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Autore: elenatmnt    02/12/2021    9 recensioni
"Non ho saputo ricambiare l'attenzione che mi hai regalato, non potrò nemmeno guidarti o guardarti le spalle quando crescerai e diventerai il guerriero che sei destinato ad essere e di questo ti chiedo perdono, ma sappi una cosa, io credo in te, sono fiero di te. Lo sono sempre stato e sempre lo sarò".
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Raphael Hamato/ Raffaello, Splinter
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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“Superare questo momento mi renderà più forte”.

 
Mi svegliai totalmente stordito, certo era meglio continuare a dormire.
Sentivo una mano non molto calda stringere la mia, mio fratello Leonardo Senzapaura era seduto su uno sgabello alla mia destra, mi stava guardando con occhi tristi, stanchi. Da quanto tempo dormivo? E soprattutto perché mi ero risvegliato?
“Raffaello… su svegliati fratello” mi chiamava accarezzandomi il viso. Mio fratello, il guerriero, il mio rivale in leadership che mi accarezzava come quando eravamo bambini. Si, la mia vita era decisamente cambiata.
“Leo… cosa… è successo? La mia voce…” sembrava la voce di un anziano, bassa e rauca. Anche quella mi era stata portata via, cos’altro la vita poteva togliermi? Quanto ancora sarebbe durata?
“Hai dato di matto e il tuo corpo non ha retto lo stress. In breve, ti sei fatto un pisolino lungo un giorno intero”, Leonardo spiegò senza giri di parole, fu diretto. Lo conosco bene, ha fatto ciò che io avrei voluto, poi continuò “vado ad avvisare gli altri che ti sei svegliato”; stava per andarsene ma lo fermai, non volevo gente intorno, la verità era che non volevo affrontare Donatello.
“Aspetta Leo… non andare” gli chiesi riprendendo contatto con la realtà. Se lo conoscevo bene, credo proprio che comprese ciò che stavo provando e la sua frase successiva me lo confermò.
“Raph… So che ti sei arrabbiato con Donnie per una sciocchezza e so che gli hai chiesto di…”.
Si ammutolì immediatamente, gli richiedeva un grosso sforzo pronunciare la parola ‘uccidere’. Non tolse mai i suoi occhi blu dai miei, il suo sguardo era indecifrabile per me, non lasciava trapelare alcun sentimento.
Se fossi stato il vecchio Raffaello mi avrebbe già urlato contro rimproverandomi per il mio comportamento, io avrei sbraitato di rimando e sarebbe finita in una lite con conseguente scazzottata sul pavimento. Non fu ovviamente così, anche se mi sarebbe piaciuto.
Leonardo era molto, molto stanco, sembrava invecchiato, più adulto. Cosa stava gli stava succedendo?
“Raphie…” sospirò con l’aria di chi stava per annegare nel mare delle proprie insicurezze. Stava per farmi la predica, certamente non sarei stato zitto, per quanto mi sentissi uno schifo ero pronto a controbattere, non avrei tollerato ramanzine, lavate di testa o discorsi sull’accettazione. Basta!
Trovò la forza di continuare “Raph… hai chiesto a Don di ucciderti?”.
Finalmente, ce ne aveva messo di tempo per arrivare al punto della questione, le titubanze mi snervavano, ero pronto ad affrontarlo.
“Si gliel’ho chiesto”, non la tirai per le lunghe come stava facendo lui, la mia era una richiesta legittima, anche se con Don, non era stata una vera e propria richiesta, lo avevo insultato, ferito, umiliato. Il rimorso mi circolava nelle vene, un senso di colpa e vergogna invadeva la mia anima. Giuro che non avrei voluto trattarlo in quel modo. Anche da storpio riuscivo ad essere una macchina distruttiva.
“Ti rendi conto della gravità di quello che hai fatto? Chiedere a Donatello una cosa simile?”, mi rimproverava con un senso di pena e frustrazione nelle parole. Il suo atteggiamento mi fece irritare soltanto e non tardai a comportarmi nuovamente da stupido.
“Me ne rendo perfettamente conto. Quindi? Cosa c’è, vuoi forse farlo tu?” lo provocai a denti stretti anche con la voce gracchiante, volevo farmi valere, non sarebbe stato un letto a fermarmi. Avrei usato tutto ciò che mi rimaneva per fargli capire che mi dovevano trattare come un ragazzo e non come un malato.
“Sai bene che non lo farò” confermò trattenendosi dall’esplodere.
“Perché sei un codardo, non hai coraggio” sibilai nel modo in cui farebbe un serpente. Provocare. Questa era una delle cose che mi riusciva meglio, se non avrei stimolato la loro pietà, allora avrei stimolato la loro rabbia. Mia nemica, mia amica.
A quel punto Leo lasciò la mia mano e si irrigidì fissandomi seccato per il modo poco gentile. Come sempre ero io quello che creava le liti.
Leonardo fece ciò che non mi aspettavo facesse, per loro ero diventato di cristallo e come tale mi trattavano; la mia tattica funzionò più in fretta del previsto, almeno in parte. Si alzò in piedi e mi rispose a tono.
Non ci crederete, fu bellissimo, davvero! Mio fratello mi stava regalando un momento di normalità; non mi avrebbe sferrato un pugno, ma avremmo combattuto con le parole. Mi piaceva!
“Non ti permetto di parlarmi così. Stai esagerando, Raph” si stava innervosendo, era sul punto di cedere.
“Io esagero? E voi? Mi state negando la possibilità di scegliere, la vita è mia e decido io quando finisce. Mi ucciderei da solo se potessi. Maledizione, ho bisogno di voi. Perché non lo capite?” il macchinario cardiaco risuonava la sua stupida melodia, non abbastanza da far cedere il mio cuore.
“Rimandiamo questa conversazione ad un altro momento, non voglio vederti svenire di nuovo” affermò lui solenne.
“No Leo, parliamo. Sono stufo di essere considerato un pupazzo. Io sono un ninja!” latrai come un cane pronto ad azzannare la gola.
 “Sei un incosciente come al solito Raffaello!” perse la calma, aveva ceduto. “Mettiti nei panni di tuo fratello minore. Gli hai chiesto di ucciderti, come avrebbe dovuto reagire? Sono due giorni che non dorme è sconvolto!” alzò la voce.
“Secondo te io come mi sento?” la discussione stava prendendo una piega intensa ed incandescente.
“Accidenti Raffaello! Non posso capire come ti senti, certo che no, posso solo immaginarlo! Viviamo la situazione da un altro punto di vista, credi che sia facile per noi? Credi che usciti fuori da quella porta noi facciamo festa? La nostra famiglia si sta sgretolando e tu pensi solo ad autocommiserarti. Donatello è l’ombra di sé stesso, il maestro Splinter piange tutto il giorno nella sua stanza, Michelangelo sgattaiola fuori tutte le sere e non ho idea di dove diavolo vada a cacciarsi, so solo che quando torna è sempre più pieno di lividi che tenta di nascondere in modo patetico e io cerco di tenere le redini di tutto, mentre sento che le corde mi scivolano dalle mani!”
 

Vorrei dirvi che mio fratello rimase fiero al suo posto come un nobile guerriero, vorrei dirvi che non diede un pugno al muro quasi a rompersi il polso, vorrei dirvi che non si inginocchiò su di me piangendo sul mio ventre bagnando di lacrime e saliva la coperta che mi avvolgeva, e che non singhiozzava in modo bambinesco sembrando un povero ragazzo spaventato. Vorrei dirvelo, giuro, ma mentirei.
 

Vedere il mio fratellone ridotto in quello stato fu straziante, mi lacerò il cuore in mille pezzi, tanto che fece piangere pure me, le lacrime traditrici mi rigavano la faccia e non potevo passarmi la mano per asciugarle. Sinceramente non me ne fregava niente, mi importava solo di Leonardo.
Non mi azzardavo nemmeno ad immaginare cosa lui provasse nel vedere me ridotto quasi ad un vegetale e farsi anche carico di tutti il resto della famiglia. Povero fratello mio, cresciuto in fretta, obbligato a diventare grande prima del tempo, quante responsabilità pesavano sul suo guscio e io mi ci mettevo con il mio egoismo.
“Scusami… Leo…” mormorai.
Mi sentì ma non si mosse, i suoi gemiti si spensero con il passare dei minuti, non lo pressai, lo lasciai sfogare per tutto il tempo di cui necessitava.
Aveva bisogno di me.
Conoscendolo avrà interpretato il ruolo dell’eroe Senzapaura per tutto il tempo, senza potersi sfogare con nessuno. In fin dei conti, per quanto fossimo stati rivali, non eravamo poi tanto diversi, penso che noi due siamo stati i più legati tra noi fratelli. Un rapporto di amore e odio, amico e nemico ma c’eravamo sempre l’uno per l’altro tenendoci d’occhio da lontano. Ci siamo sempre capiti, le due facce della stessa medaglia. Siamo fratelli.
“Leo… voglio provare…” non potevo credere alle mie stesse parole.
“Cosa?” lui mi guardò incuriosito asciugandosi le lacrime, la sua maschera era diventata blu scuro tanto era bagnata.
“Voglio uscire fuori da questa stanza. Voglio provare a vivere e tornare a stare con la mia famiglia” lo stavo facendo per loro, non per me. Se la mia famiglia si stava sgretolando io dovevo tentare di porvi rimedio, in fondo ero io il colpevole di tutta quella situazione, era mia responsabilità tentare di fare qualcosa, qualsiasi cosa.
In quel momento, Leo mi abbracciò infilando la testa nell’incavo del mio collo, esattamente come fanno i bambini piccoli, come se quello spazio che separa la testa dalla spalla fosse un posticino segreto dove nessuno lo avrebbe visto. Poteva annegare in quell’angusto spazio tutti i segreti della sua anima, tutto il peso della responsabilità. Alle volte l’illusione è una dolce culla, dove puoi tornare ad essere bambino, a fantasticare, a perderti nell’immaginazione.
Leonardo è il fratello maggiore, il perno per noi fratelli, la colonna di marmo irremovibile, fiero ed eretto come un colosso; molto onorevole da parte sua, certo, ma in fin dei conti Leo era pur sempre solo un ragazzo e io glielo ricordavo tante volte, ecco perché con me poteva permettersi di comportarsi da minore qualche volta, con nostro padre non lo faceva, temeva di perdere quel ‘senso di maturità’ che con fatica si era guadagnato.
“Sono felice che tu abbia preso questa decisione” alzò la testa per guardarmi negli occhi con tanta speranza.
Io non dissi nulla, un sorriso poteva bastare.
 

Combattere mi è sempre piaciuto. Che lo si facesse per una scazzottata dopo che Michelangelo mi lanciava palloncini d’acqua o che mi sfogassi contro il sacco da box o che lo si facesse contro i nostri nemici durante le buie notti newyorchesi a me non importava. La cosa principale era dar sfogo al mio talento di ninja, al mio spirito guerriero, al mio furore.
Avvertire l’adrenalina che ti circola nel corpo, il fiato affannato, il sudore che ti cola dalla fronte, erano tutti piccoli dettagli, sfoghi del mio corpo che enunciava un’inebriante sensazione di potere: amavo il potere.
Questa mia caratteristica mi ha portato più volte ad essere eccessivamente violento e potrete immaginare le conseguenze; diventavo come un toro, vedevo tutto rosso.
Il rosso.
È il mio colore preferito, un colore che la dice lunga su di me, non c’è mai stato colore più azzeccato. Al rosso si associa la rabbia, il fuoco, il potere, la passione… tutte cose che mi rappresentano.
La mia maschera rossa… mi manca… ma non voglio indossarla più; è un simbolo, il simbolo di un ninja.
Ora chi sono? Cosa sono? No, la maschera rossa è il simbolo di una vita che è stata e mai più sarà.


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Note dell'autrice:

Hello to everyone!!

Sembra che il fratello con cui litiga più spesso, sia riuscito inconsciamente a convincerlo a non buttarsi giù, a provare. Raffaello riuscirà veramente a venire a patti con sé stesso e con la sua famiglia? Venite a scoprirlo!
Ciaooooooooooooooooo!
elenatmnt
 
   
 
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