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Autore: My Pride    22/11/2021    1 recensioni
~ Raccolta di flash fiction/one-shot incentrate sui membri della Bat-family ♥
» 200. Cospiracy ~ Bernard x Tim
Non è la prima volta che Bernard passa un mucchio di tempo al computer, ma non gli è mai capitato di starsene quasi mezza giornata alla ricerca di chissà cosa tra forum che parlano di supereroi, siti dedicati e informazioni che dovrebbero teoricamente arrivare dal cosiddetto “dark web”.
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Slash | Personaggi: Bruce Wayne, Damian Wayne, Jason Todd, Jonathan Samuel Kent, Richard Grayson
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Moment of enchantment Titolo: Moment of enchantment
Autore: My Pride
Fandom: Super Sons
Tipologia: One-shot [ 1948 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Damian Bruce Wayne, Jonathan Samuel Kent, Richard John Grayson

Rating: Giallo
Genere: Generale, Slice of life, Fluff

Avvertimenti: What if?, Hurt/Comfort
Solo i fiori sanno: 21. Ibisco: bellezza fugace, incanto di un istante
Quella volta in cui: "Il tuo personaggio ha la possibilità di andare avanti di un anno nel tempo. Come è cambiato il mondo, o la sua vita?"
Just stop for a minute and smile: 46. "Stanotte ho fatto un sogno stranissimo!"


BATMAN © 1939Bob Kane/DC. All Rights Reserved.

    Gemendo, Damian aprì debolmente le palpebre e si tirò su a sedere, portandosi immediatamente una mano allo stomaco solo per rendersi conto che era a petto nudo e aveva il busto completamente fasciato.
    Con un grugnito, si sedette su quel divano e si guardò intorno, registrando immediatamente una felpa della Met U malamente gettata sullo schienale e dei libri di fisica quantistica che affollavano il tavolino davanti a lui; in tutto l'appartamento c'era odore di cibo cinese e riuscì a scorgere da un armadio lasciato aperto a metà il mantello di Superboy, cosa che lo fece accigliare maggiormente. Cos'era successo? Non ricordava di essere rimasto ferito nell'ultima missione a cui aveva partecipato, e soprattutto... soprattutto non ricordava di essere andato all'appartamento di Jon. Un momento. L'appartamento di Jon? Da quando Jon aveva un appartamento?
    D'accordo, doveva fare mente locale. Jon gli aveva detto che avrebbe preso un alloggio vicino all'università per evitare di dover spiegare ad eventuali compagni di stanza le sue scappatelle notturne come Superboy, ma non si era ancora trasferito. Non aveva nemmeno deciso a quale facoltà scriversi, come avrebbe anche solo potuto pensare di affittare un appartamento? Certo, Jon aveva messo da parte un po' di soldi con i suoi lavori part-time e sicuramente anche Lois e Clark lo avrebbero aiutato - lui glielo avrebbe comprato volentieri, ma sapeva che Jon non avrebbe accettato -, ma se ne avesse preso uno glielo avrebbe detto e non sarebbe sembrato così vissuto. Che diavolo significava?
    «Oh, sei sveglio?»
    La voce di Jon, più profonda di quanto la ricordasse, gli giunse alle orecchie e lui si voltò quasi automaticamente verso di essa, restando interdetto mentre fissava la figura del suo migliore amico. Alto almeno due o tre centimetri in più di quanto avrebbe dovuto essere, coi capelli corti e sbarazzini che gli ricadevano in ciocche un po' disordinate sugli occhiali che indossava e con addosso una camicia di flanella aperta, Jon gli stava rivolgendo un sorriso così radioso che per un attimo Damian perse un battito, e Jon se ne accorse. Difatti si accigliò, avvicinandosi alla svelta.
    «Stai bene, Dami?»
    Dami? Da quando Jon lo chiamava Dami? Lo fissò ad occhi sgranati, sbattendo più volte le palpebre nell'incontrare lo sguardo apprensivo di Jon.
    «Perché sono qui? E che ti è successo?» domandò, e a Damian non sfuggì il modo in cui l'espressione di Jon cambiò radicalmente, frantumandosi letteralmente come uno specchio davanti ai suoi occhi prima che sollevasse una mano e gli mostrasse cinque dita.
    «Hai sbattuto la testa? Quante sono queste?»
    Storcendo il naso, Damian allontanò quella mano con uno sbuffo seccato, pentendosene subito dopo nel sentire una fitta di dolore al costato. «Gh... sto bene, Kent», liquidò la questione, al che Jon si accigliò.
    «Kent?» ripeté. Per un momento si limitò persino a fissarlo, poi replicò qualcosa tra sé e sé con ironia. «Okay, D, adesso sono più che sicuro che tu abbia sbattuto la testa. Era da più di un anno che non mi chiamavi Kent».
    Un anno? Ma che stava dicendo quell'idiota? Va bene, Jon era cambiato un po' - un po' troppo, registrò nell'immediato la sua testa, ma scacciò il pensiero - e tutta quella storia dell'appartamento era abbastanza assurda - per non parlare della felpa della Met U e il modo in cui sembrava ci abitassero davvero due persone, là dentro -, ma come aveva fatto a perdersi un anno intero?
    «Di che diavolo stai parlando?» gli sfuggì detto, vedendo Jon scuotere la testa prima di prendere posto accanto a lui; gli gettò un braccio dietro le spalle, e Damian sussultò all'intimità di quel gesto, come se Jon lo facesse continuamente da... beh, da un anno.
    «Va tutto bene», disse Jon in tono comprensivo, attirandolo contro di sé senza dar peso al modo in cui Damian si era irrigidito. Sembrava davvero che fosse abituato ad atteggiamenti del genere. «Amazo non ci è andato leggero... ho dovuto fasciarti stretto anche il torace. Domani chiameremo Alfred, d'accordo?»
    Più Jon parlava, più lui non riusciva a capire che diavolo stesse dicendo. E perché non aveva ancora allontanato Jon da sé? Forse... forse non gli dispiaceva poi così tanto quella vicinanza, e arrossì un po' al pensiero che era balenato nella sua testa. Il corpo di Jon era caldo e rassicurante, la mano che gli carezzava il braccio nudo era un punto fermo nel mare in tempesta che sembrava aver inghiottito la sua mente in quel momento. Forse aveva davvero sbattuto la testa e aveva dimenticato qualcosa?
    «Adesso prova a riposare un po'», aggiunse Jon, dandogli un bacio fra i capelli che fece sgranare gli occhi a Damian, stavolta. E quando si chinò per sfiorargli le labbra con le sue, Damian sussultò e allontanò automaticamente il viso per non permetterglielo, incontrando lo sguardo stralunato di Jon attraverso le lenti degli occhiali. Aveva sbattuto le palpebre e lo stava fissando come se fosse la prima volta che lo vedeva, e ci mise un po' a rilassare le spalle. «...scusa?» disse di getto. «Forse sei ancora un po' confuso, non--»
    «Noi... stiamo insieme?» lo interruppe immediatamente Damian, ma quella semplice domanda fece irrigidire Jon, che sciolse ben presto l'abbraccio con cui lo aveva ancorato contro di sé.
    «...adesso sto cominciando a preoccuparmi, D. Chiamo Alfred».
    Prima ancora che Jon potesse alzarsi, però, la mano di Damian si mosse automaticamente e lo afferrò per la manica di quella camicia di flanella, costringendolo a star fermo lì nonostante lo sguardo stranito che ricevette.
    «Io... sto bene, J... ero... ero solo un po' confuso, avevi ragione».
    Le parole gli uscirono dalle labbra prima ancora che potesse pensarle, forse perché era rimasto in parte sconvolto dal modo in cui Jon lo aveva guardato. Stavano insieme da un anno e non se lo ricordava affatto? Era il solo da biasimare, in quel momento. Ma tutto, se si guardava intorno con l'occhio critico da detective, poteva effettivamente fargli mettere in fila gli indizi: all'ingresso, ben visibile dal divano su cui si trovava, c'erano ben due cappotti e uno dei due era un pastrano nero che non apparteneva di certo a Jon, dato quant'era piccolo; c'erano anche due paia di scarpe, una delle quali sembravano proprio i mocassini che suo padre gli aveva regalato allo scorso compleanno; per quanto Jon fosse sempre stato una buona forchetta, poi, le scatole provenienti dal Blue Dragon erano fin troppo per essere consumate da una sola persona, simbolo che era stata sicuramente una cena per due persone. Lui e Jon erano... erano una coppia? Gli aveva finalmente confessato tutto e non ricordava di averlo fatto?  
    «Sicuro di star bene?» Jon lo riscosse dai suoi pensieri e, nel sollevare lo sguardo, Damian si rese conto che lo stava nuovamente guardando.
    «Sì...» Damian indugiò per un momento, raschiandosi il labbro inferiore come per cercare le parole adatte per far capire a Jon di poter stare tranquillo. E in quel momento gli balenò un'idea, una parola con cui aveva sempre voluto chiamarlo quando un anno addietro fantasticava di confessargli ciò che provava, e fu quindi deglutendo che si poggiò contro la sua spalla, socchiudendo gli occhi. «...habibi», sussurrò con un lieve accenno di imbarazzo, ma quell'unica parola parve essere quella giusta.
    Jon difatti si rilassò, le labbra gli sfiorarono nuovamente i capelli e il braccio gli cinse delicatamente i fianchi, attirandolo a sé col sorriso nuovamente dipinto su quelle labbra rosse e piene. Era tutto così... perfetto. Un po' diabetico per i suoi gusti, ma chi era lui per frenare la sdolcinatezza di Jon? Forse non gli dispiaceva nemmeno così tanto come voleva credere lui stesso. 
    «...bin?»
    Una voce lo chiamava insistentemente, infastidendolo; cercò di ignorarla e arricciò il naso, aggrottando un po' la fronte mentre si poggiava meglio contro la spalla confortante di Jon. Era stanco, voleva soltanto godersi quella pace col suo ragazzo e dormire per tutta la notte senza sosta e...
    «Robin!»
    Damian aprì di scatto le palpebre solo per ritrovarsi davanti il volto preoccupato di Superboy, i capelli incollati alla fronte a causa della pioggia e gli occhi ingigantiti dalla paura. Vide il suo labbro inferiore tremare, poi le spalle accasciarsi e crollare su se stesso, traendo un lungo sospiro rasserenato.
    «Accidenti, D... mi hai fatto prendere un colpo», sussurrò con voce incrinata, e Damian fu abbastanza certo, nonostante la confusione in cui si trovava la sua mente, di averlo sentito tirare su col naso. Un momento... cosa... cos'era successo? Jon aveva esattamente lo stesso aspetto di sempre, non aveva gli occhiali e i suoi capelli erano lunghi e disordinati come al solito, ed era ben lontano dal Jon contro cui si era... oh. Oh, dannazione. Aveva avuto un sogno onirico o cosa?
    «Ho fatto... ho fatto un sogno stranissimo», sussurrò Damian con voce roca, sentendo l'aria intorno a sé vibrare come se fosse tesa come una corda di violino.
    «Sei rimasto svenuto per dieci minuti, altro che sogno!» si alterò un po' Jon, passandosi una mano quelle ciocche disordinate che erano i suoi capelli. «Ho mandato un segnale di soccorso a Nightwing, era quello più vicino. Volevo portarti in caverna in volo, ma hai una gamba rotta e non... non volevo spostarti...» ammise a bassa voce, quasi si sentisse colpevole per non aver agito prima.
    Damian non rispose, trovando molto più saggio limitarsi a fare un cenno d'assenso col capo mentre guardava ostinatamente altrove. Non voleva affrontare Jon con quella sua immagine mentale ancora abbastanza fresca nella testa, poiché non aveva idea di come avrebbe reagito il suo corpo nell'incontrare gli occhi azzurri del suo migliore amico. Dirgli tutto sembrava così allettante, ma farlo in quel momento avrebbe solo significato fargli credere che fossero i suoi deliri a farlo parlare.
    Così si limitarono solo Nightwing, e Jon continuò a parlargli anche delle cose più banali per evitare che si riaddormentasse; Damian lo ascoltava, partecipando solo di tanto in tanto, mentre sentiva quel peso nello stomaco e le sensazioni che aveva provato si accavallavano le une sulle altre. Il calore di Jon, il suo sorriso, il suo bacio fra i capelli... era stato tutto così reale, così vivido, che quasi gli faceva male il petto. E pensare che nel suo sogno, o qualunque cosa fosse stata, era passato solo un anno da quando lui e Jon... beh... pensarci lo faceva arrossire come un completo idiota.
    L'arrivo di Grayson segnò la pace per la sanità mentale di Damian. Jon si affrettò a dargli una mano quando gli chiese di cosa aveva bisogno, e lo aiutò a steccare la gamba a Damian, il quale strinse i denti e arricci il naso; Jon non fece altro che scusarsi con lui, e a Damian sembrò di intravedere un piacevole rossore colorargli le guance, adocchiandolo di tanto in tanto con un vago incurvarsi di labbra.
    Damian aveva avuto una visione sul suo futuro con Jon o erano stati solo i deliri di quella brutta botta alla testa? Da bambino aveva scoperto di avere il dono - o per meglio dire della maledizione, dato che non sempre funzionava come voleva - della premonizione e il sogno che aveva fatto su suo padre si era in seguito avverato, ma quello era... era diverso, giusto? Però, mentre osservava il modo in cui Jon aiutava Grayson a sistemare quella barella di emergenza, Damian fu abbastanza rapido a nascondere il sorriso che si fece largo sul suo volto.
    Se era così che le cose sarebbero andate da lì ad un anno non appena avesse finalmente aperto il suo cuore a Jon... forse non gli era poi dispiaciuta così tanto la visione di quell'incanto di un istante
.





_Note inconcludenti dell'autrice
Anche questa storia è stata scritta per la challenge
Quella volta in cui indetta da MissChiara con il prompt "Il tuo personaggio ha la possibilità di andare avanti di un anno nel tempo. Come è cambiato il mondo, o la sua vita?"
Sul momento non ero molto sicura di che cosa scrivere, però poi la storia ha pratcamente preso il volo mentre andava avanti visto che la giudiciA on voleva una richiesta proprio letterale del prompt in questione. Difatti accettava anche viaggi mentali immaginari, sogni, scleri vari di ubriachi, ecc, quindi alla fine è questo quello che è uscito fuori. Spero di non essere uscita in qualche modo fuori tema. Ho anche accennato al "dono" di Damian che si vede nella saga Batman R.I.P., per quanto venga preso in considerazione davvero molto poco

Commenti e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥



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