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Autore: MaryFangirl    28/11/2021    1 recensioni
Kaede Rukawa soffre. La sua pena e il suo dolore sono così evidente che tutti i membri della squadra dello Shohoku se ne rendono conto, ma non sanno il motivo. Il primo a scoprirlo sarà inaspettatamente il suo eterno rivale.
Genere: Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: Lemon, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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La dottoressa Aizawa passò di nuovo attraverso la porta vetrata, questa volta accompagnata da Hanamichi, e lo guidò lungo l'area del pronto soccorso, piena di medici e infermieri che andavano su e giù per assistere i tanti pazienti che si trovavano in letti diversi, alcuni coperti da tendine verdi. Finalmente la dottoressa si fermò davanti a una di esse.
 
“Vi lascio soli per parlare” disse prima di aprire la tenda.
 
Hanamichi si ritrovò improvvisamente di fronte al letto dove era sdraiato Rukawa. Era molto più pallido del solito e aveva sia la mano destra che l'avambraccio sinistro bendati. Ma quello che lo turbò di più fu lo sguardo sorpreso del ragazzo.
 
“Ciao volpe...”
 
“Ciao...c-cosa ci fai qui?”

“Come sarebbe, cosa ci faccio qui? Pensavi che dopo averti portato in ospedale, mi sarei dimenticato di te e me ne sarei andato?”

“Sì”

L'onesta risposta lo disarmò completamente. Com'era possibile che Rukawa pensasse quello di lui? La loro relazione era così disastrosa da arrivare a quel punto? Si odiavano così tanto?
 
“Non lo odio...”
 
“Eh?”
 
Hanamichi sussultò: non si era reso conto di aver parlato ad alta voce. Rifletté per un momento e finalmente decise che forse era ora di sistemare le cose con lui.
 
“Io non ti odio” ripeté con voce nitida.
 
“È sempre bello saperlo...” mormorò Kaede con tono ironico, ma dentro di sé una fiamma di speranza provava a farsi spazio.
 
“Tu mi odi?” chiese Hanamichi, ignorando le sue parole. Era determinato a chiarire le cose una volta per tutte.
 
“No” rispose Kaede.
 
“Bene, io non ti odio, tu non mi odi. Allora perché funzioniamo così male?”
 
Hanamichi si rese conto tardi della stupidità della propria domanda. Kaede lo fissò e poi parlò, cercando di non farsi tradire dalla voce.
 
“Non te lo ricordi? Sei stato tu a colpirmi il primo giorno che ci siamo incontrati...”

“Avevi trattato male Haruko...”
 
“Anche se fosse, penso che tu abbia esagerato con la punizione, no? Meritavo di essere trattato con tanto disprezzo per tutto questo tempo?”

“No, non lo meritavi...”

Hanamichi sembrava molto abbattuto. Ma Kaede non aveva intenzione di confortarlo e distolse lo sguardo. Il silenzio era teso.
 
“Ho saputo di tuo nonno” disse improvvisamente Hanamichi, ma Kaede non parlò. “Mi dispiace” aggiunse. Kaede continuò a non guardarlo né a parlare e Hanamichi iniziò a sentirsi nervoso. Non era un ragazzo molto paziente.
 
“Che mi dici dei tuoi genitori?” chiese, avvertendo che Kaede avrebbe reagito alla domanda. E aveva ragione. Il ragazzo lo guardò, ma senza alcuna espressione in viso.
 
“Sono morti” rispose seccamente.
 
“Ah...” mormorò Hanamichi, pentendosi di averlo chiesto. Ci fu di nuovo silenzio tra i due; fortunatamente in quel momento arrivò la dottoressa Aizawa.
 
“Ciao ragazzi. Come va?”, quando non ottenne risposta, continuò: “Kaede, stanotte dovrai rimanere in ospedale. Ti portiamo al piano di sopra, ok?”

“...”

“Tra poco verrà a prenderti un inserviente”

La dottoressa sparì velocemente e Hanamichi si avvicinò al letto.
 
“Hai bisogno di qualcosa?” chiese con più gentilezza che poteva.
 
“Come?”

“Per passare la notte qui, dico...non so, se vuoi ti porto qualcosa da casa”

Kaede esitò, ma alla fine accettò l'offerta di Hanamichi.
 
“Beh...mi servirebbe lo spazzolino e il flacone per le lenti a contatto...”

“Porti le lenti a contatto?”

“Sì”

“Oh...” in quel momento cercò di immaginare la volpe con gli occhiali do Kogure. “Beh, te li porto io se mi dai l'indirizzo e le chiavi di casa tua”

“Sono nel...merda”

“Che c'è?”

“Nel mio borsone. Dov'è? L'hai portato qui?”

“No...forse Yohei l'avrà preso, altrimenti sarà ancora negli spogliatoi. Ora lo chiamo”

“Yohei?”

“Il mio amico”
 
“Perché avrebbe dovuto prenderlo?”

“Beh...perché era con me quando ti abbiamo trovato, non ricordi?”

“No...”
 
-Era del tutto andato- pensò Hanamichi preoccupato. “Ok, dammi l'indirizzo e se Yohei non ha il borsone vado a cercarlo”

“D'accordo...”
 
Hanamichi chiamò Yohei da un telefono pubblico per chiedergli di accompagnarlo a casa di Rukawa, dato che viveva un po' lontano dal quartiere.
-Ecco perché viene in bicicletta- pensò. Il suo amico aveva effettivamente preso il borsone di Rukawa e lo raggiunse all'ospedale in motorino. Gli raccontò tutto e dieci minuti dopo arrivarono a casa di Rukawa.
 
“Bella casa” mormorò Yohei mentre iniziavano a visitarla.
 
“Sì...ma molto vuota...”

“Hai notato che non c'è nessuna fotografia della sua famiglia?”

“Forse così sopporta meglio la loro assenza...”

“Non ti ha detto come sono morti i suoi genitori?”

“No”
 
“Guarda, questa deve essere la stanza di suo nonno”
 
Hanamichi entrò nella stanza indicata e la studiò con lo sguardo.
 
“Ehi, Hanamichi, guarda qui” esclamò Yohei afferrando una cornice dal comodino. “Finalmente una foto”

Hanamichi si avvicinò e la guardò, e in quel momento qualcosa dentro di lui sussultò. La foto ritraeva un Rukawa di circa tredici anni e un uomo anziano che immaginò essere il nonno. Erano entrambi vestiti da escursionisti e il posto sembrava il monte Fuji. Rukawa aveva un braccio intorno al collo dell'uomo ed entrambi sorridevano.
Hanamichi sorrise.
 
“Che succede?” chiese Yohei contemplando lo strano gesto del suo amico.
 
“Ehm...niente. Solo che non l'ho mai visto sorridere così”

“Ha un bel sorriso, vero?”

“Sì...”
 
Rimisero la cornice al suo posto e salirono al piano di sopra, dove trovarono la camera da letto di Rukawa. Com'era da aspettarsi, c'erano molti poster di diversi giocatori NBA e gli scaffali pieni di riviste sportive, ma a parte questo la stanza non era particolarmente decorata.
 
“Gli interessa unicamente il basket?” chiese Yohei, osservando una rivista.
 
“Forse non ha nient'altro...”
 
Hanamichi uscì dalla stanza, lasciando l'amico un po' imbarazzato da quello che aveva detto, ed entrò nel bagno accanto; lì recuperò lo spazzolino, un paio di occhiali e il contenitore con liquido per lenti a contatto.
 
“Ti aspetto all'ospedale e ti accompagno a casa?” chiese Yohei salendo sul motorino.
 
“No. Preferisco passare subito a casa, poi puoi lasciarmi all'ospedale”
 
“Come mai?”

“Rimarrò con Rukawa questa notte”.
 
x x x
 
Mezz'ora dopo, Hanamichi era di nuovo in ospedale. Mentre saliva in ascensore, pensò a come dire alla volpe che voleva passare la notte con lui senza farla apparire una proposta indecente. Quando raggiunse il terzo piano, cercò la stanza 345, dove la ragazza alla reception aveva detto che Rukawa era stato spostato.
 
“339, 340, 341...”
 
Pochi metri davanti a sé vide la dottoressa Aizawa uscire da una stanza accompagnata da un'altra dottoressa ancora più giovane. Chiusero piano la porta e si fermarono in mezzo al corridoio a parlare. Senza sapere perché, Hanamichi si nascose dietro un'enorme pianta e si dispose ad ascoltare ciò che dicevano.
 
“Lo hai visto. Cosa ne pensi?” chiese la Aizawa.
 
“Depressione, senza dubbio” rispose l'altra.
 
“Quello che temevo...”

“Ma penso che sia sincero quando dice che non intendeva suicidarsi”

“Tu credi? Quel ragazzo ha un taglio di 15 centimetri sul braccio sinistro che si è inflitto da solo”
 
“La sua intenzione non era togliersi la vita. L'ho visto in altri casi di depressione: pazienti che cercano di sostituire il dolore mentale con quello fisico, anche se questo implica l'autolesionismo”

“Più o meno quello che ci ha raccontato...”
 
“Sì”

“Comunque, sei tu la psichiatra, non io. Che intendi fare?”

“Ancora non lo so. Non vorrei dover prescrivere antidepressivi, è solo un ragazzino...ma dubito che accetterà di andare in terapia”

“Ne parliamo al bar? Ti offro un caffè”
 
“Certo”

Fortunatamente per Hanamichi le due camminarono nella direzione opposta a dove si trovava lui. Quando ebbero svoltato l'angolo, uscì dal suo nascondiglio e si fermò davanti alla porta della stanza 345. Le parole che aveva appeno sentito si ripeterono più e più volte nella sua mente.
Depressione. Sua madre ne aveva sofferto quando suo padre era morto. Aveva passato un anno a prendere pillole e poi un altro anno per liberarsi di quelle. Lui stesso l'aveva vissuta male o anche peggio di sua madre, ma...grazie al supporto dei suoi amici era riuscito a superarla e a prendersi cura di lei. Nel momento in cui la sua mano si posò sul pomello della porta, prese una decisione.
 
-Non permetterò che Rukawa affronti tutto questo da solo-.
  
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