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Autore: edoardo811    26/11/2021    3 recensioni
La Foschia è svanita. I confini del campo sono scomparsi e ora tutto il mondo può vedere i mostri per quello che sono realmente.
DANIEL non è mai stato un ragazzo socievole, per un motivo o per un altro, si è sempre trovato meglio da solo, lontano da tutti, perfino dal Campo Giove. Nemmeno i mostri hanno mai provato ad ucciderlo, come se non fosse mai esistito realmente.
CAMILLE è un pericolo, per sé stessa e per gli altri, una figlia di Trivia abbandonata in fasce, indesiderata, costretta a convivere con un lato di sé che non vuole fronteggiare, per paura di quello che potrebbe scatenare.
KIANA è una figlia di Venere, orgogliosa e testarda, che dovrà fare i conti con le conseguenze delle sue azioni.
Tra auguri scansafatiche, eroici pretori e conflitti interiori nel Campo Giove, tre ragazzi diversi tra loro, tre nullità della Quinta Coorte, si ritroveranno con un obiettivo comune: imbarcarsi in un viaggio tra mostri, traditori, nuovi e vecchi nemici per impedire che il mondo sprofondi nel caos.
Genere: Avventura, Fantasy, Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Dei Minori, Ecate, Gli Dèi, Nuova generazione di Semidei, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le insegne imperiali del Giappone'
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V

La battaglia per il Campo Giove



Corse assieme ai legionari, cacciando dalla Via Principalis i lupi e i centauri rimasti, mentre il cielo veniva riconquistato dai romani a cavallo di pegasi e dalle aquile. I mostri sopravvissuti tornarono indietro, a cercare rifugio tra le fila dell’esercito che per tutto il tempo aveva continuato a marciare verso il campo, scendendo dalle colline di Oakland. 

Ora che la Via Principalis era di nuovo libera, Daniel poté concentrarsi su quello che li attendeva al di fuori delle mura difensive. Falangi intere di dracene armate di archi e frecce incendiarie, ciclopi con le mani cariche di grossi massi, lestrigoni, diversi segugi infernali e i centauri e i lupi sopravvissuti si stavano dirigendo verso di loro. Erano almeno duecento o trecento nemici, senza contare il gigante, che camminava proprio in centro. Era ancora troppo lontano per poterlo scorgere bene, ma la sua statura mastodontica faceva sembrare pulci perfino ciclopi e lestrigoni alti due metri.

Le cinque coorti si radunarono ognuna dietro ai rispettivi centurioni, che a loro volta seguivano il pretore formando cinque colonne ordinate al millimetro, per via di tutte le esercitazioni e addestramenti fatti. Poche, sporadiche frecce caddero ancora su di loro, ma non fecero altro che incontrare gli scudi dei legionari di nuovo bene armati ed equipaggiati. 

Nonostante quell’esercito impressionante, i legionari avanzarono verso di loro senza paura. Daniel affiancò Kiana, Camille, David e i Vega al seguito di Marianne, rimasta sola dopo che Allen si era ritirato nella mensa assieme a Travis e a tutti i feriti nell’attacco della Via Principalis. 

Erano addestrati per quello, e anche se la vista di così tanti mostri avrebbe potuto spaventarli, la forza del Campo Giove stava nell’unione dei suoi abitanti e nella fiducia che nutrivano nei confronti dei loro leader. Potevano essere spaventati, ma dovevano ricordarsi di non essere soli.

Il cielo crepitò all’improvviso e Daniel sentì i peli delle braccia rizzarsi. Si accorse del fittissimo strato di nubi nere che si stavano addensando proprio sopra di loro, con alcuni lampi che baluginavano al loro interno, impazienti di essere sprigionati, mentre sopra il campo, Nuova Roma e le colline tutto era sereno. Era come se tutta la furia del cielo fosse concentrata unicamente su di loro. 

Ashley smise di marciare, sollevando un pugno, e come un sol individuo l’intera Legione si arrestò in uno scroscio di stivali che calpestavano il suolo. Entrambi gli eserciti si erano fermati a metà strada tra il campo e il Piccolo Tevere, separati da un centinaio di metri. Sopra le loro teste, i semidei a cavallo dei pegasi e le aquile giganti cominciarono a volteggiare sopra la Legione, in attesa. 

Il pretore era circondato da un’aura di elettricità pura, così forte da rendere l’aria umida e satura. Perfino da quella distanza Daniel percepiva il potere da lei emanato. Realizzò a quel punto che i nuvoloni erano tutta opera sua: una tempesta stava per scatenarsi sulle sponde del Piccolo Tevere. 

Un silenzio irreale scese lungo quello che sarebbe stato il nuovo campo di battaglia, mentre entrambi gli eserciti si scrutavano e studiavano.

«Siete entrati in un luogo sacro. Tornate indietro, o verrete distrutti» gridò Ashley, rivolta verso i mostri. 

Una valanga di risate si sollevò da loro. Le dracene tesero di nuovo gli archi, ma anche il Gigante alzò una mano, per fermarle. Avanzò attraverso i suoi seguaci, portandosi in testa al gruppo. Non appena lo vide meglio, Daniel sentì un brivido percorrergli la schiena. Provò una sensazione molto diversa rispetto a quelle a cui si era abituato nel campo. Il Gigante non trasmise in lui ostilità, o pericolo. Anzi, aveva un’aria quasi… familiare.  

Era alto almeno otto metri, con zampe verdi, capelli lunghi e intrecciati neri come la pece. Indossava un’armatura di Bronzo Celeste ed era armato di una lancia lunga il quadruplo di quella di Kiana. 

«Ho una proposta migliore: arrendetevi voi e vi promettiamo una morte rapida e indolore!» Aveva la voce roca e profonda, come se parlasse dal fondo di una caverna.

«Quello… quello è Encelado…» sussurrò Camille all’improvviso, con un filo di voce. Era diventata perfino più pallida del solito, gli occhi d’ametista spalancati per lo stupore.

«L’anti Minerva» rifletté Kiana, prima di serrare la presa sulla lancia. «Ma credevo che fosse morto una ventina di anni fa!»

«È così, infatti» disse Marianne, senza voltarsi. «Si sono riformati molto più in fretta di quanto potessimo immaginare.»

«Ma… come?» 

«Non lo so, ma questa storia non mi piace per niente.»

«Allora? Che cosa rispondi, figlia di Giove?» incalzò Encelado, il cui ghigno fu ben distinguibile.

Il corpo del pretore sprigionò scintille azzurre. Un forte vento cominciò ad alzarsi, soffiando sulla Legione. I piedi di Ashley si staccarono da terra, mentre l’aria ruggiva attorno a lei, scompigliandole i riccioli dorati. Arrivò a levitare ad almeno tre metri di altezza, sotto lo sguardo sbalordito di Daniel e moltissimi altri. 

«Dodicesima Legione Fulminata!» Ashley puntò la lancia verso gli invasori. Il cielo tuonò assieme al suo grido: «Roma Regina! Omnia hostes mori debent

Un fulmine precipitò su di lei, diramandosi nel suo corpo com’era successo nella Via Principalis e scagliandosi verso Encelado, che fu colpito in pieno. Il gigante urlò furibondo, barcollando all’indietro, ma si riscosse immediatamente. Ordinò ai mostri di attaccare, e la vera battaglia per il Campo Giove ebbe inizio. 

Ashley partì per prima, volando verso il Gigante senza alcuna esitazione. Un altro tuono scosse il terreno mentre la ragazza gridava a perdifiato, evocando altri fulmini e polverizzando diverse fila di mostri. Alcune frecce e massi vennero scagliati contro di lei, ma furono tutti rispediti indietro dal vento che le infuriava attorno, schiantandosi addosso ai loro lanciatori.

Le altre coorti si lanciarono all’attacco al seguito del pretore, ognuna col proprio grido di battaglia.

«Quinta Coorte!» urlò Marianne. «Cuneum formate

I ragazzi della quinta obbedirono al centurione. Caricarono con la formazione a cuneo, mentre tutt’attorno a loro infuriava il caos della battaglia. I pegasi e le aquile si abbattevano sui mostri dal cielo. Le dracene continuavano a scoccare frecce esplosive, ma il vento di Ashley le rispediva tutte indietro, facendole pentire di averle scagliate. Le frecce della legione, in compenso, venivano sospinte dalla corrente e si abbattevano sui nemici con ancora più forza, decimandoli.

Daniel si fece largo tra le creature, dimenando il gladio con furore, accompagnato da Kiana e Camille. La figlia di Venere infilzò una dracena, un ciclope e un lestrigone uno dietro l’altro formando uno spiedino di mostri, uccidendoli sul colpo. Cam era piccola, ma era agile: saettava tra i nemici, armata di una daga d’Oro Imperiale, il simbolo della madre, ferendo o uccidendo qualsiasi cosa capitasse a tiro. Il resto della Quinta Coorte non era da meno. Ovunque guardasse, Daniel poteva vedere uno dei suoi commilitoni combattere con coraggio contro i mostri. Erano uniti, solidi, una cortina invalicabile che falcidiava ogni nemico abbastanza folle da mettersi in mezzo, alimentata dalle grida del suo centurione. 

Marianne in particolare sembrava spinta dalla mano invisibile di Bellona in persona. Eliminava un mostro dietro l’altro con una furia che Daniel non aveva mai visto in lei, continuando a impartire ordini alla sua coorte con precisione chirurgica, indicando quando e che formazione adottare e soprattutto intimando di non arrendersi. Ogni sua frase era una scarica elettrica che percorreva la schiena dei suoi compagni, incitandoli a dare il massimo. Stava combattendo come se stesse aspettando quel momento da tutta la vita, come se fosse nata per quello, cosa che poteva pure essere vera. Di sicuro, era bello vedere i mostri cadere vittima della sua furia. 

Da qualche parte oltre le fila dei mostri, Ashley stava affrontando Encelado. Ogni volta che Daniel si accorgeva del loro scontro, notava una ferita in più sul corpo del gigante. E quando vide il pretore, per un istante rimase pietrificato. Era come se Ashley avesse una tempesta personale attorno a sé stessa ed Encelado. L’aria crepitava di elettricità e fulmini, rendendo impossibile a chiunque avvicinarsi. La figlia di Giove mulinava la lancia con furia e a ogni suo attacco un fulmine precipitava, esplodendo tra le fila dei nemici e disintegrandone a manciate ogni volta. Encelado aveva perso la sua lancia gigantesca ed era pieno di bruciacchiature dovute ai fulmini, le squame impregnate di icore dorato. Pareva perfino che si stesse difendendo da lei e non il contrario.

All’improvviso, la sensazione che aveva avvertito nell’armeria tornò a farsi sentire. Il gladio gli scivolò dalle mani e cadde in ginocchio, boccheggiando. Attorno a lui la battaglia continuava a infuriare, ma divenne tutto indistinto, sfocato. Nessun legionario e nessun mostro fece caso a lui. Deglutì, tremando come una foglia, la fronte madida di sudore freddo. 

Le figure dei suoi compagni e anche dei mostri si tramutarono ancora una volta in quelle forme senza dettagli e senza volto, fatte unicamente di oscurità e di occhi bianchi e vacui. Daniel si pietrificò all’improvviso, incapace di muoversi, o di pensare. Immagini balenarono nella sua mente, senza che lui potesse controllarle. Le figure di oscurità che lo attaccavano, lui che si difendeva, lui che si trovava solo, circondato da una quantità incalcolabile di corpi privi di vita. 

Si premette le mani sulle tempie, grugnendo di dolore. Ebbe il timore che quella voce si facesse di nuovo sentire, ma non accadde. Riaprì gli occhi. La sensazione svanì rapidamente, ma il senso di inquietudine rimase dentro di lui. 

Un’ombra più grande delle altre gli apparve di fronte all’improvviso, questa però aveva l’aspetto e soprattutto le fauci di un segugio infernale. Daniel si riscosse un secondo prima che quel molosso lo investisse in pieno. Saltò all’indietro, la sorpresa e la paura che gli artigliavano le ginocchia, tramutandole in purea. Se non altro la nuova minaccia lo aiutò a tornare alla realtà.

Il segugio infernale cominciò a ringhiare e un fiume di disgustosa bava lattiginosa gli scivolò tra i denti. Daniel fece per sollevare il gladio, ma gli era caduto di mano. Senza distogliere lo sguardo dal segugio, si avvicinò alla spada lentamente, ma quello non la prese bene: caricò con un guaito di rabbia, muovendosi veloce come le ombre di cui era plasmato. Il ragazzo cercò di evitarlo, ma non riuscì a spostarsi in tempo. 

Il segugio infernale non era solo grande come un furgone, investiva pure come un furgone. 

Daniel finì bloccato a terra, travolto da un dolore atroce all’addome. La cotta di maglia aveva attutito il colpo, ma sentiva le ossa vibrare per la botta. Le fauci del molosso apparvero ad un palmo dal suo volto, il suo alito pestilenziale ricordava un misto rivoltante di sangue e carcasse di animali. Pensò di poter svenire per la puzza. Annaspò alla ricerca del gladio, ma era troppo lontano. Gridò aiuto, ma nessuno arrivò. Era bloccato, con la morte sopra di lui. Il segugio infernale continuò a ringhiare, la sua bava colò sul volto di Daniel, così nauseabonda da sembrare corrosiva. Incrociò lo sguardo famelico del cane, e rimase immobile, in attesa della fine. 

Qualcosa di completamente inaspettato accadde. Il segugio smise di ringhiare all’improvviso, mentre teneva gli occhi rossi come il sangue conficcati in quelli scuri del ragazzo. Le orecchie gli si abbassarono e piegò la testa, producendo un verso molto diverso da quello famelico di poco prima. 

«Bau?»

Daniel sbatté le palpebre. 

Bau?

Il segugio scese su di lui all’improvviso, facendolo gridare di spavento. Continuò a gridare, senza fermarsi, mentre quella gigantesca lingua rosa gli scartavetrava la faccia intera, brucandogli la pelle e ricoprendolo di bava fino ai capelli, che si ritrovarono ad avere la stessa consistenza della lattuga appassita. 

«Bau!» Questa volta, il verso del segugio parve una cannonata. 

Daniel riaprì gli occhi rimasti chiusi e si accorse dell’espressione giocosa del molosso, che adesso se ne stava con la lingua a penzoloni. Sembrava un cucciolo che chiedeva di andare a fare una passeggiata nel parco. 

«Ma… ma cosa…» riuscì solo a dire, prima che il cane caricasse il peso sulle zampe e spiccasse un balzo oltre la sua testa, svanendo dalla visuale. 

Il ragazzo rimase a terra, lo sguardo fisso sul cielo, l’aria pulita che rientrava lentamente nei suoi polmoni e i rumori della guerra che tempestava accanto a lui. La morte era stata così vicina che nemmeno voleva pensarci, o avrebbe rischiato di dare di matto.

Si riscosse solamente quando udì un altro urlo furibondo provenire da Encelado. Drizzò appena lo sguardo, ma non vide altro che una gigantesca folla di persone attorno a sé. 

«Daniel!» Non si sorprese quando vide la testa di Camille fare capolino sopra di lui. «Che ti è successo?! Stai bene??»

Non era molto sicuro della risposta da darle. Gli uscì un mugugno che poteva essere tanto un sì quanto un no, poi si alzò in piedi, ignorando la mano di Camille. 

«Accidenti, zombie, ma che hai fatto ai capelli?» gli domandò Kiana, non appena la incrociò in mezzo alla folla. Era illesa, con indosso la sua panoplia e la lancia ben stretta tra le mani. 

Daniel si passò la mano tra i capelli, trovandoli sparati in aria in tutte le direzioni come se fosse stato centrato in pieno da un fulmine di Ashley. Rispose con un altro mugugno, strappando una risatina alla figlia di Venere, anche se sembrava nervosa e non davvero divertita. Si guardò attorno, constatando che la battaglia era finita. Non c’era più traccia dei mostri, mentre sopra di loro i pegasi e le aquile continuavano a volteggiare.

L’unico invasore rimasto era Encelado, riverso a terra come una stella marina, con Ashley in piedi sopra il suo stomaco, la lancia puntata verso il suo collo, e circondato da una miriade di legionari armati e infuriati. 

«L’attacco è già finito?» sussurrò Daniel, a Camille e Kiana.

La seconda si strinse nelle spalle. «I mostri sono fuggiti quando Ashley ha sconfitto Encelado.» 

«È stato incredibile!» aggiunse Cam, con tono e sguardo sognanti. «Ashley l’ha annientato! Non avrei mai pensato che potesse essere così forte!»

Già, pensò Daniel, serrando le labbra. L’immagine di lei che faceva a pezzi Encelado balenò nella sua mente, facendolo irrigidire.

Forse era un po’ troppo forte.

Un pegaso atterrò in quel momento. Il suo conducente, un ragazzo che Daniel non conosceva, saltò giù e corse verso di Ashley, sbraitando che mentre era in cielo aveva visto i corpi privi di vita di tutte le sentinelle sopra le torri di guardia. Un susseguirsi di versi di sorpresa provenne dalla Legione, anche se Daniel pensò che buona parte di quei ragazzi fosse solo sollevata che non fosse toccato a loro fare il turno di guardia.

Proprio in quel momento, Encelado ridacchiò. «La tua fama ti precede, figlia di Giove. Sei davvero potente. Ma credo proprio che dovresti rivedere la sicurezza nel tuo campo. Eluderla è stato molto più semplice di quanto pensassimo.»

Ashley serrò la mascella, ma tenne i nervi saldi. Avvicinò la lancia contro la gola del gigante. «Chi vi ha mandati? Che cosa pensavate di fare, attaccando il Campo Giove in questo modo?»

«E come hanno fatto a varcare i confini?» aggiunse Marianne, ad alta voce, facendosi udire da tutti. 

«Sì… anche quello» convenne Ashley.

Per tutta risposta, Encelado rise ancora. «Quante domande. Ma chiedete alla persona sbagliata. Non sono io ad avere le risposte che cercate. Le ha il mio caro fratello.»

«Quale fratello?»

«Non preoccuparti, figlia di Giove. Lo capirai presto. Dopotutto… lui è già qui.»

Camille sussultò all’improvviso. I suoi compagni si voltarono verso di lei, sorpresi, un attimo prima che una fitta nebbia nera apparisse dal nulla, sorgendo dal terreno. 

«Attenti!» gridò la figlia di Trivia, spalancando le braccia. 

La nebbia cominciò a coprire ogni cosa, avvolgendo i legionari, oscurando la luce del giorno. Tutti quelli che vi entrarono in contatto stramazzarono a terra come mosche, con gli occhi vitrei. Daniel gridò inorridito, credendo che fossero morti. Vide la nebbia avvicinarsi anche a lui e indietreggiò, finendo con lo sbattere contro Kiana, che era sconvolta tanto quanto lui. La nebbia continuò ad avvicinarsi, ma si fermò a pochi metri di distanza da loro e cominciò a scivolare verso l’alto, come se stesse scorrendo lungo una superficie invisibile. Daniel si accorse di Camille ancora con le braccia spalancate, gli occhi sigillati in un’espressione concentrata. «Restate vicini a me» ordinò, a denti stretti. 

Daniel e Kiana si strinsero all’amica, angosciati. La nebbia li circondò completamente, oscurando tutto quanto tranne loro tre, grazie alla bolla protettiva che Camille aveva creato. 

«David» sussurrò Kiana, concentrata sul fratello poco distante, a terra assieme ai Vega e a tutti gli altri. 

«Che sta succedendo?» Daniel provò a trattenere la vena di tensione nella sua voce, ma non ci riuscì. 

«È opera del fratello di Encelado» disse una quarta voce, che fece sobbalzare lui e Kiana. Nella bolla protettiva si era infilata anche Marianne, anche lei con lo sguardo fisso sui legionari avvolti nella nebbia. «Tranquilli, se non ricordo male, quella nebbia ha solo fatto svenire i nostri compagni. Non sono morti.»

«Mi auguro davvero che tu ricordi bene» rispose Kiana, tesa come una corda di violino. 

Nonostante la situazione angusta in cui si trovavano, in mezzo a quelle tenebre Daniel si sentì rinvigorito. La stanchezza e la spossatezza generate nel corso della mattinata si affievolirono e si sentì pronto per combattere ancora. Durò poco, però: la nebbia cominciò a diradarsi poco dopo, e la luce del giorno penetrò di nuovo l’oscurità con delle saette accecanti, strappandogli una smorfia infastidita. 

Quando la nebbia svanì di nuovo nel terreno, una scena desolante apparve di fronte ai quattro ragazzi. L’intera Legione giaceva a terra, priva di sensi, su quella riva del fiume che era stato il loro campo di battaglia. Encelado era svanito. 

«Via… via libera…» mormorò Camille, abbassando le braccia. Non appena compì quel gesto, le scappò un gemito e le gambe le cedettero. 

«Cam!» Kiana la afferrò al volo, prima di farla precipitare. La sollevò come una piuma e la aiutò a reggersi in piedi, facendola aggrappare alla sua vita. 

«G-Grazie» mormorò Camille, pallida come un cencio. Sembrava quasi che stesse per vomitare.

«Interessante» sussurrò qualcuno all’improvviso. Una voce roca, secca, ma anche molto familiare. Daniel spostò lo sguardo, accorgendosi di una nuvola di fumo nero che usciva dalla bocca di Ashley. La ragazza era riversa su un fianco, voltata proprio verso di loro, con gli occhi sbarrati. 

«Non sapevo della tua esistenza, figlia di Trivia.» Era lei a parlare. Da svenuta.

«Ashley…» Camille si coprì la bocca, terrorizzata.

«Una sorpresa inaspettata. Ma non sarà un problema. Non puoi contrastare i miei poteri, figlia di Trivia. Io sono l’anti magia. Sono l’anti Ecate. Sono nato per annullare tutto ciò che tu e tua madre rappresentate.»

«Ma… ma che sta dicendo?» domandò Kiana. «Ashley è nata per contrastare la magia?!»

«Quella non è Ashley.» Marianne stirò le labbra, affondando le dita nel manico del gladio. «Quello è Clizio. Il Gigante nato per contrastare Ecate.»

«Esatto, figlia di Bellona.» Ashley ridacchiò. Ogni volta che parlava, nuvolette nere le fuoriuscivano dalle labbra. «Non mi aspettavo così tanta resistenza da parte vostra. Mi congratulo per come avete arrestato l’avanzata di mio fratello. Ma infondo, uccidervi tutti non era il nostro obiettivo. Non ora, almeno. Prima dovrete assistere alla Notte Eterna.»

Daniel si sentì come punto da una zanzara. Gemette, ma rimase immobile, con lo sguardo conficcato negli occhi sigillati di Ashley, che sogghignò. 

«Qual era il vostro obbiettivo?» domandò Marianne, facendo un passo avanti. 

«Il vostro pretore vi ha salvati, ma non sarete sempre così fortunati. Torneremo con un esercito più grande. Distruggeremo questo luogo. Abbiamo la dea. La Foschia è svanita. I confini magici sono stati cancellati. Conosciamo i vostri movimenti, i vostri segreti. Non potete nemmeno fidarvi di voi stessi. Quando arriverà la Notte Eterna...»

Il pretore posseduto riaprì gli occhi di scatto e cominciò a tossire, rigettando altra nebbia nera dalla gola. Si tirò a sedere, tenendosi la pancia, mentre la tosse peggiorava, priva di controllo, così forte che Daniel sentì dolore alla gola al posto suo. Nonostante non provasse simpatia per lei, Ashley sembrava davvero sofferente.

«Ashley!» gridò Camille, riuscendo a staccarsi da Kiana per andare ad accovacciarsi accanto a lei. Le posò il palmo sulla spalla, ma il pretore sollevò una mano. 

«Sto… sto bene…» riuscì a dire, con la voce ancora un po’ roca ma meno graffiante rispetto a prima. Ebbe ancora qualche colpo di tosse, poi si riprese del tutto; solo in quel momento sembrò notare lo spettacolo desolante che la circondava. «Cos’è successo?» domandò, severa, ma con una vena di preoccupazione nella voce.

«È stato…» La risposta di Marianne morì nella sua gola. Rimase immobile, gli occhi rivolti ad un punto imprecisato al di là del Piccolo Tevere. Daniel seguì il suo sguardo e rimase altrettanto sconvolto alla vista di Encelado e un altro gigante simile a lui, con le zampe cineree, i capelli così neri che parevano ombre che si plasmavano sopra la testa, e un’armatura che, nonostante la distanza, riconobbe subito come fatta di Ferro dello Stige. 

Encelado era malconcio, ma vivo e vegeto. L’altro era illeso, e li scrutava intensamente con occhi brillanti come diamanti. Camille indietreggiò, guardando il secondo gigante come se fosse il male impersonato. «Clizio…»

Daniel vide le quattro ragazze sollevare le armi, e solo in quel momento lui realizzò di non aver ancora raccolto il gladio. Non ebbe bisogno di recuperarlo, perché Clizio diede loro le spalle. Sferzò l’aria con la sua possente mano e un varco di tenebre apparve accanto ai due giganti. 

«Ci rivedremo, figlia di Giove!» abbaiò Encelado, prima di entrare nel varco e venirne inghiottito. Suo fratello impiegò ancora qualche istante, facendo vagare lo sguardo su loro cinque, con il volto umanoide che ricordava un quadro, immobile, inespressivo. Dopodiché anche lui si infilò nella fenditura, che si richiuse da sola subito dopo, svanendo nell’aria con un rumore simile allo scoppio di una bolla.

I ragazzi rimasero fermi, con il respiro pesante e i sensi affinati al massimo, pronti per altri pericoli. Ci volle un po’ prima che tutti loro si abituassero all’idea che il peggio fosse passato. Le spalle di Ashley si abbassarono. Si guardò attorno, scrutando i legionari svenuti a lungo, inespressiva. Infine, si voltò verso di loro cupa in volto. «Ditemi subito cos’è successo.»

Per fortuna c’era Marianne, perché Camille sembrava in procinto di svenire, Kiana sembrava sconvolta e Daniel non aveva alcuna intenzione di proferire parola. Il centurione aggiornò Ashley, mentre i legionari caduti vittima della nebbia riprendevano i sensi uno alla volta, in un susseguirsi di mugugni e voci impastate e confuse. 

A racconto concluso, Ashley si strinse lo stomaco. «Non posso credere che ha usato me per parlare.» Venne scossa da un brivido e Daniel non poté biasimarla per questo. Clizio aveva violato la sua mente, il suo corpo, l’aveva usata come una marionetta. Nessuno avrebbe preso bene una cosa del genere, soprattutto qualcuno di orgoglioso come Ashley. «Ma che significa che controllano la Foschia?» domandò poi. «Quale dea hanno? E che cosa cercavano?»

Nessuno sapeva cosa rispondere. E il fatto che fosse lei, il pretore, a fare le domande la diceva lunga su che razza di situazione fosse quella davvero. 

Marianne si allontanò da loro senza dire nulla. Un lungo mugugno le scappò dalle labbra, mentre studiava le torri di guardia che si trovavano agli angoli del campo. 

«Hanno ucciso le sentinelle per prime» cominciò a dire, sotto gli sguardi interrogativi di tutti. «Per questo non hanno dato l’allarme. Forse hanno usato delle frecce, o forse sono stati i grifoni. Poi hanno attaccato Allen e Travis, che però sono riusciti a scappare. Se loro non si fossero salvati, l’esercito sarebbe arrivato nel campo mentre eravamo a pranzo. Tuttavia…» 

La figlia di Bellona fece un passo verso le colline di Oakland, il nuovo oggetto del suo interesse. «… non era un esercito molto grande, quello. E non avevano nemmeno armi d’assedio pesanti. Inoltre, avete visto anche voi Clizio ed Encelado usare un portale per scappare. Deve essere così che hanno portato qui quell’intero esercito senza che ce ne accorgessimo prima. È stato un attacco premeditato, hanno puntato esclusivamente sull’effetto sorpresa. Sapevano bene come e quando colpire. L’unico motivo per cui hanno fallito, è perché Travis e Allen sono riusciti ad avvisarci.»

«Questo è un ottimo resoconto, Moreau» disse Ashley, cupa in volto. «Dove vuoi arrivare?»

Marianne si voltò verso di lei. La sua espressione severa non mutò di una virgola. «Clizio ha detto che conoscevano i nostri movimenti. E che non possiamo fidarci di noi stessi.»

Camille deglutì. «Pensi… pensi che…»

«Sì» tagliò corto Marianne. «Penso che abbiano un infiltrato nel campo.»

Le pupille di Ashley guizzarono su Daniel. Fu solo un istante, un lampo, ma lui se n’era accorto. 

«Oh, fantastico!» sbottò Kiana. «Una maledetta talpa, proprio quello che ci voleva!»

«Calma. Non possiamo credere a questa storia» stabilì la figlia di Giove. Daniel continuò a scrutarla impassibile, ma lei sembrò fare finta di niente. «Mi rifiuto. Potrebbe trattarsi di una trovata di Encelado, per farci dubitare di noi stessi.»

Marianne si mise a braccia conserte. «Sapevano che il campo era meno sorvegliato per il pranzo.» 

«Anche i mostri sanno che la gente comune mangia a quest’ora» ribatté Ashley, incrociando il suo sguardo.

«E allora perché prima di oggi non hanno mai fatto un attacco del genere?» 

«Perché questa volta avevano due giganti. Clizio deve aver forzato i confini magici del campo. Non so come abbia fatto, ma non ci sono altre spiegazioni. Non sarebbero riusciti ad arrivare fino alla Via Principalis, altrimenti.»

«Ma Clizio ha detto che i confini sono scomparsi. Anche questo spiegherebbe come hanno fatto ad arrivare fino a qui, e soprattutto come avrebbero potuto uccidere le sentinelle.»

«Possiamo stare qui a discutere tutto il giorno, Moreau, resta il fatto che siamo stati attaccati, non importa come. Da questo momento in poi dovremo agire con la massima prudenza e prendere tutte le precauzioni necessarie, almeno finché non avremo più informazioni. Sono stata chiara?»

Marianne chiuse gli occhi e chinò la testa. «Sì, Ashley.»

Ashley assottigliò le labbra. Sembrava infastidita, ma annuì. «Bene.»

Daniel sentì l’aria farsi più pesante, ma questa volta l’elettricità statica della figlia di Giove non c’entrava nulla. Anche Camille si mordicchiò nervosamente le unghie. Infine, un profondo sospiro provenne da Kiana, che si massaggiò tra i capelli d’ebano. «Che casino assurdo…»

«Siete stati bravi.» Ashley fece vagare lo sguardo su di loro, fermandosi su Camille, a cui rivolse un ampio sorriso. «Specialmente tu, Gray. Hai avuto prontezza di riflessi e non ti sei fatta colpire da Clizio. È grazie a te se ora abbiamo queste informazioni.»

«B-Beh…» Camille arrossì fino alla punta dei capelli. «G-Grazie…»

Daniel pensò che avrebbe potuto vomitare. 

«Siete qui!» disse un’altra voce all’improvviso.

Tutti si voltarono verso Elias, che stava marciando verso di loro con passo pesante, buio in volto. Non era stato lui a parlare, però. Dante sbucò fuori da dietro la sua schiena. Erano alti uguali, ma l’augure era largo la metà del figlio di Plutone. «Ci… ci sono ancora i mostri?»

«Elias! Dove diamine eri finito?!» tuonò Ashley, ignorando Dante.

Il suo collega pretore incrociò i martelli pneumatici che aveva al posto delle braccia e le lanciò un’occhiata inespressiva, senza rispondere. Dante si frappose tra loro due, con fare nervoso. «Era con me. Eravamo nel tempio di Giove Massimo, quando abbiamo sentito i corni dell’allarme. Stavamo per uscire, ma è apparsa quella nebbia nera, così siamo tornati dentro. Elias è riuscito a tenerla lontana. C’era… qualcosa, fuori dal tempio. Si stava avvicinando, ma poi è tornata indietro. Forse ha visto che noi eravamo lì.»

Marianne annuì. «Clizio.» Scambiò uno sguardo con i suoi compagni della Quinta Coorte. «Mentre noi eravamo presi da Encelado, lui ci ha elusi tutti.»

«Encelado era un diversivo…» dedusse Kiana, prima di stringere i pugni. «Quindi… Clizio cercava qualcosa nel tempio di Giove Massimo?»

Daniel si accorse degli sguardi che Dante, Elias e Ashley si scambiarono. Il primo sembrava nervoso esattamente come quella mattina, quando si era trovato sotto torchio. 

«Parlarne ora è inutile» concluse Ashley, anche se esitò. Sembrava saperne qualcosa. E anche gli altri due. «Adesso dobbiamo occuparci dei feriti e…»

Un urlo lancinante la costrinse ad interrompersi. Tutti si voltarono di scatto verso Camille, che era crollata in ginocchio, le mani pressate sulle tempie. 

Il pretore la chiamò inorridita: «Gray! Che cosa ti prende?!» 

Cam non rispose. Continuò a gridare e a dimenarsi, come scossa da mani invisibili. Perfino il sempre impassibile Elias parve smuoversi di fronte a quella scena.

«Cam!» Kiana si chinò di fronte a lei, prendendole il volto tra le mani. «Maledizione Cam! Che succede?!»

La figlia di Trivia aveva le lacrime agli occhi. La sua espressione era di dolore puro. Kiana la abbracciò con tutta la forza che aveva. La sua voce si incrinò per la paura: «Calmati! Ti prego, calmati!»

«Daniel.» La voce della donna risuonò nella mente di Daniel. Le grida di Camille diventarono mute, così come quelle di Kiana che cercava di calmarla. Il ragazzo rimase immobile, senza fiato. 

«Uccidili, Daniel. Uccidili tutti.»

La voce svanì quasi subito, rapida com’era apparsa. Nello stesso istante, Camille svenne tra le braccia di Kiana.

 

 

 

 

 

Ehilà, gente, sono tornato dopo un piccolo periodo di pausa. Come va? Spero tutto bene, dai. Io sono stato mezzo raffreddato, mezzo influenzato, mezzo col mal di gola, mezzo con tutto, e ho concluso con una bella vaccinazione per dare il colpo di grazia. Vabbé, questa è un’altra storia. Spero che il capitolo vi sia piaciuto! 

Non mi dilungherò molto, voglio solo comunicare brevemente che in futuro, spero non troppo prossimo, pubblicherò gli ultimi capitoli della raccolta, ci sarà un twist interessante e spero che sarà di gradimento a chi ancora segue quella storia. 

Poi, abbiamo avuto un assaggio dei poteri di Ashley, spero che la scena vi sia piaciuta. Io ammetto che, sebbene questo capitolo mi lasci un po’ incerto, sono soddisfatto di come ho reso la figlia di Giove. “OP as fuck” come si suol dire. E spero che anche Marianne vi sia piaciuta, anche lei è un personaggio che ho a cuore. Comunque ormai è chiaro che Daniel non sia esattamente… una persona comune, ecco. 

Riguardo Clizio, sulla wikia è riportato che non sono conosciute tutte le sue abilità, perciò ho pensato che potesse anche lui fare i salti nell’ombra, una specie, almeno. Se ricordate, nel primo libro abbiamo visto Luke creare una fenditura e poi svanirci dentro, cosa che poi non è MAI più stata riportata in auge (lol, vecchio Riordan con questi plot tools solo quando gli fanno comodo) perciò ho deciso di riprendere questa “abilità” e di donarla all’anti Ecate, non so perché ma in qualche modo la trovo una cosa sensata. Riguardo la nebbia alla fine, il motivo per cui non l’ha usata subito è perché, appunto, l’attacco era solo un diversivo e come dice anche Mary, è stato un attacco grossolano, sostanzialmente, e la nebbia era soltanto l’escamotage per scappare in caso di fallimento. Questa è una cosa che spiego io per chiarire eventuali dubbi, quindi spero che sia tutto chiaro. 

Grazie per aver letto, alla prossima!


p.s. Quanto Ashley combatte con Encelado, non ho potuto non pensare a questa canzone in sottofondo:  https://www.youtube.com/watch?v=fCSbBuHlf7Y


   
 
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