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Autore: Baudelaire    08/12/2021    2 recensioni
Rebecca Bonner sta per tornare ad Amtara, per il suo secondo anno.
Questa storia è la continuazione della mia precedente "La stella di Amtara".
Cuore di ghiaccio diCristina è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disegno di Lucciola67


Il suo secondo anno ad Amtara si stava quasi per concludere e Rebecca rifletteva su quanto tempo avesse trascorso in infermeria durante gli ultimi mesi.
Tanto.
Troppo.
Era il prezzo da pagare quando eri la Prescelta cui Posimaar dava la caccia.
Stavolta ci aveva provato usando una Strega innocente, che era morta per causa sua. Un’altra vittima, un’altra vita spezzata. Non era riuscito nel suo intento, perché Rebecca era viva. Ma era riuscito, ancora una volta, a fare del male, a distruggere.
Rebecca non avrebbe mai conosciuto Morgana Curter, la ragazza che veramente era. Chissà chi si celava, davvero, dietro quella facciata di odio.
Non l’avrebbe mai scoperto.
E chissà perché Clio, che diceva di conoscerla da sempre, non si era accorta di niente. Possibile che non avesse capito che Morgana non era in sé? Possibile che nessuno di loro avesse mai avuto dei sospetti?
Rebecca rimproverava soprattutto se stessa. Ora che conosceva la verità, si malediceva per non aver capito, per essere stata tanto superficiale, per aver pensato semplicemente che Morgana non fosse altro che una stupida ragazzina viziata piena di rancore e invidia nei suoi confronti.
Era tutto talmente chiaro, adesso! Ma era troppo tardi.
Rebecca l’aveva uccisa. Sì, era stata costretta a farlo. Se non avesse lanciato quell’Incantesimo, sarebbe morta. Ma la realtà dei fatti era quella: aveva ucciso Morgana Curter.
Se solo avesse capito prima, forse le cose sarebbero andate diversamente.
Morgana aveva paura del fuoco, questo le era chiaro da tempo, ormai, da quella volta in cui aveva letto il terrore nei suoi occhi quando era entrata in classe durante la lezione di Protezione. La Poliglotter le aveva detto di usare il fuoco per sconfiggerla, quindi l’insegnante doveva sicuramente sapere di che genere di mostro si trattasse.
Posimaar aveva trasformato Cogitus in un licantropo.
Che razza di creatura era quella in cui si era trasformata Morgana?
Rebecca avrebbe dovuto aspettare che la Poliglotter guarisse, per scoprire la verità.
Quando si era risvegliata, aveva subito chiesto di lei, ma la Anderson era stata piuttosto evasiva, cosa che l’aveva messa in allarme. Non aveva dimenticato la profonda ferita che il mostro le aveva inflitto e per un istante aveva temuto il peggio. Ma Brenda e Barbara, che la andavano a trovare ogni giorno, la tranquillizzarono dicendo che, dopo i primi giorni in cui avevano seriamente temuto per la sua vita, ora la Poliglotter era fuori pericolo, anche se avrebbe dovuto trascorrere parecchio tempo in infermeria.
Rebecca ne era felice. Aveva pensato seriamente che l’insegnante non ce l’avrebbe fatta. Quel mostro era stato impietoso con entrambe. Era un miracolo se erano ancora vive.
Rebecca si aspettava di ricevere una visita dalla preside quanto prima, e infatti la Collins, non appena la Anderson la informò che la ragazza si stava riprendendo rapidamente, arrivò in infermeria una mattina, mentre tutta la scuola era a lezione.
La primavera era ormai inoltrata e cominciava a fare caldo. La Anderson aveva aperto le finestre, per far entrare un po’ di aria fresca nella stanza.
“Comincia a diventare una specie di abitudine, Bonner, venire a farti visita in infermeria.” – esordì la Collins.
Rebecca abbozzò un sorriso, arrossendo leggermente. Non capì dove voleva andare a parare. Forse ce l’aveva con lei?
Eppure, anche stavolta, aveva ucciso colui che minacciava Amtara. E l’aveva fatto senza usare il Potere, quindi senza infrangere le regole che lei le aveva imposto. O, forse, la Collins era semplicemente nervosa perché non era ancora riuscita a sapere quello che era successo? La Poliglotter giaceva ancora nel suo letto, priva di conoscenza. Era chiaro che la preside fremeva dal bisogno di conoscere la verità.
Ed era venuta proprio per quello. Rebecca immaginava le pressioni a cui il Consiglio doveva averla sottoposta. Sicuramente erano venuti a sapere che una Prescelta e un’insegnante erano rimaste gravemente ferite, anche se non si conoscevano ancora i dettagli. Era probabile che avessero tempestato di domande la preside, la quale non aveva potuto dire molto, non conoscendo come si fossero svolti i fatti. Solo Rebecca e la Poliglotter avrebbero potuto far luce sull’accaduto.
“Come ti senti?” – le chiese.
“Bene.”
“L’infermiera Anderson mi ha detto che hai fermato l’emorragia da sola. Ti sei salvata con le tue stesse mani.”
“E’ stata solo fortuna. Il mostro mi ha preso solo di striscio. La professoressa Poliglotter, invece…”
Le parole le morirono in gola.
“Tu eri presente quando è stata colpita?”
Rebecca annuì.
La Collins sospirò. “Ho bisogno di sapere tutto, Bonner. Dall’inizio.”
Rebecca cominciò a raccontare, dal primo istante in cui aveva messo piede nell’ufficio della Poliglotter, al momento in cui era entrata Morgana, la lunga discussione con lei, prima che si tramutasse in quel mostro terribile.
“Un altro licantropo?” – la interruppe la Collins.
“No, non era un licantropo, ne sono certa.”
“E allora che cos’era?”
“Non lo so. Ma sono certa che la professoressa Poliglotter lo sa.”
La Collins aggrottò la fronte. “Perché dici questo?”
“Perché mentre lottavamo contro di lui, mi ha detto di usare il fuoco. E così ho fatto. Ho usato l’Incantesimo Incandescente. E ha funzionato.”
La Collins sembrava smarrita. “Ma, benedetta figliola, qualunque altro Incantesimo avrebbe potuto ucciderlo, non necessariamente quello.”
“No, professoressa. Prima che arrivasse la Poliglotter, ho provato ad usare l’Incantesimo Imbollitore contro di lui, ma non ha funzionato. Invece il fuoco sì. Altrimenti per quale motivo la Poliglotter mi avrebbe detto di usare il fuoco?”
La Collins la fissava come se non la vedesse.
“Il fuoco…” – ripetè, lo sguardo fisso verso un punto imprecisato alle spalle di Rebecca. “Il fuoco, ma certo!”
Rebecca sussultò.
“Doveva essere un Wendigo!” – esclamò la Collins.
“Un…cosa?”
“Un Wendigo. Non c’è altra spiegazione.”
“Professoressa… di…di cosa sta parlando, esattamente?”
“Non hai mai sentito parlare del Wendigo?”
“No.”
“E’ una creatura terribile.”
Sì, me ne sono accorta…
“Si dice si nutra di carne umana (Rebecca rabbrividì) e che possieda un cuore di ghiaccio. Per questo, l’unico modo per sconfiggerlo è usare il fuoco. Ignatia deve averlo riconosciuto subito. Per questo ti ha detto di usare il fuoco.”
Rebecca era senza parole. Morgana si era tramutata in un Wen... come diavolo si chiamava, per ucciderla. In effetti, tra lui e il licantropo dell’anno prima, non c’era che l’imbarazzo della scelta. Quale diavoleria si sarebbe inventato, la prossima volta, Posimaar?
“E’ stata una fortuna che Ignatia sia arrivata in tempo.” – commentò la Collins. “Anche se non le è andata molto bene.”
“Mi ha salvato la vita. Senza di lei, non avrei mai pensato di dover usare il fuoco.”
Per fortuna, Rebecca non aveva dimenticato la paura di Morgana per il fuoco, e aveva capito al volo il suggerimento della Poliglotter.
“Come hai fatto a sapere che dietro Morgana Curter si celava il Demone Supremo?” – le chiese all’improvviso la preside.
“Me l’ha detto lei, prima di morire.”
La Collins sgranò gli occhi. “Avete parlato?”
Rebecca annuì. “Mi ha chiamata. Stavo per andare a cercare aiuto. La professoressa Poliglotter sembrava in fin di vita, e nemmeno io ero messa troppo bene. Poi ho sentito la sua voce. Sono andata da lei. Sapevo che stava morendo, non potevo andarmene così… Voleva parlarmi, voleva dirmi perché l’aveva fatto. Mi ha detto che Lui l’aveva posseduta, per tutto il tempo. Non sapeva nemmeno perché lo facesse, era completamente nelle sue mani. Mi ha chiesto perdono. So che non è stata colpa sua. Mi dispiace solo di non averla potuta conoscere veramente. E mi dispiace così tanto che sia morta…”
Rebecca cercò di ricacciare indietro le lacrime, incapace di proseguire.
La morte di Morgana le appariva talmente ingiusta…
La Collins non disse nulla. Comprendeva pienamente il suo disagio, e lo rispettò.
Rebecca cominciò a piangere. In quel momento non le importava che la Collins la vedesse in quello stato. Era stanca di trattenere le emozioni, stanca per tutto quello che era successo, stanca di vedere le persone morire senza poter fare nulla per impedirlo.
Pianse a lungo, dinanzi ad una composta e rispettosa Collins, che non disse nulla eppure, con quel silenzio, disse tutto.
La preside le sfiorò la spalla con una mano, leggera, lieve, e in quel gesto Rebecca avvertì tutta la sua comprensione di quel dolore troppo a lungo celato.
“Nessuno di noi ha potuto conoscere la vera Morgana Curter.” – disse la Collins, quando Rebecca si fu un po’ ripresa. “Credo che questo sarà il nostro più grande rimpianto. Ma dobbiamo fare in modo che la sua morte non sia stata vana.”
Rebecca alzò la testa. “Si riferisce a Posimaar? Chissà dove si trova, ora. Colpirà ancora, lo sa questo, vero?”
“Sì, ma noi saremo pronte.”
Rebecca fece una smorfia. Non ne era affatto sicura. Non sapeva cos’altro aspettarsi da lui. Chi avrebbe posseduto, stavolta? Chi sarebbe stata la sua prossima vittima? Chissà, magari l’avrebbe raggiunta direttamente a Villa Bunkie Beach, la prossima estate, così avrebbero finalmente messo fine a tutta quella dannata storia.
“Ho apprezzato il fatto che tu non abbia usato il tuo Potere.” – disse la Collins. “Anche se… ci ho pensato, e credo che tu abbia tutto il diritto di utilizzarlo anche qui, se questo potrà aiutarti a salvare la vita a te e a chi ti sta intorno.”
Rebecca non credeva alle proprie orecchie. Aveva sentito bene? La Collins la stava autorizzando di nuovo ad usare il suo Potere ad Amtara?
“Professoressa, mi sta dicendo che…”
“Ti sto dicendo che potrai usarlo, ma solo in casi di estrema necessità. Non voglio vederti Spostare da una parte all’altra della scuola davanti alle tue compagne, Bonner, che questo ti sia chiaro.”
“Sì, certo.”
Rebecca era al culmine della gioia. Finalmente sarebbe stata libera di essere di nuovo se stessa.
“Hai rischiato troppe volte di morire, quest’anno, e sono successe troppe cose. Abbiamo perso Alvis, la professoressa Rudolf per poco non ci ha lasciato e tu…tu hai passato l’inferno. Da questo momento voglio che tu ti senta libera di affrontare il pericolo come meglio credi, usando tutti i mezzi a disposizione. Abbiamo un nemico da sconfiggere, Bonner, e dobbiamo essere unite per farlo.”
Rebecca era al settimo cielo. Finalmente, la Collins aveva capito.
Eppure, solo in quel momento le venne in mente che per tutto il tempo in cui era stata rinchiusa in quell’ufficio con Morgana, non aveva mai pensato ad usare il suo Potere. Avrebbe potuto infrangere la regola e Spostarsi, anche se era convinta che Morgana l’avrebbe seguita in capo al mondo, pur di portare a termine il compito affidatole da Posimaar. Ma forse la Poliglotter non avrebbe rischiato la vita per causa sua.
Rebecca si diede improvvisamente dell’idiota per non averci nemmeno pensato. Si era lasciata trasportare dalla paura e quando Morgana si era trasformata nel mostro, aveva perso completamente la testa. Non era riuscita a mantenere il sangue freddo e si era fatta sopraffare dalla paura, che si era trasformata in terrore quando il mostro aveva cominciato ad attaccare. La verità era che Rebecca non si sarebbe mai immaginata che dietro Morgana si nascondesse quella bestia enorme.
Un Wendigo, la Collins l’aveva chiamato così.
Voleva saperne di più.
“Professoressa… il mostro in cui si è trasformato Morgana…” – cominciò Rebecca, esitante.
“Il Wendigo.”
“Sì. Che sembianze ha, esattamente?”
“Questo dovresti dirmelo tu.”
Rebecca ripensò al terribile momento in cui aveva assistito alla trasformazione. Era stato anche peggio di quella di Cogitus. Vederla tramutare il suo corpo lì, di fronte a lei, le aveva gelato il sangue nelle vene, perché mai si sarebbe aspettata che dietro quel volto giovane e innocente potesse nascondersi una bestia. Rebecca non avrebbe mai dimenticato quel momento.
“Era alto. Quasi due metri, credo. Coperto di pelo marrone, due zampe enormi e gli artigli affilati. La sua bocca era gigantesca, spaventosa e gli occhi gialli, sottili. Eppure, nonostante la sua mole, era velocissimo nei movimenti, agile e scattante. Era impressionante anche solo guardarlo…”
La Collins annuì, compiaciuta. “Hai appena fatto una descrizione esatta di un Wendigo. Non mi sono sbagliata. E per fortuna non si è sbagliata nemmeno Ignatia.”
“E’ stata molto brava a riconoscerlo subito.” – confermò Rebecca.
“Chi meglio di un’insegnante di Lingue Demoniache avrebbe potuto farlo?” – scherzò la Collins.
Rebecca abbozzò un sorriso. “Già.”
“Sai, il Wendigo è una creatura mostruosa che ha origini molto antiche.” – spiegò la Collins. “Non so nemmeno quando è stata l’ultima volta che un essere umano ne abbia visto uno. Per fortuna, aggiungerei. Tutto quello che si sa è che è maledetto e vaga nella notte alla ricerca delle sue vittime. Pare si nutra di carne cruda. Questo, almeno, è quello che si racconta…”
Rebecca deglutì e un pensiero improvviso le attraversò la mente. “E’…è quello che ha fatto ad Alvis?” – mormorò piano. “Voleva mangiarlo vivo?”
Vide la Collins inorridire. “Oh no! Almeno, il suo corpo era ancora intatto quando l’abbiamo ritrovato.”
Rebecca si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. Le faceva ribrezzo anche solo il pensiero che il Wendigo potesse aver fatto una cosa simile al povero Gnomo.
La preside sospirò profondamente. “Credo che il Wendigo sia fuggito prima del tempo. Forse ha sentito dei rumori, o forse aveva solo paura di essere scoperto. Non lo sapremo mai. Personalmente, penso che il Wendigo, che è notoriamente ghiotto di carne cruda, sia stato attirato nelle cucine dall’odore della carne che Alvis aveva tirato fuori dal frigorifero. Temo che il povero Gnomo si sia semplicemente trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato. Forse il Wendigo voleva solo rubare la carne. Forse, nella foga di difendersi, non ha potuto evitare di uccidere Alvis. Chi lo sa. Del resto, per quanto gli Gnomi siano forti e temprati, temo che nessuno di loro possa avere la meglio contro una creatura come quella.”
Rebecca rabbrividì. Non voleva pensare a quello che era successo nelle cucine. Alvis aveva avuto una morte tremenda…
“La professoressa Rudolf è stata più fortunata.” – disse, cercando di cambiare discorso.
“Sì, grazie alla tua Premonizione. Non oso pensare a quello che avrebbe potuto farle…”
La preside represse un brivido di paura. “E quanto a te, avrebbe potuto ucciderti molto prima, laggiù nel fiume.”
“Ci stava provando. Per poco non mi ha staccato una gamba.”
“Il Wendigo è un abile nuotatore, in grado di trattenere il respiro sott’acqua molto a lungo.”
“Me ne sono accorta. È rimasto sott’acqua per un tempo infinito, mentre cercava di trascinarmi con lui. Sapeva che sarebbe bastato poco, per farmi affogare. E intanto, colpiva alla cieca.”
La Collins si portò una mano alla fronte, in un gesto stanco. Quell’anno ad Amtara era stato particolarmente pregno di eventi terribili e inaspettati.
Rebecca ora sapeva il motivo per cui Morgana si era allontanata dalla riva, dopo che Alyssa era caduta nel fiume. Quale occasione migliore per attaccare Rebecca? Aveva aspettato che l’amica venisse portata in salvo. Forse sapeva che Rebecca, accortasi della sua assenza, sarebbe andata a cercarla. Aveva calcolato tutto nei minimi dettagli, conoscendo bene i punti deboli della sua preda.
“Professoressa, perché secondo lei Posimaar stavolta ha scelto una creatura come il Wendigo?”
“Non lo so. Quello che posso dirti è che un Wendigo non è minimamente paragonabile ad un licantropo, è molto più forte, più robusto, più resistente e più veloce. L’hai detto tu stessa, nonostante la mole, era agile e scattante come un felino.”
“Già. Forse stavolta voleva qualcuno di indistruttibile. È stato relativamente facile uccidere Cogitus, con quel pugnale d’argento. Ma un Wendigo…”
“Un Wendigo poteva essere ucciso solo da qualcuno che l’avrebbe riconosciuto. Forse il Demone sa che non viene studiato a scuola, non è una creatura molto comune e, come ti ho detto, non se ne vede uno in giro da tanto tempo. E’ una creatura dimenticata. Forse Posimaar contava su questo. Se tu non l’avessi riconosciuto, non avresti mai potuto pensare al fuoco come unica sua arma di distruzione.”
Il ragionamento non faceva una piega, pensò Rebecca frustrata. Posimaar doveva conoscere bene i suoi punti deboli. E aveva ragione, dannazione! Se non fosse stato per la Poliglotter, lei ora sarebbe morta.
“E’ una creatura rara, difficile da individuare.” – continuò la Collins. “Ma, sfortunatamente per il Demone, gli insegnanti di Amtara la sanno molto più lunga di quanto lui possa pensare.” – aggiunse trionfante.
Rebecca non riuscì a sorridere. Il pensiero che Posimaar avesse usato un mostro come quello per eliminarla, non la metteva troppo di buonumore.
“E sono assolutamente convinta che il mostro mi sia passato accanto, la notte in cui Alamberta è stata aggredita.” – aggiunse la Collins.
“A cosa si riferisce?” – domandò Rebecca, con la fronte aggrottata.
“Quando la professoressa Rudolf è stata attaccata, io, il professor Christie e Ignatia siamo corsi verso la sua camera. Il corridoio era buio. Il professor Christie ci ha precedute, noi avanzavamo con cautela. Prima che Daniel facesse tornare la luce, ho avvertito chiaramente qualcuno, lì vicino a noi. Ne potevo sentire il respiro. Sono sicura che era il Wendigo, che naturalmente aveva appena attaccato Alamberta e stava scappando.”
“Il Wendigo vi è passato accanto?” – mormorò Rebecca, sconvolta da quella notizia.
“Ne sono sicura. Anche Ignatia ha percepito qualcosa. Quando è tornata la luce, abbiamo controllato, ma ovviamente era già scappato.”
“Avete rischiato grosso, professoressa.”
“Non credo sarebbe stato conveniente per lui, ucciderci. In fondo, lui cercava te.”
“Ma allora perché ha attaccato e quasi ucciso la professoressa Rudolf?”
“Credo che anche lei, come Alvis, sia stata attaccata per puro caso. Ha sentito dei rumori e ha aperto la porta. Il Wendigo non ha fatto altro che difendersi. Non poteva permettere che qualcuno lo scoprisse. Ricordiamoci che il suo scopo era agire indisturbato, fino a quando non avrebbe raggiunto il suo obiettivo. Posimaar doveva aver dato istruzioni molto chiare a Morgana sul da farsi. Non doveva essere scoperta, per nessuna ragione al mondo. Avrebbe dovuto uccidere, piuttosto che farsi scoprire. Doveva essere pronta a tutto, pur di rispettare i piani del suo padrone.”
Rebecca era annientata. Lì, sotto i loro occhi, si era consumata una vera e propria tragedia, senza che nessuno di loro se ne rendesse conto. E non si riferiva tanto alla minaccia che incombeva su di lei, quanto, piuttosto, alla distruzione della vita di una Strega innocente. Morgana, per tutti quei mesi, era stata raggirata, manipolata, ingannata da un essere immondo, crudele, pericoloso. E, alla fine, lui aveva vinto. Nessuno ad Amtara si era accorto di nulla e Posimaar aveva potuto agire indisturbato. Erano stati tutti così ciechi e stupidi, a cominciare da lei… Non se lo sarebbe mai perdonato. Sì, lei era ancora viva, ma a quale prezzo? Aveva dovuto uccidere un’ anima innocente, per salvarsi. La vita di Morgana era stata sacrificata per la salvezza di Rebecca, questa era la verità.
“A cosa stai pensando?” – le domandò la Collins, cui non era sfuggita la sua espressione.
Rebecca si era improvvisamente rabbuiata.
“A Morgana. Sono stata io ad ucciderla. E credo che mi porterò dentro questo rimorso per tutta la vita.”
“Non sei stata tu ad ucciderla. E’ stato Posimaar.”
“Sono stata io ad usare l’Incantesimo Incandescente.”
“Che alternative avevi? Avresti preferito morire al posto suo? E lasciar morire la professoressa Poliglotter? Perché è di questo che stiamo parlando. Tu non avevi scelta e hai fatto quello che chiunque altro avrebbe fatto.”
“Morgana non avrebbe dovuto trovarsi lì.”
“Già. E il Demone non avrebbe dovuto impadronirsi del suo corpo. Ma, sfortunatamente, l’ha fatto. E se cerchi qualcuno da incolpare per non essersi accorto di nulla, rivolgiti a me.”
Rebecca alzò gli occhi su di lei.
“Oh sì. Sono io la prima colpevole di tutto questo, Bonner. Sono la responsabile della scuola e delle Prescelte. Io per prima avrei dovuto capire che Morgana aveva qualcosa che non andava. Quindi, non darti colpe inutili, perché ti assicuro che il mio senso di colpa è già sufficiente per entrambe.”
“Professoressa, io…”
La Collins alzò una mano, per metterla a tacere. “Molte cose sarebbero dovute andare diversamente, quest’anno. E me ne assumo la piena responsabilità. Ma questo, purtroppo, non ci porterà ad una soluzione del problema, e sicuramente non riporterà indietro Morgana Curter.”
Rebecca abbassò gli occhi. Sapeva che la preside aveva ragione, ma non poteva comunque fare a meno di provare rabbia e risentimento verso se stessa. Forse, solo con il tempo sarebbe riuscita a metabolizzare l’accaduto, proprio come stava facendo la Collins.
Ma su una cosa la preside aveva ragione. Incolparsi non avrebbe riportato indietro Morgana. Lei ormai faceva parte del passato, per quanto doloroso fosse quel pensiero.
“Morgana avrebbe voluto vederci combattere, Bonner. E dobbiamo continuare a farlo. Dobbiamo uccidere chi le ha fatto questo.”
Rebecca la guardò, stavolta con occhi diversi.
Annuì piano, senza dire nulla. La Collins aveva ragione. Doveva uccidere Posimaar, e doveva farlo per vendicare Morgana. L’avrebbe fatto, anche se fosse stata l’ultima azione che avrebbe compiuto nella vita. Lo giurò mentalmente a se stessa. E a Morgana.
“Ascolta, c’è un’altra cosa di cui vorrei parlarti.” – aggiunse la Collins. “Abbiamo convenuto con la famiglia Curter di celebrare qui ad Amtara il funerale di Morgana.”
Rebecca ne fu sorpresa. “Davvero?”
“Hanno espresso questo desiderio e non me la sono sentita di negarglielo. In fondo, Morgana era una Prescelta ed è una vittima di Posimaar. Quale luogo migliore per ricordarla, se non quello che è diventato il simbolo della lotta contro il Demone Supremo?”
Rebecca non avrebbe potuto essere più d’accordo.
“L’infermiera Anderson mi ha detto che stai meglio e che a breve verrai dimessa. Credo tu abbia piacere di partecipare al funerale.”
“Sì, professoressa, naturalmente.”
“Bene, credo che per il momento non abbiamo più nulla da dirci.” – annunciò infine la preside, alzandosi. “Il mio lavoro mi aspetta.”
“Professoressa.”
“Sì?”
“Come sta Clio?”
La Collins apparve stupita da quella domanda. Conosceva bene il rapporto che legava la fata a Morgana.
“E’ ancora un po’ scossa, ma si riprenderà.”
“Lei non trova strano che Clio non si sia accorta di niente? Voglio dire, la conosceva, erano parenti. Possibile che non abbia colto nessun segnale in Morgana che potesse ricondurre al Demone?”
“Non è così semplice. Erano parenti, è vero, ma non si vedevano da un sacco di tempo. Si può dire quasi che si conoscessero appena. Io credo che Morgana abbia trovato in Clio un alleato e che la fata abbia trovato in Morgana un’amica, nella solitudine della sua vita ad Amtara.”
“Ma le fate non sono sole.”
“Credimi, lo sono.”
“E perché Morgana aveva bisogno di un alleato?”
“Perché si sentiva sola. Quando sei posseduta da un essere come Posimaar, ti senti sola anche in mezzo alla gente. Morgana si è aggrappata all’unica persona che aveva vicino per non impazzire.”
“Ma anche Alyssa, Margaret e Viola le erano vicine.”
“Per convenienza, non per amicizia. E a quanto ne so, dopo quello che è accaduto al fiume, Alyssa è stata la prima a darle il benservito.”
Rebecca sospirò. “Sì, anche se ora sappiamo che Morgana non era in sé.”
“Già, anche se, purtroppo, Alyssa non poteva saperlo.”
“Questa storia è terribile.” – mormorò Rebecca.
“Riusciremo a trovare il Demone. E lo sconfiggeremo.”
La Collins sembrava davvero convinta di quelle parole.
Avrebbe tanto voluto condividere il suo ottimismo, ma in quel momento proprio non ci riusciva.
“Riposati, ora. Ci vediamo domani.”
Rebecca restò a guardarla, fino a quando non fu uscita.
Chiuse gli occhi, ascoltando assorta il cinguettio degli uccelli, fino a quando, esausta dopo quella lunga conversazione, si addormentò.
 
   
 
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