di quella giornata di fine estate. Sospirò e uscì dal cancello. Un passo dopo l’altro, un piede davanti all’altro. Doveva procedere nello stesso modo anche nella vita.

Stava camminando da almeno mezz’ora quando la notò. Era davanti a lui, leggings neri al polpaccio e una maglietta rosa. Camminava rapida, con passo deciso, come se sapesse esattamente dove andare, a differenza sua. Aveva i capelli castano chiaro legati in una coda di cavallo, che spuntava da un cappellino da baseball, e ondeggiava a destra e a sinistra, seguendo l’incedere dei suoi passi. La testa improvvisamente libera dai pensieri, si ritrovò ipnotizzato da quell’oscillare, che sembrava calmare i suoi nervi tesi e, senza nemmeno rendersene conto, prese a seguirla, mantenendosi a debita distanza. Non era sua intenzione spaventarla né, tanto meno, importunarla. Voleva soltanto lasciarsi cullare dal movimento ritmato di quei capelli, che parevano aver monopolizzato l’attenzione dei suoi neuroni e, magari, con un po’ di fortuna, farsi guidare verso la caffetteria più vicina.

 

~ * ~

What if I hadn't noticed you too?

 

Era uscita di casa verso le sette, come ogni mattina e, come sempre, si era stupita del caldo, che l’aveva accolta appena varcata la soglia come uno schiaffo in pieno viso. Ormai era una settimana che stava lì e non avrebbe più dovuto sorprendersi, ma era più forte di lei. Abituata al clima del Maine, prima, e del Connecticut poi, il caldo di Las Vegas rappresentava per lei un cambiamento così drastico che non si sarebbe mai abituata. Nonostante questo, non avrebbe mai rinunciato alla sua camminata mattutina. Aveva fatto una promessa e l’avrebbe mantenuta, indipendentemente dal clima. Solo condizioni di salute instabili, impegni inderogabili o un meteo particolarmente avverso avrebbero potuto farla desistere. Senza contare che, ormai, quelle passeggiate erano diventate una sorta di rituale. Con la sua musica preferita nelle orecchie, macinava chilometri, stancando i muscoli in modo da non dover ricorrere ai sonniferi per riuscire ad addormentarsi, la sera. Dormiva ancora molto poco e si svegliava prestissimo, ma era già qualcosa.

Le piaceva guardarsi in giro, ammirando le case dei vicini e notando il progredire delle stagioni nelle foglie degli alberi, che si facevano via via più chiare, tendenti al giallognolo. Doveva ammettere che il quartiere di Henderson, dove si era stabilita la sorella, era molto carino. Appena fuori Las Vegas, sembrava distante anni luce dalla frenesia della Strip ed era facile convincersi di essere in qualche cittadina della California. Non per niente molte celebrità avevano deciso di prendere casa lì. Amanda le aveva fatto l’elenco dettagliato di tutte le persone famose che vivevano, o avevano vissuto, in quella zona, ma non le aveva prestato molta attenzione e riusciva a stento a ricordare qualche nome, tra cui Celine Dion, Mike Tyson, Carlos Santana e Nick Carter, il biondino dei Backstreet Boys, per cui sua sorella aveva una cotta da ragazzina. Indipendentemente da chi ci viveva, alcune delle case a cui passava davanti durante le sue passeggiate erano veramente belle e ammirarle era un piacere per gli occhi.

Si accorse di avere una scarpa slacciata e si fermò per sistemarla. Rialzandosi dalla posizione rannicchiata in cui si trovava, sentì il rumore di un elicottero sopra alla sua testa e alzò lo sguardo verso il cielo per localizzarlo. Quando lo riabbassò, si accorse di una figura alle sue spalle, poco distante. Un uomo, in pantaloncini blu e maglietta bianca, capelli ricci biondo miele e un accenno di barba. Era fermo a pochi passi da lei, e sembrava impegnato a digitare qualcosa sul suo smart watch. Dopo avergli lanciato un ultimo sguardo, chiedendosi perché avesse un aspetto famigliare, si voltò e proseguì per la sua strada, mandando avanti la canzone che era appena iniziata per cercare qualcosa di più allegro.

Qualche minuto dopo, si fermò a un semaforo rosso e, inconsciamente, si voltò per controllare se l’uomo che aveva notato poco prima fosse ancora dietro di lei. Non solo c’era, ma aveva ridotto la distanza, avvicinandosi a pochi passi. Ora che non aveva il viso abbassato e poteva vederlo meglio, notò che aveva gli occhi azzurri e pensò che fosse strano accorgersene da quella distanza. Inoltre, aveva un vistoso tatuaggio sul braccio sinistro. C’era qualcosa, in lui. Era come se l’avesse già visto da qualche parte. Impossibile, si disse. Non conosceva nessuno a Las Vegas e non aveva avuto interazioni con nessuno oltre alla ragazza che le serviva il caffè, ogni mattina, alla caffetteria al confine del quartiere, che rappresentava il punto di arrivo delle sue camminate. Alzò le spalle, convincendosi che doveva somigliare a qualcuno che conosceva e, non appena scattò il verde, proseguì per la sua strada.

 

~ * ~

 

What if I hadn't asked for your name?
And time hadn't stopped when you said it to me?

 

La vide entrare in una caffetteria e non potè fare a meno di sorridere, tra sé. Aveva raggiunto il suo scopo, trovare del caffè. Quella misteriosa ragazza si era rivelata provvidenziale su più fronti ed era stato fortunato ad averla incrociata, quella mattina. Chissà come si chiamava e dove viveva.

Perso in quelle riflessioni, la seguì all’interno del negozio, ma dovette fermarsi di colpo quando si accorse che c’erano alcune persone in coda al bancone. Tra cui, ovviamente, la ragazza che aveva seguito. Ed era proprio davanti a lui. Probabilmente percependo la presenza di qualcuno alle sue spalle, si voltò e potè finalmente vederla in faccia. Profondi occhi castani, labbra sottili ma rosee, carnagione pallida e una spruzzata di lentiggini sulle guance. Gli rivolse un’occhiata che riuscì solo a definire come sospettosa e gli venne il dubbio che a. si fosse accorta che l’aveva seguita fino a lì o b. l’avesse riconosciuto. Sperando di trattasse della prima ipotesi, sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi e confessò “Ti ho seguita sperando mi portassi al caffè”.

Avrebbe potuto arrabbiarsi e rispondergli in malo modo, ma qualcosa gli diceva che non sarebbe successo. E non perché l’avesse riconosciuto, ma perché aveva l’aria di essere una persona gentile ed educata. Infatti, gli sorrise a sua volta e replicò “Eccoti accontentato”.

Nel frattempo, i clienti davanti a loro avevano ultimato le loro ordinazioni ed era arrivato il turno della ragazza, che ordinò un caffè nero, senza zucchero.

“Ne faccia due” disse alla cameriera, con un sorriso. Poi, avvicinandosi al bancone e prendendo il cellulare della tasca dei pantaloncini, lo posò sul lettore wireless, pagando entrambi i caffè e annunciando, rivolto alla ragazza “Lascia, faccio io. Per ringraziarti del servizio”.

Lei sorrise e, mentre ritirava entrambi i bicchieri che la cameriera le stava porgendo, ringraziò lo sconosciuto “Molto gentile”.

“Figurati…” minimizzò lui, bloccandosi prima di terminare la frase perché non sapeva il nome della ragazza.

Lei parve capire che lo sconosciuto voleva sapere il suo nome e lo accontentò. “Ellen. Ma tutti mi chiamano Elle” disse, porgendogli uno dei due bicchieri.

Uscirono dalla caffetteria, fermandosi sul marciapiede, uno di fronte all’altra.

“Piacere, Elle. Io sono Brian” disse lui.

All’udire il suo nome, qualcosa fece click nel cervello di Elle e collegò tutti i pezzi, mentre le sembrava di risentire nelle orecchie la conversazione avuta con sua sorella qualche giorno prima, a cena.

Nick Carter dei Backstreet Boys abita qui vicino. Ogni tanto lo si vede in giro con i figli.

Brian Littrell. Ecco chi era. Ed ecco perché il suo viso le sembrava conosciuto. Da ragazzine, sua sorella aveva la camera tappezzata di poster dei Backstreet Boys e il volto di Brian le sorrideva dai muri ogni volta che metteva piede nella sua stanza.

Senza che potesse fare nulla per impedirlo, un sorriso le si allargò sul viso e Brian se ne accorse perché sorrise a sua volta e commentò “Dalla tua espressione deduco che non serva che aggiunga il cognome”.

Elle si lasciò sfuggire una risatina e ammise “Ho passato almeno dieci minuti a chiedermi dove diavolo ti avevo già visto. Almeno adesso ho svelato il mistero”.

Lui scoppiò a ridere, colpito da tanta sincerità. Era raro ottenere una reazione del genere dopo essere stato riconosciuto, ma faceva sempre piacere avere a che fare con persone tranquille ed equilibrate, che non andavano in panico all’idea di parlare con un personaggio famoso. Sulla scia dell’entusiasmo provocato da quella reazione, le propose “Dato che facciamo la stessa strada, ci beviamo il caffè tornando verso casa?”

Lei piegò la testa di lato, come a considerare l’idea. Poi obiettò “Non mi piace bere mentre cammino. Preferisco gustarmi il caffè seduta tranquilla”.

Brian ci rimase male, anche se cercò di non darlo a vedere. Va bene non dare in escandescenza dopo averlo riconosciuto, ma non gli era mai capitato che qualcuno declinasse così palesemente un suo invito. Non da quando era diventato famoso, almeno. Stava ancora cercando qualcosa di intelligente da dire per togliersi da quella situazione imbarazzante, quando Elle parlò di nuovo.

“C’è un posto, qui vicino, dove vado sempre a bere il mio caffè. È tranquillo e c’è una vista spettacolare sulla città. Mi fai compagnia?”

Sentendo un sorriso allargarglisi in viso, Brian annuì. “Volentieri”.

 

~ * ~

 

I could have just walked by, who would've thought?


Seduti su una panchina, mentre sorseggiavano i loro caffè, ammirando le luci di Las Vegas che si andavano mano a mano spegnendo, lasciando spazio all’incedere del giorno, Brian scrutò Elle con la coda dell’occhio e decise di rompere il silenzio, per quanto confortante potesse essere.

“Allora, Elle” esordì. “Vivi qui?”
Lei scosse la testa. "No. Sono ospite di mia sorella e mio cognato. Temporaneamente".
Brian sorrise e bevve un sorso di caffè. “Anch'io sono ospite di un amico” disse. Poi, rendendosi conto di quanto tutta quell’elusività fosse assolutamente superflua, aggiunse “Di Nick”.
Elle annuì. “Sì, so che vive da queste parti” ammise.
Brian sospirò, rassegnato. “Allora sarai anche al corrente della mia situazione”.
“Sono stata un po' presa da altre cose, ultimamente, per occuparmi di gossip,” disse lei, distogliendo lo sguardo “ma mia sorella deve avermi accennato qualcosa”.
“È una fan?” le chiese lui, curioso.
“Una specie” gli rispose. “Ha superato i 40 da un pezzo ed è felicemente sposata, quindi non immaginarti una ragazzina esaltata, ma sì, le piace la vostra musica ed è stata a qualche concerto”.
“Beh allora saprà sicuramente dei miei problemi con la voce e del mio divorzio” osservò Brian, cercando di essere il più realista possibile.
Elle non confermò, ma nemmeno negò, i suoi sospetti. Si limitò a spostare di nuovo lo sguardo su di lui, commentando “Mi dispiace”.
“Per cosa?” le domandò, stupito di quanto il tono in cui gli aveva detto che le dispiaceva fosse sembrato sincero.
“Per entrambi”.
Brian si strinse nelle spalle, fingendo un’indifferenza che in realtà non provava, e commentò “Doveva andare così. A essere onesto, riesco ad accettare più facilmente il divorzio che il resto”.
Senza mai distogliere lo sguardo dal suo viso, Elle ribatté “Lo immagino. Ma non ci voleva anche quello”.
“No,” ammise Brian “ne avrei fatto volentieri a meno”.

Tra loro, cadde nuovamente il silenzio. Entrambi distolsero lo sguardo, tornando ad ammirare il paesaggio davanti a loro. O, almeno nel caso di Brian, fingendo di farlo. In realtà, continuava a spiare con la coda dell’occhio la donna seduta accanto a lui, mentre un miliardo di domande che avrebbe voluto porle gli affollavano la testa. Chissà come mai era ospite della sorella? Da dove veniva? Era lì da sola? Moriva di curiosità, ma non voleva sembrare invadente o maleducato. Doveva contenersi e trovare un modo adeguato per far proseguire il discorso e, magari, scoprire qualcosa di più su di lei.

All’improvviso, notò un luccichio sulla sua mano sinistra e si accorse che portava la fede. Come lui, d’altra parte. Avrebbe decisamente dovuto toglierla, ma non ne aveva ancora avuto il coraggio. Poteva essere un buon modo per continuare la conversazione, però, quindi le chiese “Sei qui con tuo marito?”

Elle non potè fare a meno di trasalire. Le succedeva sempre. Non riusciva a controllarsi. Non ancora. Si accorse che Brian le stava guardando la fede e, senza riflettere, la accarezzò con l’indice della mano destra. Inspirò profondamente e scosse la testa. “No. Sono qui da sola”.

Evidentemente, Brian fraintese il suo gesto e la sua risposta, perché spalancò gli occhi e domandò “Anche tu...?” supponendo che anche Elle fosse reduce da una separazione o un divorzio. Suo malgrado, lei si ritrovò a pensare che avrebbe preferito fosse così. Non avrebbe comunque potuto avere William, ma l’idea che fosse ancora parte di quel mondo sarebbe stata confortante, in qualche modo. Sforzandosi di non soffermarsi su quei pensieri, fece di nuovo no con la testa e si decise a confessare il suo segreto, in modo da evitare fraintendimenti futuri. “No. Mio marito è morto sei mesi fa”.

Brian non reagì subito, il che, Elle aveva imparato a sue spese, non era sempre un male. Di fronte a un annuncio del genere, di solito la gente tendeva a non sapere cosa dire e, per togliersi dall’imbarazzo, si affrettava a prodigarsi in esclamazioni di stupore o tristi constatazioni di circostanza, che avevano il potere di farle ribollire il sangue nelle vene. Non che li biasimasse. Non era colpa loro. Si rendeva conto che la sua confessione metteva le persone in una situazione difficile da gestire e non gliene faceva una colpa. Solo che, a volte, le sarebbe piaciuto che si fermassero a pensare a come potesse sentirsi lei, per prima, a dover annunciare a degli sconosciuti che suo marito, l’uomo che aveva amato – e continuava ad amare – con tutta se stessa, se ne era andato. Era ancora più difficile da dire che da ascoltare. E avrebbe voluto che la gente lo capisse e, semplicemente, ne tenesse conto. Quindi, quando Brian aspettò qualche secondo, prima di parlare, Elle iniziò a sperare di non sentirsi dire le solite frasi trite e ritrite, che ormai le facevano venire la nausea.

Brian, d’altro canto, si sentì come se gli mancasse la terra da sotto ai piedi e dovette aggrapparsi al bordo della panchina con la mano sinistra, libera dal bicchiere di caffè, per contrastare il senso di vertigine che l’aveva colto. Non si trattava solo di vergogna per aver fatto la domanda più inappropriata tra tutte quelle che avrebbe potuto pensare, anche se c’era anche quella. Era più il dispiacere per aver messo Elle in una situazione chiaramente scomoda. Forse non ne voleva parlare e sarebbe stato più che comprensibile.

“Io...scusa. Non sapevo” farfugliò, in imbarazzo.

Elle si strinse nelle spalle e scosse lievemente il capo. “Non scusarti. Non potevi saperlo. Non hai fatto niente di male. Sono io che dovrei decidermi a togliere l’anello”.

“È difficile. Lo so” concordò Brian. Poi, temendo di poter essere frainteso, precisò “Non sto dicendo che la mia situazione sia uguale alla tua, ovviamente. Ma, come vedi, anch’io non sono ancora riuscito a togliere la fede, quindi immagino quanto possa essere difficile per te”.

Elle gli rivolse un debole sorriso. “Già”.

Restarono un istante in silenzio, poi Brian decise di rischiare. Sapeva di camminare su un terreno minato domandandole del marito, ma non farlo sarebbe stato anche peggio, a suo avviso. L’argomento sarebbe diventato il proverbiale elefante rosa nella stanza e avrebbe finito col catalizzare tutta l’attenzione, creando sempre più tensione e imbarazzo.

“Posso...posso chiederti…” balbettò, indeciso su come porre la domanda, senza sembrare indelicato.

Fortunatamente, Elle capì e andò in suo aiuto. “Com’è morto? Certo. Cancro ai polmoni. Mai fumato in vita sua”.

Brian abbassò lo sguardo, toccato da quel commento, che voleva sottolineare la crudele ironia dell’evento. “Quanti anni aveva?”

“45” rispose Elle. Poi, forse decidendo di aprirsi con lui, spiegò “Stava male da tempo. È stato un calvario durato 8 anni, tra operazioni e ricadute”.

“Avete…?” tentò di domandare ancora, maledicendosi per non essere in grado di terminare una frase.

Di nuovo, Elle capì cosa voleva sapere. “Figli? No. Avremmo voluto, ma ha iniziato a stare male e...avevamo altro per la testa, ecco”.

“Immagino” convenne Brian, capendo perfettamente la situazione.

“E io avevo già 33 anni, quindi il treno è passato e l’abbiamo perso” aggiunse Elle, con una punta di rimorso. “Ma, forse, è stato meglio così”.

Brian percepì che l’argomento costituiva un ulteriore nervo scoperto per Elle e tentò di cambiare discorso, pur senza farlo in maniera troppo plateale.

“Come si chiamava?” chiese, tornando a riferirsi al marito.

“William”.

Rivolgendole un sorriso che, sperava, potesse essere confortante, le propose “Ti va di parlarmi di lui? Solo le cose belle”.

Elle sorrise, sentendosi improvvisamente pervadere da un senso di calore, che poco aveva a che fare con il graduale aumento della temperatura. Nessuno le aveva mai chiesto di parlarle di William raccontando solo le cose belle. Di solito, tutti domandavano della malattia, soffermandosi – e obbligandola a ricordare – sui dettagli più dolorosi, che la facevano stare male e le riempivano il cuore di angoscia. La richiesta di Brian, invece, la rasserenava. Non voleva dimenticare William, per nessun motivo. Ma quello che voleva ricordare non erano quegli otto anni di calvario, trascorsi tra ospedali e notti in bianco, sforzandosi di ricacciare in gola le lacrime che le pizzicavano gli occhi ogni volta che guardava ciò che era rimasto dell’uomo allegro e divertente di cui si era innamorata. Voleva riportare alla mente solo i ricordi belli, quelli che ancora la facevano sorridere e le riscaldavano il cuore.

Guardò Brian negli occhi e confessò “Ricordo solo quelle. Buffo, vero?”

Lui scosse la testa. “No. Anche se la mia situazione è completamente diversa, ti capisco”.

Grata per essersi sentita compresa, Elle iniziò a raccontare.

“Non c’è molto da dire. Ci siamo conosciuti all’università. Amici in comune, una cosa banale. Faceva il programmatore e per un bel pezzo siamo stati lontani perché lavorava nella Silicon Valley. Poi, quando è riuscito a tornare, mi ha chiesto di sposarlo e ci siamo trasferiti a Hartford, in Connecticut. Lui era di lì”.

“Tu vivi lì, quindi?” le domandò, interessato.

“Non più. Ho venduto la casa, non riuscivo più a starci” rispose Elle, stupendosi della facilità con cui aveva confessato a uno sconosciuto qualcosa che aveva faticato ad ammettere anche a sua sorella. O, forse, la differenza stava proprio lì.

Brian annui. “So cosa intendi. Io ho lasciato la casa a Leighanne ma, se non l’avesse voluta, l’avrei venduta. Non ce l’avrei fatta a restare a vivere lì”.

“In più, io e mia sorella siamo originarie del Maine, in Connecticut non ho più nessuno. Non aveva senso” aggiunse Elle, per fornirgli il quadro completo della situazione.

“Quindi dove vivi adesso?” volle sapere Brian.

“Per ora da mia sorella, ma sto cercando casa”.

“Dove?”

Elle scosse la testa. “Non lo so. So solo che voglio vivere sul mare. È sempre stato un nostro sogno” ammise, con aria sognante.

“California?” azzardò Brian.

“Forse” concordò lei. Poi decise che era arrivato il momento di passare la palla a Brian. Fino ad ora aveva parlato solo lei e immaginava che la ragione fosse che, effettivamente, Brian non la conosceva e stesse cercando di saperne di più su di lei. Il problema, però, era che evidentemente Brian era convinto che lei sapesse già parecchie cose su di lui mentre, invece, aveva solo vaghi ricordi risalenti al tempo in cui Amanda andava matta per i Backstreet Boys e un paio di notizie buttate lì per caso dalla sorella, in mezzo ad altri discorsi. Un po’ pochino per basarci...qualsiasi cosa fosse quello che stava iniziando tra loro. Per questo motivo, gli chiese “Tu invece?”

Lui sospirò, ma non sviò la domanda. “Discorso molto simile al tuo. Sono del Kentucky, vivevo ad Atlanta perché Leighanne era di lì ma, a parte mio figlio, che ormai è grande, non ho nulla che mi leghi a quel posto. Sono anch’io alla ricerca di una casa e punto alla California perché mio cugino abita lì ed è quanto di più simile a un secondo fratello io abbia. Oltre a Nick, ovviamente, ma lui ha la sua famiglia e, per quanto siano felici di avermi qui, non potrei mai stabilirmi definitivamente”.

“Non ti piace Las Vegas?” gli domandò.

Brian alzò le spalle. “Non è male, ma non fa per me. Non mi ci vedo a vivere qui, non so se mi spiego”.

Elle gli sorrise. “Perfettamente” convenne. “Mai pensato di tornare in Kentucky?” chiese ancora.

“In realtà sì, ma credo di avere bisogno di cambiare aria” confessò Brian, sincero. Non ce l’avrebbe fatta a tornare in un posto dove tutti lo conoscevano e si sarebbero sentiti in dovere di fargli sapere quanto erano dispiaciuti per tutto quello che gli stava succedendo. Voleva dimenticare e, per farlo, aveva bisogno di stare in un posto dove nessuno lo conoscesse. Beh, più o meno. Per quanto la cosa fosse possibile, nelle sue condizioni.

“Ti capisco” convenne Elle. “Neanch’io potrei mai tornare nel Maine, per quanto lo adori. Non sopporterei la continua compassione della gente. Non voglio essere la povera vedova triste. Lo sono, ma non voglio che la gente mi conosca così. Voglio essere Elle. Solo Elle”.

“Beh, per me è un pochino più difficile essere solo Brian” ironizzò lui, riuscendo a strapparle una risatina.

“Quanto conti di restare da Nick?” gli chiese Elle, dopo un istante.

“Non lo so. Finché non avrò trovato un posto dove trasferirmi, suppongo. Il mio agente immobiliare sta valutando varie proposte e mi sottoporrà solo quelle che combaciano con le mie esigenze. Ma è un processo lungo. Intanto ho trovato un buon terapista qui a Las Vegas e, forse, uno specialista in grado di aiutarmi con il problema alla voce a Los Angeles. Ho un appuntamento a fine ottobre. Vedremo” spiegò. “Tu, invece? Resti molto da tua sorella?”

“Finché non trovo un posto dove stare” annunciò “e finché lei non si sarà convinta che può perdermi di vista senza che tenti di affogarmi nella vasca da bagno”.

Brian si voltò a guardala di scatto, gli occhi spalancati e un’espressione preoccupata stampata sul viso. Senza sapere né come né perché, a Elle venne da ridere ed esclamò “Non fare quella faccia. Non lo farei mai, stai tranquillo. Ma, a essere onesta, non sono ancora pronta a stare da sola”.

Brian non rispose. Non sapeva cosa dire. Elle parve capire il suo imbarazzo perché si alzò dalla panchina e buttò il bicchiere vuoto in un cestino lì accanto.

“Torniamo verso casa, prima che diventi troppo caldo?” propose.

Brian annuì e si alzò a sua volta. Si sorrisero e si incamminarono in silenzio, ritornando sui propri passi.
 

~ * ~

 

What if you'd never smiled at me?

 

Tornando a casa, chiacchierarono del più e del meno, di cose frivole, preferenze, considerazioni sul tempo, ricordi d’infanzia. Per quanto indubbiamente famoso, Brian era una persona alla mano e parlare con lui era facile ed estremamente piacevole. Elle si stupì di non provare mai imbarazzo e di sentirsi più a suo agio con lui che con persone che conosceva da una vita. Era strano. Non era timida, ma si era sempre considerata una persona piuttosto riservata e non dava confidenza facilmente, a meno di non sentire una qualche connessione con l’altra persona. Le era successo poche volte, nella vita. Con William, ovviamente, e con alcune delle sue più care amiche. E, ora, con Brian. Il che, considerato che lui non era propriamente una persona comune, rendeva la cosa ancora più curiosa. Ma non voleva arrovellarsi il cervello in questioni simili. Aveva già abbastanza pensieri negativi, senza crearsene di nuovi. In fondo, si disse, non c’era niente di male ad avere conosciuto una persona con cui le faceva piacere chiacchierare. Anzi, faceva parte della lista.

Punto quindici: fare nuove amicizie.

Non sapeva se quella conoscenza sarebbe mai diventata un’amicizia, ma di sicuro era un inizio. Un buon inizio. E chi se ne frega se Brian era famoso. Era simpatico, gentile e parlare con lui le piaceva. Non poteva uscirne niente di male.

Arrivarono davanti a casa di Amanda ed Elle si fermò.

“Io sono arrivata” annunciò. “A te manca molto?”

Brian scosse la testa e fece un gesto vago con la mano, indicando un punto imprecisato davanti a lui. “No, Nick abita giusto in fondo alla strada”.

“Bene. Allora, grazie del caffè e della compagnia, Brian. Mi ha fatto molto piacere conoscerti” disse, con un sorriso, tendendogli la mano.

Brian gliela strinse. “Grazie a te della chiacchierata. È stato molto piacevole”. Poi, dopo un istante, aggiunse “Se ti va, possiamo replicare domani”.

Elle annuì, felice che gliel’avesse proposto. “Con piacere. Esco tutti i giorni alla stessa ora per la mia passeggiata. Possiamo vederci qui appena dopo le sette, se ti va”.

“Perfetto. A domani, allora” concordò lui, con un cenno del capo.

Elle era già arrivata alla porta di casa quando si voltò e richiamò il suo nuovo...amico? Poteva chiamarlo così? O, forse, sarebbe stato meglio compagno di passeggiate.

“Brian?”

Lui, che stava allontanandosi, diretto verso casa di Nick, si fermò di colpo e si voltò a guardarla.

“Domani il caffè lo offro io” annunciò Elle, con un sorriso.

Brian non rispose, si limitò a rivolgerle uno di quei sorrisi che Elle aveva sempre segretamente adorato e trovato magnetici perché, pur riducendogli gli occhi a due fessure sottili, riuscivano nel contempo, a farglieli brillare di una luce che gli illuminava tutto il viso e che risollevava lo spirito a chiunque lo osservasse.

Fare nuove amicizie. In corso di esecuzione.

 

  
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