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Autore: Signorina Granger    03/12/2021    2 recensioni
I Cavendish non hanno nulla da invidiare a nessun'altra famiglia britannica, magica e non.
Sono ricchi, sono belli e affascinanti, si tramandano la carica di Ministro della Magia.
Eppure c'è un giorno, ogni anno, in cui qualcosa va sempre storto per i Cavendish. C'è chi ci crede e chi no, ma loro la chiamano "La Maledizione del 21".
Genere: Demenziale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: AU, Nonsense | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Cronache di un (a)normale pranzo di famiglia
– La maledizione del 21 –
 
 
 
28 febbraio 1908
 
 
Era una domenica d’inverno come tante, e George Cavendish stava cercando di godersi la serata occupando la sua poltrona preferita davanti al camino acceso e con un libro in mano.
Tutto sommato era stata una giornata tranquillissima e senza alcun evento degno di nota: il tempo era stato pessimo, freddo e nuvoloso, e non c’era granché che si potesse fare nella grigia Londra, di domenica, in giornate come quelle. Gwendoline aveva passato la mattinata a fare acquisti a Diagon Alley, ma George era fortunatamente riuscito a scamparsela lamentando un forte mal di testa che, lo sapeva, non aveva persuaso la moglie nemmeno per un istante.
Tuttavia, Gwendoline non aveva insistito, aveva anzi decretato che il marito fosse il peggior accompagnatore di shopping della storia, e se n’era andata stizzita asserendo che avrebbe preferito di gran lunga la compagnia di una qualche sua amica. Amica dalla quale si era anche fermata a pranzo, come gli aveva riferito con una lampo-lettera che era letteralmente schizzata dentro casa attraverso una finestra aperta. Naturalmente George aveva gradito molto la cosa, felicissimo all’idea di avere casa tutta per sé.
Era così di buon umore che non aveva fatto alcun commento quando Gwendoline era tornata portandosi appresso una quantità di borsette e cappelliere imbarazzante, e aveva persino soprasseduto sulla cena e su quanto detestasse il branzino.
Ora l’ex Ministro stava ponendo fine a quella giornata rilassandosi con la lettura e con il suo solito bicchiere di whisky invecchiato, un regalo di Rodulphus molto apprezzato,  quando la moglie entrò nel salottino con l’espressione risoluta che poteva indicare solo una cosa: Gwen aveva preso una decisione, e non avrebbe cambiato idea.
“George, caro, ho deciso di organizzare un pranzo di famiglia una delle prossime domeniche. Che cosa ne pensi?”
“Va bene Wendy. E quando sarebbe?”
George aveva parlato senza nemmeno staccare gli occhi dalle pagine ingiallite del suo libro mentre Gwendoline, preparatissima, inforcava gli occhiali da lettura che teneva già appesi al collo mentre appellava il suo calendario da scrivania:
“Vediamo… domenica prossima non se ne parla, c’è il mio torneo di Bridge. Che ne dici di domenica 14?”
“Edward è a Edimburgo per lavoro praticamente tutto il weekend, cara. E no, non pensare nemmeno di proporre la cena, c’è il mio torneo di scacchi.”
“E non lo puoi saltare?!”
Esattamente come George si aspettava, Gwendoline reagì sbuffando, alzando gli occhi al cielo e agitando stizzita il suo calendario. A quel punto l’uomo volse finalmente lo sguardo sulla moglie, allargando le labbra in un sorriso prima di parlare con tutta la dolcezza di cui era capace:
“Ma naturalmente.”
Gwendoline rilassò immediatamente le spalle e sorrise, sorpresa della facilità con cui lo aveva convinto prima che George finisse di parlare con lo stesso tono amabile di poco prima, ma con un luccichio divertito negli occhi cerulei:
“…. Se tu salterai il torneo di Bridge.”
Il sorriso svanì immediatamente dal volto di Gwen, e George trattenne a stento una risata soddisfatta mentre la moglie lo fulminava con lo sguardo e parlava con tono di rimprovero. Si mise anche le mani sui fianchi, assumendo la posa che tanto terrorizzava Edward quando era bambino.
“Sei sempre il solito, George! No, no, non se ne parla, tra me e la Signora Rowle è guerra aperta e devo assolutamente batterla! Allora resta la domenica dopo, hai qualche impegno?”
“Il 21? No, non mi risulta.”
“Bene, allora scriverò ad Estelle per invitarli. Su Edward non si può fare affidamento, meglio scrivere a lei, lui fa confusione e si scorda sempre tutto come suo padre!”
“Ma io ho una memoria di ferro!”
Se c’era qualcosa che più di ogni altra sapeva indispettire George Cavendish, era offendere o mettere in dubbio le sue capacità mnemoniche ed intellettive, tant’è che si voltò verso la moglie dando vita ad un’espressione sinceramente offesa. Gwen, lieta di essersi presa la sua piccola vendetta, sorrise soddisfatta:
“Tutti i vecchi rimbambiti dicono così. Lo segno sul calendario, allora.”
La strega chinò lo sguardo sul suo calendario mentre George, sbuffando piano, tornava a leggere borbottando di non essere affatto un vecchio rimbambito.
L’ex Ministro credeva che la conversazione fosse chiusa e il discorso finito, nonché di poter tornare a rilassarsi, ma capì che non avrebbe potuto riprendere la lettura tanto facilmente quando sentì la moglie emettere una sorta di verso sgomento:
“Oh no! Il 21!”
“Che cosa, cara?”
“Stiamo parlando di domenica 21!”
“Ebbene sì, secondo la tabellina del 7 dopo il 7 viene il 14 e poi il 21, Wendy.”
“Finiscila di prendermi in giro, George! È una cosa terribilmente seria!”
Difficilmente George trovava effettivamente seri i problemi che la moglie decantava come tali – di norma consistevano in una zuppiera che non si trovava più, o un fagiano poco cotto – e all’uomo non restò che alzare gli occhi al cielo mentre Gwendoline riprendeva a parlare, trafelata:
“George, possibile che tu non capisca! Non possiamo assolutamente organizzare un pranzo con tutta la famiglia, qui, il 21!”
“Ma perché no?!”
Ah! Lo vedi che sei un vecchio rimbambito? Possibile che tu non capisca di cosa sto parlando?!”
George guardò la moglie sbattendo le palpebre, sforzandosi di risalire all’origine del problema andando per esclusione. Era forse il compleanno di Wendy? Impossibile, solo pochi mesi prima le aveva regalato una collana di diamanti che non avrebbe potuto scordare facilmente. Il loro anniversario? Nemmeno.
Vedendo che il marito faticava a comprendere la situazione, a Gwen non restò che sbuffare – ora iniziava a capire perché la Signora Parkinson avesse dato scandalo in tutta Londra fuggendo con un quarantenne e mollando il marito di sana pianta – e agitare nervosamente le braccia:
“La maledizione, George, la maledizione!”
“Tsz, le maledizioni non esistono.”
“Eccome se esistono, invece! La sorella della mia bisnonna ricevette una maledizione dalla sua vicina di casa. Non si sposò mai e restò sola per tutta la vita!”
Gwendoline annuì col fare sostenuto di chi ha appena descritto una legge scientifica inattaccabile e George avrebbe voluto suggerire che forse ciò si era verificato perché la sorella della bisnonna era brutta e di pessima compagnia, ma si morse la lingua e contò fino a tre prima di prendere la parola, facendo del suo meglio per mantenere un perfetto contegno mentre la moglie lo guardava preoccupata:
“Wendy, cara, non starai forse parlando di quella ridicola superstizione sul 21 marzo che circola nella mia famiglia da generazioni.”
“Certo che parlo di quello! Perché, la tua famiglia è vittima di altre maledizioni di cui non sono informata?”
Gwen parlò sgranando gli occhi azzurri, orripilata e pronta a fare le valige per chiedere asilo ai suoi nipoti nel Derbyshire, ma George la rassicurò dopo aver chiuso il libro ed essersi alzato con un sospiro:
“No cara. Scrivi ad Estelle ed invita tutti senza tutti questi ridicoli timori.”
“Ma George, non ricordi gli scorsi anni? Hai idea, se vi ritrovaste tutti insieme sotto lo stesso tetto?”
“Bene, sarà l’occasione per dimostrarti che sono tutte idiozie. Invita anche Penelope, Rob e i ragazzi, così saremo tutti.”
L’espressione preoccupata sul volto di Gwen si aggravò, e la strega parve sinceramente terrorizzata all’idea mentre George, invece, raccoglieva il suo libro per superare la moglie e uscire dalla stanza. L’ex Ministro udì la moglie lamentarsi e asserire che sarebbe stata una catastrofe, ma George le assicurò che le maledizioni non esistevano prima di lasciarla sola.
Maledizioni, 21 marzo… che mare di stupidaggini! Di sicuro lui non ci credeva, a quelle cose, pensò George mentre scuoteva la testa con disapprovazione. De resto, era il guaio di aver sposato una donna con origini irlandesi e tremendamente superstiziosa.
 

 
*
 
 
2 marzo


 
“È arrivata questa dai nonni!”
Clio fece il suo ingresso in sala da pranzo sventolando sorridente il biglietto che era appena arrivato per posta. La grafia della nonna, che aveva scarabocchiato il nome di sua madre sul retro, era talmente inconfondibile che la ragazza non ebbe nemmeno bisogno di leggere il nome del mittente.
“È per te, mamma.”
La ragazza fece il giro del tavolo per raggiungere la madre e consegnarle il biglietto mentre Edward sorseggiava il suo caffè e Egan divorava una pila apparentemente infinita di toast imburrati sotto lo sguardo perplesso del fratello maggiore. Ormai giunta ad un paio di metri dalla sedia dove sedeva Estelle, Clio incespicò in una piega del tappeto e ruzzolò in avanti emettendo un gridolino sorpreso a cui nessuno prestò particolare attenzione, ormai perfettamente abituati alla cosa. Tuttavia, dopo anni di cadute e scivoloni, Clio riuscì miracolosamente a tenersi in piedi aggrappandosi al tavolo, e tornò diritta e sorridente prima di assicurare a tutti i presenti di non essersi fatta nulla.
Estelle, sarà meglio discutere della posizione del tappeto, forse sarebbe meglio toglierlo per evitare di ritrovarci con una componente della prole in meno.”
“Ne parleremo. Grazie tesoro, ora siediti, ti prego.”
Estelle si rivolse alla figlia con un sorriso gentile, ma mentre le prendeva il biglietto dalle mani e accennava alla sedia accanto a sé Clio ebbe l’impressione che quel “ti prego” non fosse solo una mera forma di cortesia.
Profondamente imbarazzata, Clio prese posto di fronte ad Egan mentre la madre, accanto a lei, smetteva di dedicarsi alle sue uova per aprire il biglietto e leggerne il contenuto.
“Ed, i tuoi genitori ci hanno invitati a pranzo. Oh, pare abbiano invitato anche Penny e Robert.”
“Oh, bene, così ci sarà Caroline e non sarò l’unica ragazza.”
Clio sorrise, felice della notizia, e si versò un goccio di latte nella tazza di tè nero mentre Egan manifestava la sua gioia di vedere e poter prendere in giro Ezra tra un boccone di toast e l’altro.
“Egan, non si parla a bocca piena! Ma insomma, sembra che non ti abbiamo neanche educato.”
Estelle interruppe la lettura esalando un sospiro e lanciando al figlio minore un’occhiata di rimprovero che non sembrò scalfirlo affatto, anzi, Egan parlò sorridendo e sollevando la testa con aria estremamente sostenuta:
“Invece la nonna dice sempre che a tavola sono un perfetto gentiluomo.”
“Lo credo bene, quando c’è tua nonna diventi magicamente educatissimo! Ad ogni modo… sarebbe tra due domeniche, quindi il 21.”
Quando Estelle finì di parlare senza rendersi conto appieno del peso di quanto aveva detto, nella sala da pranzo si creò un breve momento di caos: la strega aveva appena pronunciato la fatidica data quando a Neit andò di traverso il caffè, prendendo a tossicchiare rumorosamente, Egan pagò cara l’abitudine di parlare a bocca piena e rischiò di strozzarsi con una briciola mentre ad Edward cadeva la tazza sul tappeto, portandolo a chinarsi imprecando a cassa voce per raccoglierla mentre il caffè dilagava creando una macchia.
“Il 21?! Ci ha invitati proprio il 21?”
Ripresosi, Neit parlò dandosi qualche colpetto sul petto e guardando la madre in un misto di sorpresa e di preoccupazione. Egan, che era scampato al rischio di soffocamento, parlò spalancando gli occhi blu e con una palpabile vena drammatica:
“La nonna non può averci invitati il 21! … è evidente che non può aver scritto lei quel biglietto, qualcuno l’ha rapita e sta cercando di ingannarci. Forse il 21 ci chiederanno il riscatto…”
Egan annuì con estrema convinzione, assolutamente certo che le cose fossero andate esattamente in quel modo mentre Neit, scettico, aggrottava vistosamente le sopracciglia al pensiero della nonna rapita da dei malviventi.
“Ma chi mai dovrebbe rapire tua nonna, se anche accadesse lei li stordirebbe col suo chiacchiericcio e si arrenderebbero dopo 10 minuti! Estelle, fammi vedere.”
Incredulo tanto quanto i figli maschi, Edward prese il biglietto dalle mani della moglie mentre Clio mangiucchiava serena una fetta di pane imburrato.
“Invece è proprio vero, ci ha invitati il 21! Non lo trovate strano?”
“La nonna deve aver perso il senno, non ci inviterebbe mai! Lei crede fermamente alla Maledizione del 21. Vado a vedere se lei e il nonno stanno bene.”
Egan si alzò scostando rumorosamente la sedia sul pavimento, anche se prima di uscire in tutta fretta si premurò comunque di arraffare un altro paio di toast.
Il ragazzo aveva appena nominato la Maledizione quando i fiori colorati sistemati nei centrotavola ammuffirono sotto gli occhi sbalorditi di Clio, che deglutì e li indicò mentre cercava di attirare l’attenzione del resto della famiglia:
“Mamma, i fiori!”
“Clio, dopo, io e tuo padre dobbiamo pensare a cosa fare! Devo sentire che cosa ha da dire Penny a riguardo.”
Scuotendo la testa piena di preoccupazione, Estelle si alzò a sua volta e abbandonò la colazione per andare a prendere pergamena e calamaio e scrivere all’amica.
“Ma nessuno ha visto cosa è successo ai fiori?”
“Tesoro, abbiamo problemi più grossi adesso.”
“Ma papà… Oh, nessuno mi sta mai a sentire!”
Clio scosse la testa sconsolata, stringendo la tazza di ceramica e guardandola malinconica mentre Neit, seduto accanto ad Edward, si rivolgeva al padre chiedendogli se ritenesse una buona idea partecipare a quell’improbabile riunione di famiglia.
“Non lo so, quel che è certo è tua nonna non accetterà un rifiuto facilmente. Sarebbe capace di venirci a prendere per la collottola uno per uno…”
 

 
*
 
 
19 giorni dopo
Domenica 21 Marzo – Giorno della Maledizione

 
 
“Buongiorno nonnina! Come stai?”
“Altolà!”
Egan stava per abbracciare e baciare sua nonna, ma Gwendoline lo fermò parandogli una mano davanti prima di dare al ragazzo il tempo di fare qualsiasi cosa. Lui, Neit, Clio, Edward ed Estelle attendevano al freddo sulle scale che conducevano all’ingresso della casa dei nonni, ma invece di farli entrare Gwendoline tornò rapida dentro casa.
“Mamma, si può sapere che stai combinando?!”
Spazientito, Edward parlò alzando la voce di un paio di toni per farsi udire dalla madre mentre tutta la famiglia rabbrividiva nei cappotti e Clio stringeva il braccio di Neit piena di preoccupazione:
“Dite che riusciremo a tornare a casa illesi?”
“Intanto speriamo di tornare tutti a casa.”
Il borbottio cupo del gemello fece preoccupare ancora più la giovane strega, che spalancò inorridita gli occhi azzurri. La poverina si voltò verso la madre, in piedi alle sue spalle accanto ad Edward, proponendo una fuga collettiva, ma venne interrotta dalla voce contrariata di suo zio, appena arrivato a sua volta con famiglia al seguito:
“Beh, che ci fate qui fuori? A Londra c’è una nuova moda di fare i pranzi all’aperto?”
Essendo il più alto della famiglia dopo George Robert allungò il collo per sbirciare la massiccia porta d’ingresso nera con perplessità mentre Penelope, il braccio allacciato a quello di Ezra e un cappellino color carta da zucchero in testa, si stringeva il bavero di pelliccia del cappotto sospirando che quel pranzo era stata una pessima idea.
“Mia madre ci ha fatti aspettare qui, vorrei tanto capire perché…”
Suo malgrado, per una volta nella vita Edward fu costretto a trovarsi d’accordo con Penny. Il gruppo stava iniziando a scambiarsi le teorie più disparate – secondo Egan la nonna stava disponendo un gran numero di amuleti in casa, mentre Robert sostenne che forse aveva cambiato idea e li avrebbe lasciati lì al freddo e Neit propose che forse era andata a chiudersi in un armadio pur di non prendere parte al pranzo – quando George, che si stava domandando perché i parenti tardassero, passò davanti ad una delle finestre del salotto che si affacciava sulla strada. Sbigottito, l’ex Ministro si fermò e guardò i parenti ammassati sui gradini che conducevano all’ingresso prima di aprire la finestra e sporgersi da essa:
“Si può sapere che cosa state aspettando? L’invito scritto lo avete già ricevuto!”
“La nonna ci ha detto di aspettare, nonno.”
Neit parlò stringendosi debolmente nelle spalle, lasciando George ancora più perplesso. Stava per ordinare, seccato, ad un elfo di far entrare figlio e nipoti vari quando la voce di Gwendoline giunse alle sue orecchie mentre la donna scendeva le scale di corsa:
“George, non sporgerti dalla finestra, fa freddo!”
“Questo lo so, allora mi spiegherai perché stai facendo congelare tuo figlio e tutti i miei nipoti!”
Naturalmente George non ottenne alcuna risposta mentre chiudeva la finestra, scorgendo solo la moglie correre attraversi l’ingresso stringendo qualcosa di pesante e di metallo.
“Per i Fondatori, non dirmi che…”
 
“Ecco, questo aiuterà a scacciare la sfortuna!”
Quando Gwen riapparve sulla porta tutti i Cavendish tirarono un sospiro di sollievo, impazienti di entrare per stare al caldo. Tuttavia, invece di farli accomodare in casa Gwen iniziò ad agitare e a far dondolare un turibolo(1) d’argento con tanto di catenella in mezzo ai parenti,  molti dei quali si ritrovarono a tossicchiare a causa dell’intensità dell’incenso.
“Mamma, ma che stai facendo?! Hai bruciato tutto l’incenso che hai trovato nella regione?”
Edward tossì mentre ad Estelle, Ezra e Egan lacrimavano gli occhi e Neit, Robert, Caroline e Clio si esibivano in un concerto di colpi di tosse. L’unica a restare pressoché impassibile fu Penelope, anche se la donna si lamentò comunque di quanto la puzza sarebbe rimasta addosso ai vestiti appena fatti lavare.
“Meglio prevenire che curare quando si parla della Maledizione. Forza, entrare, ma tenete questi.”
Finalmente Gwen – che ritenne di aver disseminato abbastanza incenso – si ritrasse per far passare i parenti, anche se consegnò ad ognuno di loro un quadrifoglio mentre i Cavendish le sfilavano davanti in fila indiana.
“Zia, che cos’hai al collo?”
Lo sguardo di Robert indugiò perplesso sull’insolita collana che la donna portava, in netto contrasto con i suoi bei abiti eleganti.
“Sono corni portafortuna, che domande! Avrei voluto consegnarne uno a testa, ma la mia cameriera non ha trovato abbastanza peperoncini al mercato ieri…”
“Che disdetta. Per caso hai messo un ferro di cavallo sotto ogni sedia?”
Edward si sfilò il cappotto nero scoccando un’occhiata in tralice in direzione della madre, che parve non cogliere il sarcasmo del figlio prima di informarlo di aver chiesto a Riocard, ma che disgraziatamente il nipote non era riuscito a procurarle abbastanza ferri di cavallo per tutti.
 
“Quanto ci avrà messo a trovare tutti questi quadrifogli?”
In piedi accanto alla porta della sala da pranzo, Caroline si rigirò il quadrifoglio tra le dita pallide mentre Egan, accanto a lei, asseriva che di certo la nonna ne teneva una scorta enorme sotto il letto, in casi di necessità.
 

 
Invece, il giorno prima
 
“Ambrose, quanti ne hai trovati?”
Riocard avanzò tra l’erba alta dirigendosi verso il cugino, che stava setacciando il suolo a sua volta con stivali con ghette ai piedi e i loro cavalli che brucavano l’erba a qualche metro di distanza.
“Tre, e tu?”
“Io due… ce ne mancano ancora quattro. Lizzy, come sei messa?!”
Riocard distolse lo sguardo da Ambrose per rivolgersi alzando la voce  alla cugina, che stava cercando quadrifogli ad una ventina di metri di distanza. Elizabeth smise di controllare attentamente tra i fili d’erba del parco della tenuta dei genitori per sollevare lo sguardo verso il cugino, agitando la mano che stringeva due quadrifogli.
“Sono a due!”
“Ah, quindi sto vincendo io!”
Ambrose sorrise soddisfatto, speranzoso di vincere il premio tanto ambito – Gwendoline, dopo averli incaricati di trovarle una decina di quadrifogli, aveva assicurato ai nipoti che il vincitore avrebbe ricevuto una mancia molto cospicua – anche se il motivo di quella strana missione ancora non gli era del tutto chiaro, tanto che si rivolse a Riocard aggrottando le sopracciglia mentre i capelli ramati suoi e del cugino splendevano sotto il sole di inizio primavera:
“Ma a cosa serviranno nove quadrifogli, alla zia?!”
“È  quello che ho chiesto a mio padre, ma mi ha detto che è meglio non indagare quando la zia Gwen avanza certe richieste.”
 
 
 
“Forza, non cincischiate, prima iniziamo e meno occasione avrà la sfortuna di colpirci tutti!”
Impaziente di dare inizio al pranzo, Gwendoline prese Clio e Caroline sotto braccio e le condusse verso la sala dando a malapena il tempo alla prima di abbracciare e dare un bacio sulla guancia al nonno.
“Ma se ci hai fatto aspettare per una decade davanti alla porta!”
La lamentela di Edward, condivisa silenziosamente da tutta la famiglia, non ebbe alcun riscontro: la madre non rispose, limitandosi a scoccargli la stessa occhiata minacciosa che gli riservava trent’anni prima quando si rifiutava di mangiare le verdure.
“E l’aperitivo?!”
Deluso per essere costretto a saltare le tartine, Ezra si sentì prendere sottobraccio da Egan mentre Gwendoline esortava tutti a seguirla:
“Niente aperitivo, forza, su!”
“Che cosa sta succedendo alla nonna?”
Neit, che aveva a malapena avuto il tempo di levarsi il cappotto e i guanti di pelle di drago, parlò rivolgendosi al padrone di casa senza riuscire ad evitare di risultare scettico quanto vagamente preoccupato. Tuttavia George, messagli una mano sulla spalla, sospirò mentre lo pilotava verso la porta a doppia anta che conduceva alla sala da pranzo:
“Sta benissimo, è solo la persona più superstiziosa che io abbia mai conosciuto. Tu e Egan dovete starvene alla larga dalle irlandesi.”
“Che cosa c’entrano le irlandesi?”
“Te lo spiego dopo, adesso cammina prima che tua nonna ci fulmini.”
 

 
*
 
Antipasto
 
 
Il gruppo aveva appena varcato la soglia della stanza apparecchiata di tutto punto e pronta per il pasto quando la prima delle stranezze della giornata si verificò: tutte le rose dei centrotavola appassirono sotto gli sguardi sorpresi di tutta la famiglia, fatta eccezione per Gwendoline e per Clio.
La prima sbuffò e borbottò che quella era un lampante segno della Maledizione, mentre Clio indicò il centrotavola a lei più vicino bisbigliando a Caroline che lo stesso era successo un paio di settimane prima, quando avevano ricevuto l’invito e lei aveva nominato la Maledizione.
“Non c’è bisogno di allarmarsi tanto, è probabile che i fiori abbiano percepito la presenza di Robert. Vieni cara, sediamoci.”
Mantenendo intatto il suo aplomb, Penny prese Estelle sottobraccio e la condusse verso due posti vicini mentre i padroni di casa sedevano ai due capi opposti del tavolo. Gwendoline e George ritenevano di aver sviluppato una sorta di telepatia reciproca dopo tutti quegli anni di matrimonio, tant’è che all’ex Ministro bastò uno sguardo per interpretare i pensieri della moglie:

Vedi?! È una tragedia!
Non essere ridicola!
Sarà un miracolo se non ci scapperà il morto!
Leggi troppi romanzi, Wendy, e poi dai il tormento a tutti con queste storielle!
In compenso ho compilato il menù con tutti i piatti che più detesti, così impari a sminuirmi davanti a tutta la famiglia
 
Un sorriso soddisfatto incurvò le labbra coperte da un leggerissimo strato di rossetto di Gwen, che si adagiò con grazia il tovagliolo sulle ginocchia mentre Clio, seduta accanto a lei e a Caroline, si sporgeva verso la cugina bisbigliando la sua speranza che non venissero servite delle salse con cui di certo avrebbe finito col sporcare il suo abito nuovo. George, invece, sfoggiò la sua espressione più contrariata immaginando con disgusto cosa gli sarebbe toccato mangiare.
“Zio, che cosa c’è?”
“Mpf, niente, Rob. Gli antipasti si sono persi per strada?”
Gli attenti occhi blu di Gwendoline indugiarono sulle persone sedute a tavola mentre ignorava deliberatamente la domanda del marito. Dopo aver rimproverato aspramente Edward, ricordandogli che non doveva sedersi accanto a sua moglie, gli ordinò di fare a cambio di posto con Neit per sedersi accanto al padre, di fronte a Robert.
“Strano tu che ti abbia tutta questa fretta, dal momento che ti preccupi di queste banalità.”
“Si chiama educazione, caro, e so per certo di avertela impartita molti anni fa. Se devo ricordarti le basi, non è certo colpa mia, bensì della tua scarsa attenzione. Neit, caro, siediti vicino a tua madre per favore.”
Sbuffando piano, Edward fece cenno al figlio di obbedire prima di alzarsi e fare il giro del tavolo, sedendo accanto al padre sempre più impaziente. A quel punto Gwen, finalmente soddisfatta, sorrise e schioccò le dita, riempiendo i piatti dei commensali con gli antipasti.
“Un momento! Perché io ho solo insalata?!”
Quanto mai offeso, George scrutò i piatti di tutti e poi infine il suo, rendendosi conto di essere l’unico ad avere solo della misera verdura invece della fonduta fredda di formaggio – oltre tutto, uno dei suoi piatti preferiti –. Gwen lo guardò accigliata, facendogli notare che quella non era insalata, bensì spinaci:
“L’insalata si serve dopo, George, quelli sono spinaci... Anche tu hai bisogno di un bel ripasso, noto… ho una copia di Monsignor della Casa(2) di sopra, per fortuna.”
Digrignando i denti, George infilzò una tristissima foglia verde non bevendosi neanche per un secondo la storiella dei “cibi ricchi di ferro” mentre Edward faceva del suo meglio per non ridere e raccoglieva un po’ della sua fonduta col cucchiaio d’argento.
Mentre il padrone di casa lamentava lo stato addirittura scondito della verdura e chiedeva a Robert di passargli il sale, Ezra adocchiò contrariatio il piatto di Egan, seduto di fronte a lui, visibilmente più pieno rispetto agli altri:
“Come mai Egan ha il doppio della fonduta?!”
“Non so di che parli, Ezra, è solo che voi avete una scodella diversa, è un mero effetto ottico… Cara, mi fai la cortesia di passarmi il pepe?”
Mentre Ezra, affatto convinto, adocchiava la fonduta di un Egan molto soddisfatto, Gwendoline prese il pepe che Caroline le porgeva ringraziandola con un sorriso.
“Incredibile, nessuna disgrazia è ancora avvenuta.”
Estelle si guardò attorno, piacevolmente stupita, mentre Neit borbottava di aspettare a parlare e Penny, che sedeva alla sua sinistra, sospirò prima di mormorare aspramente che non le risultava affatto:
“Sono ancora sposata, da quel che posso notare.”
Ignorando deliberatamente l’espressione torva del marito, Penny riprese a mangiare dopo aver rivolto una teatrale occhiata malinconica alla sua fede nuziale mentre George condiva l’insalata. Naturalmente facendolo il tappo della saliera si svitò e cadde in mezzo agli spinaci, gettando una valanga di sale sulla verdura.
Che terribile sciagura, pare che ora sia immangiabile!”
Se in un primo momento George dovette fare appello a tutta la sua educazione per non imprecare davanti a delle signore, subito dopo realizzò che l’incidente gli avrebbe impedito di mangiare l’antipasto, e parlò alzando drammaticamente il tono di voce in modo che sua moglie lo sentisse chiaramente.
Un Elfo stava accorrendo per porre rimedio al pasticcio quando Gwen, accorsasi della cosa, fece cadere il cucchiaio nella fonduta, schizzando crema al formaggio in giro. Clio si portò le mani sul viso, senza avere il coraggio di guardarsi il vestito, ma fu con sua immensa sorpresa che sentì Egan e Caroline lamentare i danni dell’incidente. Abbassato lo sguardo sulla propria gonna, Clio appurò con stupore che al contrario degli abiti dei cugini il suo vestito era immacolato, anche se era la più vicina alla nonna.
“Incredibile, non si è sporcato per nulla!”
Clio sorrise, piena di gioia mentre Caroline, accanto a lei, sospirava affranta mentre cercava di pulire il suo vestito blu polvere. Eppure, Gwendoline parve non accorgersene neanche, troppo occupata a fissare il sale rovesciato sul tavolo.
“Merlino, dieci anni di sventura! George, presto, tiratelo alle spalle!”
“Che cosa?!”
“Il sale!”
“Ma che idiozia è mai questa?!”
“Ma non erano sette, gli anni di sventura quando si rovescia il sale?”
Ezra si voltò perplesso verso la sorella, sedutagli accanto, ma Caroline scosse la testa prima di ricordargli che quello sarebbe stato in caso venisse rotto uno specchio.
“So per certo che gli anni di sventura a seguito del sale rovesciato sono cinque.”  Penny parlò portandosi il cucchiaio d’argento alle labbra, gustando la fonduta mentre Edward invece scuoteva il capo:
“Erano otto.”
“Sei!
Siamo a tavola, non al bingo! George, lancia quel maledetto sale!”
Gwendoline accompagnò le sue parole con un movimento assai minaccioso del suo cucchiaio, ma George incrociò le braccia al petto e si limitò a rivolgerle un’occhiata di sfida:
“Io non ci credo, a queste fandonie!”
“Per l’amor del cielo papà, lancia questo stupido sale!”
Ormai esasperato Edward si allungò verso il piatto del padre per prendere un po’ di sale e lanciarselo alle spalle, placando le preoccupazioni della madre:
“Meno male, siamo salvi!”
“Gwendoline, sei davvero esagerata. E che qualcuno mi levi questi spinaci da davanti, non sono un coniglio!”
 

 
*

 
Minestra


“Mi auguro che la prossima portata sia un po’ più consistente.”
George si sistemò stizzito il tovagliolo sulle ginocchia mentre gli Elfi portavano via di corsa i piatti sporchi e ormai vuoti. A giudicare dallo sguardo della moglie, l’ex Ministrò intuì che le sue preghiere non sarebbero state accolte.
“Io sono già piena…”
Caroline parlò con un sospiro, maledicendo mentalmente il corpetto maledettamente stretto del suo vestito mentre Gwendoline si tormentava nervosamente la collana di corni senza smettere di guardarsi attorno con apprensione, quasi temesse che il soffitto potesse crollare da un momento all’altro.
“Che programmi avete per oggi?”
Di gran lunga la più rilassata della stanza, Penny prese il calice di cristallo che aveva davanti per bere un sorso di vino: in fondo la situazione la divertiva terribilmente, ma stava facendo del proprio meglio per non darlo a vedere.
“Io avrei un appuntamento al Ministero alle tre…”
Neit aveva appena parlato quando tutti i presenti sobbalzarono a causa di un fortissimo e inaspettato tuono che parve scuotere l’intero edificio: gli 11 commensali si voltarono simultaneamente verso le finestre della sala da pranzo, guardando attoniti grosse gocce di pioggia abbattersi violentemente contro il vetro.
“Ma prima non c’era il sole?!”
Incredulo, Ezra parlò aggrottando le folte sopracciglia scuse mentre Gwendoline, rimessasi dritta sulla sedia, sospirava grave in direzione del nipote:
“Neit, non dire quella parola!”
“Quale, tre?!”
Il futuro Indicibile inarcò un sopracciglio, scettico, e di nuovo tutti sobbalzarono a causa di un secondo tuono. Gwen si agitò gemendo sulla sedia, intimando al nipote di fare silenzio:
Quella è la parola proibita! Ma insomma, io non sono nemmeno una Cavendish di nascita, passibile che debba sempre insegnarvi tutto?! A volte penso che senza di me questa famiglia andrebbe completamente allo scatafascio!”
Oh sì cara, tutti qui dipendiamo da te e dalle tue ridicole storielle di anni di sventura, specchi rotti, gazze(3) a cui dare il buongiorno e gatti neri da evitare…”
“George, il tuo sarcasmo sta iniziando veramente a…”
 
Assistere alle diatribe tra Gwendoline e George costitutiva uno dei passatempi preferiti di tutti i componenti della famiglia, ma quel giorno che cosa stesse iniziando a provocare nella donna il sarcasmo di George non lo vennero a sapere: tutte le candele, incluse quelle dell’enorme lampadario appeso al centro della sala, si spensero simultaneamente.
“Misericordia, è sempre così che inizia una storia di omicidi!”
Gwendoline si accasciò grave sulla sua sedia mentre Clio stringeva nervosamente il braccio di Caroline e Egan, allungando alla cieca una mano per prendere il proprio bicchiere, finiva col rovesciarlo sul tavolo creando una pozza di vino sulla tovaglia ricamata a mano.
“Cosa dicevo a proposito del fatto che leggi troppi romanzi?”
Gwendoline ignorò il commento aspro del marito, l’unico che mantenne intatta la calma insieme a Penny, che alzò melodrammaticamente lo sguardo verso il soffitto prima di pregare lo “Spirito della Maledizione” di prendere Robert.
“Non siamo in un romanzo di Dickens, ma quali spiriti… possibile che nessuno abbia la bacchetta?”
Mentre Gwendoline ordinava ai parenti di “battere un colpo” per palesare la propria presenza – a detta della strega, le storie di omicidi prendevano sempre piede con un cadavere che veniva rinvenuto dopo una momentanea oscurità che prendeva possesso di una stanza –, George si guardò intorno spazientito prima di gettare nervosamente il tovagliolo sull’angolo di tavolo accanto al suo posto e cercare la propria bacchetta nella tasca interna della giacca:
“Se la mamma non ci avesse tolto letteralmente i cappotti di dosso senza darci il tempo di fare alcunché…”
“Edward, non parlami con quel tono!”
“Edward, non parlare con quel tono a tua madre!”
“Ma chi è che continua a darmi calci?!”
“Ops, scusa Ezruccio, temo di essere io.”
Lumos.”
 
La punta della bacchetta del capofamiglia si accese e l’uomo poté così gettare sguardi severi sui parenti, giusto per provare alla moglie che erano tutti ancora vivi e vegeti.
“Bene cara, come vedi nessuno è riverso sul tavolo con un coltello nella schiena. Ritieni che il pranzo possa continuare?”
Quando Gwen si limitò a sbuffare e a borbottare che con la Maledizione non c’era da scherzare, George alzò la voce per chiedere agli Elfi di andare a riaccendere tutte le candele.
Quando le tre Creature fecero ritorno nella sala, fu con sbigottimento generale che informarono nervosamente il padrone che tutte le candele erano misteriosamente scomparse. Mal celando la sorpresa, George ordinò che venissero sostituite prima di far saettare lo sguardo su Egan riducendo gli occhi a due fessure:
“Egan, tu ne sai qualcosa?”
“Stai dicendo che avrei fatto sparire le candele per farvi uno scherzo? Non capisco perché mi rivolgi una simile accusa, nonno.”
Egan prese il suo bicchiere – che si era riempito magicamente da solo – con un sorriso che non convinse affatto l’ex Ministro. Quando la stanza tornò ad essere degnamente illuminata, Gwen indicò sgomenta l’enorme macchia di vino rosso presente sul tavolo:
“Chi ha rovesciato il vino sulla tovaglia di mia madre?!”
Egan nascose il viso dietro il proprio calice mentre Gwen spostava severa lo sguardo da un commensale all’altro, ma il marito liquidò rapidamente la questione con un pigro movimento della mano:
Tanto meglio, l’ho sempre odiata. Allora, questi primi?”
Mentre Gwen gemeva disperata a proposito di un indefinito numero di anni di sventura che la macchia sulla tovaglia avrebbe procurato alla famiglia, George si sistemò il tovagliolo sulle ginocchia guardandosi attorno, in placida attesa.
Quando un Elfo informò la padrona di casa che i primi erano pronti per essere serviti la strega schioccò nuovamente le dita, facendo apparire magicamente piatti di zuppe fumanti davanti a tutti i commensali.
Edward prese il cucchiaio da minestra con un sorriso, soddisfatto nel trovarsi davanti uno dei suoi piatti preferiti mentre George, invece, sgranava inorridito gli occhi di fronte alla seconda portata indegna del pasto:
“Perché tutti hanno piatti di cawl(4) e io brodo e basta?! Gwendoline, non puoi farmi morire di fame!”
“Che c’entro io, è il medico che ti ha detto di stare a dieta e di tenere controllato il colesterolo! Ad una certa età è d’obbligo.”
La padrona di casa si portò maligna un po’ di cawl alle labbra mentre una vena pulsava pericolosamente sulla tempia del marito, che avrebbe voluto abbaiarle che a separarli erano solo pochissimi anni e che, dunque, anche lei avrebbe dovuto stare a dieta e fare attenzione al colesterolo.
“Ma nonna, il cawl contiene più che altro verdura, che c’entra col colesterolo del nonno?”
Gustando la minestra calda che gli scivolava piacevolmente lungo la gola fino allo stomaco, Neit si rivolse interrogativo alla donna mentre Gwendoline macinava del pepe nel suo piatto:
C’entra Neit caro, c’entra. Caroline, cara, tieni dei crostini, sei troppo magra.”
“Ma zia, sono piena!”
Caroline gemette disperata quando la donna le versò una generosa quantità di crostini nel piatto, ignorandola completamente.
“Non dire sciocchezze. Clio, tieni dei crostini anche tu.”
“E io posso averli, dei crostini?!”
“No George, sono finiti.”
Nel pronunciare quelle parole la padrona di casa rovesciò impassibile la ciotola di porcellana con i crostini rimasti dritta nel piatto di Clio, procurando una silenziosa crisi di nervi nel marito che ancora una volta dovette fare ricordo a tutto il suo auto-controllo. Neit, dispiaciuto per le tristi sorti del nonno, gli si rivolse guardandolo mestamente:
“Scusa nonno, ci ho provato.”
“Grazie ragazzo. Edward, non fare l’avaro e condividi un po’ di minestra con tuo padre.”
“Non pensarci nemmeno.”
Edward scacciò malamente il cucchiaio del padre con un movimento brusco del proprio, dando vita ad una vera e propria guerra tra posate mentre l’ex Ministro bofonchiava qualcosa sul fatto che non ci fosse più rispetto per gli anziani e Gwen, dall’altro capo del tavolo, si agitava puntualizzando la loro mancanza di bon-ton:
Che modi, che modi, non si gioca con il cibo, un po’ di creanza!”
“Vorrei vedere la tua creanza, Wendy, se non toccassi cibo decente da più di tre ore!”
Noo!”
Un terzo rombo di tuono scosse la sala e questa volta tutti i commensali, padrone di casa incluso, ebbero come l’impressione che il tavolo avesse avuto uno strano fremito. Ad Ezra la zuppa andò di traverso, Caroline rovesciò l’acqua e la sedia che aveva occupato Edward si ruppe: una delle quattro gambe vacillò fino a spezzarsi, facendo capitombolare il mago sul pavimento.
“Ed! Stai bene?”
Estelle si sporse in avanti per cercare di assicurarsi che il marito non si fosse fatto male mentre Clio, alzatasi, andava ad aiutarlo. Rimessosi in piedi con l’aiuto della figlia, Edward sibilò che stava bene mentre si rassettava i vestiti. George riparò la sedia con un pigro colpo di bacchetta e un incantesimo non verbale prima di aggiustarsi gli occhiali e decretare che comunque si trattava solo e soltanto di una bizzarra serie di coincidenze.
“Tu dici? A me non sembra…”
“Io sono d’accordo con George, non credo affatto che esistano maledizioni.”
Vuotato il piatto Penelope depositò con cura le posate e si mise a sedere dritta sulla sedia guadagnandosi un’occhiata colma di gratitudine da parte del padrone di casa e di astio da parte del marito, che la fulminò con lo sguardo prima di borbottare qualcosa a mezza voce:
“Lo dici solo per non dar ragione a me, bisbetica.”
“Robert, non rivolgerti in quel modo a tua moglie davanti ai tuoi figli, che modi sono!”
“Non fartene un cruccio zia, ci siamo abituati.”
Caroline raccolse un po’ di zuppa con un sospiro cupo mentre Ezra, giocherellando con dei pezzi di carote, borbottava che oramai avevano smesso di farci caso. L’espressione severa sul volto di Gwendoline si addolcì leggermente, guardando i due ragazzi con leggera compassione prima di scuotere la testa con disapprovazione:
“Beh, in ogni caso non è la maniera di comportarsi a tavola. George, hai finito il brodo?”
Da un secolo, non avevo niente nel piatto!”
Giurando a se stesso che se per secondo si fosse trovato dell’altra verdura scondita avrebbe lasciato la tavola, George lasciò che un Elfo gli sfilasse il piatto da davanti stringendo le braccia al petto e scoccando occhiatacce alla moglie che giuravano vendetta.
Quasi rimpiangeva di non aver accettato a rinunciare al torneo di scacchi pur di non subire quel supplizio, ma mai avrebbe assecondato le idee distorte e folli di sua moglie, frutto di superstizioni totalmente prive di fondamento.

 
*

 
Secondo piatto


“Spezzatino alla Guinnes!”
Ritrovarsi il piatto pieno di spezzatino e purea di patate riempì di entusiasmo tutti i commensali – fatta eccezione per Caroline, che prese educatamente la forchetta d’argento fissando la pietanza e chiedendosi disperata come avrebbe fatto a mangiare ancora –, George incluso. Aveva sinceramente temuto di ritrovarsi cibo da conigli davanti, e fu con un gran sorriso che l’ex Ministro raccolse un po’ di purea insieme ad un pezzo di carne che profumava di birra.
Evidentemente Gwendoline aveva deciso di risparmiarlo e di porre fine alla sua tortura, stabilì l’uomo mentre si portava il tanto agognato e appetitoso boccone alle labbra. Tuttavia, mentre tutti si complimentavano con la padrona di casa per il cibo, George si ritrovò ad aggrottare vistosamente le sopracciglia ingrigite dal tempo.
“Che cosa c’è zio?”
George non rispose alla domanda di Robert, limitandosi a masticare sempre più confuso. Chinò lo sguardo sul piatto, chiese al figlio di passargli il pepe – non aveva alcuna intenzione di replicare l’incidente della saliera di poco prima – e condì la carne prima di assaggiarla nuovamente. Ciononostante, il boccone risultò nuovamente privo di sapore.
“GWENDOLINE!”
“Caro, capisco che perdere l’udito fa parte dell’avanzamento dell’età, ma noi altri ci sentiamo bene e non c’è bisogno di urlare. Dunque ti prego di abbassare il tono.”
Gwen raccolse con noncuranza un po’ di purea mentre le mani del marito, chiuse a pugno sul tavolo, quasi tremavano dalla collera.
“Nonno, va tutto bene?”
Neit deglutì e spostò la sedia di qualche centimetro, cercando di mettersi in salvo dalla sua furia imminente. Suo nonno non perdeva quasi mai la calma, sempre così pacato e tollerante, ma quando accadeva era capace di far tremare le mura domestiche.
Quando esplode lanciamoci sotto al tavolo.”
Penelope si avvicinò leggermente ad Estelle e l’amica annuì, ritenendo saggia la sua proposta mentre Gwendoline continuava a mangiare in tutta calma, totalmente incurante della reazione del marito.
“Dimmi, Gwendoline, perché il mio cibo non ha alcun sapore?”
“Dici sul serio? Oh, sarà meglio chiamare il Dottor Burke, non è un buon segno perdere il gusto.”
L’ha chiamata Gwendoline!”
Il sussurro spaventato di Ezra fece deglutire faticosamente Clio, che si guardò attorno in cerca di una via di fuga: suo nonno pronunciava il nome della nonna per intero solo quando era molto serio, molto rammaricato o furioso. Non era difficile, a giudicare dalla sua espressione, quale fosse il caso attuale.
“Papà, prendi il mio.”
Deciso ad evitare a tutta la famiglia la sfuriata del padre – nessuno meglio di lui sapeva come erano solite finite le rare quanto catastrofiche discussioni tra i suoi genitori –, Edward fece per scambiare i piatti, ma George glielo impedì sollevando una mano verso di lui. La fede d’oro scintillò alla luce delle candele sopra di loro mentre George teneva gli occhi blu fissi sulla moglie, oltre i calici di cristallo e i centrotavola di fiori appassiti.
“Lascia perdere Edward. Gwen, ti chiedo cortesemente di porre fine a questa farsa, o sai come andrà a finire.”
“Dovrei spaventarmi, caro? La mia è una famiglia di sciacalli vendicativi e con pochi scrupoli, ci vuole ben altro per intimidirmi.”
Una bassa risata sprezzante si librò dalle labbra di Edward e George fece per replicare, ma s’interruppe prima di aggrottare la fronte, riflettendo brevemente su qualcosa. Quando il suo volto si rilassò in un sorriso, i parenti non seppero se rilassarsi o spaventarsi ancora di più.
“Hai ragione. Del resto, non ci fu una lite che andò avanti per cosa, tre generazioni?”
Quando vide la moglie impallidire, George sentì un profondo moto di soddisfazione, e il suo sorriso si allargò mentre, incurante dell’ennesimo tuono, procedeva a parlare in tutta calma.
“Ahh, sì. Doveva essere quando la tua prozia fece pace con i suoi tre cugini, dico bene?”
“George, smettila immediatamente!”
Un suono di vetri e porcellane che si infrangevano sul pavimento suggerì a tutti che le vetrinette della dispensa e della cucina dovevano essersi rovesciate. Gwen pensò con un sospiro ai suoi poveri servizi di piatti mentre un Elfo giunto a portare del pane inciampava in una piega del tappeto, facendo volare un’enorme pagnotta dritta contro la nuca di Egan.
“Ahia!”
Il ragazzo si massaggiò contrariato la nuca dolorante mentre Ezra, sorridendo, asseriva che di sicuro la sua testa dura come il cemento non aveva subito minimamente il colpo. L’aria trionfa dell’ex Corvonero, tuttavia, ebbe vita breve: il cugino non fece nemmeno in tempo a mandarlo a quel paese che il tappo dello champagne tenuto da parte per il dolce esplose, cadendo dritto in testa ad Ezra e facendo cadere una pioggia di costosissimo vino su Neit e Caroline. Clio si portò le mani davanti al viso per ripararsi, ma fu con estremo stupore che realizzò di non essere stata minimamente sfiorata da neanche un goccia, anzi, guardò accigliata il suo bicchiere improvvisamente pieno.
“Com’è possibile che abbia centrato proprio il bicchiere?!”
“Quello stupido tappo mi avrò fatto uscire un bernoccolo enorme! Dovevamo starcene a casa, ma nessuno mi ascolta mai!”
Massaggiandosi la testa, Ezra decise che era giunto il momento per ripararsi sotto al tavolo mentre Neit si sfilava borbottando imprecazioni la giacca fradicia e Egan, sghignazzando, indicava il cugino che gli sedeva di fronte:
“Così impari a prendermi in giro per il pane, Ezruccio.”
“Chiudi la bocca Egan!”
 
“Se non altro, non potremo dire di esserci annoiate.”
Mentre attorno a loro regnava il caos più totale – una candela era finita rovesciata sul tavolo, e Edward si vide costretto ad usare il suo tovagliolo per cercare di spegnere il piccolo incendio creatosi davanti a lui –, Penelope prese la bottiglia di champagne ormai aperta e versò un po’ di vino a lei e ad Estelle, che si passò stancamente una mano sul bel viso dai tratti cesellati mentre George addentava incurante un grissino al sesamo.
Buoni questi grissini! Finalmente qualcosa con un po’ di sapore…”
“Papà, potresti darmi una mano?!”
“Ah, sì. Aguamenti.”
Un piccolo getto d’acqua generato dalla bacchetta di George spense il minuscolo incendio, e Edward tornò a sedersi con un sospiro di sollievo sulla sua sedia prima che questa si rompesse di nuovo con un sonoro “crack”, gettandolo per la seconda volta sul pavimento.
“Ma insomma, dove avete trovato queste dannate sedie, al mercato delle pulci più farlocco di Londra?!”
“Non insultare le mie sedie Edward, è tutta colpa della maledizione e di quel bruto di tuo padre! Io lo sapevo, dovevo sposare Roy Van Der Bilt!”   Gwendoline agitò una mano, inveendo contro la se stessa giovane e ignara che aveva mal pensato di sposare quel belloccio futuro Ministro di George Cavendish senza pensare alle conseguenze.
Edward emerse dal bordo del tavolo con gli occhi azzurri fuori dalle orbite fissi sulla madre, chiedendo sbigottito chi fosse quell’uomo mentre Caroline e Clio si scambiavano occhiate perplesse e il volto di George si faceva paonazzo:
“ANCORA CON QUELL’OLANDESE?! NON OSARE NOMINARLO IN CASA MIA!”
La poderosa manata che George assestò al tavolo fece sussultare piatti e bicchieri, e Neit afferrò il proprio appena prima che si infrangesse sul pavimento mentre Edward, non trovando riposta, ripeteva la domanda fissando prima il padre e poi la madre:
“Chi è questo Van Der Bilt?!”
“Uuuh, gossip, la cosa si fa interessante.”
Impaziente di avere qualche notizia scabrosa da rivelare al suo club del libro, Penelope sorrise e si sfregò le mani mentre Gwendoline sollevava il mento con aria sostenuta e Egan cercava di infilarsi sotto al tavolo insieme ad Ezra per trovare riparo dalla serie di sfortunati eventi che avevano coinvolto la sala da pranzo.
“Quando ero giovane ero la ragazza in età da marito più ambita di capitale e d’intorni. Del resto avevo una dote immensa e, modestia a parte, ero anche molto graziosa, nonché tremendamente intelligente, educata, colta, elegante…”
“Mamma, vieni al dunque!”
Mpf, quanto sei sgarbato. Comunque, c’era questo giovane figlio di un ricchissimo commerciante olandese che voleva sposarmi terribilmente, mi riempiva di doni, complimenti, lettere, poesie…”
Poesie che non scriveva lui, erano bellamente copiate da Keats!”
Pieno di rabbia e di gelosia, George stritolò il suo tovagliolo di lino bianco mentre la moglie, felice di poterlo infastidire, sorrideva beffarda:
“La tua era ed è tutta invidia, George… Ma alla fine mio padre mi spinse a posare George, e così feci. Ma se non lo avessi fatto ora non dovrei fare i conti con questa stupida maledizione!”
“Allora vai in Olanda e sposatelo, se ci tieni tanto!”
“La poliandria(5) è illegale in Gran Bretagna come in Olanda, vecchio sciocco!”
Bene, allora vedrò di passare al creatore in fretta, così sarai libera di rifarti una vita con quell’imbecille finto poeta!”
“Nonno, non dire così!”
Neit parlò al nonno in tono di rimprovero, provando una dolorosa stretta allo stomaco all’idea della sua dipartita mentre Edward, sbigottito, stentava a credere che sua madre avesse avuto altri pretendenti oltre a suo padre. Nel dirlo a voce alta ovviamente destò l’offesa della madre, che si indispettì e lo informò di essere stata molto corteggiata, al tempo.
Se tu e i tuoi figli siete così belli è grazie ai miei geni, figlio ingrato! Beh, anche a quelli di Estelle, ma Egan ha ovviamente preso da me. Dov’è il mio nipotino adorato?”
Accigliata, Gwen si rese improvvisamente conto dell’assenza del nipote mentre Penny, non trovando traccia di Ezra, si portava una mano alla bocca terrorizzata e decretando che la Maledizione anziché Robert le aveva portato via il suo ragazzo.
I due stavano per rendere nota la loro presenza al di sotto del lungo tavolo di cedro quando Clio, ormai satura di quella situazione al limite dell’assurdo, si alzò prendendo il cucchiaio da dessert e il suo calice che si era riempito di champagne. La giovane strega, dando dei decisi colpetti con la posata d’argento sul cristallo del bicchiere, ordinò a tutta la famiglia di calmarsi e fare silenzio, attirando tutti gli sguardi su di sé.
“Che nessuno pronunci più la parola tr- Avete capito. Nonna, permetti al Nonno di mangiare qualcosa di commestibile e tu, Nonno, non denigrare le sue superstizioni, sai che la Nonna è molto orgogliosa. E che qualcuno porti un asciugamano a Carol e a Neit!”
 

 
*

 
Dessert

 
Dopo lo spezzatino alla Guinnes era stato il turno dei formaggi, che erano stati serviti in circostanze piuttosto tese ma stranamente normali: i commensali avevano mangiato restando straordinariamente in silenzio, ciascuno impegnato a sperare che nulla di strano si verificasse. Neit e Caroline sedevano con degli asciugamani sulle spalle, i capelli ancora umidi, e Ezra si massaggiava il bernoccolo sulla nuca di tanto in tanto. Il più sereno di tutti era di gran lunga George, che finalmente riuscì a mettere qualcosa di saporito e di gustoso sotto ai denti.
Penny ed Estelle, entrambe immuni alla Maledizione vista l’assenza di sangue Cavendish nelle vene, reagirono in modi differenti. La prima si appuntò mentalmente di mettere gli eventi di quell’assurda riunione di famiglia per iscritto, certa di avere abbastanza materiale per darsi alla professione di scrittrice sotto pseudonimo, la seconda mangiò la sua porzione sperando di tornare a casa il più in fretta possibile e ordinandosi di inventarsi un’influenza per l’anno seguente.
Dopo i formaggi era stato il turno del dessert, la tanto agognata conclusione dei pasto.
Gwendoline aveva eccezionalmente accolto le preghiere di Caroline, esentandola dal dessert mentre gli Elfi servivano la zuppa inglese agli altri commensali. Mai si era verificato un simile evento e i familiari l’avevano guardata con gli occhi sgranati e le bocche semi-aperte, certi che la Maledizione avesse indirettamente colpito anche lei: di norma la padrona di casa non permetteva a nessuno di saltare una portata, specie ai ragazzi che, anche a 21 e 22 anni compiuti, a sentir lei “dovevano crescere”. La stessa Caroline era rimasta senza parole quando la padrona di casa aveva chiesto all’Elfo Domestico di saltarla, ma aveva saggiamente deciso di cogliere quell’opportunità irripetibile restando in religioso silenzio e limitandosi a sorridere sollevata.
Di norma le riunioni di famiglia a casa Cavendish si dilungavano oltre la conclusione dei pasti, quando i familiari si attardavano in salotto chiacchierando o giocando a carte o a scacchi. Quel giorno invece tutti parvero particolarmente impazienti di andarsene, salutandosi frettolosamente prima di prendere i cappotti e uscire dalla villa sfilando fuori dalla porta uno dietro l’altro.
 
Rimasta sola col marito, Gwendoline decise di potersi finalmente sfilare la collana di corni: la cattiva influenza dei suoi sfortunati parenti era passata, dunque ritenne di essere quasi del tutto al sicuro.
Certo restava la cattiva sorte legata a George, tant’è che la donna scoccò un’occhiata in tralice al marito mentre questi, ancora immusonito, la fissava torvo dalla sua poltrona prediletta.
“Mi auguro vivamente che tu sia soddisfatta, visto il pessimo pranzo che mi hai fatto passare.”
“E io mi auguro vivamente che tu finalmente creda all’esistenza della Maledizione, dopo tutto quello che è successo.”
George non rispose, decidendo invece di alzarsi e di superare la moglie senza dire nulla. Andò a chiudersi nel suo studio senza uscirne per ore, nemmeno per cena, mandando un Elfo a dire alla moglie che avrebbe mangiato da solo per “impedire alla sua sfortuna di contagiare anche lei”.
Gwendoline detestava cenare da sola e quasi non toccò cibo per l’irritazione, aspettando con impazienza che il marito si palesasse nuovamente. Avendo modo di rifletterci finì col sentirsi leggermente in colpa per alcune delle cose che aveva detto a George, ma chiedere scusa e fare passi indietro non era nella sua natura: quando finalmente il marito si degnò di mettere da parte l’orgoglio uscendo dallo studio, Gwen cercò di fare altrettanto – certo, a modo suo – parandoglisi davanti tenendo le braccia strette al petto.
“Ho sempre preferito te a Roy Van Der Bilt, come se già non lo sapessi… Ma se il tuo ego ha proprio bisogno di sentirselo ricordare, eccoti accontentato. E ora dammi un bacio, vecchio sciocco.”
La donna volse la testa con sufficienza, mostrandogli la guancia sinistra. Seppur tentato di punzecchiarla ulteriormente senza accontentarla George decise infine di deporre l’ascia di guerra, chinandosi per darle il bacio richiesto.
“Contenta adesso? Ma non voglio sentir parlare di quella storia almeno per un altro anno. E mai più di quel ciarlatano!”
“Va bene, va bene… vieni a fare una partita a carte, mi sono annoiata terribilmente questo pomeriggio, sai?”
Gwen lo prese sottobraccio, conducendolo al pian terreno mentre il marito, come sempre, la lasciava fare.
Non sempre George Cavendish si trovava d’accordo con sua moglie e con le sue strambe idee, ma era un uomo troppo dotato di buonsenso per nuocere al suo quieto vivere facendoglielo sapere.
Quando, passando accanto ad una finestra, Gwen indicò due gazze appollaiate su un ramo dell’albero più vicino asserendo che fosse “segno di buon auspicio” e che quindi i segni della Maledizione iniziavano ad arrestarsi, George alzò gli occhi al cielo ma non disse nulla, assecondandola.
Del resto, come si soleva dire, se la moglie è contenta del matrimonio suo marito è più soddisfatto della vita.
 
 
 
 
 
 
(1): Vaso in metallo dove viene bruciato l’incenso
(2): Giovanni Della Casa, autore del Galaeto
(3): Secondo la tradizione folkloristica irlandese imbattersi in una gazza provoca sfortuna, dolore e sofferenza al passante, a meno che non la si saluti – o non le si parli del tempo atmosferico –. Vedere una coppia di gazze, invece, per gli irlandesi è segno di buon auspicio.
(4): Zuppa tradizionale gallese che contiene patate, porri, carote, manzo e rutabaga
(5): La poliandria rientra nelle pratiche poligame ma nello specifico con poliandria si fa riferimento a quando una donna ha più di un marito contemporaneamente.
 
 
 
 
 
 
………………………………………………………………………………………………….
Angolo Autrice:
Buonasera!
Interrompo il flusso di atmosfera natalizia che ormai dilaga con qualcosa che col Natale non c’entra nulla, uno speciale idiotissimo a cui lavoro da più di un mese e che finalmente riesco a pubblicare.
Con i personaggi di WOTR ho sempre avuto il problema di scrivere troppo e infatti questo “specialino” è lungo in modo imbarazzante, ma spero che l’abbiate apprezzato e che ritrovare i Cavendish, per una volta al completo vista l’inestimabile presenza di George, vi abbia fatto piacere.
Mi premuro di specificare che non c’è alcun fondamento logico o mistero di sorta dietro alla Maledizione del 21 Marzo, tutte queste pagine sono frutto dei miei deliri personali. Chissà, forse in tempi antichi un antenato di George offese una strega permalosetta in un 21 Marzo, e questo è il risultato. Quanto a Clio, lei risulta misteriosamente immune: visto che la nostra adorata strega è abbastanza sfortunata per tutto l’anno, il 21 Marzo per lei le cose vanno al contrario.
A presto e buona serata <3
Signorina Granger
   
 
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