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Autore: Maho    21/05/2005    3 recensioni
Rogue, Logan, una lezione, un pianoforte.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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The Music Lesson

La lezione di Musica

Autrice: Victoria P.
Email: victoria_p@att.net
Summary: Rogue, Logan, un piano, una lezione
Rating: G
Disclaimer: tutti I personaggi degli X-men appartengono alla Marvel e alla Fox; questo piccolo scritto di una fan non intende infrangere leggi o copyrights
.
Nota della traduttrice: Trovo questa fic assolutamente molto dolce, spero che la gradirete! Logan chiama Marie “Kid” nella versione originale, come nel film X-men io l’ho qui tradotto come “ragazzina”

 *

Lui l’aveva sentito tutti i giorni, ma prima non gli aveva mai prestato attenzione. Il dolce suono della musica si spandeva dalla stanza fino alla fine dell’ingresso. Per soddisfare la sua curiosità, seguì la musica fino alla sua fonte. Fermatosi tranquillamente sulla porta, vide Marie seduta al pianoforte, il volto raggiante alla luce, le sue mani senza guanti che danzavano lungo i tasti del piano.

In tutto quel tempo non le aveva visto un simile sorriso. Forse mai. Lo sapeva, nonostante fosse protetta e amata nella scuola, le mancavano ancora molte cose. Non si era mai lasciata scappare che non era del tutto felice, ma bastava guardarla ora per vedere che i suoi sorrisi agli altri erano solo una pallida ombra della gioia che sentiva al piano.

Lasciò che la musica lo attraversasse. Era qualcosa di vagamente familiare -- Brahms, forse, o Bach. pensò.

La ascoltò finché non finì, e dopo essersene andato, un piano iniziò a prendere forma nella sua mente.

*

Pochi giorni dopo, era pronto per saltare il fosso. Ancora una volta seguendo la musica, entrò nella stanza e si sedette, aspettando che lei notasse la sua presenza.

Lei finì il pezzo che stava eseguendo e lui applaudì, facendola trasalire.

"Logan! Lo giuro, stavi per farmi venire un infarto!" disse, una mano sul cuore, una smorfia sul volto.

"Scusa, ragazzina. Stavo solo apprezzando la musica."

"Grazie. Era Beethoven. Sonata 'Al Chiaro di Luna' La preferita di mia madre."

Lui si alzò e camminò verso il piano.  Lei si spostò, spaventata per avere le mani scoperte, anche se lui non lo era. Posando le dita sulla tastiera, lui disse, "Pensi di potermi insegnare a suonarlo?"

Gli occhi nocciola di lei si illuminarono di sorpresa. "Io, Io non lo so. non ho mai dato lezioni, le ho solo prese. E perché vorresti imparare a suonare il pianoforte, comunque? Potresti rovinare la tua reputazione di grosso, selvaggio Wolverine."

Lui scrollò le spalle, pensando e rifiutando ogni risposta che gli veniva alla mente, molte delle quali erano variazioni su come lui voleva essere con lei quando sorrideva in quel modo, o voleva farla sorridere a lui così un giorno. Lui voleva essere capace di fare qualcosa con lei dove lei non indossava i guanti tutto il tempo. Se ne uscì con, "Guardando ‘Amadeus’ l’altra notte. Ho pensato che fosse forte."

Lei alzò un sopraciglio e lui avrebbe potuto dire che lei non gli aveva affatto creduto, ma non gli importava. "Okay," disse, "siediti accanto a me" E si mise i guanti.

"No, no," lui rispose in fretta. Questo non era quello che voleva. "non metterli"

"Ma --"

"Non metterli, Marie," ringhiò. Voleva questo. Lui si sedette ed estrasse i suoi guanti, di morbido cuoio, consumati dagli anni. "Mostrami"

"Non puoi suonare con i guanti," lei iniziò. "Fammi solo--"

La interruppe nuovamente. "Mostrami," domandò.

Lei toccò un tasto bianco. "Questa è la C di mezzo." Spiegò le sue dita sui tasti. "Così è come le tue mani devono stare. Le dita incurvate, ma non del tutto. I polsi distesi."

Di nuovo, "Mostrami." E pose le sue mani sulla tastiera.

Lo guardò di traverso, si inumidì le labbra e sospirò. Lei dispose le proprie mani nude sulle sue, posizionando le dita correttamente. Se avesse indugiato più del necessario, o distrattamente corretto gli spazi tra le sue nocche, beh, lui non poteva lamentarsi. "Così."

"Così?" chiese, piegando le sue mani imitando due artigli.

"Logan, non essere ridicolo," disse, posando di nuovo le mani sulle sue, correggendo la sua postura più deliberatamente. Lui si rilassò e Marie disse, "Così è come si indica la C di mezzo negli spartiti." indicò uno dei puntini sullo spartito musicale. "Questa è la chiave di violino, e queste sono le note. " Spiegò senza sosta, senza mai togliere del tutto le mani da sopra le sue. Era arduo sopprimere una smorfia.

Alla fine, se ne accorse. "Sta attento, Logan. Perché fai quella faccia?" Lui indicò con lo sguardo le loro mani, le sue eleganti, delicate dita poggiate sulle sue larghe, dure placchette. "Oh," disse, e ritrasse le sua mani. C’era uno sguardo nei suoi occhi che non era *assolutamente* ciò che lui voleva vedere. Paura. "Scusa."

Lui prese le sue mani "Non esserlo. Non essere spiacente. Non essere spaventata"

"Logan, Io --"

"No, Marie. Nessuna scusa. Nessuna sciocchezza. Hai queste mani mortali, si. E ti fanno sentire come se non potessi toccare nessuno " e si avvicinò di più, "ma puoi sempre toccare me" Il suo volto era così vicino che lei poteva sentire il suo respiro sulle labbra. "Sempre" lui ripeté fieramente.

La bocca di lei si aprì, ma non ne uscì nessun suono. Si inumidì di nuovo le labbra, nervosamente, e lui si allontanò un poco, portando una delle mani di lei vicino alla propria bocca. Logan baciò la sua pelle delicatamente – come il tocco delle ali di una farfalla – lei pensò che magari dopo si sarebbe accorta di essersi immaginata tutto.

Dopo Logan sorrise, un vero sorriso. E si riavvicinò a lei, il volto di lei radioso, ricordandogli ancora che cosa stava aspettando, perchè si fermava lì quando non sarebbe mai riuscito a stare tanto a lungo in un posto.

"Qui finisce la lezione," mormorò Logan, e si alzò fluidamente. Lei aveva uno sguardo stordito "Ci vediamo domani per la seconda lezione?" chiese lui con un tono normale.

Marie annuì e lui se ne andò. "Stessa ora, stesso posto," lei sussurrò dolcemente, poggiando la mano che lui le aveva baciato sulle labbra.

Forse i suoi sogni non erano poi così improbabili dopo tutto, pensò, focalizzandosi ancora una volta su Beethoven.

*Fine*

 

 

  
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