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Autore: elenatmnt    01/12/2021    8 recensioni
"Non ho saputo ricambiare l'attenzione che mi hai regalato, non potrò nemmeno guidarti o guardarti le spalle quando crescerai e diventerai il guerriero che sei destinato ad essere e di questo ti chiedo perdono, ma sappi una cosa, io credo in te, sono fiero di te. Lo sono sempre stato e sempre lo sarò".
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Raphael Hamato/ Raffaello, Splinter
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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“Non è giusto. Cos’ho fatto di male per meritarmi questo?”.

 
Era il pensiero che mi teneva sveglio la notte. Non sono mai stato cattivo, mi sono sempre pavoneggiato come tale, solo per non apparire debole, ma la cattiveria non è cosa mia. Allora perché meritare una simile punizione?

 
Era mattina, erano passati circa quattro mesi, o forse cinque, chissà. Non ci tenevo più a contare il tempo, ne avevo talmente tanto a disposizione, che era del tutto inutile contarlo. Farlo mi avrebbe solo ricordato la lunga agonia ed era solo l’inizio.
Donatello bussò alla mia porta “ehi Raph sono io, posso entrare?”
“Entra!” dissi seccato “è inutile che tu chieda il permesso, non mi troverai in una posizione diversa dall’ultima volta che mi hai visto, né mi vedrai andare su siti hot, né mi beccherai a sfogliare riviste con donne nude” la mia linguaccia era una lama.
Il mio povero fratello genietto era quello che meno di tutti si meritava di essere trattato male. Non so descrivere con quanta e quale dedizione si fosse dedicato a me. Mi curava, mi lavava, controllava i miei parametri vitali scrupolosamente e mi aveva costruito una speciale sedia che si muoveva con un mio comando mentale, sicuramente c’era di mezzo il prof Huneycutt.
Ad ogni modo, mi sono rifiutato di usarla, non volevo vivere solo l’ombra della vita che facevo, a quel punto preferivo stare chiuso in camera mia.
Donatello aveva già in mano una bacinella d’acqua calda, degli asciugamani e del sapone, faceva questo per me ogni giorno, alternandosi solo con Splinter; sapevano tutti quanto fosse difficile ed imbarazzante per me, perciò limitarono questa consuetudine solo a mio padre e mio fratello ’dottore’. Nessuno mi faceva pesare questa cosa, anzi Donatello cercava di mettermi a mio agio parlando del più e del meno, e notai che aveva la sua tattica quando arrivava alle mie parti intime, non mi guardava in faccia e continuava tranquillamente a conversare come nulla fosse.
La prima cosa di cui si occupava era controllare le macchine e qualsiasi cosa riguardasse la mia sopravvivenza, nutrivo la speranza che qualcuna di quelle si rompesse durante la notte, era l’unico momento in cui mi lasciavano solo, gliel’avevo quasi supplicato. Accettarono a patto che la porta rimanesse accostata e non totalmente chiusa. Mi tenevano sotto controllo sempre, anche quando mi illudevo di essere solo.
Mi rimanevano solo quelle, le illusioni.
“Hai dormito bene?” mi chiese gentile con un leggero sorriso stampato sul volto mentre controllava l’ossigeno.
“Devo proprio risponderti?!”il sarcasmo è sempre stato il mio segno distintivo, lo guardai con un cipiglio.
 Don ignorò il mio sguardo e mantenne il suo sorriso.
“Poco fa Michelangelo mi ha detto che ha intenzione di fare un ritratto di tutta la famiglia” eccolo che iniziava con le notizie del mattino in concomitanza con la mia pulizia. L’eloquenza l’avevo abbandonata da molto tempo, mi delimitavo a dargli brevi risposte.
“Molto interessante!” replicai inquieto.
Quella mattina mi ero svegliato di pessimo umore, non che nei giorni precedenti fosse migliore, ciò nonostante quella mattina era peggiore delle altre e Donnie fu una povera vittima del mio funesto carattere.
“Mikey è molto bravo nel disegno, io sono una frana. Al massimo disegno omini stilizzati, che mi vengono anche male” disse ridendo per quell’affermazione mentre mi lavava le braccia. “Leonardo stamattina ha preparato la colazione perché Mickey si è svegliato più tardi del solito. Ha bruciato tutto, persino il caffè, che ho dovuto rifare. Lo so che dovrei berne meno, ma è la mia carica, senza il caffè non riuscirei a fare tutto quello che faccio…” si bloccò per un istante aveva capito di aver fatto una gaffe, perché tutto quello che faceva, almeno la maggior parte delle cose era occuparsi di me, il che mi pesava tantissimo, mi faceva sentire terribilmente in colpa.

 
Innumerevoli volte il mio fratellino non ha dormito la notte per prendersi cura di noi, non se ne lamentava mai, non ce lo rinfacciava. Lui ha sempre dedicato tutto sé stesso alla nostra famiglia senza chiedere nulla in cambio. Che buono, il ragazzo più buono che esista al mondo.
Noi rompevamo le cose e lui le aggiustava, se volevi parlare con qualcuno che sapesse ascoltare senza giudicare sicuramente andavamo da lui. Mai che ti urlava dietro, mai una parola fuori luogo, mai un ‘no’.
Io posso vantarmi di avere un fratello così, è speciale. È il mio genio.

 
Continuò cambiando nuovamente discorso, si allontanò da me per rimmergere nuovamente il panno nell’acqua calda “Splinter mi ha detto di dirti che, se ti va, possiamo mettere una tv in camera, ne ho trovata una ieri durante il mio solito giro alla discarica, non ci metterò molto a ripararla. Potremmo metterla in quell’angolo” propose indicando l’angolo a sinistra di fronte a me. In realtà celava un accenno di entusiasmo, amava riparare le cose, in particolar modo se servivano a rendere felici noi.
“Fa come ti pare” quasi ringhiai, non era corretto da parte mia trattarlo così, lo so, ma era più forte di me. Non so spiegare cosa mi prese, era come se un po’ del vecchio Raffaello fosse tornato. La parte peggiore ovviamente.
Stavo per esplodere, lo sentivo. Avrei stretto i pugni, avrei ringhiato, avrei… fatto tante cose.
Donatello decise di rimanere in silenzio per il resto del tempo, capì il mio stato d’animo ed evitò di proferire parola, il suo cuore buono sopportava ogni mio capriccio, ogni mio tentativo di attaccare briga senza un motivo apparente, e se un motivo ci fosse stato, non era di sicuro Don.
Era evidente che ci rimase male, se avesse avuto il mio carattere avrebbe già buttato all’aria tutto e sarebbe uscito sbattendo la porta, invece rimase a subire i miei modi sgarbati. Speravo arrivasse qualcuno a salvare la situazione, a distrarre mio fratello genio per far scemare quel silenzio che io mi ero impegnato a creare.
Non arrivò nessuno.
Donnie pulì la mia pelle con estrema calma, era delicato tuttavia preciso; ripeteva meccanicamente tutti i gesti, si caricava di una pazienza che neanche il Sensei possedeva. Mi sollevò piano dal cuscino per detergermi anche il guscio, non faceva più fatica come una volta, di pesante mi erano rimasti solo il carapace e le ossa.
Rimettendomi giù evitò di incrociare i miei occhi, all’ennesimo gesto ripetitivo lo sentii borbottare, aveva ripreso la bottiglia del sapone, che era arrivata alle sue ultime gocce; sbatteva il lato del tappo sull’altra mano tentando di farne uscire ancora un po’ “Dai, su!” parlava alla bottiglia, la premette ma ancora nulla, era diventata una questione personale e ricominciò la stessa manovra fino a che un gocciolone schizzò inaspettatamente in direzione della mia faccia e mi finì in un occhio.

 
Nella mia vita ho spesso sentito frasi tipo queste: “la continuazione della rabbia è odio, la continuazione dell'odio diventa cattiveria”; oppure “la rabbia è quella sensazione che fa in modo che la tua bocca lavori più veloce della tua mente”; ed anche “tu non verrai punito per la tua rabbia, tu verrai punito dalla tua rabbia”.
Il mio peccato capitale era l’ira. Che come il fuoco, bruciava tutto intorno a sé, incurante di chi o cosa travolgesse… era un modo di celare il sentimento che più temevo di mostrare: la paura.
Vi ricordate quando vi ho accennato alla ‘quiete prima della tempesta’? Ebbene quel momento fu la tempesta.

 
In una breve frazione di secondi sentivo l’occhio che mi bruciava, non era nulla. A chi non è mai capitato che entrasse del sapone negli occhi?
Con una violenza che non dimostravo da mesi, con le briciole di forza che accompagnavano il mio inutile corpo, urlai con tutta la potenza che avevo, tutta la rabbia, la frustrazione, l’impotenza, la disperazione vennero fuori.
Non ebbi pietà. “Che cazzo fai miserabile idiota? Sei uno stupido Donatello. Un inetto! Ti odio. Mi hai sentito? Ti odio!”.
Il mio fratellino rimase impietrito dalle mie parole, tremava, piangeva, era distrutto. Solo il ricordo fa male, brucia come un’ustione appena inflitta, non mi passerà mai il rimorso per ciò che gli avevo detto, per come mi ero comportato.
“Vuoi vendicarti? Puoi farlo, taglia questo tubo che ho in gola. Uccidimi che aspetti, so che mi odi, so che vuoi farlo. Su brutto stronzo, infilzami, avvelenami, soffocami ma ti prego uccidimi!!”.
La porta si spalancò ed entrarono per primo il Maestro Splinter che si gettò su di me spaventato, come se fossi io la vittima. Si sbagliava. “Che cosa succede qui?” strepitò terrorizzato dalle urla voltandosi verso Donatello che in stato di shock non riuscì a rispondere.
Pochi secondi dopo arrivarono Michelangelo e Leonardo che guardarono tutta la situazione completamente confusi; il maestro Splinter scosse per le spalle il genio, un gesto invano per risvegliarlo dalla sua trance.
“Padre, sta succedendo qualcosa a Raph!” informò Michelangelo con gli occhi lucidi forse dallo spavento o da un principio di pianto, non lo so. Quel che so è che mi sentii strano, i suoni si fecero ovattati e la vista offuscata.
Qualcuno si precipitò dinanzi a me, però non distinguevo chi tra loro fosse.
Suoni agitati e confusi mi rimbombavano nella testa, il mondo iniziò a girare in un vortice di colori fino al momento in cui si mischiarono tra loro e lasciarono posto all’unico colore che simboleggiava la mia vita: il nero.

 
Lo avrete già capito immagino, stavo disperatamente cercando di morire. Se non potevo più scegliere come vivere la mia vita, avevo almeno il diritto di scegliere come morire?
Ero consapevole della mia decisione, non era un capriccio o un momento di follia; sicuramente all’inizio fu così, fu una scelta istintiva. Poi tutto il tempo passato a fissare il soffitto mi diede modo di riflettere con più consapevolezza e razionalità, il che era raro per me, non impossibile. In fondo, non sarò riflessivo come Donnie, o sentimentale come Mikey o attento come Leo… tuttavia anch’io mi soffermo a riflettere, certamente molto più di prima.


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Note dell'autrice:

Ciaoooooooo!!!!
Ecco questo è un capitolo che mi ha fatto un po' male (tralasciando la mia cattiveria su Raffaello), sarà che adoro Donnie e non si meritava tanta rabbia da parte di Raph, ma possiamo veramente biasimare la tartaruga in rosso? E voi?
Ringrazio e strapazzo con un abbraccio 
Made of Snow and Dreams e Ciarax <3
Ci vediamo domani col prossimo capitolo!

elenatmnt


 
   
 
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