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Autore: Ghost Writer TNCS    04/12/2021    2 recensioni
Da sempre le persone hanno vissuto sotto il controllo degli dei. La teocrazia del Clero è sempre stata l’unica forma di governo possibile, l’unica concepibile, eppure qualcosa sta cambiando. Nel continente meridionale, alcuni eretici hanno cominciato a ribellarsi agli dei e a cercare la verità nascosta tra le incongruenze della dottrina.
Nel frattempo, nel continente settentrionale qualcun altro sta pianificando la sua mossa. Qualcuno mosso dalla vendetta, ma anche dalla volontà di costruire un mondo migliore. Un mondo dove le persone sono libere di costruire il proprio destino, senza bisogno di affidarsi ai capricci degli dei.
E chi meglio di lui per guidare i popoli verso un futuro di prosperità e progresso? Chi meglio di Havard, figlio di Hel, e nuovo dio della morte?
Questo racconto è il seguito di AoE - 1 - Eresia e riprende alcuni eventi principali di HoJ - 1 - La frontiera perduta.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '1° arco narrativo'
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4. Lo spirito inferiore

Con il sole ormai prossimo a tramontare, Havard procedeva a testa alta per le strade di Bakhmiŝ. Il suo Bakhmiŝ. Al suo fianco c’era Nambera, seria e indifferente agli sguardi degli abitanti del villaggio. Dalla parte opposta si trovava l’ex schiavo che aveva partecipato alla riunione, che invece sembrava voler sfidare apertamente quegli occhi diffidenti.

«Siamo arrivati» affermò il verde. «È questa.»

Ora che si trovava così vicino al dormitorio del suo ex padrone, il suo umore sembrava peggiorato. Era arrabbiato per ciò che quel luogo rappresentava, ma allo stesso tempo sembrava un po’ intimorito.

Havard osservò l’ampio dormitorio. Era stato costruito vicino alla palizzata, in prossimità di uno dei cancelli, così che gli schiavi potessero arrivare più velocemente ai campi coltivati e, di conseguenza, perdere meno tempo lungo la strada.

«Ehi, voi!» tuonò una voce. «Che ci fate qui?!»

Era il capovillaggio, che probabilmente era stato avvisato dell’arrivo del figlio di Hel.

Al solo sentire la sua voce, l’ex schiavo gli rivolse un’occhiata che sapeva di sfida. Ora che aveva riconquistato la libertà, non si sarebbe mai più piegato al suo aguzzino.

«Mi è stato detto che c’è un fantasma in questo dormitorio» affermò Havard. «Sono qui per esorcizzarlo.»

«Tu non farai proprio niente! Questa è il mio dormitorio, e tu non puoi entrare!»

Il pallido lo guardò dall’alto in basso, sovrastandolo con la sua autorità nonostante la differenza di stazza. «Questo è il mio regno, e posso andare dove mi pare. Soprattutto quando c’è un problema da risolvere.»

La sua risposta lapidaria fece esitare il capovillaggio, che aveva già imparato a temere il figlio di Hel.

«Grazie, Reton, da qui in avanti mi farò accompagnare da Morzû» affermò il pallido rivolgendosi all’ex schiavo. «A proposito, quando avremo finito, Nambera potrebbe dare un’occhiata al tuo braccio. Potremmo farti avere una mano nuova.»

Reton sbarrò gli occhi. «Dici davvero?!»

L’anziana orchessa rivelò la protesi metallica che rimpiazzava la sua mano sinistra. «Ci vorrà un po’, ma posso farlo.»

L’ex schiavo si inchinò. «Grazie! Grazie infinite!»

Rivolse una rapida occhiataccia al suo ex padrone e poi si allontanò per tornare dagli altri ex schiavi.

Havard mosse la mano per esortare Morzû a fargli strada, e questi eseguì con un grugnito di disappunto. Aprì il portone del dormitorio e lo fece entrare.

La struttura interna era molto semplice: ricordava più una stalla che un’abitazione, con ambienti molto spogli dove ammassare gli schiavi per la notte.

«Hai ereditato questo dormitorio da tuo padre, dico bene?» affermò il figlio di Hel.

«Esatto. È il più grande del villaggio.»

«Tuo padre dev’essere stato un grande guerriero.» Nonostante le parole di apparente elogio, dal tono del pallido non traspariva molta ammirazione.

«Ci puoi scommettere! Ha razziato innumerevoli villaggi e sconfitto innumerevoli bande di predoni! Ha catturato con le sue stesse mani la maggior parte dei suoi schiavi, guadagnandosi sul campo di battaglia il ruolo di capovillaggio!»

Havard continuò a scrutare l’ambiente.

«È morto in battaglia?»

Morzû emise un grugnito di disappunto. «No. Si è ammalato. Una… fine disonorevole per un guerriero come lui.»

«Continua» lo esortò Havard. «C’è dell’altro, vero?»

Il verde strinse i pugni. «È colpa degli schiavi se si è ammalato. Era solito utilizzare alcune schiave come concubine, è da loro che ha preso la malattia. Schifose schiave, alla fine sono riuscite a uccidere mio padre.»

Havard si fermò a osservare le tracce di sangue sul pavimento. C’erano anche delle scalfitture che continuavano sulle pareti, come se una bestia feroce avesse combattuto lì dentro.

«Cos’è successo qui?»

«Niente di importante, qualche schiava morta. Quegli idioti si saranno uccisi tra di loro per fare scena.»

Il figlio di Hel si voltò lentamente. Morzû deglutì davanti a quegli occhi verdi che parevano in grado di gelargli l’anima.

«Tuo padre è qui» sentenziò il pallido. «È stato lui a uccidere le schiave.»

«Mi… Mi prendi in giro?! Ti ho detto che è morto! Ho bruciato io stesso il suo cadavere!»

«È morto, sì, ma il suo spirito è ancora qui. Pieno di rabbia, rancore e brama di uccidere. Reton mi aveva detto che questo posto è infestato dal fantasma di tuo padre, e ora ne ho la certezza. Tuo padre è diventato uno spirito inferiore, e in quanto dio della morte è mio dovere esorcizzarlo.»

L’espressione di Morzû tradì i suoi reali pensieri: sapeva delle voci che giravano tra gli schiavi, ma solo ora che lo aveva sentito da Havard riusciva a crederci.

«Non ti preoccupare, posso affrontarlo da solo. Fatti da parte e resta a guardare, così potrai vedere tu stesso che dico il vero. Nambera ti proteggerà.»

«Non mi farò proteggere da una donna!» esclamò il verde, indignato.

Havard batté il suo bastone d’ossa sul pavimento, emanando un’onda di energia spirituale. «Come preferisci.»

Si udirono dei rumori sinistri e Morzû si mise in posizione di guardia.

«I pugni non ti serviranno» lo ammonì Havard.

Il capovillaggio stava per ribattere quando una sagoma sbucò dal soffitto lanciando un urlo rabbioso.

Il verde sbiancò. Arretrò di un passo, gli occhi sbarrati. «Pa… Papà…?»

Il fantasma del precedente capovillaggio aveva conservato solo in parte i tratti che aveva in vita. Il suo viso scolpito si era deformato, diventando più grottesco, con zanne ancora più pronunciate e gli occhi infossati. Il suo fisico possente era stato corrotto, riempiendosi di crepe da cui spuntavano lingue di fumo della stessa consistenza del resto del corpo.

«Ecco cosa avete scatenato uccidendo mia madre. Questo è quello che succede quando un incapace regna sull’inferno!»

Lo spirito inferiore si avventò su di loro. Havard evocò una barriera e il fantasma vi sbatté contro. Batté i suoi pugni su di essa, ma lo scudo resse.

«Tu finirai dritto nel regno di Hel!»

Il pallido annullò la barriera e puntò il bastone contro lo spirito. Un’onda magica lo travolse, spingendolo indietro con forza. Essendo un fantasma avrebbe potuto attraversare senza problemi i muri interni del dormitorio, così Havard lo bloccò con un’altra barriera per impedirgli la fuga.

Il fantasma ci mise poco a riprendersi dallo stordimento. Batté le mani deformi sul pavimento in terra battuta e tornò all’attacco. Havard lo colpì col bastone, lo schiacciò a terra e scatenò un altro incantesimo. L’aria si fece gelida e il corpo diafano dello spirito cominciò a congelare.

Il capovillaggio, atterrito, non osò avvicinarsi. Stava per parlare quando lo spirito si liberò dal ghiaccio, sparando cristalli in tutte le direzioni con un urlo pieno di follia.

Havard si riparò con le braccia, ma non indietreggiò. Lo spirito sferrò una manata, ma l’orco la parò col bastone. L’entità continuò ad attaccare e il figlio di Hel dovette indietreggiare di un passo. Poi un altro, e un altro ancora. Lo spirito inferiore sembrava inarrestabile, continuava a colpire con furia, accecato dalla rabbia e dalla brama di uccidere.

Con un movimento repentino il pallido schivò l’ultimo assalto e lo spirito venne colto alla sprovvista. Approfittando della sua incertezza, Havard passò al contrattacco. Lo colpì a raffica, ferendolo col bastone d’ossa. A ogni attacco una nuova massa di ghiaccio si formava sul corpo dello spirito, rallentandone i movimenti. Prima congelarono gli avambracci, poi le braccia e infine tutto il corpo.

Ben presto lo spirito divenne una statua di ghiaccio, grottesca ma apparentemente inoffensiva. Havard caricò la sua magia e lo colpì un’ultima volta. Il potente incantesimo mandò in pezzi la statua e i blocchi di ghiaccio scrosciarono sul pavimento in una sinistra cacofonia.

Lo spirito, stordito da quell’attacco, rimase immobile a mezz’aria. Havard allungò la mano e il fantasma cominciò a venire risucchiato dal suo palmo.

Morzû assistette immobile a quello spettacolo surreale. Ricordava ancora molto bene la sensazione di Havard che “afferrava” la sua anima, e ora capiva che non si era trattato di un banale trucco.

Quel pallido era davvero il figlio di Hel, non c’era altra spiegazione.

Il fantasma era ormai praticamente sparito e ad Havard bastò serrare il pugno per dare il colpo di grazia.

Improvvisamente calò il silenzio. Un silenzio assoluto che sapeva di morte.

«Tuo padre è nel mio inferno adesso, dove pagherà per ciò che ha fatto in vita. Solo allora gli concederò di riposare per l’eternità.»

Il capovillaggio Morzû era ancora troppo scosso per ribattere. Si limitò ad annuire e lasciare la stanza, lo sguardo perso nel vuoto.

«Ottimo lavoro, Havard» si congratulò Nambera.

«Credo fosse solo uno spirito divoratore, niente di particolarmente potente» rispose il pallido. «L’importante è essercene liberati. Ora il dormitorio è di nuovo sicuro.»

«Toglimi una curiosità: fare in modo che il capovillaggio vedesse il fantasma di suo padre faceva parte del tuo piano, vero?»

«Esatto. Quando Reton me ne ha parlato, ho pensato che fosse l’occasione perfetta per fargli capire una volta di più che sono davvero il nuovo dio della morte. Del resto non posso fermarmi qui troppo a lungo, e quando me ne andrò dovrò essere sicuro di essermi guadagnato la sua lealtà.»

«Per quanto mi riguarda, sarei già felice se non proveranno a ucciderci durante la notte» ammise l’anziana orchessa.

Havard si concesse un mezzo sorriso. «Per quello credo sia comunque meglio fare a turni. Spero non ti dispiaccia dormire con gli ordogue.»

«Mi basta non dover preparare la cena anche per loro.»


Note dell’autore

Ben ritrovati!

In questo capitolo vediamo in azione (alcune) delle abilità da dio della morte di Havard. Il fantasma dell’ex capovillaggio non ha avuto speranze, e questa schiacciante prova di forza potrebbe aver convinto Morzû a credere nel figlio di Hel.

Anche questo è un passo avanti per il pallido nel costruire il suo regno e affermarsi come nuova divinità dell’oltretomba, ma siamo ancora all’inizio.

Nel prossimo capitolo vedremo l’entrata in scena di un altro gruppo di orchi, nel frattempo vi lascio il disegno chibi di Nambera ^.^

Nambera (AoE-2)

Grazie a tutti e a presto ;D


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