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Autore: eli_mination    03/12/2021    3 recensioni
[AU Distopico]
Sembrava tutto troppo perfetto per gli abitanti del Satellite. Dopo anni, finalmente si sarebbero riscattati con la costruzione del ponte che collega la zona malfamata alla grande città, Nuova Domino. Qualcosa va però storto, a qualcuno piace giocare con il tempo e inserisce un pezzo mancante nella storia che Allen, neo-diplomato nato nel Satellite che è cresciuto con i cambiamenti del suo luogo, conosce. Perché, improvvisamente, si ritrova in una guerra civile che vuole rivendicare i diritti di quell’isola? Con quale assurda coincidenza si unisce ad una banda di sciroccati del Satellite capitanati da Crow Hogan? E come mai quest’ultimo gli ride in faccia quando Allen gli racconta della lotta contro Z-ONE? In quello che sembra un assurdo sogno, Allen abbraccia la causa e darà un’importantissima mano alla rivoluzione in corso. Il tutto mentre cerca di capire come sia finito in quell’arco temporale a lui totalmente nuovo…
Genere: Angst, Azione, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Crow Hogan, Nuovo personaggio, Yusei Fudo
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Raccontare il passato è sempre stato strano per me. Voglio dire, ormai è andato via, perché dovrei rimuginarci su? Eppure, ci sono pezzi del passato da cui proprio non riesco a staccarmi.

A partire da tutto l’affetto che ho ricevuto sin da quando ero bambina: sono stata una dei pochi a non essere cresciuta orfana e ad aver vissuto con entrambi i genitori. Sarà un caso fortuito oppure la tenacia che i miei genitori hanno sempre avuto? D’altronde, sono stati loro a passarmi la passione per le arti marziali: papà è un maestro di judo; mamma, invece, pratica aikido. Immagino che la comune passione li abbia fatti incontrare e la loro unione, naturalmente, ha portato alla mia nascita.

Esattamente lo stesso anno in cui avvenne quel maledetto incidente, che ha portato al distacco del Satellite da Nuova Città di Domino, venni al mondo. Non fu facile: i miei genitori erano stati improvvisamente catapultati in una nuova realtà e, oltre a doversi occupare di me, che avevo pochissimi mesi di vita, dovettero fare i conti con tutti i problemi e le difficoltà. Dall’essere cittadini di una delle città più fiorenti del Giappone, si sono ritrovati ad essere gli scarti della società. Eppure, ce l’hanno fatta. Sono riusciti a sopravvivere e a darmi la vita migliore che potessi avere, anche se nella miseria. Per questo, glielo devo. Tantissimo.

I miei genitori mi direbbero “Era nostro obbligo darti il nostro amore e permetterti di sopravvivere”, però c’è qualcosa di più di quell’obbligo e io lo sentivo. Loro mi volevano (e sono sicura che mi vogliono) un bene dell’anima, quell’amore che ti permette di stare bene anche solo in presenza loro, senza dire una parola. Mi bastava sapere di averli accanto per essere felice.

Mamma e papà non erano neppure quei genitori particolarmente restrittivi (lo erano solo in situazioni in cui potevo essere in pericolo) ma non mi sono mai sognata di deluderli in qualsiasi modo. Avevo scelto di applicare quella disciplina che loro avevano imparato con le arti marziali anche prima di iniziare a praticarle io stessa.

A proposito di ciò, credo che parte della loro calma e serenità fosse dovuta anche agli anni che hanno passato a perfezionare le loro tecniche di combattimento, da cui viene anche una profonda pazienza che hanno tentato di trasmettere anche a me. Dico “tentato” perché quando ero più piccola ero veramente una peste e mi mettevo spesso nei guai. Sia chiaro, spesso nulla di troppo grave, però era anche vero che non stavo un attimo ferma. Ecco che iniziai a praticare judo. Non è stato semplice, all’inizio: sempre la mia turbolenza mi impediva di fare le cose per bene. Pian piano, anche nei momenti in cui mio padre non mi insegnava nulla di pratico di quella disciplina, ho imparato tutto e da allora non ho più perso il controllo di nulla.

Mi piaceva (e mi piace ancora) sentire il mio corpo muoversi e la mia mente elaborare una strategia per mettere l’avversario al tappeto. È così che sono arrivata all’adolescenza e alla cintura nera. Teoricamente, dovrebbe esserci un modo ufficiale per ottenerne una, credo… Però mio padre me ne ha data una delle sue… Quello è stato uno dei momenti più belli della mia vita: mi sono sentita bene a raggiungere un determinato obiettivo e che fosse mio padre stesso a premiarmi, per giunta con una cosa che per lui aveva un estremo valore affettivo. Ancora la conservo, l’ho portata con me nel covo e la custodisco gelosamente, lontano dagli occhi indiscreti di tutti.

Bene, questa era la storia di come si è sviluppato il mio carattere, grazie alla disciplina. Ora, parliamo dei rapporti interpersonali: diciamocelo, sono sempre stata una tipa solitaria e riservata. Davvero in pochi sono riusciti a farmi sbloccare e aprirmi di più… Devo dire, però, che la cosa non mi è mai pesata più di tanto. Ero impegnata davvero tanto con la mente, tra gli allenamenti e la mia istruzione di base (di cui si è sempre occupata mia madre), così tanto che non mi serviva avere altre persone all’infuori dei miei genitori. Potreste immaginare, dunque, quale rapporto avessi con i miei genitori: è qualcosa che mi auguro di avere anche io con i miei figli, qualora decidessi di averne. Ci dicevamo tutto, risolvevamo assieme le situazioni, ci davamo consigli… Erano anche i miei amici, oltre che coloro che mi hanno messo al mondo.

Per quanto mi bastasse avere loro, evidentemente avranno capito che non potevo rimanere segregata in casa quando c’erano altri ragazzi della mia età che, tutto sommato, si divertivano assieme. Così mi cacciavano di casa dicendomi “Su, vai a farti degli amici!”. Eh, avessi saputo come si facessero degli amici forse avrei anche potuto arrivare ad averceli prima dei diciotto anni. In tutto questo tempo, quindi, quando loro mi dicevano di uscire, cosa facevo? Giravo, giravo e giravo, finché il sole non si decideva a lasciare il suo posto alla luna. Avevo dei posti standard dove andare, quindi mi piazzavo lì per tutto il tempo che mi serviva e poi andavo a casa. Quali erano questi? A volte mi divertivo a vedere le gare di corsa illegali (tifavo per una certa Black Arrow… Ci sono rimasta di sasso quando ho scoperto che si trattava di Alyssa!), anche se sapevo che quegli incidenti tanto spettacolari portavano la gente a farsi veramente male. Alcune volte, invece, andavo al porto o nella vicina spiaggia, mi sedevo lì e ammiravo il tramonto, le barche, le luci che in lontananza mi facevano venire la curiosità di imbarcarmi e partire per Nuova Domino, anche se sapevo che non fosse possibile.

Infine, gli ultimi anni li passavo… Si, proprio lì, al teatro. All’inizio non conoscevo davvero nessuno, scambiavo occasionalmente delle chiacchiere con degli sconosciuti del più e del meno, ma la conversazione moriva lì il più delle volte. Ammetto, però, che mi piaceva stare in mezzo alla gente. Certo, sembra una cosa alquanto strana, considerando quanto mi isolassi, però è così!

In quegli anni, vedevo gli adolescenti adottare un proprio stile, una propria personalità, delle caratteristiche particolari che li distinguevano dalla massa e li facevano risaltare rispetto agli altri. Iniziai anche io a fare così: davanti allo specchio mi provavo quegli stessi abiti che usavo per gli allenamenti e li combinavo tra di loro per raggiungere un grado di sicurezza in me che non avevo mai visto prima. Mi ero resa conto che mi piace avere un mio stile! Certo, non mi vesto in maniera impeccabile e con criterio come fanno Ruby o Alyssa, però mi piace il modo in cui appaio. Forse è stata questa consapevolezza di me che mi ha permesso di iniziare a risaltare, in tutto quel folto gruppo. Così ebbi le mie prime “amicizie”…

Anche i miei capelli… Cavolo, crescevano veramente a dismisura! Facevo tagli netti ma questi non è che durassero chissà quanto, poiché l’anno dopo avrei di nuovo raggiunto la stessa lunghezza di prima. Poi dissi a mia madre, che maneggiava un paio di forbici per farmi l’ennesimo restyling:

“Sai, magari me li faccio crescere un altro po’, prima di cambiare stile!”

Lei mi guardò stranita, ricordo ancora la sua faccia.

“Lucy, cara, c’è per caso un ragazzo?”

“Cosa?! No!” le risposi di getto. Beh, in effetti non aveva tutti i torti… Un ragazzo, dopo, ci sarebbe stato…

Quindi, quando avevo i capelli che quasi arrivavano al sedere, ecco che si colloca il mio incontro con Crow. Lui, al tempo, faceva parte di una sorta di banda (non come quella che abbiamo ora) chiamata “Team Satisfaction”. Ricordo che tutti e quattro andavano lì al teatro per festeggiare vittorie contro bande avversarie. Spesso si piazzavano in un angolino e stavano per i fatti loro, ignorando tutto il marasma che ad una certa ora del pomeriggio iniziava a crearsi tra ragazzi che parlavano, qualcuno di loro che metteva la musica ad alto volume e qualche rissa che scoppiava.

Nei primi tempi non mi avvicinavo a loro, anche perché in fondo mi inquietavano, soprattutto sapendo quanto fossero forti nel Satellite. Qualcuno diceva che puntavano a volere il controllo di tutta l’isola e, in effetti, stavano lottando e conquistando zone in un niente. A livello amministrativo, per noi abitanti, non sarebbe cambiato nulla. Il Satellite sarebbe sempre rimasto di tutti, ma loro quattro sarebbero stati i più grandi, quelli di cui tutti avevano timore. Beh, posso dire che fossero tutte leggende metropolitane? Più o meno: loro erano veramente fortissimi, ma non c’era assolutamente nulla di cui temere.

La prima volta che parlai con uno di loro avvenne abbastanza per caso: io mi stavo facendo i fatti miei, chiacchierando con una ragazza di quanto fosse forte Alyssa (che io al tempo chiamavo Black Arrow, essendo lei conosciuta con questo nome), quando si avvicinò a me Jack. Stava ridendo come un idiota.

“Ehi, scusa! Tu con la lunga coda di cavallo!” esordì, attirando la mia attenzione. Appena lo riconobbi, il mio cuore aveva saltato un battito. “Ci sarebbe il mio amico che vorrebbe scambiare un paio di chiacchiere con te!”

“C-cosa?” domandai, intimorita. “Per quale motivo?”

“Perché gli interessi!”

Poco dopo questa frase, subito si avvicinò Crow e gli diede un pugno sulla testa. Non gli fece male, considerando che Jack si era messo a ridere più forte.

“Ma insomma, non posso stare un attimo tranquillo con te!” aveva esclamato il rosso. Al tempo, un solo marchio della Struttura solcava la sua fronte, ma era abbastanza per inquietarmi.

“Sei un senza palle, Crow! Dovevo fare qualcosa per permetterti di approcciare!” aveva esclamato Jack.

“Smettila, dannazione!” lo aveva sgridato Crow. Poi si rivolse a me. “Senti, ci devi scusare! Jack mi fa spesso fare figuracce!”

“Non c’è alcun problema!” li rassicurai io. Loro due si allontanarono, con il più basso che era colto dall’imbarazzo più totale. Fu proprio in quel momento che mi resi conto che quello che si diceva di loro non fosse vero. Erano dei ragazzi, come tutti lì in mezzo.

Ovviamente, non fu l’unico incontro che avemmo. La seconda volta che li vidi mi fecero solo un cenno con la testa (Crow a quel punto preferì nascondersi per la figuraccia della volta scorsa). Ammetto che in quell’occasione avevo visto Kiryu in modo un po’… Particolare. Non so, non mi dava comunque delle vibrazioni positive (capii in seguito il perché… Accidenti, che storia…).

La terza volta ancora, Crow mi sorrise e io ricambiai. Andò a finire che la quarta volta si avvicinò a me per parlare del più e del meno, la quinta volta mi portò a conoscere gli altri, la sesta volta praticamente passai del tempo con tutti e quattro… Ed ecco che dalla settima volta in poi avevo trovato un gruppo di persone con cui mi trovavo. A volte alcune ragazze mi venivano vicino per chiedermi “Non ti pesa essere l’unica ragazza del gruppo?” e la mia risposta era sempre la stessa: “Perché mai dovrebbe?”. Beh, mi resi conto più tardi di una cosa chiamata “amore” che a quanto pare due individui provano passando del tempo assieme e stabilendo un rapporto profondo… E il più delle volte si tratta di un maschio e una femmina (che cosa stupida, tra l’altro… La prima cosa che viene in mente alla maggior parte delle persone vedendo due persone di sesso opposto avere un minimo di amicizia è la relazione sentimentale). Essendo io l’unica ragazza del gruppo, beh… Potreste solo immaginare cosa veniva detto su di me.

Di tutti i commenti strani non me ne fregava assolutamente nulla, anche perché non avevo affatto il focus su quelli… Il mio focus principale era… Quello che stavo iniziando a provare per uno di loro, ovvero… Beh, si è capito ormai che si tratta di Crow.

Non so, precisamente, cosa mi abbia fatto cascare ai suoi piedi… Probabilmente i riguardi che aveva nei miei confronti? Il fatto che con me si comportasse in maniera differente? Il fatto che fosse palese che lui fosse innamorato di me (anche se ero troppo inesperta per capirlo subito)? Non lo so, sta di fatto che mi trasmetteva sempre una certa positività e col passare del tempo mi rendevo sempre più conto di quanto mi sentissi bene a stare con lui. Degli altri poco mi importava: come ho già detto, Kiryu mi dava i brividi, mentre Jack e Yusei li consideravo semplici amici, anche perché non avevano gli stessi riguardi che aveva Crow con me. Eppure, ce n’è voluto di tempo prima che ci mettessimo effettivamente assieme.

Da quando ci siamo conosciuti fino a “quel” giorno erano passati esattamente due mesi. Come ogni pomeriggio, mi ero recata al teatro per passare il tempo con Crow e gli altri, oltre che incontrare altre persone (che per me sono sempre state mie conoscenti). Beh, mi aspettavo di trovarli tutti lì, invece c’era solo Crow. A ripensarci, mi viene un sacco da ridere: era impacciatissimo e sembrava che avesse paura di parlare, anche solo per dirmi un semplicissimo “tutto bene?”. In ogni caso, quello che era accaduto è stato abbastanza semplice: abbiamo passato la serata a chiacchierare (come sempre, d’altronde) e poi mi ha portato fuori.

“Lucy, ci sarebbe una cosa che volevo dirti…” mi disse appena varcata la soglia. Ci siamo messi in disparte per stare lontano da tutti. Me lo ricordo, iniziava a fare freddo al Satellite. Lui mi aveva prestato la sua giacca e sentivo il suo profumo: la sensazione era così piacevole da portarmi a stringerla a me. Le guance congelate, così come le punte delle dita. E poi la sua voce, tremante, che esordiva dicendo: “Non posso più negarlo, tantomeno nasconderlo… Ammetto che nelle ultime settimane ho sviluppato una forte attrazione verso di te.”

Alzai lo sguardo verso di lui e incontrai il suo: fino ad allora non avevo notato quella luce nei suoi occhi che aveva ogni volta che gli parlavo. Sono stata abbastanza stupida, o forse ero semplicemente poco esperta su come funziona l’amore? Non saprei stabilirlo ancora oggi… Sta di fatto che mi sono sentita attratta come una dannata calamita e quello che ho potuto fare è stato gettarmi tra le sue braccia perché me lo sentivo. Era quello che la mia testa e il mio cuore mi dicevano di fare. Poi, non so come, abbiamo finito per baciarci e da allora siamo stati insieme.

Cosa è cambiato? A parte le primissime esperienze con una relazione (e intendo proprio tutte le prime esperienze), passavamo più tempo da soli e di meno con Yusei, Jack e Kiryu. Spesso mi portava in giro, finivamo con lo stare abbracciati, a volte senza nemmeno dire nulla. Lo vedevo anche con la mente completamente libera quando stava con me e questo portava serenità anche a me.

La serenità, purtroppo, non era destinata a durare perché la nostra relazione è stata come l’ultimo gradino di una scala che dà su un dirupo. Sono successe svariate cose che lo hanno portato ad essere più irrequieto: il Team Satisfaction si è sciolto per delle incomprensioni nel gruppo, specialmente con Kiryu. Quest’ultimo, in un attacco di follia, ha addirittura ammazzato un poliziotto senza alcuna pietà, poi è stato arrestato ed è morto in carcere.

Duro colpo per tutti, che ho vissuto anche io nel consolare Crow per tutto quello che era successo.

“Non riesco proprio a capire, te lo giuro…” era la frase che ripeteva più spesso. Non se ne capacitava nessuno, nemmeno io che avevo determinate opinioni su di lui. Non pensavo sarebbe mai arrivato a commettere quel gesto tanto avventato, è stato surreale.

In questo contesto, per distrarsi, ha iniziato a prendersi cura di alcuni ragazzini orfani ed è stato in quell’occasione che ha incontrato Robert Pearson. Dire che per lui fosse un padre è giusto e sbagliato al tempo stesso: si distanziava molto dalla figura di padre, eppure aveva una certa premura per tutti quei ragazzini. Crow (è un po’ brutto dirlo) era il suo figlio preferito, gli ha insegnato tutto quello che sapeva sulla meccanica e come prendersi cura di una moto. Quando è scomparso è stato un durissimo colpo per lui: anche in quel caso, continuava a chiedersi come fosse potuto succedere. Lo vedevo, stava iniziando a diventare un ragazzo smarrito, incapace di comprendere il perché il mondo funzionasse in quel modo.

Qui vi è l’origine di due difetti: il primo era la sua costante voglia di mettersi contro i poliziotti, con la scusa di voler dare un sorriso ai bambini di cui si occupava, andando a rubare carte nella sezione dei deck confiscati dei commissariati; se la prima è un’abitudine che ha in parte perso (che c’è? Adesso siamo costantemente contro le forze dell’ordine!), la seconda lo sta ancora accompagnando ed è il fumo. Devo essere sincera, non ricordo nemmeno come sia partito questo suo bisogno. So solo che un giorno l’ho visto con una sigaretta in mano e non ho saputo nemmeno dirgli “Cosa cazzo stai facendo?”. No, assolutamente. Me ne sono stata zitta, incapace di agire, senza avere il minimo coraggio di fargli capire che fosse tutto dannatamente sbagliato. Era la prima volta che mi ritrovavo nella situazione di vedere una persona fare di tutto per autodistruggersi senza sapere come riparare a tutto quello.

Per questo, me ne sono andata… Sono stata una codarda, soprattutto perché non sono stata onesta con lui. Avrei dovuto dirgli sin dall’inizio di Shinji…

 

Angolo Autrice

Beh, che dire ragazzi, è passato un mese dall’ultimo aggiornamento. Eh, scuse non ne ho, seppure sia stata con il morale a terra.

Per farla breve, ho iniziato il mese di novembre nel pieno dell’euforia perché mi stavo sentendo con qualcuno ed ero veramente un sacco felice perché mi sentivo compresa. Poi, così de botto, è finito tutto e questa storia mi ha lasciato un vuoto incredibile che ho colmato cercando di stare il più possibile con delle brave persone con cui sfogarmi se tutto andava bene, se tutto andava male ubriacandomi :)

Ora forse me la sto passando meglio, anche se sotto sotto sono ancora alla ricerca di quell’amore che idealizzo nelle storie… Ma d’altronde, così come quella storia è arrivata (e se n’è andata) in un attimo, chissà che io domani non possa essere euforica di nuovo. Insomma, è altalenante la situazione.

Quindi ecco perché questo capitolo ci ha messo così tanto ad essere partorito. Immagino che non sia nemmeno tanto piacevole vedere che si tratta di una backstory e non della continuazione della storia vera e propria. Era programmata la backstory, vogliate scusarmi T.T

Comunque, spero che voi ve la stiate passano meglio di me e nel caso che questo capitolo vi abbia aiutato a distrarvi ^^’

La canzone di oggi è “Drain You” dei Nirvana!

Nulla, se tutto continuerà ad andare bene, ci sentiamo la settimana prossima ^^

Ciau! :3

  
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