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Autore: Lunaharry66    03/12/2021    0 recensioni
Completata
|BAKUTODO|
|FANTASY AU|
|STORIA PUBBLICATA ANCHE SU WATTPAD|
Nella sanguinosa guerra civile che dilania i Quattro Regni, ora riuniti sotto il pugno di ferro di All For One, un vampiro perseguitato per le più svariate ragioni in contra un mago e un lupo mannaro dallo spirito ribelle.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Katsuki Bakugou, Kirishima Eijirou, Shouto Todoroki
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Bosco fitto

 

avvertenze: qualsiasi riferimento ad un documento che permetteva le libere uscite o la partecipazione alla vita sociale non ha nulla a che fare con il green pass. Come la situazione politica del paese non riguarda e non vuole assolutamente portare alla grave crisi umanitaria in Afghanistan.

Ogni riferimento è puramente casuale, perchè i primi capitoli sono in stesura da molto tempo  prima che succedessero entrambe le questioni.



 

 CAPITOLO I - ORIGINI

Le urla dei suoi compagni lo rincorrevano tra i sentieri sperduti in cui correva velocemente, la mano stretta attorno alla piccola pergamena che aveva scaturito tutto quel disordine.

I rami degli alberi lo aggredivano senza pietà, le punte aguzze che gli si conficcavano nella pelle diafana e stracciavano i semplici abiti che indossava dalla mattinata.

Udiva lo scricchiolio delle foglie sotto i suoi passi vellutati, lo stridio delle armi una contro le altre, il frastuono delle ruote di carri sul suolo sterrato a pochi chilometri da dove si trovava ora.

Probabilmente qualcuno lo aveva visto infilarsi tra la steppa e raggiungere l’ingresso del bosco, anche se si fosse messo a correre con tutta l’energia che aveva in corpo, gli uomini di All For One conoscevano molto bene quella zona della contea.

Shouto continuò a camminare, diminuendo a piccole dosi la velocità e prestando più attenzione ai rumori e alle sensazioni che poteva percepire grazie al suo dono, che condivideva da millenni con gli appartenenti alla sua stirpe.

Un albero molto alto gli si parò dinanzi, le radici che ricoprivano gran parte del prato sottostante e che circondavano impervie il dirupo scosceso che dava accesso a una parte secondaria del bosco.

Erano dure, gli bastò sfiorarle con i polpastrelli per percepire la loro storia, radicata, letteralmente, nei secoli in cui la vita si era sviluppata in quelle zone.

Il dirupo era forse alto una quindicina di metri ed era attraversato da venature di pietra più antica che andava a formare dei piccoli isolotti, grandi abbastanza per contenere entrambi i suoi piedi. Le radici gli passavano accanto, come per formare una sorta di barriera protettiva a chiunque avesse cercato di giungere nella piccola radura nascosta.

Sembrava un’ area a sé, i problemi che andavano ad aumentare non la toccassero, ma impressionati da tale pace e meraviglia aiutassero a rafforzare quell’atmosfera idilliaca rendendosi ancora più pericolosi per rimarcare il contrasto.

 

Rimase in attesa, doveva prendere una decisione e, guidato dall’istinto e dalla paura, si srotolò le maniche della giubba in cotone per coprire più pelle possibile, avrebbe approfittato delle tenebre per mettere in salvo la pergamena.

 

Shouto appoggiò un braccio al limite del dirupo, scese lentamente e stabilì il piede destro su un isolotto alla sua destra, ripetendo lo stesso movimento per il sinistro.

Mano mano che scendeva tutto si infittiva di più e la luce iniziò a diminuire, per poi sparire completamente quando giunse a metà del percorso che aveva da compiere.

Dovette sbattere le palpebre più volte, le mani che gli tremavano per la fretta, desiderando solo che i suoi maledetti occhi si abituassero alla nuova condizione.

Shouto non desiderò mai come in quel momento di far parte all’altro ramo della sua comunità. Non sarebbe stato bellissimo , e soprattutto più semplice, balzare da una parte all’altra del bosco, dissolversi o volare sopra le teste dei soldati di All For One?

Ovviamente si, e invece si ritrovava a non poter usare il suo potere.

 

Mentre posizionava un piede su un isolotto che credeva si trovasse alla sua sinistra,sentì il vuoto e preparandosi alla caduta, intrecciò le mani e le parò davanti al viso.

Le radici lo sbattevano da una parte all’altra, la pietra che sfasciava armoniosa la pelle delle mani e delle braccia che la giubba in cotone grezzo non era riuscita a proteggere.

 

La radura era costellata di piccoli cespugli e arbusti spinosi, per qualche motivo a lui inspiegabile, Shouto si ritrovò ad atterrare mollemente sui primi, schiacciando con molta probabilità alcune bacche che crescevano indisturbate tra le foglie verdi e grandi. 

 

Sospirando e guardandosi intorno  ebbe la sensazione di essere osservato, il terrore che si faceva strada tra i blocchi di indifferenza che riempivano il suo essere.

Non si girò, ma unì impercettibilmente i polpastrelli della mano destra, un grido di dolore che minacciava di scassinare i cancelli delle sue labbra.

                                                                                                                          

Ruotò leggermente, ora aveva davanti una visuale completa dell’angolo ovest della radura, dove presumibilmente, era nascosto tra le frasche chi lo stava spiando.

 

Un ringhio basso fu l’unica cosa che ebbe modo di sentire prima di avere la testa contro il terreno erboso che fino a qualche momento fa aveva sotto i piedi. Una mano, o due?, lo tenevano fermo, il busto incapace di muoversi e le orecchie dolorosamente accartocciate dal peso della  schiena sopra di lui.

Shouto unì di nuovo i polpastrelli, provò ancora quel dolore sordo a qualsiasi precauzione o accorgimento e liberò la furia che aveva dentro da quando aveva visto tutto il suo mondo crollare in pezzi, che non avevano la facoltà o il diritto di ricomporsi e di cancellare l’angoscia che gli opprimeva il petto.

Il ghiaccio congelò indistintamente ogni cosa che trovò sul suo cammino, l’aggressore che saltellando confuso gli aveva donato la possibilità di fuggire verso nord e incamminarsi nuovamente.       

 

La radura iniziò  a essere sfocata, gli parve di non sentire più la morbidezza dell’erba sotto le mani o il fruscio del vento che soffiava leggero.

Si piegò verso il basso, gli occhi colmi di lacrime che uscirono senza chiedere il permesso a nessuno.

Tremava tutto,le vene che pulsavano senza sosta e la ferita che era tenuta a bada da una striscia di lino consumato imbrattava senza  la giubba in cotone e le mani,premute sul fianco nel vano tentativo di limitare il danno.

Solo la pergamena sembrava non aver perso un briciolo di compostezza, tanto che magicamente lo schizzo di sangue che c’era si dissolse .

 

Qualcuno gli passò una mano sotto al collo nel tentativo di strangolarlo  o di farlo sdraiare  a terra. Accadde la seconda, ma Shouto era troppo impegnato a lottare contro l’impellente voglia di svenire e lasciarsi nelle mani di un possibile aguzzino per valutare lucidamente la scena.

Una voce roca, come il ringhio di poco prima , lo colse di sorpresa.

-Ehi,mi senti? Provo a darti una sistemata qui sotto, uhm?

Le forze lo stavano abbandonando e forse morire era la cosa migliore che gli potesse accadere.

Perchè non era morto durante l’assedio e al suo posto non c’erano Ochaco, Izuku o Tenya, sicuramente più stabili e potenti per  consegnare la pergamena?

Li aveva visti accasciarsi al suolo, il corpo attraversato da tremiti e lui non li poteva soccorrere, n-non poteva e… e…

-MI SENTI?? NON AZZARDARTI A MORIRE TRA LE MIE BRACCIA, BASTARDO!

 

Gli arrivò uno schiaffo in piena faccia, una spinta di lato e fu sollevato agilmente e posto contro un arbusto.

-Ma quanto sei magro? Ti ho preso come se fossi un neonato...

Riuscì ad aprire gli occhi e si ritrovò davanti un ragazzo dai lineamenti duri, la fronte contratta in una smorfia di concentrazione e gli occhi rossastri.

Le orecchie. 

Aveva delle orecchie da lupo, piccole e marroni che facevano capolino tra la folta chioma bionda e ricciuta.            

Il panico iniziò ad assalirlo senza che ne prendesse veramente coscienza.

 

Sperò che lo sconosciuto non riuscisse a capire le sue emozioni attraverso gli occhi rossi che aveva,ma sembravano concentrati sulla ferita sanguinante.

Un lupo mannaro, un cazzo di lupo mannaro,lo stava accudendo come la più normale delle infermiere avrebbe fatto in uno degli ospedali sotterranei della capitale.

Doveva soltanto calmarsi,lasciare che la mente sbollisse e riacquistasse razionalità.      

Quello poteva anche essere un lupo mannaro, creature assetate di violenza e abili combattenti,ma lui, lui, era un vampiro.

Un vampiro e avrebbe iniziato a comportarsi da tale e…

-Ah!

Il biondo lo guardò sorpreso di ricevere un segno di vita da quel corpo malandato che non fosse un flebile respiro.

-Ascoltami, te lo chiedo di nuovo: MI SENTI?

-Sì… N-non urlare e l-asciami qui. 

-Sei impazzito per caso, perfetto? Non lascerei mai una creaturina come te da sola e per di più, gravemente ferita.

 

Ah, perfetto.

Era anche stato scambiato per un elfo, ma almeno la preziosa pergamena era ancora stretta tra le sue dita.

Sentiva un forte bruciore all’inizio della gola, le orecchie erano più calde e sapeva che questo non c’entrava nulla con il suo potere.

Semplicemente uno dei suoi  doni stava per attivarsi: le mani dell’altro si staccarono velocemente, quasi inorridite nel vedere la pelle ritirarsi e creare un piccolo vulcano.

Il processo si arrestò e la ferita smise di sanguinare, ma al posto del liquido iniziò a formarsi un sottile strato di pelle, che diveniva sempre più rigido a contatto con l’aria gelida della notte.

 

Chiuse gli occhi,era stata decisamente una nottata intensa, quindi si rilassò contro le fronde dell’arbusto, i rumori circostanti che non lo avrebbero lasciato in pace neanche durante il sonno.

 

« -Vedi Shouto, la nostra famiglia proviene da una regione lontana e credo che tu l'abbia capito anche dal nostro aspetto- disse scompigliandogli i ciuffi bicolore.

Siamo anche noi vampiri, ma un po’ speciali. Non corriamo velocemente, non ci trasformiamo in pipistrelli o sembriamo bellissimi e ultraterreni.- rise ancora la giovane donna guardando il proprio riflesso in  uno specchio intrecciato nella paglia.  

-Però abbiamo altri doni, si chiamano proprio così. Sentiamo, percepiamo tutto: anche a distanza di chilometri, riuscirai ad avere un’idea molto chiara di ciò che ti circonda. Alcuni di noi hanno dei poteri,sono molto diversi, ma sono collegati agli elementi naturali.

-Come tu e papà?

-Come me e papà, Touya, Fuyumi, Natsuo e te, piccolo. Ora però, arriva la parte più importante della storia. Tutti noi parliamo un’altra lingua,usiamo un altro alfabeto e abbiamo altre usanze: quello strano dialetto dai suoni ispidi e che devi parlare soltanto con noi, è stato inventato millenni prima dal fondatore della nostra stirpe.

Ci serviva un codice per comunicare senza che le altre popolazioni ci trovassero o ci catturassero per farci brutte cose. 

Ti insegno una parola complicata, ed è genocidio.

Quelli come noi, ne hanno subiti molti, ma il più terribile è finito soltanto una ventina di anni fa.

-Poco prima che nascesse Touya.

-Poco prima che nascesse Touya, sì. Io e papà abitavamo a Eresk’e , una valle a est di questa regione. Cominciò tutto a piccole dosi, nessuno si aspettava quello che sarebbe accaduto in seguito.

Io frequentavo un corso di pittura, sai? Dipingere mi piaceva molto, ed ero riuscita a mettere da parte un po’ di soldi per fare qualcosa che mi piacesse. Uno svago, ecco. Ci andavo tutti i giovedì sera e avevo un paio di amiche molto simpatiche.

La vita era tranquilla, Shouto. Ero giovane  e mi sembrava che tutto andasse bene.

Lavoravo nella bottega del nonno, che tu purtroppo non hai conosciuto e ogni tanto mi divertivo a fare qualche gita al mare o in montagna.

Le persone, che siano vampiri, lupi mannari o elfi, hanno sempre paura di ciò che è diverso o che non conoscono. Quindi eravamo abituati a vivere in un clima un po’  ostile.

Però il governo della valle approvò delle leggi che ci  limitavano molto: io non ho più potuto dipingere o incontrarmi con le mie amiche, uscire con la nonna ed andare al mare…

Le nostre case, la mia, quella di papà  e dei nostri simili erano tutte vicine, perchè c’è sempre stato un forte spirito di comunità… Hanno chiuso il quartiere, chiunque avesse un negozio al di fuori di esso dovette chiudere e trasferirsi.

In queste circostanze ho conosciuto meglio papà, guardavamo sempre le stelle arrampicandoci sui tetti delle case… In seguito ci è stato fatto un segno rosso sul polso, - indicò un piccolo quadrato vermiglio- ci hanno marchiati.

Sai come eravamo chiamati, Shouto?

Plesk’ç, che come hai imparato è formato da due parole: ple,ovvero carne e skç, cioè morte o comunque qualcosa senza vita.

Questa parola era nella lingua  che usiamo ora, anche a scuola come fai tu. Per le altre persone eravamo, e siamo ancora, inferiori, come la carne da macello, di scarto.

-Mamma...Ma perchè ci chiamano così  e  vogliono farci cose brutte?

-Te lo dico subito, piccolo… Quando sono scappata insieme a papà e abbiamo affrontato un viaggio pericoloso e faticoso, abbiamo incontrato persone fuggite da dei Moouli.

Questa parola è nella nostra lingua e significa letteralmente “campo di morte”.

Una signora che poteva manipolare il sole era stata  legata a un palo per  far germogliare nel giusto modo i raccolti nelle campagne del luogo.

Oh, Shouto, ricordati di non avere mai dei pregiudizi, che sono delle cose che si pensano senza conoscerle veramente.

Io non ne ho mai avuti, ma è stato complicato farlo: nelle campagne di Eresk’e la gente era più cattiva con noi… Molto più cattiva e terrificante.

Noi scappiamo da sempre, per questo devi ascoltare ogni storia che ti racconteremo io o papà: bisogna ricordare il passato e non dimenticarlo mai.

Sei bravissimo a scrivere usando il nostro dialetto, sono molto orgogliosa.

Cantiamo una volta soltanto la favola che ci ha raccontato Fuyumi? Mi fa ridere molto.- disse cercando di rallegrare l’atmosfera e stringendo il bambino più forte tra le braccia chiare.

Tesca o’ra  

Moli ta

Rida mene

sinche fa.

Tesca prim

moli fu

Pienge poto

ore et.

Tesca arriv

Moli not

esta siem

focu pat.

Stealle notte

Sole cresr

Nuble mol

Moli himtch.

(La vita era

e la morte arrivò

Ridi bene

finchè puoi.

La vita è

la morte arriva

Piangi poco

e non disperare.

La vita sarà

la morte arriverà

stiamo insieme

riscaldiamoci al fuoco.

Le stelle brillano di notte

il Sole sorge

le nuvole bianche

la morte si nasconde.)

Prese il bambino per mano e spostandosi dal salottino arrivarono in una piccola cucina, dove la giovane iniziò ad ammassare un panetto di pasta dolce e morbida. Il bambino la guardava curioso mentre mangiava piano un pezzo di mela che lei aveva tagliato e cosparso di limone.»

 

Aveva il respiro accellerato, ma i suoi sensi erano sempre acuti e stranamente utili: qualcuno gli teneva stretto il polso,anche il suo di respiro era un po’ accellerato e…

-Amico, calmati. Respira: 1, 2, 3,4… Inspira ed espira, ancora, ce la puoi fare…

La voce era più calma, quasi vellutata, ma allo stesso tempo squillante.

Nessuno gli aveva lasciato andare il polso, come se avesse veramente potuto correre il più lontano da lì e non vedere mai più quelle persone, regalandogli un’esistenza più tranquilla.

Lo colpirono troppe informazioni nello stesso momento, piccole sensazioni che avevano aspettato il suo risveglio per essere metabolizzate.

Era sdraiato,non più posto contro un arbusto e la temperatura del luogo era piacevolmente calda, ma non afosa.

Possibile che il ragazzo di prima lo avesse portato a casa sua?

 

Aprì gli occhi lentamente, la luce fioca che lo colpì dopo ore passate al buio.

Un ragazzo con i capelli rossi a punta era seduto a un paio di centimetri dalle coperte su cui era steso.Affianco a lui, il biondo del bosco, che sembrava meno minaccioso.

Parlò di nuovo il rosso.

-Noi… abbiamo visto il tuo segno e…

Alzò la schiena velocemente, indietreggiando fino a toccare dolorosamente la schiena al muro.

-Siete dei soldati o… Come vi fate chiamare? “Pulitori della stirpe?

Shouto si toccò istintivamente il piccolo segno vermiglio sul polso, non distogliendo lo sguardo dai due sconosciuti.

Non poteva fidarsi, non dopo quello successo a Telavi’sk, il piccolo accampamento di sopravvissuti alle razzie dei mercenari.

 

Il rosso gli si avvicinò lentamente, passandogli una mano sul viso freddo e graffiato. Shouto si rilassò, contro ogni logica e buon senso che lo avevano guidato fino ad allora, chiudendo gli occhi.           

-Amico, noi non conosciamo la tua storia, ma sembra veramente una tortura.Semplicemnte abbiamo notato quel segno e… Conosciamo gente, amici, a cui è stata fatta una cosa simile. Non ne sappiamo nulla,nulla!

Non sembri cattivo e per di più sei ferito. Anche a te mancano dei pezzi e  forse io e il lupacchiotto- ricevette un colpo sul braccio- qui con me possiamo darti delle risposte e tu fare altrettanto.

Ci stai?

-Sì.

La sua voce uscì un po’ roca, ma l’incertezza iniziale si andava ad assottigliare appena recepiva un nuovo elemento. Aveva la testa fasciata, che non pulsava più dolorosamente ed era tutto intero. E al caldo, con il ragazzo rosso che gli stava passando una tazza sbeccata.

Forse poteva fidarsi.

 

-Sono Shouto Todoroki.

-Hai il piacere di parlare con Eijiro Kirishima e Katsuki Bakugou. - disse lui, indicando l’altro che non aveva proferito parola.   

Dovette ricredersi.

-Si può sapere che ci fà un elfetto in quel punto del bosco?

Shouto assottigliò gli occhi.

-Non sono un elfetto e ti ho praticamente immobilizzato, non usando neanche un quarto del mio potere. Sono un… vampiro.

-I vampiri non fanno quelle cose… strane.

Kirishima unì le mani e le poggiò sulle proprie gambe.

-Non ascoltarlo, lui non è abituato alla nostra magia. Fai parte dei Plesk’ç, no? 

 

La pelle gli si drizzò tutta d’un colpo, quella parola che lo aveva accompagnato per troppo tempo ora ricompariva nel momento più inadeguato possibile.

Respira.

-Sì, facciamo parte dell’altro “ramo”,ma mi stupisce che voi usiate quella parola. Non è… bella.

Seriamente? Dopo i discorsi di sua madre l’unica cosa che riusciva a dire su quelle sei dannatissime lettere era che non era bella? Si faceva pena da solo.

-Sei un vampiro ma non fai le cose da vampiro perché liberi ghiaccio e guarisci da ferite gravi?- chiese quel Bakugou.

-Non esistono anche tante etnie diverse fra i lupi mannari?

 

Il biondo lo guardò furioso e preferì portare la sua attenzione al fuoco che scoppiettava allegro poco distante.

 

-Cosa sapete sulla mia popolazione?, in questo modo potrei colmare le vostre lacune.

Kirishima annuì convinto.

-Io vengo da una cittadina vicino Zeug, ma appena ho potuto varcare il confine sono giunto in soccorso dei profughi di Meetili, una località all’altra sponda del fiume e…

-Cosa hai trovato a Meetili?- chiese Shouto, l’ansia prepotente e distruttiva che correva all’impazzata nel suo petto.

 

« - Shouto fa attenzione, non ti allontanare troppo da Fuyumi!

Il bambino guardò sua mamma, seduta su una panchina, e raggiunse la ragazza con i capelli morbidi e gli occhiali.

-Sorellona, - esclamò contento- oggi a cosa giochiamo?

Fuyuki abbozzò un sorriso incerto, abbracciando da dietro il bambino.

-Non lo so, Shouto. Che ne dici di prendere in prestito la palla di Natsuo?

La casetta dietro di loro era una delle piccole abitazioni che costeggiavano la via del mercato, dove i residenti si riunivano per chiacchierare o passare il tempo insieme.

La terra battuta sotto i suoi piedi nascondeva infidi sassolini che potevano provocare varie sbucciature:Natsuo gliele mostrava sempre orgoglioso e sorridente.

Fuyumi corse dentro l’androne della casa, tornando in poco tempo con una palla di tela grezza, gialla e blu.

Meetili era silenziosa e tranquilla perché i mercanti e i frequentatori della zona erano rinchiusi nelle taverne o stavano cercando di mettere al riparo la merce: sicuramente li attendeva un forte temporale.

Come se la pioggia avesse ottenuto il permesso di librarsi in cielo, iniziò a piovere violentemente e ben presto la terra battuta divenne fangosa e appiccicosa.

-Fuyumi, Shouto, torniamo a casa: dobbiamo tappare tutte le imposte o casa si allagherà!»

 

-Sì, Meetili. Conosci la città?

-Ovviamente io… Ci sono nato e cresciuto, la mia famiglia abita ancora lì. Purtroppo il governo ha intensificato la censura verso la stampa, non sapevo nulla. Cosa è accaduto?

 

Bakugou intervenne nel discorso.

-Sono state inviate le truppe del generale All For One, provenienti dalla provincia di Zeug e dalla capitale stessa.Tra tutti i posti dove tu e la tua famiglia potevate trovare riparo avete scelto la capitale culturale del paese che dista quaranta chilometri dalla provincia?

Cos’è, aspettavate che le guardie venissero a suonare a casa?

 

-Non è come sembra: nelle zone rurali vengono effettuati più controlli, mentre a Meetili c’era un’aria più… libera.

La gente è soprattutto straniera, la maggior parte turisti o provenienti da est, come me. 

 

Kirishima si accucciò meglio sul suo cuscino.

-Comunque, noi ti abbiamo spiegato più  o meno perchè siamo in questa terra dimenticata da tutti, ma tu no.

 

Poteva fidarsi di due tizi conosciuti all’improvviso e di cui sapeva soltanto nome e cognome, magari falsi?

Decise di sì, le scelte erano poche.

Shouto prese un bel respiro.

 

-A Meetili ho conosciuto Izuku Midoriya, protetto del generale All Might, il comandante delle forze armate della città. Mi sono unito al loro gruppo per limitare i danni causati dal recente colpo di stato; nonostante ogni città abbia molta autonomia gli ordini di Zeug possono essere ignorati fino ad un certo punto e quindi siamo stati chiamati a combattere.

 

Bakugou non era ancora convinto.

-Senti, qui siamo a quasi cento chilometri di distanza da Meetili, ed è impossibile giungere in questa valle usando la strada nazionale che le collega.

A rigor di logica o sei uno squallido infiltrato di All For One e presto mi ritroverò in una cella dove l’igiene personale è un antico ricordo, oppure sei così disperato da aver percorso duecento chilometri costeggiando il fiume e arrivando intorno a Televi’sk per poi venire qua.

 

-Se tu non mi avessi interrotto, ci saremmo risparmiati questo inutile teatrino.- disse Shouto guardandolo male, riprendendo il discorso da dove era stato fermato.

 

-Da Meetili, come dicevi tu,  sono arrivato a Televi’sk, ma non in via ufficiale. Il piano elaborato da All Might consisteva nell’occupare il villaggio, da sempre contrario all’unificazione dei quattro regni voluta da All For One.

C’è stata però una fuga d’informazioni e la numerosa popolazione di ribelli è stata deportata nei… Moouli.

 

-Scusa, che hai detto?- domandò Kirishima confuso.

-Moouli. Siete coinvolti in questa faccenda e non…

-Ah!- esclamò il rosso.-Forse intendi Moopoli.    

 

Shouto sbuffò contrariato;avrebbero rimandato la questione lingua in un secondo momento.

-Continua.- ringhiò Bakugou.

 

-Dicevo che siamo giunti al villaggio ignari di tutto: gli abitanti locali, gli unici a giovare dell’unificazione, hanno avvertito le truppe nemiche ed è iniziato un duro combattimento.

Avevamo una pergamena, un comunicato importante da consegnare ad Eresk’e nel caso All Might si sarebbe separato dal nostro gruppo. Io e i miei compagni più fidati, eravamo in quattro, siamo riusciti a lasciare il campo di battaglia per spedire la pergamena nel centro di raccolta più vicino.

Purtroppo All For One ci ha raggiunti e… sono rimasto solo.

 

Sicuramente avrebbe potuto piangere i suoi amici in modo diverso, scegliendo delle parole più profonde, ma alla fine era quello ch'era successo.

I corpi a terra, Ochaco, Tenya e Izuku, lo avevano fatto sentire come prima di conoscerli, un sacco vuoto senza emozioni precise.

 

-Sono tutti morti.

Shouto potè notare ancora una volta la mancanza di tatto di Bakugou, non che lui fosse un tipo più delicato, ma…

-Ma io devo consegnare questa pergamena.

 

Kirishima afferrò da un tavolino in mogano posto alla sua destra una mappa dei quattro regni, o regioni.

-Cerchiamo di elaborare una strategia.In questo momento aiutiamo molti rifugiati di Meetilli a varcare i confini nazionali per arrivare a ovest,oppure prendere mare e cercare asilo nelle isole dell’arcipelago  Domus.

Dove devi consegnare la pergamena? Magari riusciamo a inserirti in qualche gruppo o a farti accompagnare da un paio di persone che mi devono un favore…

-A Eresk’e.

L’ultimo centro abitato degno di nota all’estremo est era una città di torri, famosa per le antiche rovine presenti e per l’artigianato di ogni genere. Dopo essa si estendeva impetuosa una catena montuosa minore, che cadeva a picco sul mare rendendo le coste rocciose e frastagliate.

 

-Tu sei matto! In primis la tua famiglia e altre proprio come lei sono scappate da quel posto e tu ti ci vai rificcare per dare a un generale del cazzo, che o è crepato andando in un posto migliore di quello dove siamo noi ora o si è unito ad All For One e non attende altro che tagliarti la tua bella testolina bicolore, che ha una possibilità su mille di combinare qualcosa di utile? Ma per favore!

 

A Shouto parve di bruciare dalla rabbia, si alzò senza rendersene conto e arrivò a un centimetro dagli occhi del lupo mannaro.

 

-Sai dov’è la maggior parte delle persone con cui ho passato gli ultimi anni della mia vita? Sono morte o rinchiuse  nei Moouli.

Quella che tu chiami pazzia, è il motivo per cui a quindici  anni ho lasciato la mia famiglia, la mia città e ho cercato di fare qualcosa di buono, di dare una mano.

Mio padre mi odia perchè non l’ho ascoltato, probabilmente se vedessi i miei fratelli per strada non li riconoscerei neanche e ho cercato di usare il mio potere nel migliore di modi.

Quelli come me, la feccia, diventano ladri, assassini, oppure aprono botteghe che verranno smantellate dalla prima guardia a cui è andata male la giornata.

Il mio migliore amico,Izuku, non faceva altro che parlare di All Might, il simbolo della pace e di tutta la sua forza genuina.

Io l’ho visto, ho combattuto insieme a lui e sono disposto ad affidargli la mia vita.

Mi hanno torturato, - alzò la manica della camicia in cotone che Kirishima gli aveva prestato, rivelando molte cicatrici biancastre.- ma non ho rivelato neanche un’informazione su di lui.

Ora è mio dovere consegnare questa pergamena perchè lui è il mio generale e perché, prima di essere trafitto da una spada, me lo ha chiesto Izuku.

Mi ha detto di fare in modo che sua madre potesse tornare ad affacciarsi dal balcone di casa senza aver paura di essere ferita.

Mi ha chiesto di renderci di nuovo un popolo libero.

Nessuno mi ha obbligato, come nessuno vi obbliga ad aiutarmi in qualsiasi modo.

Se avete paura che possa essere scoperto e che ci andreste di mezzo anche voi,tolgo immediatamente il disturbo.

Vi ringrazio per le bende.

 

Bakugou non aveva cambiato espressione del viso e sicuramente neanche pensiero.

A stupirlo però non fu lui.

-Io ti voglio aiutare.- Kirishima si era sistemato la casacca rossa che gli arrivava alle cosce e aveva intinto una piuma in un piccolo calamaio contente dell’inchiostro scuro e denso.

 

Shouto fu sicuro di avere gli occhi che brillavano e non potè fare a meno di sorridere speranzoso.

-Abbiamo vari percorsi da prendere in considerazione, ma …

-Ma un cazzo!- proruppe Bakugou afferrando il polso dell’amico.

 

-Eijiro, ma hai capito bene cosa vuole fare questo  qui? Ha intenzione di andare a est e ha nominato in meno di un’ora tutti i luoghi da cui scappano milioni di persone e da cui noi organizziamo rotte di cammino!

Vuoi suicidarti? 

Ti consiglio di farlo in una maniera meno dolorosa: non credo che a nessuno piaccia morire con la testa sgozzata, ma forse il tuo nuovo compare d’avventure è un masochista…

Ti si è fritto quel cazzo di cervello che ti ritrovi?!

 

Kirishima continuò a mantenere il suo solito atteggiamento rilassato,abituato a quelle scenate.

-Katsuki, quando partiamo?

 

L’altro gli assestò uno schiaffo sul braccio e si rintanò ancora più vicino al camino.

Kirishima sorrise e si strinse nelle spalle larghe.

-Non preoccuparti: fa sempre così ma poi mi accompagna ogni volta!

 
   
 
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