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Autore: marani    23/11/2021    0 recensioni
Questa è una storia 'tosta'. Quelle che ho pubblicato precedentemente sono schizzi, appunti, embrioni di trama in confronto. Ed è una storia tipicamente mia. Gli elementi ci sono tutti: dei legami, una perdita, la ricerca della serenità, le 'catene' del dolore, il passato. E naturalmente, immancabile, il 'tocco di magia'. Sarà un lungo viaggio, per chi deciderà di incamminarcisi, ma credo che alla fine vorrete bene anche voi ai personaggi della storia. Solo due precisazioni tecniche: la numerazione dei capitoli del sito non coincide con quelli della storia. Ma non è un problema. E 'Faliva', nel mio dialetto, curiosamente connota sia i fiocchi di neve che le scintille che si liberano dalla legna del camino. Curiosamente? Uhm, forse no. Forse sono solo due lati dello stesso aspetto. Della vita. Buon viaggio.
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- … un grande negozio di prodotti naturali, quasi una specie di piccolo supermarket… - stava spiegando Diamante - cibi macrobiotici, verdura biologica… un po’ di erbosteria… dalle parti dei Navigli… -
- Ah, ho capito - rispose Lucia - ma… è tuo ? Sei la proprietaria ? -
La ragazza scosse la testa color arancio, ridendo:
- Oh no, magari - ribattè - diciamo che tecnicamente potrebbe essere considerata una specie di cooperativa, di associazione… in realtà la cosa è leggermente diversa, nel senso che facciamo parte… come potrei spiegarvi… di un gruppo, composto da numerose persone, che sta portando avanti un’esperienza comune… di ricerca personale, di meditazione… abbiamo anche una fattoria giù in Maremma, vicino a Capalbio… un posto bellissimo, dove andiamo regolarmente, a rotazione… diamo una mano, ci sono vigne, e orti… e poi si organizzano vari corsi, biodanza, hata yoga, reiki, espressione gestuale, corporea… insomma, ci si diverte… -
- Detta così sa molto da Carlo Verdone in “Un sacco bello”… - commentò la linguaccia impertinente di Lucia - ops, scusa… senza offesa, anzi… in realtà anch’io sono molto interessata a queste cose, specialmente alle tematiche ecologiste… -
Diamante agitò le mani, in segno di diniego:
- Oh no, non preoccuparti, sono abituata a suscitare questo tipo di reazione - la rassicurò con un sorriso cordiale - siamo noi i primi a renderci conto che ad occhi esterni potremmo passare per una setta di qualche tipo, ma te lo assicuro, non siamo fanatici stile Hare Krishna o simili… te l’ho detto, è gente normale, che ha una certa visione comune della vita, tutto qua… -
- Mmh, dev’esser bello, però - intervenne Teresa - ma ora, secondo le regole di questo nostro privatissimo tribunale dell’inquisizione, oltre a quello che fai, devi dirci in particolare cosa ci fai, qui… -
- In che senso ? - ribattè l’interrogata.
- Nel senso che… - precisò l’altra con un mezzo sorrisetto malizioso - voglio dire… anzi, vogliamo dire… tra te e Guido… non so se rendo l’idea… -
Diamante scoppiò a ridere:
- Ah, ho capito ! - esclamò sollevata - chissà che mi credevo… comunque la risposta è no - un’ulteriore risatina divertita le scappò fuori - mio Dio, assolutamente no… anche perché lui ha già una mezza storia iniziata da poco… mmh, la boccaccia che ho, non sono per niente affari miei ! Comunque, ci siamo conosciuti ai concerti del venerdì sera in un locale sull’alzaia del Naviglio Grande… e poco prima di Natale mi ha chiesto se mi andava di accompagnarlo qui da voi… visto che giù in Toscana non ci si trovava perché stanno facendo dei lavori di ristrutturazione, eccomi qua… e a conti fatti devo ammettere che è stata una scelta per niente malvagia… -
- Grazie - rispose cortese Teresa. L’altra continuò:
- No, no, non lo dico per formalità… si sta veramente bene qui con voi… e poi questa casa… la sento così piena di… vibrazioni positive, di energia… - alzò la testa come in ascolto di un qualcosa che poteva udire solo lei - …non so, non vorrei sbagliarmi, ma ho come l’impressione che ci sia stato un grande dolore, qui, che però può essere attenuato dai pensieri positivi di tutte le persone che si vogliono bene… l’amore è una delle forze più straordinarie dell’universo, sapete ? Non avete idea
di quali portenti può realizzare… cose che addirittura potrebbero sembrare impossibili razionalmente… -
La casa piena di dolore…, pensò irritata Cristina, fissando torva la tipa, e grazie tante!
- Ma… voglio dire… - esclamò invece Teresa, decisamente più colpita, per ovvie ragioni, dalla frase della ragazza - …Guido… non ti ha detto niente ? -
Diamante osservò il volto improvvisamente pallido e sgomento della padrona di casa, realizzando di aver detto qualcosa che non andava:
- D-detto niente su c-cosa ? - indagò scandendo le parole con estrema prudenza - mi ha solo chiesto se volevo accompagnarlo da una sua amica che era un pezzo che non vedeva, per tutta una serie di motivi… ma perché, ho detto qualcosa di sbagliato ? -
Nello stesso istante, mentre l’atmosfera nella cucina tornava a precipitare nuovamente, come una folle vettura su delle montagne russe emozionali, Gianni Ostiglia uscì fuori da un sonno leggero con un lieve sobbalzo. Restò immobile per alcuni istanti, cercando di realizzare dove si trovasse, se nel suo letto di casa o da qualche altra parte, poi riconobbe la sala di casa di Terry. Qualcosa lo pungeva insistente al fianco sinistro: infilò la mano tra l’addome e la spalliera del divano, recuperando una
copia un po’ sgualcita di Capital. Sul suo petto, spalancato come un uccello piatto e freddo spiaccicato al suolo, era posato il numero di Gente Viaggi (speciale Brazil) che stava sfogliando al momento di appisolarsi. Sbirciò l’ora: quasi le undici e mezzo. Dalla cucina proveniva ancora, grazie al cielo in modo discretamente soffocato, il brusìo di sua moglie e le altre impegnate a spettegolare su tutto e tutti, in prevalenza mariti e figli. Ancora troppo presto per mettere qualcosa sotto i denti, valutò pensieroso, e ormai troppo tardi per sonnecchiare un altro pelo in maniera soddisfacente. Di lì a poco sarebbero rientrati gli allegri gitanti, e le urla dei bambini avrebbero dato la palata definitiva sulla tomba della quiete casalinga. Che fare, allora ? Sul tavolino accanto a lui c’era un qualcosa che poteva assomigliare ad un portacenere (dato che in quella casa non fumava nessuno, né in vita né tantomeno passato a miglior vita, doveva trattarsi in realtà di un prezioso soprammobile, ma se non ce lo scrivevano sopra…) e a lui venne l’impulso di godersi una buona sigaretta. Lo frenò il concreto sospetto che il naso di Lucia Anelli fosse molto più efficiente di un sofisticato rilevatore di fumo, e la prospettiva di un battibecco natural-salutistico appena sveglio non lo attirava troppo. Ma d’altro canto era così piacevolmente intorpidito dal morbido abbraccio del divano, che l’idea di mettere il naso fuori dal nido caldo della casa lo entusiasmava ancora meno. E quindi, che fare ? Tirò su la rivista patinata che gli dormiva sul petto, osservando per la centesima volta la grande foto di una spiaggia di sabbia bianca, con rigogliose palme che si specchiavano nell’acqua trasparente, e una più piccola in cui una fanciullina in tanga, con due tettine grandi come susine, e senza dubbio altrettanto dolci, gli sorrideva mettendo in mostra una fila di denti candidi, da pubblicità del dentifricio. Ci vediamo tra molto poco, piccola !, la salutò richiudendo il giornale che peraltro aveva letto da cima a fondo almeno due volte. incrociò le braccia dietro la nuca, contando distrattamente le lunghe travi scure del soffitto: certo che erano ben sprecate le potenzialità di quel posto, considerando l’attuale boom di agriturismi e locande di campagna, per un’unica vedova in gramaglie… Mah, era proprio vero che chi aveva pane scarseggiava a denti… Lasciò cadere quel pensiero, trovandolo effettivamente inutile, visto che per quanto lo riguardava di lì a pochi giorni lui avrebbe avuto pane, denti, sole, mare, fighe (e analgesico puro, stando ai racconti dell’esimio Tazio) e di tutto di più. E che i poveri umani intrappolati nelle nebbie e nel gelo della pianura padana… beh, che si fottessero…
Già, ma intanto come riempire quei momenti così pallosi e insignificanti ?
Fai un saltino su…
Mmh, non malvagia come idea, ma non è ancora mezzogiorno…
Eh, allora ? E’ un piacere, mica un farmaco che devi prendere ai pasti, no ?
Sì, ma… così, come concetto…
Il concetto è che ti stai rompendo i coglioni mentre tutti gli altri fanno le cose che più aggradono loro…quindi lo scrupolo morale è una cosa da senzapalle, direi
Mmh, già già, si rispose drizzandosi a sedere, e poi è o non è Natale per tutti ? Forse che il diritto di divertirsi ce l’hanno solo gli altri ?
Parole sante, vecchio mio…
Si tirò su dal divano, diretto verso le scale, gettando un’occhio nella stanzetta tv. Guido stava dando aria alla bocca seduto di fronte all’anzianoide svagato, impegnati in qualche cazzo di discussione su libri o stronzate del genere. Salì furtivo i gradini fino al piano superiore: il corridoio era piacevolmente deserto, e dava una rilassante sensazione di quiete e intimità. Transitò davanti alla porta semiaperta della camera di Teresa, bloccandosi a buttar dentro uno sguardo: tutto in perfetto ordine, il grande letto matrimoniale rifatto (si sentirà persa, tutta sola dentro lì…), su una scrivania in legno un computer spento, accanto a pile di documenti e fogli vari. Aguzzò le orecchie per captare eventuali rumori dal piano terra. La casa era silenziosa e tranquilla. Entrò nella stanza dell’amica, osservandosi in giro, esaminando il libro posato sul  comodino. Carte in tavola… Agatha Christie, rimuginò, maggiordomi assassini e detective ciccioni… uguale perdita di tempo… Dalla sommità del libro una stupida testa di giraffa con due occhi a palla lo fissava insistente. Cazzo guardi, tu ?
Sempre col radar uditivo aperto alla massima ricezione (Tranquillo, è praticamente impossibile salire quelle scale senza un concerto sinfonico di cigolìi e strepiti…)
si avvicinò alla scrivania ingombra di fogli, scartabellandone alcuni distrattamente: testi da impaginare, testi da correggere, bozze da rileggere, il lavoro di impaginatrice di Teresa doveva essere di una vivacità da strapparsi i capelli… Passò davanti a una finestra, osservando fuori: la stanza era situata sul lato opposto a quella occupata da lui e la moglie, rispetto al corridoio, e da lì si poteva godere della vista del cortile e della casa dei contadini dirimpetto. Con la coda dell’occhio scorse un movimento alla sua sinistra, in corrispondenza del grande albero dove la piccola di Renato aveva la mania di andarsi a rintanare. Girò la testa in quella direzione: per un attimo ebbe come l’impressione di vedere una figura, piccola e nera, accoccolata ai piedi del ciliegio, ma un istante dopo, osservando meglio, si rese conto che era un gioco d’ombre contro il tronco scuro.
Continuò la sua perlustrazione, dirigendosi verso il piccolo bagno privato. appeso sopra lo stipite della porta c’era un inutile coso fatto di conchiglie e pezzetti di legno. Lo sfiorò con le dita
(sdlen, fece il sonaglino)
affrettandosi a bloccarlo subito dopo, nell’assurdo timore che il fioco scampanìo emesso potesse attirare l’attenzione degli altri occupanti la casa. Anche la stanzetta da bagno era di una pulizia e ordine ammirevoli, e ben poco stimolanti. Sulla mensolina sotto il grande specchio file di bottigliette e boccette con tutte quegli impiastri che le donne si buttano su a palate, e poco altro. Tornò sui propri passi, attraversando la camera e risbucando nel corridoio. Di fronte a lui, la porta (chiusa) della stanza di Guido e miss Pel-di-carota
(chissà se ha arancio anche la patata…)
potenzialmente molto più stimolante. Ci pensò su un attimo, sempre con le orecchie tese verso il basso. Poteva andare tranquillo, la tipa era impegolata nel gineceo, e Guido al reparto geriatrico. Allungò la mano verso la maniglia, abbassandola con cautela
(ops…ma ?!… che razza di sbadato, ero convinto che fosse la… scusa… scusa scusa scusa)
e socchiudendo la porta. Come previsto, la stanza era deserta e silenziosa. Vi scivolò dentro, lasciandosi uno spiraglio alle spalle. Il letto, matrimoniale, era stato rifatto alla perfezione, cancellando così eventuali tracce di forsennato fic-fic notturno. Sul comodino di destra c’era una spazzola da donna, e un piccolo fazzoletto a tenui fiorellini blu, ripiegato con cura. Su quello opposto, il cellulare di Guido, una confezione di caramelle alla menta consumata per metà e un libro. Tutti gran lettori prima di dormire, commentò, e poi dicono che in Italia l’editoria è in crisi… Si avvicinò ad esaminare anche quel volume. La copertina, di un giallo solare, raffigurava una bambina bionda nell’atto di gridare di gioia, a braccia spalancate, e il titolo, stampato a grandi lettere rosse, recitava “Voci di Pace”.
Da John Lennon al Dalai Lama, da Madre Teresa a Fabrizio De Andrè, da Bertolt Brecht a Giovanni Paolo II,
(non di meno…)
c’era scritto dove di solito era riportato il nome dell’autore e, più sotto, Suggestioni, parole, preghiere e canti da tutto il mondo e di tutte le religioni.
Che razza di megastronzata sarà mai questa…, si chiese sfogliando a caso le pagine. Aveva tutta l’aria di un’accozzaglia inutile e strapallosa di brani di libri, testi di canzoni e frasette e poesiole stile bigliettini dei baci Perugina, e scorrendole con gli occhi lui ebbe netta la sensazione che i suoi gloriosi testicoli gli scivolassero lungo l’interno dei pantaloni, rotolando sul lucido parquet in legno. Questo qui sarà anche capace di declamarle qualche finocchiesca poesia in ginocchio sul letto, ma di sicuro non se la trivella di certo, la tipa…
Decise di lasciar perdere e dirigersi verso occupazioni decisamente più costruttive e soddisfacenti, quando occhieggiò il borsone semiaperto sulla poltroncina dal lato del letto occupato da Diamante.
Mmh, solo un’occhiatina, why not ?, canticchiò mentalmente avvicinandosi quatto quatto. Allargò la cerniera del borsone, sbirciandovi all’interno con occhio critico: maglioni coloratissimi, pantaloni di velluto, sciarpine orientali… mmh, a prima vista nulla di particolarmente stimolante, niente reggicalze in pizzo, per capirci, o vibratori doppi, né confezioni giganti di vaselina… che delusione… Vi cacciò dentro una mano, frugando come un bimbo addetto all’estrazione dei numeri della lotteria, con un’espressione furbetta sul viso. Tirò su due paia di mutandine da donna, perfettamente linde e bianche, senza il minimo fronzolo peccaminoso… Bah, sembrano quelle che porta mia figlia…, commentò sconsolato (intendiamoci, non che lui fosse così depravato da rovistare nel cassetto della biancheria di sua figlia, ci mancherebbe… è che stando in casa gli erano capitate sott’occhio più di una volta, sull’asse da stirare o impilate sul letto in attesa di essere messe a posto)
Non resistette alla tentazione di strofinarsele contro il naso. Il tessuto candido emanava un lieve profumo di bucato e sapone (probabilmente la stessa idiotissima marca di quello della figlia), per niente eccitante.
Le ricacciò nelle profondità della borsa, girando i tacchi e uscendo dalla stanza. Proseguendo lungo il corridoio, si arrestò un secondo di fronte alla porta chiusa della stanza di Renato e Lucia, poi proseguì scuotendo la testa: se quelle erano le premesse, meglio risparmiarsi un ulteriore, sconfortante sopralluogo di assorbenti e schiuma da barba… Entrò in camera, dirigendosi verso la sua borsa abbandonata in un angolo. Mentre rovistava nella tasca laterale, col naso effettuava dei brevi, nervosi sospiri,
in un gesto istintivo, assolutamente non cosciente. Estrasse il sacchettino tenendolo tra due dita, osservandolo distrattamente mentre si rialzava. Ma ?!? Guardò meglio, strabuzzando gli occhi, alzandolo in controluce contro la finestra. Possibile che ? Gli diede una leggera scossa, picchiettandovi sopra con le dita della mano libera. Poteva anche sbagliarsi (più che altro se lo augurava), la luce grigiastra nella stanza era un pò ingannevole, ma il livello della polverina bianca gli sembrava decisamente
inferiore rispetto alla quantità che aveva in mente (e che pensava di ricordare bene).
L’alone gessoso che indicava il confine tra usabile e usato era sospettosamente spesso, come se qualcuno vi avesse attinto con generosità. Ma... questa mi pare una stronzata, rimuginò. Più facile che le sue assunzioni fossero state un pò più abbondanti del solito, nell’euforico clima generale di fe sta. Di certo era così
(Non posso neanche pensare che qualcuno l’abbia trovata, primo, e per di più ci abbia ficcato la proboscide dentro...)
quindi, anche se non era ancora a rischio di trovarsi a secco, forse era era il caso di starci un pò più attento... Però però, borbottò afferrando la custodia di un cd che aveva casualmente portato su dall’auto e che era più che perfetto come superficie d’appoggio, ormai che siamo qui...
S’infilò il tutto nella tasca posteriore dei pantaloni, uscendo nel corridoio e dirigendosi verso il bagno. La discrepanza tra la dose di analgesico che pensava di avere e quella effettiva lo disturbava lievemente, come il pensiero di una bolletta da pagare o di una multa beccata per divieto di sosta, e mentre si chiudeva la porta alle spalle
(occupè, madames e monsieurs...)
decise che sarebbe stato il caso di riporlo in luogo più discreto e inaccessibile.
Ben detto, ci penserò su.
Tra un pochino...
  
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