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Autore: Ciarax    28/11/2021    2 recensioni
Le stelle cadenti hanno un significato positivo e costituiscono un'imperdibile occasione per esprimere un desiderio, quando brillano e illuminano il cielo immerso nell'oscurità, ignari che quello non è che il riflesso pallido della loro esistenza.
Quello che le persone ammirano con tanta adorazione non è che il residuo, la scia di quella che una volta bruciava di passione, la stessa passione che si era lentamente spenta in Alexis. Solo l'ombra di quello che alimentava il suo spirito libero.
Era difficile immaginare un incontro tanto casuale da essere in grado di ribaltare la sua visione della vita, alimentando silenziosamente quella piccola e flebile fiamma nel suo petto.
Dal testo:
'Alexis Nyla Allen. Vent’anni. Studentessa. Questo era quello che chiunque avrebbe potuto leggere sul quel maledetto pezzo di plastica che racchiudeva semplicemente parole. Parole che non dicevano assolutamente niente di lei, di ciò che era o pensava.'
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Nuovo personaggio, Raphael Hamato/ Raffaello
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo VII
 
 
                              I was alone, I took a ride
                              I didn't know what I would find there
                              Another road where maybe I could see another kind of mind there
 



Giornata stressante? Sarebbe stato un eufemismo definirla così. Anche se oramai ci era abituata da quando era andata a vivere da sola, questo non significava che avesse sviluppato una certa resistenza a ciò.

Come se il giorno del proprio compleanno non fosse altro che una occasione irripetibile e unica nella vita di ogni genitore, tanto da farli diventare estremamente attivi in quel periodo. Alexis sperò ingenuamente che una volta messa un po’ di distanza dai suoi le cose si sarebbero acclimatate, ma la chiamata della durata minima di quattro ore che aveva ricevuto quella mattina ad un orario troppo presto di certo l’aveva fatta ricredere.

Non era stata neanche definibile una conversazione, visto il monopolio che la madre aveva preso da quando aveva accettato la chiamata. Così assorta nel tenerla aggiornata su qualsiasi novità fosse loro successa in quei mesi, sui grandi risultati della sorella che non sentiva da anni e su qualsiasi pettegolezzo le venisse in mente. In altri momenti sarebbe stata ben in grado di sopportare gli eccitati sproloqui della madre ma in quel momento aveva distrattamente ascoltato una parola ogni dieci.

Senza la solita bomba insulinica di caffè al mattino, il suo cervello si rifiutava di macinare.

«E fatti sentire più spesso! Ogni volta c’è da fare un avviso di scomparsa solo per sapere come stai» la redarguì la madre.

Alexis mugugnò una flebile risposta prima di sedersi sul bancone della cucina e poggiare la fronte sul braccio, coprendo il sole mattutino che faceva cenno d’entrata dalla finestra. Sentì solo altre vaghe raccomandazioni prima che qualcun altro prendesse di nuovo la parola.

«Ho provato a fermarla ma non ci sono riuscito, Lexi» si scusò con una mezza risata la voce dall’altro capo del telefono.

Alexis accennò un sorriso divertito senza alzare minimamente la testa, «Pensavo che oramai si fosse rassegnata, ma ha la stessa energia di sempre»

«Non hai ancora preso il caffè, vero?»

«In quattro ore non penso che la mamma abbia avuto il tempo di respirare, anzi sono sicura che non abbia respirato neanche una volta -borbottò Alexis schiarendosi la voce, -Oggi sono a riposo, il caffè poteva aspettare, papà»

La bassa risata che le raggiunse le orecchie le strinse leggermente il cuore per la nostalgia, «Sei già con il naso nella scatola del tuo regalo»

Alexis sorrise a sua volta, senza replicare. La conosceva bene come conosceva ogni tasto e fessura nel suo pianoforte, come poteva sbagliarsi? Una delle pochissime persone con cui non si sarebbe mai stancata di parlare. O di suonare. Era solo al padre se doveva la scoperta del suo talento e della sua passione per la musica. Passione condivisa e fortemente alimentata.

La ragazza gettò a malapena un’occhiata di sbieco allo scatolone arrivato giusto il giorno prima, enorme e che giaceva abbandonato ai piedi del divano. Metà del contenuto riversato sul tavolino, nella sua camera o rimasto al suo interno in attesa di venire spulciato con attenzione.

«Stai cercando di fare spazio in casa? Mi hai spedito quasi tutta la tua collezione»

«La metà di quei vinili sono tuoi in realtà. L’altra metà era la tua preferita, non c’era nessun altro a cui avrei potuto darli»

Probabilmente parte di quella collezione l’avrebbe costretta a comprare un altro scaffale, non sapeva più come organizzarli ogni volta nel suo maniacale ordine di preferenza. Con il freddo che c’era fuori decise di trascorrere il resto della mattinata e del pomeriggio a passare in rassegna ogni singolo album o singolo che tanto aveva amato negli anni. Era veramente difficile in quel momento trovare un punto libero nel proprio appartamento che non fosse sommerso di vecchi vinili dalla custodia consunta e vissuta, spartiti che aveva abbozzato quando era una ragazzina oppure disegni che nelle ultime settimane le avevano invaso la mente.

La chiamata col padre finì in poco tempo e con calma Alexis si preparò la prima e lunga tazza di caffè per quella mattina ancora tutta da snocciolare. Anche solo guardare le
condizioni del soggiorno non le faceva venire voglia che appisolarsi sotto il piumone per il resto della giornata. Avrebbe comunque di nuovo trascorso gran parte della notte in bianco, tanto valeva approfittarne il prima possibile.

Buttò giù un paio di biscotti ripieni di marmellata, si pulì le poche briciole sopra la vecchia tuta e si appostò accanto all’enorme scatolone. Passò con occhio critico tutti i vinili su cui aveva gettato uno sguardo la notte prima: c’erano tutti quelli che avevano segnato la sua infanzia quando ancora non capiva il funzionamento del giradischi e aveva finito con il romperne più di uno per la testardaggine del voler imparare da sola. Altri erano più recenti e meno rovinati ma fu uno che colse immediatamente la sua attenzione.

I colori erano sbiaditi e le scritte erano consunte in più punti ma le parole chiare del nome dei Beatles non poteva essere confusa. Alexis osservò per un attimo quella vecchia copertina di cartone prima di tirare fuori il vinile, con la punta delle dita a sfiorarne ogni incrinatura e minima imperfezione sulla superficie nera del disco. Ogni ammaccatura, un ricordo particolare.

Era solo una scarica di adrenalina quella che le pervase il corpo al sentire il ritmo allegro e serrato dei piatti della batteria in sottofondo, mosse delicatamente la testa al ritmo delle note lasciando che Got to get you into my life riempisse il silenzio che aveva regnato fino a quel momento nel suo appartamento. Erano anni che non ballava al ritmo di quella canzone ma non se ne vergognò ad improvvisarne di nuovi passi.

Per poco non cadde quando il piccolo cincillà corse tra le sue gambe, facendole perdere l’equilibrio. Faye scorrazzava libera da quella mattina per l’appartamento e nel sentire quella musica ritmata, prese a correre emettendo i soliti squittii eccitati. Alexis scosse la testa con un sorriso, raggiungendo lo scatolone e trovando il cincillà all’interno di uno dei suoi vecchi rollerblade.

«Ti manca venire con me sui roller, Faye?» domandò divertita Alexis, prendendo il roditore dal morbido pelo grigio chiaro e coccolandolo un po’. Si sistemò gli occhiali con la punta delle dita prima di dondolare di nuovo seguendo la melodia, con Faye tra le braccia.

L’ora di pranzo era passata da un pezzo ed il vinile rimase a girare per l’ennesima volta da oramai ore filate, ogni volta risistemava la punta del lettore e il disco ricominciava da capo. Aveva sistemato gran parte dei suoi album preferiti e ne spulciò di nuovi su cui ancora doveva mettere lo zampino.

Se fosse stata da sola quel pacco non lo avrebbe mai portato sana e salva fino al suo appartamento. Ebbe quasi l’impressione che tutti i suoi ultimi dieci anni fossero stati impacchettati lì. Ricordi belli e brutti.

C’erano anche i suoi vecchi spartiti. Melodie improvvisate, canzoni mai finite. Dediche mal riposte.
Scorrendo sul suo vecchio quaderno ritrovò una delle ultime canzoni che aveva scritto. Acerba e affrettata, ma piena di tutti i sentimenti che provava anni fa. In più punti i segni della penna cancellavano interi versi che poi aveva riscritto a margine, con delle note diventatele incomprensibili vista la sua pessima grafia. Ma la dedica era chiara.

Alexis serrò la mascella. Quel semplice foglio le fece venire alla gola tutti i pochi anni di rabbia nera e accumulata che l’avevano portata ad andarsene il prima possibile per ricominciare da un’altra parte. Il fianco destro prese improvvisamente a pulsare sotto la maglia a maniche corte, nuovamente sensibile al minimo sfioramento. Sentiva i lembi tirare, improvvisamente bollente al solo tocco.

Con un gesto secco strappò la pagina, gettandola in un angolo del soggiorno. Sospirò, stringendo il ponte del naso tra le dita quando la testa aveva ripreso improvvisamente a pulsare dolorosamente tra le tempie.

Ci mise qualche attimo ad accorgersi degli squittii improvvisamente allarmati del cincillà, girandosi nella sua direzione si bloccò, gelata sul posto. L’ombra alla sua finestra per poco non le fece venire un infarto. La figura imponente appollaiata di fronte il suo soggiorno avrebbe potuto tranquillamente essere una seria minaccia, se non per l’inconfondibile maschera rossa sul volto che le fece accennare un piccolo sorriso tirato.

«Di solito si bussa quando vuoi entrare in casa di qualcuno. Rimanere a spiare dalla finestra è maleducato, oltre che inquietante. -lo rimbeccò Alexis con un sopracciglio inarcato, -per poco non mi hai fatto venire un infarto»

Raph entrò con calma nell’appartamento, lento e calcolato nei movimenti, «Mi sarebbe dispiaciuto interrompere il tuo ballo» replicò sornione, dando poi sguardo attento al soggiorno, visto di sfuggita solo pochi giorni prima.

Dall’interno sembrava decisamente più accogliente. E la prima cosa che gli saltò all’occhio fu lo scaffale che occupava una buona porzione di parete, ricolmo di vinili e cd vari di qualsiasi genere, dai vecchi intramontabili alle nuove uscite. Scorse addirittura qualche nome impronunciabile e forse oramai anche irreperibile. Il resto dell’appartamento invece in quel momento versava in una buona dose di caos, dagli spartiti sparsi per il divano ad alcuni vecchi album di disegno e quaderni di musica precariamente impilati tra loro.

Raffaello sentì lo sguardo di Alexis su di sé mentre girava curioso per il soggiorno, lasciandolo esplorare quel poco quando lo aveva invitato ad entrare. Non sembrava particolarmente sorpresa di vederlo lì ma neanche la poteva definire allegra come al solito. Il piccolo sorriso dall’aria tirata che gli aveva rivolto prima di farlo entrare gli fece mettere in dubbio semmai la sua presenza lì fosse benvenuta, ma poi ci ripensò. Non le sembrava il tipo da invitare qualcuno a casa propria solamente per i soliti convenevoli delle amicizie superficiali.

Alexis doveva essere turbata per qualcos’altro. E forse la risposta risiedeva proprio nel foglio che poco prima aveva gettato con tanta rabbia in un angolo della stanza.

Scoccò un’occhiata di sbieco verso la ragazza, con l’espressione corrucciata in netto contrasto a quella rilassata e divertita che aveva prima mentre girava per l’appartamento con il piccolo roditore in braccio. Forse non era stata proprio la cosa più giusta da fare, specialmente nei confronti di quella che si stava rivelando la nascita di una nuova amicizia. Ma non poté fare a meno di titubare per una buona mezz’ora sul ciglio della sua finestra, nascosto nell’ombra, valutando e rimuginando.

«Stai traslocando per caso? Qui dentro c’è un casino» fischiò Raph, cambiando radicalmente argomento e cercando di distrarre Alexis. Non le piaceva quando aveva la fronte aggrottata per qualche dispiacere, la preferiva con lo sguardo curioso acceso dalla scintilla di emozione con cui l’aveva già vista.

Alexis lo squadrò per un secondo prima di scuotere la testa, accennando questa volta un sorriso genuino. Si spostò una ciocca di capelli ribelli dietro le orecchie e rimise il piccolo cincillà dentro la sua gabbia enorme, «Traslochi di compleanno. I miei avranno deciso di fare qualcosa con la mia vecchia stanza e mi hanno mandato quasi tutta la mia roba»

Raph aggrottò la fronte confuso, «Compleanno? Oggi è il tuo compleanno?»

Alexis annuì ma non fece in tempo ad aggiungere altro che notò lo sguardo e l’attenzione della tartaruga improvvisamente rapiti da qualcosa all’interno dello scatolone. I suoi vecchi roller blade.

«Ci sai andare?»

La ragazza annuì di nuovo, «Sono anni che non ci vado ma penso ancora di saperci andare -si fermò quando vide la curiosità di Raph aumentare all’improvviso, -quando vuoi possiamo andare a farci un giro, se ti va»

Fu nell’arco di pochi secondi che la voce di Alexis le morì in gola, sostituita ben presto da una scintilla d’eccitazione. La stessa espressione che Raph le aveva visto almeno una volta ogni volta che rimetteva da capo la stessa canzone da quella mattina. Mosse un poco i fianchi e la testa con il ritmo movimentato della melodia.

Prese alla sprovvista Raph quando iniziò a canticchiare, il testo lo conosceva a memoria e anche ad occhi chiusi si muoveva senza problemi nell’appartamento. Per una volta era grata di avere compagnia in quella giornata. I due si erano scambiati poche parole quella sera ma Raph non sembrò particolarmente turbato da ciò. Aveva intuito bene quando lo aveva adocchiato come uno che non parlava molto facilmente.

«Sei certo più intonata di Mickey» commentò semplicemente la tartaruga, poggiata mollemente al muro di fianco a sé, lasciando campo libro di movimento ad Alexis. L’aveva osservata muoversi mentre cantava, era leggermente scoordinata ma se la cosa la divertiva non c’era nulla di male. Compensava senza meno con la voce.
Raph rimase un attimo spiazzato quando l’aveva vista cambiare atteggiamento in meno di un secondo, il turbamento che le aveva increspato i lineamenti sembrò essere stato totalmente cancellato, sostituito dal divertimento di essere lì. Con lui.

«Quando vuoi, io ci sono» disse semplicemente Raph, godendosi il momento esatto in cui Alexis ricollegò le sue parole all’offerta di poco prima. Il suo volto si illuminò nuovamente e anche da dietro la montatura degli occhiali non fu difficile scorgere il barlume di gioia. Era quello lo stesso effetto che la musica provocava su di lei e quel pensiero fece accennare un sorriso a sua volta in Raffaello.

Quella ragazza era decisamente strana.



--- Note ---
Questo capitolo è stato un parto. Non è andato esattamente come avrei voluto ma Raph è alquanto ostico ad attenersi al copione che avevo in mente per lui e ha deciso di prendere le cose in maniera diversa.
Prima o poi finirò ad un centro di salute mentale o in qualche remoto angolo nel reparto psichiatrico.


Che altro dire... è un piccolo tributo visto che il compleanno di Alexis è il 27 novembre e ovviamente questo capitolo esce con un giorno di ritardo. Ma d'altronde ieri neanche esisteva quindi, non parlo che è meglio...
Non so onesamente se sto prendendo le cose troppo lateralmente, ho la seria impressione di star faacendo uno dei più lenti slow-burn della storia (anche se Raph l'occhio ce lo butta eh. La tartina non è cieca a quanto pare. XD)

Gia piango pensando al prossimo capitolo.

Ciarax
   
 
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