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Autore: Lady I H V E Byron    29/11/2021    2 recensioni
"Shredder, Stockman, Hun, i Dragoni Purpurei, gli Utron, i Triceraton, Savanti Romero, Karai, Bishop, Sh'Okanabo, Viral, Khan… tutti nomi che ormai appartenevano al passato."
Sono passati quattro anni dalla battaglia finale contro lo Shredder virtuale, ma non è ancora finita, per le Tartarughe Ninja. Presto si troveranno coinvolti in una nuova avventura, che riguarderà una coppa di fattura umile, Cavalieri Templari, Dimensioni Mistiche, visioni di un passato lontano, un nuovo nemico e un nuovo alleato.
Quale destino attende le Tartarughe Ninja?
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Nuovo personaggio, Raphael Hamato/ Raffaello
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Note dell'autrice: qui le scene saranno più cruente. Vi avverto.


Leonardo provò una strana stretta al cuore.
-Leo, tutto bene?- domandò Donatello, distogliendo per un attimo lo sguardo dalla strada. Erano nel Tarta-Corazzato. Per fortuna, Donatello ricordava perfettamente il punto dove era stato trasmesso il segnale di Raffaello e aveva impostato le coordinate nel navigatore. Erano sempre più vicini all’obiettivo.
-Non lo so.- fu la risposta; aveva la mano sul cuore –Ma temo che Raph sia in pericolo. Ho sentito… una strana sensazione. Di dolore.-
Elisabetta, nei posti retrostanti, non faceva altro che mordicchiarsi l’indice. E in una mano stava stringendo i sai di Raffaello.
-È tutta colpa mia, è tutta colpa mia, è tutta colpa mia…- mormorava, in italiano.
Michelangelo, seduto accanto a lei, le mise una mano sulla spalla.
-Rilassati, Eli. Vedrai che ce la caveremo, come sempre.-
-No, si tratta di Raph!- chiarì lei –E se Leo avesse ragione? Se gli fosse successo qualcosa? Non me lo perdonerei mai!- si fece il segno della croce -Gesù Cristo, fa’ che non succeda!-
-Ti ho detto di stare tranquilla. Raph è tosto, vedrai che se la caverà.-
-Ci siamo.- annunciò Donatello –Il posto è questo.-
Un edificio quasi dimesso. Una banda di criminali non poteva certo permettersi di più.
A guardia della porta c’erano due uomini. Probabilmente due Riders.
Michelangelo assunse un’espressione disgustata.
-Bleah! Ma è possibile che tutti i criminali della zona vivano in delle bettole?-
Ignorarono il commento della tartaruga dalla benda arancione: dovevano elaborare un piano. Raffaello non poteva aspettare. Poteva persino essere troppo tardi per salvarlo.
-Come facciamo ad entrare?- domandò Leonardo, esaminando la zona ed i dintorni –Ci saranno uomini ovunque. Non possiamo farci vedere senza allarmare qualcuno.-
-A questo penserò io.- si offrì Elisabetta, stringendo i sai di Raffaello ed incanalando rabbia; l’anello stava già iniziando a brillare –Lasciatemi fare piazza pulita di quei…-
-No, tu hai già tentato un omicidio, oggi.- tagliò corto Leonardo, serio in volto e severo nel tono -Cerca di evitare spargimenti di sangue, per una volta.-
-Ma…!-
-Abbiamo sempre fatto a modo tuo. Per una volta, adeguati tu a noi.-
La via del cavaliere templare e del ninja Bushido erano differenti, da quel punto di vista. Avevano tante affinità, quante differenze. La vita del nemico era una differenza.
-Leo ha ragione, Eli.- lo appoggiò Donatello –Se uccidi quelle persone, rischieremo di non trovare Raph. Ancora non riesco a trovare il segnale del suo Tarta-Cellulare.-
-Don, potrebbe essere andato distrutto.-
-E’ vero, ma in ognuno di loro ho messo una specie di chip di emergenza, in grado di trasmettere il segnale anche in caso di corto circuito. È a batteria autonoma. Da qui il
segnale è debole. Devo entrare lì dentro per avere un segnale più chiaro. È l’unico modo per trovare Raffaello.-
-Ma non possiamo entrare tutti di soppiatto.- notò Leonardo, ancora riflessivo –Uno di noi deve distrarre i Riders, mentre gli altri cercano Raph, basandoci sul tablet di Don.-
Elisabetta riprese la parola.
-Posso aiutarvi io.- disse –C’è una possibilità che anche questi Ghost Riders siano stati assoldati dai templari. Ad ogni gruppo che assoldiamo forniamo una parola d’ordine per farci riconoscere ed entrare nei loro covi indisturbati. Io sarò il vostro diversivo, mentre voi cercate Raph.-
Leonardo annuì.
-Sì, è una magnifica idea.- approvò –Quando entri, nello stesso tempo, noi entriamo dalla finestra lì sopra. Spero solo non sia troppo tardi.-
-Ci proverò.-
-Ah, tieni, Eli.- aggiunse Donatello, battendosi la mano sulla fronte per poi porgerle un auricolare –Il canale sarà costantemente aperto sui nostri cellulari. Qualsiasi cosa ti diranno, potrebbe essere importante per trovare Raph.-
-Stai attenta, Eli. Non troveremo nessuno in grado di cucinare delizie italiane come te.- salutò Michelangelo, abbracciando la ragazza.
Il Tarta-Corazzato fu messo in una posizione strategica, lontano da occhi indiscreti.
Elisabetta fu la prima ad uscire. Non aveva niente, nel suo abbigliamento, che la facesse assomigliare ad un templare, con l’eccezione dell’anello.
Si era messa un cappello con la tesa e il cappuccio della felpa calato in avanti.
Era sempre più vicina al rifugio dei Riders. Era nervosa.
-Deus mi, fa’ che funzioni…- mormorò, a pochi passi dalla porta.
A guardia della porta vi erano due Riders, dalla barba lunga ed il volto minaccioso.
-Altolà!- disse uno di loro, alto e largo il doppio di lei –Qui entrano solo i membri della gang. Gira al largo, ragazzino.-
Elisabetta mantenne lo sguardo fiero e sicuro ed il sangue freddo.
-Non nobis, Domine. Non nobis.- recitò, mostrando l’anello templare.
I due uomini furono basiti.
-Questo qua porta lo stesso anello del capo…- notò l’altro uomo, parlando sottovoce con il compare –E lui ha detto di far passare chiunque reciti quei versi.-
Come Elisabetta aveva dedotto: anche i Ghost Riders erano al soldo dei Templari. E dedusse anche l’identità della persona che li aveva assoldati.
-Ti chiediamo scusa, mio signore…- si scusò il primo uomo; non si erano resi conto che Elisabetta fosse una donna; gli abiti maschili avevano di nuovo oscurato quell’aspetto –Prego, entra pure.-
Elisabetta ringraziò con un cenno della testa.
Fece un passo in avanti, passando in mezzo ai due gorilla. La tentazione di infilzarli tutti e due era forte. E le sue mani stringevano forte sui sai. Ma aveva dato la sua parola a Leonardo. E poi le armi non erano sue. Passò oltre, senza uccidere nessuno.
Da sopra il tetto, Leonardo, Donatello e Michelangelo assistettero alla scena.
-Bene, è dentro!- annunciò l’ultimo; poi attivò il comunicatore della ragazza –Ora speriamo che le dicano dove si trova Raph.-
-Entriamo anche noi.- ordinò il primo. Uno per uno entrarono dalla finestra, aperta da Donatello con un grimaldello.
L’atmosfera, all’interno del rifugio, era esattamente come quella del rifugio dei Thai Weasels: piena di uomini con il quoziente intellettivo di un orango e con il cervello nei bicipiti, quindi facilmente manovrabili con la promessa di denaro e dominio su una zona di New York. Idonei per essere assoldati dai templari.
Elisabetta entrò in un salone pieno di nebbia e dall’odore nauseante di sigari, cannabis e birra. Lì in mezzo, masse di centauri erano radunati in gruppo, a giocare a poker, a misurare la propria forza con il gioco “braccio di ferro”, a bere birra. Un’atmosfera ripugnante, per Elisabetta. E per ogni templare.
Per quanto non fosse la prima volta che entrasse in un ambiente simile, non ci avrebbe mai fatto l’abitudine.
-Eli, il segnale sul tablet si sta fortificando.- annunciò Donatello, dal comunicatore –Significa che Raph non deve essere distante. Fatti dire dove si trova. E Leo ti raccomanda di non uccidere o minacciare nessuno per farlo.-
“Non c’è bisogno di dirmelo.” avrebbe detto la ragazza, se non fosse stata in mezzo alla gente. Si limitò a pensarlo.
Aveva visitato molti rifugi di quel tipo. Trovare il capo non sarebbe risultato complicato: il più temuto e ammirato dall’intera banda.
Ne trovò uno con tali caratteristiche seduto su uno dei tavoli, con la sua sigaretta in bocca, e dava le carte a chi era intorno a lui. Folti e lunghi capelli neri, con qualche ciuffo grigio, che quasi coprivano il volto, occhi glaciali in orbite quasi cave, barba con le medesime qualità dei capelli, giacchetto di pelle che metteva in risalto i muscoli. Due donne in abiti succinti, probabilmente due escort, stavano in piedi su entrambi i suoi lati, toccandogli le spalle e le braccia.
-Ehi, sei tu il capo, qui?- disse la ragazza con tono fermo, abbassando di proposito la sua voce di qualche ottava, per risultare maschile.
L’uomo alzò lo sguardo.
-Chi è che lo chiede?- domandò, sgarbato e scocciato, come se fosse infastidito dalla sua presenza –E perché ti hanno fatto entrare, ragazzo? Non vogliamo drogati, qui.-
Elisabetta non si era levata né il cappello né il cappuccio della felpa: doveva apparire più minacciosa di lui.
Mostrò l’anello.
-Sono fratello Eliseo.- si presentò –Vengo qui per conto del confratello che vi ha assoldati.-
Il capo dei Ghost Riders si bloccò, tornando a fissare la persona di fronte a lui. Si notò inquietudine, nel suo sguardo gelido e minaccioso.
-Ho saputo che avete catturato un essere non umano.- proseguì la templare, mantenendo il tono della voce fermo e maschile –Ciò che gli è stato fatto non mi concerne, ma devo chiedervi di consegnarmelo.-
-Io ho ricevuto un ordine chiaro, ragazzo. Non far uscire quell’essere per nessun motivo.-
-I capi hanno cambiato idea.- ribatté Elisabetta, facendosi più severa nel suo tono –Il Gran Maestro ha ritenuto che il vostro prigioniero sia in possesso di informazioni a noi utili. E puoi capire che un ordine del Gran Maestro subentra qualsiasi ordine di qualsiasi confratello dell’ordine. Quindi ti chiedo di portarmi dal vostro prigioniero e consegnarmelo.-
Il tono era fermo e sicuro. La menzogna stava reggendo. Le tre tartarughe, nascoste al piano di sopra, stavano ascoltando la conversazione, in trepida attesa della risposta o indizio che li avrebbe condotti da Raffaello. Il segnale, nel tablet di Donatello, non era ancora abbastanza forte.
Ma l’uomo rimaneva in silenzio, continuando a fissare Elisabetta con aria impassibile. Si sfilò la sigaretta dalla bocca e la spense sul tavolino, senza posacenere.
-Ascolta, ragazzo…- sibilò –Il tizio mi ha pagato una grossa cifra per tenere quell’essere qui da noi, a patto che non lo lasci uscire per nessun motivo. E quel tizio sa essere davvero convincente, specie dopo aver visto cosa è capace di fare. Potrei dirti che si trova nello scantinato, ma posso fidarmi?- si alzò; era molto alto; girò intorno al tavolo, avvicinandosi gradualmente alla templare –Ricordo che il suo ultimo ordine è stato “Qui ho finito. È tutto vostro, se volete.”.-
Quella frase fece impallidire le tre Tartarughe: non osarono immaginare cosa avessero fatto i Riders ed il templare a Raffaello. Erano arrivati tardi, come sospettava Leonardo.
Anche Elisabetta si inquietò, ma non dovette mostrarlo.
-E adesso tu spunti dal nulla, con uno strano ordine di portarlo via.- proseguì il capo dei Riders, ormai dietro di lei; sembrava sospettare qualcosa; questo basì la templare –Ma è davvero così? Lui non invierebbe un messaggero. Tutte le volte che aveva bisogno di noi, anche se non sono state molte, mi chiamava o veniva qui personalmente. E poi mi domando del perché di questo interessamento di quel… coso. Un essere inferiore. Una bestia. L’unica spiegazione è una combutta con quell’essere.-
Lui sapeva!
Il resto dei Riders si stava chiudendo intorno ad Elisabetta, con spranghe di metallo e catene nelle mani. Lei non si mosse: era stata smascherata, ma non provava alcun timore. Rimaneva ferma, con il suo sguardo freddo e sicuro.
-Dici di aver paura del potere del confratello?- sibilò lei; il suo anello brillò e nei suoi occhi spuntarono le croci –Il suo potere non è nulla in confronto al mio.-
L’aura bianca e rossa apparve e la sua rabbia le aveva annebbiato il cervello.
Iniziò con il capo, facendo leva sul suo braccio e scaraventandolo verso il tavolo, spezzandolo.
A quella mossa, il resto dei Riders, compresi i due gorilla alla porta del rifugio, si avventarono sulla templare.
Non fu complicato, per lei, tenere loro testa. Alternava calci, pugni e prese.
Non sfoderò mai i sai.
Le tre tartarughe si allarmarono, ai primi suoni dei pugni.
-Oh, Mondo Pizza!- esclamò Michelangelo -Lo ha fatto un’altra volta!-
Leonardo sospirò.
-Le avevo chiesto di fare solo una cosa… Solo una!-
Scesero le scale, al piano terra: tutti i Ghost Riders erano sdraiati per terra, privi di sensi. L’unica persona ad essere ancora in piedi era Elisabetta. All’arrivo delle Tartarughe, la sua aura si spense.
-Non potevi proprio farne a meno, eh?- rimproverò Leonardo, incrociando le braccia.
La ragazza fece spallucce.
-Tranquillo, li ho solo storditi.- si giustificò -E poi hanno iniziato loro. Ora capite perché arruolare nuovi mercenari non è esattamente il mio forte.-
-È più fumina di Raph.- commentò Michelangelo, inarcando un sopracciglio.
Donatello aveva ancora lo sguardo fisso sul tablet, ma riuscì comunque ad interrompere la discussione, non appena notò un particolare.
-Abbiamo controllato i piani di sopra e Raph non c’è.- rivelò –Ma il segnale qui è più forte.-
-Mi ha detto che probabilmente si trova nello scantinato.- spiegò la ragazza, indicando il capo dei Ghost Riders.
-È come cercare un ago in un pagliaio. Guardate qua.- il tablet era collegato al satellite: lo schermo mostrava la planimetria dello scantinato; era un autentico labirinto –Ho trovato qualche informazione interessate su questo posto. Pare che risalga ai tempi della Guerra Fredda e questo, in origine, esternamente era una casa di tolleranza, se capite cosa intendo. Ma in quello che viene chiamato “scantinato” era dove i prigionieri di guerra venivano segretamente torturati, da gruppi di fanatici del calibro dei Ghost Riders. Questa struttura era idonea per prevenire evasioni e roba simile. E tutto sotto agli occhi del governo.-
Elisabetta si mise a riflettere su quanto appreso: uno specchio per le allodole e dei capri espiatori. Ritrovava uno dei modus operandi dei templari.
-Ma, Donnie, scusa se te lo chiedo…- fece Michelangelo, sospettoso; stavano già scendendo le scale per lo scantinato, mentre parlava; entrarono in una grande stanza completamente bianca e piena di muri; esprimeva terrore e freddezza; sembrava una sala torture dei film dell’orrore –Ma non avevi detto che sapevi per certo dove si trovava Raph?-
-Ho detto di aver memorizzato il punto in cui il segnale del Tarta-Cellulare veniva trasmesso e che avevo captato quello del chip di emergenza, non che sapessi il punto preciso.- chiarì Donatello –Il chip di emergenza è ancora un prototipo su cui sto ancora lavorando. Il fatto è che non compare sulla mappa come i Tarta-Cellulari. Diciamo che, ora come ora…- si morse il labbro inferiore e parlò con voce più bassa -Viene captato come con un metal detector.-
Gli occhi di Michelangelo uscirono letteralmente fuori dalle orbite.
-COSA?! E LO DICI SOLO ADESSO?!- tuonò, scuotendo il fratello.
La forza con cui veniva scosso era tale che il tablet poteva scivolare via dalle sue mani in qualsiasi momento.
Leonardo riuscì a dividerli.
-Calma. Con questo atteggiamento non troveremo mai Raffaello.- fece notare –Suggerisco di separarci, così avremo più possibilità di trovarlo.-
La decisione fu approvata.
Presero una strada ciascuno.
Donatello teneva lo sguardo fisso sul tablet, orientandosi con il suono del segnale.
Elisabetta sapeva come agivano i templari: avrebbero cercato un punto nascosto per torturare Raffaello. Lei si addentrava nel labirinto con questo pensiero.
Michelangelo si affidò alla fortuna. E alla sua voce.
-Raph! Raffaello!- chiamava, in ogni angolo.
Leonardo, invece, adottò lo stesso sistema che aveva usato per trovare i suoi fratelli successivamente l’attacco di Karai al loro vecchio rifugio.
Chiuse gli occhi, concentrando la sua forza mistica. Vide nel passato di quel luogo: vide dei Riders trascinare il corpo esanime di Raffaello in quei corridoi, capeggiati da un templare che rivolgeva spesso occhiate soddisfatte al prigioniero. Ricordava quel templare: era uno dei partecipanti al Nexus. Non ricordava il suo nome, però.
Aprì gli occhi: era come se tra lui e Raffaello ci fosse una specie di filo di Arianna invisibile. Percepiva le aure dei suoi fratelli e di Elisabetta. E una più debole. Sempre più debole.
Seguì quel filo e ne trovò l’altro capo.
Teseo aveva trovato l’uscita dal labirinto, grazie al filo di Arianna. Ma aveva condotto Leonardo verso un incubo peggiore del Minotauro: vide Raffaello sdraiato sul pavimento, il volto rivolto verso il basso, le braccia tese in avanti, la corazza ammaccata e quasi incrinata, la pelle bruciata e piena di lividi e graffi. Non si muoveva. Era intorno ad una piccola pozza di sangue.
Leonardo restò sgomento, da quello spettacolo.
-Oh… no!- esclamò, correndo dal fratello e prendendolo tra le sue braccia -Raph!- lo fece girare in alto; due rivoli di sangue scendevano dagli angoli della bocca -Ragazzi! L’ho trovato!-
Donatello ritrovò il fratello grazie al segnale sul tablet. Per Elisabetta e Michelangelo fu più complicato.
Leonardo aveva, nel frattempo, liberato Raffaello dalle catene, tagliandole con le katana.
Gli aveva preso il volto, fatto pressione sulla gola, per sentire il battito: era debole, ma c’era.
Era ancora vivo.
-Oddio! Oddio, Raph! Mi senti?-
Raffaello tossì lievemente, emettendo un lamento. Sputò una piccola parte di sangue.
Aprì gli occhi, lasciando solo intravedere le iridi verdi, e li richiuse un attimo dopo.
-Leo… sei tu…?- disse, con un lieve sussurro; la voce era roca, strozzata, forse dal sangue; con una mano cercava qualcosa, in alto; toccò il braccio di Leonardo, sorridendo –È così bello sentire la tua voce…-
-Chi è stato a ridurti così?-
-Un… templare… pelato…-
Donatello raggiunse i fratelli. Michelangelo arrivò un attimo dopo di lui.
-Ah! Raph!- urlò quest’ultimo, accorrendo verso Raffaello –Mi riconosci? Di che colore è la mia benda? Quale è l’ultimo film che abbiamo visto?-
Donatello, per calmarlo, gli diede un colpo sulla fronte.
-Ma vuoi stare calmo?!- rimproverò –E fagli delle domande più semplici! Lo vedi che è svenuto?!-
Anche Elisabetta trovò la stanza. Non varcò la soglia.
-Virgo sanctissima!- esclamò, prima di fare il segno della croce.
Non si avvicinò. Lo stato in cui si trovava Raffaello l’aveva paralizzata: avvertì il senso di colpa. Lo provava davvero. Non stava fingendo.
Era stato torturato. Ne portava tutti i segni.
-Acqua…- mormorò Raffaello.
Michelangelo si guardò intorno.
-Sì, te la porto subito! Allora… allora… dove l’ho messa…? Ah, sì. Qui!-
Donatello aveva percepito qualcosa di strano in Raffaello: dal suo borsone aveva estratto uno strano telecomando. Sbiancò in volto, appena lesse lo schermo.
-No, Mick! Non farlo!- esclamò, a gran voce, spaventato; Michelangelo si bloccò all’istante, con la bottiglietta dell’acqua ormai vicina alla bocca del fratello –È carico come una pila. Se gli dai l’acqua potresti ucciderlo.-
Le bruciature. E in punti ben precisi. Elisabetta sapeva chi era il templare che aveva torturato Raffaello.
Era ancora bloccata alla soglia della stanza. Non aveva il coraggio di entrare. Si sentiva responsabile per quanto avvenuto.
Ma quella posizione risultò vantaggiosa.
-Ragazzi…- mormorò, seria –Abbiamo visite.-
I Ghost Riders. Erano scesi nello scantinato. I loro passi riecheggiavano per tutta la stanza.
-Dobbiamo andarcene da qui!- esclamò Leonardo.
Uscirono tutti e tre: Leonardo aveva caricato Raffaello sulle spalle.
Da un lato trovarono, tuttavia, dei Riders armati di spranghe e catene.
Elisabetta chiudeva il gruppo: le sue iridi tornarono ad essere croci rosse. Il suo stato di furia stava tornando. E le mani stringevano forte sui sai. La sua rabbia era vera. Voleva davvero vendicare Raffaello.
-Andate! Qui ci penso io!-
-No, Eli! Non ucciderli!- le ordinò Leonardo.
-Ma loro…!-
-Sono comunque esseri viventi! E non devi essere tu a decidere se devono morire o meno!-
La ragazza osservò Leonardo, e Raffaello ancora incosciente sulle sue spalle; poi osservò i Riders.
Serrò le labbra.
-Ma non posso permettere che ci seguano!- constatò.
Il suo anello si illuminò e lei puntò un pugno in avanti: la croce eterea scaraventò gli avversari al muro.
Una tattica approvata da Leonardo.
Donatello era l’unico a sapere le direzioni da prendere per uscire, infatti fu capogruppo.
Ma anche i Riders conoscevano la strada.
Più di un gruppo, infatti, bloccò loro la strada.
-Questo è per il mio fratellino Raph!- esclamò Michelangelo, scattando verso gli avversari e colpendo due di loro con una spaccata orizzontale in salto.
Lui e Donatello erano le avanguardie. Con le loro armi prive di lame erano idonei ad affrontare i Riders senza rischiare di ucciderli.
Elisabetta, che chiudeva il gruppo, sferrava le sue croci eteree a chiunque osasse attaccare alle spalle.
Proteggevano Leonardo, che portava Raffaello sulle spalle.
Osservava spesso in alto, controllando la condizione del fratello: era ancora privo di sensi. Dovevano portarlo subito al rifugio o per lui sarebbe stata la fine.
Erano ormai vicini alla porta. E le scale erano vicine alla porta d’ingresso.
Tuttavia, di fronte a Donatello comparve il capo dei Riders. Del sangue stava scendendo dalla sua fronte e il suo braccio dava l’idea di essere rotto. Probabilmente causato dallo scontro con Elisabetta.
Aveva uno sguardo quasi furioso sul volto.
-Non stavolta!- esclamò; diede un calcio sul petto di Donatello; la spinta lo fece barcollare e cadere all’indietro, travolgendo Michelangelo e poi anche Leonardo e Raffaello. Elisabetta era ancora nello scantinato, assicurandosi di non avere altri inseguitori.
Si allarmò senza intimorirsi, quando vide le tartarughe rotolare giù per le scale e un uomo scendere minacciosamente verso di loro.
-Questa è l’ultima volta che mi mettete i bastoni tra le ruote, orribili abomini…- sibilò il capo dei Ghost Riders, entrando anche lui nello scantinato –E guarda chi abbiamo qui… il falso templare. Certo devi essere caduto davvero in basso per metterti dalla parte di questa feccia. E guarda questo…- aveva preso il cranio di Raffaello, stringendo con forza e sollevando la sua testa –Questo è già mezzo morto. Vale davvero la pena farsi ammazzare per uno già morto?-
Raffaello non disse nulla. Non aprì gli occhi. Non reagì. Era ancora svenuto.
Ma il tono dell’uomo, la sua prepotenza, fece scattare qualcosa nella ragazza. Più di ogni altra cosa fu la condizione di Raffaello. Per colpa sua.
La rabbia tornò. Con essa l’aura. Non strinse le mani sui sai. Le strinse a pugno.
-TOGLIGLI… LE MANI… DI DOSSO!!!-
Leonardo, tramortito dalla caduta, intuì la sua intenzione.
-NO, ELI! NON FARLO!-
Non riuscì a fermarla: aveva sferrato un pugno sul petto dell’uomo.
Non fu un semplice pugno.
Il suo volto si macchiò di sangue. Come il giacchetto del capo dei Ghost Riders.
La mano era entrata dentro il petto ed era uscita sulla schiena.
L’uomo sputò sangue, macchiando ulteriormente i vestiti di Elisabetta.
Ritrasse la mano e lui cadde. Raffaello cadde di nuovo per terra.
La ragazza osservò la sua mano, impassibile e sgomenta nello stesso momento, mentre tornava nel suo stato normale: aveva estratto qualcosa dal petto dell’uomo, qualcosa che continuava a muoversi. Il suo cuore
Le tre tartarughe erano come paralizzate, scioccate.
Uno spettacolo da cinema horror. A Michelangelo piacevano gli horror. Ma quella era la vita reale. Quella era la conseguenza del potere di Elisabetta. E non gli piaceva.
-Che cosa hai fatto…?- fece Leonardo, alzandosi, pallido in volto.
Elisabetta tremò, soprattutto la sua mano. Non era la prima volta che uccideva una persona. Ma non in quel modo.
-Io…- balbettò –Ho dovuto farlo… Avevo paura che Raph…-
-Lo hai ucciso!- tagliò corto Michelangelo, scattando in piedi, per non sporcarsi del sangue che stava circondando l’uomo.
-Perché lo hai fatto?- riprese Leonardo –Ti avevo pregato di non uccidere nessuno, oggi!-
-Che avrei dovuto fare?! Avrebbe ucciso Raph! E voi!-
-Ci sono altri modi per salvare e proteggere coloro che amiamo, non necessariamente uccidere chi li minaccia!- tagliò corto Leonardo, severo e fermo nel tono e nello sguardo –Hai dimenticato cosa hai fatto stasera? Avrebbe potuto essere il cuore di Raph, quello che ora hai in mano, se non ti avessimo fermato!- sollevò lievemente Raffaello da terra, per caricarlo di nuovo sulle spalle –La strada del Bushido non conduce all’omicidio. Hai detto che voi templari siete cavalieri monaci. E da quello che so, il cristianesimo dovrebbe praticare la bontà e la solidarietà. Ma le tue recenti azioni e quello che è stato fatto a Raph non ha nulla a che vedere con questo. Siete solo degli ipocriti cavalieri razziatori che citano le Sacre Scritture solo per comodità.-
In situazioni normali, Elisabetta gli avrebbe risposto a tono, per l’insolenza di aver insultato la sua fede.
Ma dalla sua bocca non uscì nulla. Restava ferma, a fissare quel cuore che aveva ormai smesso di battere.
Vide di nuovo quelle espressioni, nelle tartarughe, le stesse espressioni di qualche ora prima, quando stava per trafiggere la gola di Raffaello con la sua spada. Paura.
Il suo potere era spaventoso. Anche lei ne aveva terrore, appena notate le conseguenze.
Se non fosse stata fermata, avrebbe ucciso Raffaello? Probabilmente sì.
Non riusciva più a fermarlo. Non di sua spontanea volontà. Solo Benedizione aveva il potere idoneo per fermarla. Dalla sua morte, la sua ira era peggiorata.
Splinter non errava: David non le aveva insegnato a controllare il suo potere. L’aveva solo esortata a sfogare il suo potere, come una mina vagante da sferrare contro i loro nemici. Un’arma inarrestabile.
Era rimasta sola nel seminterrato. Le tartarughe erano ormai uscite, per dirigersi al Tarta-Corazzato.
-La rabbia è il mio potere…- mormorò lei, apparentemente senza esprimere alcuna colpa; inclinò la mano e fece cadere il cuore sul pavimento.
Non venne abbandonata.
Era salita anche lei sul Tarta-Corazzato, per tornare al rifugio.
Restarono tutti in silenzio.
Donatello stava praticando le procedure di primo soccorso su Raffaello grazie al kit di pronto soccorso che aveva nel mezzo, Leonardo stava guidando e Michelangelo era seduto accanto a lui, giocherellando con le sue dita.
Non avevano il coraggio di parlare con la ragazza, per non farla sentire umiliata dal suo gesto.
Leonardo si stava già pentendo delle sue parole contro di lei, ma sapeva di aver fatto la cosa giusta. Spesso dire le cose giuste non è la stessa cosa che dire ciò che vorremmo effettivamente dire. E questo aveva ferito Elisabetta nel profondo.
Stava recitando il rosario, a bassa voce, senza distogliere lo sguardo da Raffaello: ogni grano veniva macchiato di sangue. La preghiera, solitamente, le risollevava l’animo e lo spirito.
Splinter fu spaventato e preoccupato alla vista di Raffaello, ma si fece ancora più inquieto quando notò la templare sporca di sangue.
Le spiegazioni furono fatte nell’angolo dedito all’infermeria.
-Per fortuna, il mutageno presente nel nostro DNA ha permesso a Raph di sopravvivere alle percosse e alle torture ricevute.- spiegò Donatello, ancora preoccupato –Ma non sarà sufficiente per rimetterlo in sesto in poco tempo. Fino ad allora, farò il possibile per tenerlo in vita.-
-E non dobbiamo dimenticare di restare vicini a lui.- aggiunse Splinter, preoccupato, ma anche speranzoso –Parlargli, dimostrargli che ci siamo per lui. Condurlo verso la strada di casa.-
Erano tutti riuniti a Raffaello, ancora privo di sensi, pieno di percosse e bruciature da folgorazioni.
Elisabetta era rimasta in disparte.
Da un certo punto di vista, sentiva che le stavano attribuendo la colpa di quanto avvenuto a Raffaello. E lei era la prima.
Non era contemplato nel piano dei templari. Ma in quel momento, non stava pensando ai templari, alla sua missione o alla sua copertura. Stava pensando a Raffaello.
Vederlo in quello stato le straziava l’anima. Nemmeno le preghiere sarebbero servite. Non si sentiva in quello stato dal giorno in cui lei e Federico si erano avvicinati al corpo defunto di Francesco. Un corpo esanime e sdraiato.
Splinter si avvicinò a lei: non sembrava arrabbiato, quanto, piuttosto, preoccupato. Per lei.
-Figliola, non ti abbattere.- le disse amorevolmente, toccandole un punto della schiena non macchiato di sangue –Nessuno ti sta attribuendo la colpa. Purtroppo, Raffaello è fatto così. Quando ha un’idea in testa, non c’è niente che…-
-Se non avessi reagito in quel modo, lui sarebbe ancora tutto intero.- tagliò corto lei, guardando in basso –E non avrei ucciso quel cane di fronte agli altri!-
-Uno spettacolo orrendo, sensei!- si intromise Michelangelo, uscendo dall’infermeria –Gli ha strappato letteralmente il cuore dal petto, neanche fosse Freddy Krueger! E stava ancora battendo nella sua mano!-
Come risposta, Splinter frustò il suo volto con un colpo di coda.
-Ahi!-
-Noi percorriamo la nostra via in modo diverso dal tuo.- riprese il topo -Tu elimini l’ostacolo che si para di fronte a te, noi lo aggiriamo. Leonardo ha sbagliato a rivolgerti quelle parole. Non possiamo obbligare una rosa a diventare una viola.-
-Ero fuori di me e… se non fossi così incline alla rabbia sì, avrei trovato un’altra soluzione!- si liberò dalla mano di Splinter, quasi singhiozzando; stava di nuovo per piangere, dopo tanto tempo –Scusatemi, devo togliermi questo sangue di dosso.-
Corse in bagno, con l’intenzione di farsi una doccia e lavare via il sangue nemico.
Era una scusa, tra le altre cose, per rimanere da sola senza essere compatita. E riflettere.
Lei aveva solo la colpa di aver fatto uscire Raffaello dalle fogne e spingerlo nelle fauci dei Ghost Riders.
Strinse la mano a pugno: aveva deciso di affrontare il vero autore delle torture.
Strofinò le dita sull’anello.
“Giacomo… Giacomo… Giacomo…”
Entrò nella dimensione mistica. Giacomo era di fronte a lei.
Sorrise e le allargò le braccia.
-Elisabetta! Che piacere! Tutto bene?- salutò.
Invece di un abbraccio e di un sorriso, ciò che ottenne fu un forte schiaffo sulla guancia.
-Sei impazzito o cosa?- rimproverò la ragazza, furibonda –Non era questo il piano!-
L’uomo si massaggiò il punto offeso.
-Il piano, il piano… il tuo piano si tratta di prendere il Graal da quegli abomini.- chiarì, serio –Il nostro è aiutarti con qualsiasi mezzo. Quindi, quello che facciamo non ti riguarda.-
-Non l’hai fatto per l’ordine, Giacomo. Hai catturato e torturato Raffaello perché ti ha sconfitto al Nexus!-
-E anche se fosse?- inarcò un sopracciglio, sorpreso -Cosa? “Raffaello”? Ora li chiami anche per nome? Che c’è? Non dirmi che ti stai affezionando a quelle creature abominevoli…-
-Il Magister ti condannerà a cento autofustigazioni per aver anteposto un tuo desiderio personale al tuo dovere verso l’ordine!-
-Beh, sopravvivrò.- rispose, dandole le spalle e mettendo le mani dietro la nuca –Tu preoccupati solo del tuo dovere e nient’altro. Intesi?-
Giacomo era pur sempre un superiore di Elisabetta. Non poteva permettersi di contraddirlo.
-Mi hai costretto ad uccidere un uomo!- rivelò lei, allungando la mano insanguinata.
-E qual è la novità?- commentò lui, voltandosi con aria indifferente –È la tua specialità, Flagello. E poi non è questa gran perdita. Quei scimmioni dei Ghost Riders troveranno presto un altro capo. D’altronde, sono tutti muscoli e niente cervello. Basterà elevare quello più forte e sono tutti a posto.-
Non si curava dei mercenari assoldati. Erano strumenti sacrificabili, per lui. E anche per l’ordine.
-Uccidere le persone non è mai stato un tuo problema. Perché questo dovrebbe essere un’eccezione? Perché ora sei in copertura? Sei una templare, Elisabetta. Il tuo dovere verso l’ordine e i tuoi ordini vengono prima di tutto. Quindi resta concentrata sulla tua missione e vedi di non fallire. Il Magister conta su di te. Vedi di non deluderci. Hai capito?-
Annuì.
Era una templare. E aveva degli ordini. Non poteva negarlo. Come non poteva negare di star instaurando un legame con le Tartarughe.
Uscì dalla dimensione mistica e finalmente si fece una doccia.
L’acqua lavò via tutto il sangue dal suo volto e dai suoi capelli.
Ma non il senso di colpa. Quello rimase.
-Ehi, Eli. Non mangi?- le domandò Michelangelo, un po’ intimorito.
Appena uscita dalla doccia, Elisabetta si era buttata nella lettura della Bibbia; le tartarughe si concessero un piccolo spuntino di mezzanotte per alleggerire le emozioni di quella sera.
A parte Splinter, avevano tutti paura di rivolgerle la parola o uno sguardo. Specialmente Leonardo. Poco prima, aveva ricevuto un rimprovero da Splinter, per le parole pronunciate contro la templare.
-Non puoi obbligare una rosa ad essere una viola!- gli aveva detto.
-No.- fu la risposta della ragazza, priva di tonalità.
Attese che si ritirassero nelle proprie stanze, prima di prendere il gatto a nove code.
Fingeva di essere impassibile, ma il dolore che stava provando la stava divorando dentro.
Frustò la sua schiena per tutta la notte, inginocchiata di fronte al crocifisso, a petto scoperto.
Tutti si recavano da Raffaello, per tenergli compagnia: Leonardo e Splinter gli parlavano, Donatello lo curava, Michelangelo talvolta portava Klunk e gli permetteva di leccare il suo volto.
Elisabetta, invece, non aveva il coraggio di avvicinarsi a lui. Si sentiva responsabile della sua condizione.
Sostituiva i pasti con la preghiera. Il sonno con l’autofustigazione.
Ciò aveva provocato la preoccupazione delle Tartarughe e di Splinter.
Raffaello era in coma da tre giorni. E da tre giorni Elisabetta non mangiava o dormiva.
Avevano provato a dissuaderla dalle autofustigazioni, ma ogni tentativo era inutile.
-Sono giorni che non mangi e non dormi.- le fece notare Leonardo; lei stava recitando il rosario –Ti stai rovinando.-
-Ho fatto un voto.- tagliò corto, interrompendo la preghiera –Il digiuno e la flagellazione per la salvezza di Raffaello.-
-Non puoi continuare così. Ti stai distruggendo.-
-Se servirà a far guarire Raph dal coma, così sia. Fiat voluntas Dei. È colpa mia se lui è in queste condizioni. È giusto che ne paghi lo scotto.-
Leonardo sospirò, mordendosi un labbro. Ricordò il rimprovero di Splinter. Anche lui aveva ammesso, in quel momento, di aver esagerato con lei.
-Senti… io quelle parole non le pensavo davvero…- si scusò, alludendo a tre sere prima –Ero spaventato da tutto quel sangue e non sapevo cosa fare. Ho sbagliato a dire che i templari sono dei barbari e mi dispiace aver offeso il tuo ordine. Non approvo i tuoi modi, ma Splinter ha ragione. Non posso obbligare una rosa a diventare una viola.-
-Non ha importanza. Rimuginare sul passato non servirà a riportare Raph sano e salvo.-
Raffaello stava lottando contro se stesso, per tornare dai suoi fratelli e da suo padre. Si era ripetuta la stessa esperienza di Leonardo contro gli uomini di Shredder, anni prima.
Ma loro non erano dotati di poteri come i templari.
Solo di armi.
Nell’oscurità in cui stava precipitando, sentiva le voci di Splinter, di Leonardo, di Michelangelo, di Donatello, che lo incitavano a tornare.
Il più preoccupato di tutti era ovviamente Leonardo.
Raffaello, il suo miglior confidente, il suo fratello preferito. Sapeva essere tanto impulsivo, quanto premuroso. Anni prima, era stato lui a risvegliarlo dal suo coma. Ora toccava a lui salvarlo.
Gli spezzava il cuore vederlo ancora privo di conoscenza: Donatello aveva curato la maggior parte delle ferite e le bruciature erano quasi scomparse.
-Ciao, Raph…- iniziò, con un filo di voce; gli aveva preso persino una mano –Siamo tutti in pensiero per te, sai? Donnie ha fatto un buon lavoro medicandoti quelle ferite orrende. È davvero incredibile. Quello che è successo a me tanti anni fa, adesso sta accadendo a te. Non avrei mai voluto che accadesse. Ma quella volta, mi sei rimasto accanto. E da un certo punto di vista, sei stato tu ad avermi svegliato. Tu mi hai sempre guardato le spalle. Sei sempre stato vicino a me quando ero insicuro, dubbioso o deluso di me stesso. Ho sempre scambiato i miei dubbi e le mie incertezze con te e tu mi hai sempre sostenuto. Mi hai sempre salvato da ogni situazione. È vero, noi due non la vediamo nello stesso modo, per questo litighiamo spesso, ma penso che sia proprio questo ad unirci. Senza di te sono perduto, Raph. Tu eri e sei la mia forza.- stava piangendo; trasse la mano vicino al suo volto -Non lasciarci, ti prego. Abbiamo bisogno di te. Io ho bisogno di te.-
Elisabetta era rimasta nascosta dietro l’angolo. Si era quasi commossa alle parole di Leonardo. Questo accrebbe il suo senso di colpa.
Non osò immaginare cosa avrebbe fatto se quanto accaduto a Raffaello fosse accaduto a Federico. Avrebbe probabilmente fatto la stessa cosa che stava facendo in quel momento, digiunare e fustigarsi per la sua salvezza. Ma non si sarebbe mai separata da lui.
Attese che Leonardo uscisse dall’infermeria.
Poi entrò lei; era pallida, davvero preoccupata.
In quei giorni in cui Raffaello era in coma, aveva sentito e percepito tutto l'affetto che i suoi fratelli provavano per lui. Non doveva finire così.
Se fosse deceduto, le Tartarughe sarebbero cadute nello sconforto ed ottenere la loro fiducia per avvicinarsi al Graal sarebbe stato ancora più arduo.
Doveva fare qualcosa: per loro e per l'ordine templare.
Raccolse il suo coraggio e decise di parlargli.
-Raffaello…- iniziò, con tono tremante –Mi dispiace. Mi dispiace tantissimo. Io non volevo questo. Non sapevo mi avresti seguito. Non volevo che mi seguissi. È tutta colpa mia. Se solo non fossi stata accecata dalla rabbia e non avessi tentato di ucciderti, non ti sarebbe accaduto niente. I tuoi fratelli adesso mi odiano. Pensano che sia stata io a farti questo. Ed è così. Sono disposta a pagare qualsiasi prezzo per la tua salvezza. Ho fatto il voto di digiuno e prego Dio ogni giorno, affinché tu ti risvegli. È il minimo che posso fare, per farmi perdonare. Se riesci a sentirmi, spero tu possa perdonarmi. Non ero arrabbiata con te e non volevo ucciderti, davvero. Ero solo molto delusa da me stessa e mi sono sfogata con la persona sbagliata, ma non volevo che tu pagassi il prezzo della mia delusione e della mia inadeguatezza. Non è giusto.- gli toccò una mano, probabilmente la stessa che Leonardo aveva stretto tra le sue -Raph, devi tornare. La tua famiglia ha bisogno di te.-
La tua famiglia ha bisogno di te.”
Abbiamo bisogno di te. Io ho bisogno di te.”
Non volevo ucciderti.”
Mi hai sempre guardato le spalle.”
Ero solo delusa da me stessa.”
Mi hai sempre salvato da ogni situazione.”
Spero tu possa perdonarmi.”
Tu eri e sei la mia forza.”
Devi tornare.”
Non lasciarci.”
Erano le parole di Elisabetta e Leonardo. Le parole che colpirono l’anima di Raffaello. Sentiva i pianti del fratello e le suppliche della ragazza. Non voleva vagare a lungo nell’oscurità. Doveva tornare dalla sua famiglia. Avevano bisogno di lui.
Quelle parole gli diedero la forza di cui aveva bisogno. La strada di casa.
Aprì gli occhi. Era buio. Quindi doveva essere notte fonda. L’unica fonte di luce erano lo schermo che trasmetteva il suo battito cardiaco.
Non riusciva a muoversi. Tre giorni di inattività avevano inibito i suoi movimenti.
Ma il dolore era passato. La sua corazza si stava ripristinando. E le ferite erano ormai sparite. Era solo rimasta una cicatrice sul labbro superiore.
Il suo respiro era regolare. Come il suo battito.
Se Donatello fosse stato lì, gli avrebbe detto di restare sdraiato un altro giorno, per riposarsi e riprendersi del tutto.
Ma udì un rumore sospetto. Ripetitivo. A intervalli regolari di due secondi. Era simile al rumore di uno schiaffo. O diversi schiaffi.
Era troppo curioso per restare a letto.
Fu un grande sforzo, per lui, alzarsi e scendere dal letto. Aveva ancora delle bende e cerotti e il suo corpo doveva essere esposto gradualmente alla riabilitazione.
Ma lui era testardo e cocciuto.
Tuttavia, cadde ugualmente, atterrando sul guscio posteriore. Non si era ancora ripreso del tutto dalle crepe e dalle ammaccature. Raffaello cercò di stringere i denti dal dolore.
Si rialzò su un lato, reggendosi al letto. Piano piano, sentiva le sue gambe rispondere agli stimoli del suo cervello. Riuscì ad alzarsi. Camminava lentamente e quasi zoppicando, ma almeno era in piedi.
Con le mani, cercava costantemente dei sostegni, nel caso le sue gambe non fossero più riuscite a sostenere il suo peso.
Ma dopo pochi passi, fu perfettamente in grado di camminare.
I rumori che sentiva non erano distanti.
Si affacciò dall’infermeria, osservando a destra.
C’era il crocifisso costruito da Elisabetta. E sotto di esso c’era lei. Con il torace scoperto. La sua schiena era dilaniata da ferite. Il sangue scendeva copioso da esse. Ciononostante, lei continuava a ferirsi con una frusta a più corde, senza emettere lamenti.
-Me paenitet et me doleo… Me paenitet et me doleo…- mormorava, dopo ogni frustata.
Il rumore era quella frusta, dunque.
Raffaello era sgomento da quello spettacolo.
-E…li…?- mormorò, reggendosi ancora allo stipite dell’infermeria.
Elisabetta si fermò, voltandosi di scatto. Si illuminò a vedere la tartaruga.
-Raph?!- esclamò, alzandosi. Con entrambe le braccia si coprì i seni. Ma nella mano destra ancora stringeva il gatto a nove code. –Sei… sei sveglio!-
Non era chiaro se lo sguardo sgomento della tartaruga fosse dovuta alla fustigazione o alla mezza nudità della ragazza.
Avanzò di qualche passo, con gambe tese, quasi robotico.
-Che stai… facendo…?-
Lei guardò in basso, assicurandosi che i suoi seni fossero ben coperti.
-Sei rimasto in coma per tre giorni.- spiegò -Eravamo disperati. I tuoi fratelli erano disperati. Anche Splinter. E io… Ho rinunciato al cibo e al sonno per il tuo risveglio.-
-Cosa?! Non hai… mangiato per tre giorni?!-
-Come potevo pensare al cibo, mentre tu eri in bilico tra la vita e la morte?!-
-E ti sei rovinata così per tutto questo tempo?! Cosa hai fatto alla tua schiena?!-
-Cerco di purificarmi dal male che ho commesso! Se sei andato in coma, è solo colpa mia! Devo punirmi!-
Aveva di nuovo dato le spalle alla tartaruga e si diede una nuova frustata.
Raffaello serrò le labbra. Avanzò con passi furiosi e pesanti verso di lei. Le agguantò il polso destro, impedendole di fustigarsi.
-La vuoi smettere?!- la rimproverò; a modo suo, era preoccupato per lei; la sua schiena era completamente piena di graffi –Non è così che si risolvono le cose! Non hai niente da rimproverarti! Cielo, voi altri siete davvero strani…!-
La presa era davvero salda e forte. Elisabetta dovette tirare per liberarsi.
-Tanto per cominciare, nessuno ti ha chiesto di seguirmi!- protestò, liberando la mano armata; con l’altra cercava di coprirsi.
Lui la rincorreva, nel tentativo di toglierle quella frusta dalla mano.
-Volevo chiederti scusa, razza di scema!-
-Beh, non avresti dovuto!-
-E perché no? Si chiama educazione!-
-Non quando qualcuno cerca di ucciderti!-
-Ma non l’hai fatto!-
Le aveva di nuovo afferrato la mano e lei lottò di nuovo per liberarsi.
Tra i due, era Raffaello il più forte.
E anche quello più pesante. Purtroppo, il suo equilibrio era ancora precario.
La sua gamba cedette e lui era sbilanciato in avanti. Cadde, con Elisabetta sotto di lui.
Per fortuna, riuscì ad attutire la caduta, atterrando sulle braccia, in modo da non schiacciarla con il suo peso.
Ma, cadendo, il braccio sinistro della ragazza scivolò in basso, scoprendo ciò che copriva.
Raffaello vi posò lo sguardo e li vide.
Il suo respiro si mozzò. E un improvviso calore divampò su tutto il suo volto.
Accortasi della causa di tale stupore, anche Elisabetta abbassò lo sguardo, con una lieve sincope. Il braccio tornò a coprire i seni.
Ma ormai lui aveva visto. Lei distolse il suo sguardo dal suo.
-Ecco, ora mi hai visto.- disse, imbarazzata, e quasi sul punto di piangere dalla vergogna -Ora cosa vuoi fare? Ridere di nuovo di me?-
Lui sbatté le palpebre, per svegliarsi dalla strana ipnosi che lo aveva colpito pochi istanti prima.
-Ridere di te? E perché?-
-Perché sono una donna. Sono vergognosamente una donna. E da donna non posso fare cose che un maschio fa comunemente! Da donna, tutti giudicano solo il tuo aspetto, a nessuno importa che tu abbia talento per qualcosa, basta che mostri la tua femminilità! Maledico ogni giorno di non essere nata maschio! Sarei più libera nelle mie scelte, senza essere sottoposta a continui giudizi o critiche! Sarei esattamente forte come vorrei! Mi affronterebbero tutti da pari! Anche tu!-
“Non credere che mi tirerò indietro solo perché sei una ragazza!”
Raffaello ricordava con vergogna la frase che le aveva rivolto sere prima. La causa del suo rapimento.
Avrebbe dovuto capirlo prima di rischiare di avere la gola trafitta da una spada, che Elisabetta odiava essere una donna.
Non dava l’idea di essere costretta ad indossare abiti maschili e portare un taglio da uomo, anzi. Sembrava sentirsi a suo agio in quella “armatura”. In fondo, era stata una sua scelta entrare nei templari, presentandosi come “Eliseo”. Un nome che sfoggiava con più orgoglio del femminile “Elisabetta”.
E questa identità sembrava darle molta forza e coraggio.
Era davvero un’armatura che la proteggeva da se stessa. Dai suoi dubbi e le sue paure.
Come lui con la sua arroganza, che usava spesso per nascondere i suoi, di dubbi, paure ed incertezze.
Lasciò il polso della ragazza. Ella usò anche l’altro braccio per coprirsi.
-Questo non è vero, Eli.- rivelò Raffaello, mettendosi seduto; anche Elisabetta si mise seduta -Sai, nelle nostre numerose avventure abbiamo incontrato molte donne, guerriere e non, ma tutte coraggiose, valorose e con le qualità pari a quelle di un uomo. Forse persino più di un uomo. E non si vergognavano affatto di essere donne. E tu, fattelo dire, le superi tutte di diverse spanne. Hai tenuto testa e sconfitto un triceraton al Nexus, e neanche di seconda classe, e riesci persino a farmi indietreggiare, anche senza i tuoi poteri. Perché, quindi, sei così infelice di te stessa?-
Non erano lusinghe. Erano fatti reali, quelli di Raffaello. E non gli piaceva mentire. I complimenti che rivolgeva ad altre persone erano rari, ma erano sinceri e sentiti.
Elisabetta sorrise: aveva superato la sua crisi e sfogarsi con Raffaello le aveva tolto un peso dallo stomaco e dal cuore. Aveva recuperato la sua forza e la sua voglia di vivere.
-Forse hai ragione. Grazie, Raph.- ringraziò; si morse il labbro inferiore e guardò in basso -Ehi, Raph… ehm… per l’altra sera… io… scusami, ho sbagliato a reagire in quel modo…-
Lui scosse la testa.
-No, sono io che mi scuso con te. Non avrei dovuto provocarti. Sono stato davvero immaturo. E guarda in che guaio sono finito…-
-No, avevi ragione. Mi sentivo e mi sento tutt’ora inadeguata, delusa e frustrata. Ero solo molto arrabbiata con me stessa per la mia inadeguatezza contro Walhalla e mi sono sfogata con la persona sbagliata. Potrai mai perdonarmi?-
Sentì la mano del rettile toccarle una spalla.
-Ehi, anche io perdo spesso la testa.- rivelò, quasi ridacchiando -Quindi non scusarti o giustificarti con me per queste cose, perché so come ci si sente. Chiedi a Mick, lui ne sa anche troppo.- risero entrambi; anche lei aveva assistito a diversi litigi tra Raffaello e Michelangelo (soprattutto per il fatto che nemmeno tra gli originali scorreva buon sangue; coincidenza?).
-Sì, lo immagino. E ora capisco perché hai fatto quella scenata, quella sera. Sei geloso dei tuoi fratelli e ti da fastidio che parli con loro, non è così? Lo capisco, davvero.-
Raffaello distolse per un attimo il suo sguardo da quello della ragazza.
-Sì, io…- disse, con un filo di voce; stava anche leggermente arrossendo –Sono molto… geloso… dei miei fratelli…-
Mentiva. O forse no. Quella sera non era riuscito a nascondere la sua sensazione di fastidio verso il progressivo affiatamento della templare verso i suoi fratelli. Era stata la voce della gelosia a guidarlo verso quelle parole al veleno. Gelosia per entrambe le parti.
Nel periodo di silenzio che seguì, si rialzarono entrambi.
-Allora, io… meglio se mi lavo queste ferite, mi rimetto la mia maglia e vada a letto. E anche tu devi riposare. Vedrai la faccia degli altri, quando sapranno che sei sveglio.- disse lei, camminando verso il divano letto.
-Eli…- riprese la tartaruga.
-Sì?-
-Sei… davvero forte. Anche senza anello.-
Aveva usato il termine “strong”, per dire “forte”, non “great”. Ma, da un certo punto di vista, per lui significavano la medesima cosa.
Lei si illuminò a quel complimento.
-Dici sul serio?-
-Sì. Non hai bisogno dell’anello, per essere forte. E no, non sei per nulla inadeguata, debole o tantomeno incapace. Tu sei già forte e valorosa. Sei una delle persone più forti che abbia mai conosciuto e meriti tutto il mio rispetto.- tali parole fecero sorridere la ragazza, per davvero; era un sorriso vero, quello sul suo volto, non falso; Raffaello si schiarì di nuovo la voce -Mi piacerebbe sfidarti di nuovo. In qualunque cosa, non necessariamente nel corpo a corpo. O, se vuoi, possiamo andare a vedere il wrestling insieme.-
-Sì, mi piacerebbe molto.-
-E per quello che vale, sono contento che tu sia una donna.-
Le stesse parole pronunciate da Francesco quattro anni prima.
Fu strano sentirle da un’altra persona. Ma l’effetto era il medesimo.
Che Raffaello avesse ragione? Che fosse possibile essere forte, anche essendo una donna?
April le aveva dato l’idea di essere una donna non solo sveglia ed intelligente, ma altrettanto valorosa.
Accettare se stessi non è mai una sfida facile. A volte abbiamo bisogno di persone fidate.
Federico non le aveva mai rimproverato di essere una donna, o disprezzata per il medesimo motivo. E nemmeno al resto dei confratelli dava fastidio la sua vera identità.
E le quattro Tartarughe e Splinter apprezzavano la sua compagnia.
Ma lei ancora non riusciva ad accettare la sua realtà. A sentirsi a suo agio con il suo essere donna.
Forse restare con le Tartarughe le avrebbe portato un doppio beneficio, la sua missione e l’accettazione.
La notizia della ripresa di Raffaello sollevò i fratelli e Splinter.
Donatello lo aiutò con la riabilitazione. Durò solo due giorni, prima che tornasse pienamente operativo.
Già dal secondo giorno, infatti, aveva ripreso i suoi esercizi con i pesi.
Era affiancato da Donatello e Leonardo, che aggiungevano gradualmente altri pesi sul suo bilanciere.
Michelangelo rimaneva nella zona intrattenimento. Da poco era uscito un gioco e non vedeva l’ora di giocarci con Elisabetta. Era, infatti, in sua compagnia.
-Non ci crederai mai, cara Eli, ma pare che in questo gioco i cattivi siano i templari, non i tuoi, ma quelli originali, quelli senza poteri.- spiegò, entusiasta; aveva una custodia in mano –E tu controlli questo personaggio qui sulla copertina, che si muove come un ninja, e li devi ammazzare tutti. E possiedi un bell’arsenale di armi per affrontarli…-
Ma Elisabetta non gli stava prestando orecchio: il suo sguardo era ipnoticamente rivolto verso Raffaello. Era sdraiato su una panca, e continuava a sollevare un bilanciere pieno di pesi. Era incredibile in quanto poco tempo si fosse ripreso. Era quasi un miracolo. Persino Donatello era rimasto sorpreso dai suoi risultati.
E anche lei ne era sollevata.
Raffaello non le aveva attribuito la colpa della sua disavventura. Il giorno del suo risveglio, infatti, l’aveva difesa di fronte alla sua famiglia, prendendosi la colpa degli eventi di sere prima.
La questione era stata risolta.
Anche l’uccisione del capo dei Ghost Riders. Elisabetta promise di controllarsi, da quel momento in avanti. Splinter e Leonardo le promisero aiuto, contro i suoi eccessi d’ira.
Non sarebbe stato facile.
La sua copertura, tuttavia, era ancora integra.
Per un attimo, gli occhi verdi e quelli marroni si incrociarono di nuovo.
Raffaello si distrasse un attimo, rischiando di far cadere il bilanciere, ma fu abbastanza rapido da riprenderlo e continuare i sollevamenti.
-Ehi, Mick…- disse lei, ad un certo punto della spiegazione dell’arancione -Ma Raph si allena spesso?-
Michelangelo si fece serio: notò la direzione in cui puntava lo sguardo della ragazza e si offese.
-Praticamente per lui non esiste altro, oltre al wrestling e prendere le persone a calci.- spiegò, borbottando; odiava essere ignorato e gli piaceva farlo notare -Ma mi stavi ascoltando?-
No, non lo aveva ascoltato.
Pensava a Raffaello. E alla sua missione.
Puntò lo sguardo in un altro punto, infatti, mentre Michelangelo continuava a parlare.
Verso il trofeo Nexus di Leonardo. Verso il probabile involucro del Graal, secondo la teoria del suo Magister.
La sua missione.
Giacomo gliel’aveva ricordata.
“Il tuo piano si tratta di prendere il Graal” “Resta concentrata sulla missione e vedi di non deluderci.”
Stava recitando una parte, stava mentendo, ma non poteva negare a se stessa di non gradire la compagnia delle Tartarughe. Da sere, infatti, Federico, durante le loro conversazioni nella dimensione mistica, stava notando uno strano sorriso sull’amica. Un sorriso sincero, non forzato.
Effettivamente, si stava trovando a suo agio, con loro.
Ma non doveva lasciarsi coinvolgere. Per il bene dell’ordine.
Doveva continuare a mentire.
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Per quanto tempo Elisabetta mentirà alle Tartarughe?
Dirà mai loro la verità?
Riuscirà a controllare il suo stato d'ira?
Quali altri ostacoli dovrà distruggere ancora, per ottenere il Graal?
E se quel giorno arriverà, anteporrà l'ordine o i suoi nuovi amici?
E Raffaello è davvero geloso dei suoi fratelli?

 
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Note finali: avete riconosciuto il videogioco presentato da Mickey? =-3
   
 
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