Era una mattina come tante altre. Pioveva. Mi ero alzata da poco, stavo facendo colazione. Mio fratello Seth, allegro come sempre, entrò di corsa in cucina, salutando con un sorriso me e mia madre. Non gli risposi. Uscendo di casa presi le chiavi dell'auto di mio padre. Era morto da un mese, ormai, la sua auto la avevo ereditata io, praticamente. Ogni mattina, dopo aver acceso il motore, mi giravo verso la finestra del salotto. Ogni volta che usavo la sua auto, mio padre si metteva lì, e mi faceva un cenno che voleva dire: "Trattala bene, ok?" e io gli rispondevo. Come ogni mattina, non si affacciò nessuno. "Seth, muoviti o ti lascio a piedi!" urlai verso la casa. Accompagnare a scuola quel ritardatario è una vera pena, pensai. Dopo qualche minuto, Seth uscì di casa e corse verso di l'auto. "Leah, secondo me dovresti calmarti" mi disse "Anche se arrivi con tre minuti di ritardo al lavoro, non succede nulla!". Lo fulminai con lo sguardo. Si zittì all'istante. Guidando, tenevo gli occhi fissi sulla strada. Non proprio perché volessi evitare un incidente. Ma in quel punto lo facevo sempre. Stavamo passando davanti alla casa di Sam. Sam. Quel nome era ancora una ferita aperta per il mio cuore. Seth mi guardava, con un'espressione triste sul volto. Nonostante il mio rifiuto di confidare qualcosa, la mia indifferenza, aveva capito e provava pena. Lo odiavo quando faceva così. Odio essere compatita. Mi voltai bruscamente. Mi sentivo calda. Forse avevo la febbre. Eppure non stavo male, anzi. Arrivata alla scuola superiore di La Push, mio fratello scese e scomparve tra i suoi amici. Io uscii dal parcheggio e mi diressi al centro commerciale di La Push. Non dico di odiare il mio lavoro, però non è proprio il massimo della vita servire degli sconosciuti nervosi con un sorriso finto stampato in volto quando avresti voglia di buttarti sotto un treno. Ci avevo pensato spesso, al suicidio, dopo l'abbandono di Sam, ma non mi sembrava una soluzione. O non avevo abbastanza coraggio. Ero a metà strada, quando mi venne voglia di fare una corsa. Mi sembrava che la foresta mi chiamasse. Scesi dall'auto e mi inoltrai nel bosco, sotto la pioggia. La mia coscienza mi spingeva a tornare indietro, di andare al lavoro, mi servivano quei soldi. Ma il mio istinto mi diceva di continuare ad avanzare, sempre di più. Arrivai al centro del bosco, dove gli alberi si infittivano, creando una specie di barriera. Mi appoggiai al tronco di un albero, riparata dalla pioggia grazie ai suoi rami, sfinita e bollente, e scivolai per terra. Chiudendo gli occhi, pensai alla ma vita, a Sam, a mio padre, a mia madre Sue e a Seth... Mi portai le mani al viso e mi meravigliai di sentirlo bagnato. Non mi ero accorta di star piangendo. Ad un tratto, una rabbia folle prese vita dentro di me... Ero arrabbiata, non sapevo per cosa e con chi, ma non era questo l'importante. Iniziai a tremare, sempre più forte, e non riuscivo a fermarmi. Percepivo dei cambiamenti nel mio corpo, ma ero confusa e annebbiata, non capivo. I miei vestiti esplosero e io mi ritrovai nuda. Ma non avevo freddo, anzi, stavo sudando. Intanto aveva smesso di piovere. Un timido raggio di sole sbucò da una nuvola. Mi allontanai dall'albero e mi diressi verso il sole. Poi mi chiesi perchè stavo camminando a quattro zampe. Mi girai. La mia ombra aveva una forma strana, non quella di un essere umano, ma animalesca. Mi guardai il corpo. Avevo peli dappertutto, non riuscivo a tirarmi in piedi, il viso si era allungato, prendendo la forma di un muso. Scappai. Dove? Lontano da me stessa. Conto molto sul vostro parere. Grazie a tutti, dalla vostra ANIMAPERSA