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Autore: cin75    12/12/2021    3 recensioni
Dalla storia:
“Voglio stare con te!” trovò il coraggio di precisare.
Gli occhi verdi fissi in quelli ambrati di Jared che lo guardavano stupiti.
Jared annullò lo spazio tra lui e il bancone. Poggiò le mani sul piano di legno levigato e strinse appena un po’.
“Tu vuoi stare con me?!” chiese come se non avesse capito.
E allora Jensen, finalmente, si mosse e prese una posizione speculare a quella del ragazzo. Mani sul bancone e busto appena sporto verso l’altro.
“Sì!” rispose. “O per lo meno ci voglio provare!”
Genere: Angst, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Jared Padalecki, Jensen Ackles
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Come preannunciato da Pellegrino, Jared venne estubato il mattino dopo e con grande soddisfazione del cardiochirurgo, fu possibile spostarlo in una stanza di reparto.
Inutile dire che Jensen, un minuto dopo che Jared fu sistemato in camera, era già al suo fianco.
“Jensen...” lo richiamò Pellegrino. “Stanotte ti permetto di stare qui, ma da domani sera te ne vai a casa tua!” ed era decisamente categorico.
“Ma io…lui..” balbettò Jensen.
“Lui ora sta bene e deve solo recuperare. E anche tu. Domani sera te ne torni a casa!” e andò via senza dare al biondo la possibilità di perorare la sua causa.
Jensen lo vide uscire. Sbuffò. “Che palle!!” sbottò, indispettito. Ma subito dopo tornò a concentrarsi sul volto decisamente più sereno di Jared. Ora, sembrava davvero stesse solo riposando.
“Vado a prenderti qualcosa da mangiare e poi vado. Sono di turno tra un’ora , ma smonto nel pomeriggio, verso le tre circa. Ma voglio che tu mi chiami ad ogni sua variazione!” lo avvertì Misha.
“Contaci!”

Jensen passò così la sua giornata. Seduto accanto a Jared. Osservando i vari medici che si alternavano nei controlli, a sospirare sollevato ogni volta che Pellegrino gli sorrideva soddisfatto dicendogli che tutto andava bene.
Mangiò il panino che gli aveva preso Misha vicino alla finestra che dava su un piccolo cortile in cui i vari pazienti che se lo potevano permettere, trascorrevano un po’ di tempo con i familiari o a leggere il giornale o gettando delle briciole ai piccioni che svolazzavano tranquilli tra le fronde degli alberi.
Nella sua mente la tranquillità sul fatto che Jared ne stava uscendo, e la consapevolezza che aveva perso del tempo prezioso e quello che si portava dentro , avrebbe dovuto confessarlo subito.
Una volta finito tornò a sedersi vicino al letto. Prese con delicatezza la mano di Jared e ne accarezzò piano i contorni.
“Andiamo...andiamo…non farmi aspettare ancora. Apri gli occhi, Jared. Torna da me. Devo dirti tante cose e una è...è davvero importante. Andiamo...andiamo...” sussurrava senza rancore, baciandogli sofficemente le nocche.

Erano circa le quattro del pomeriggio quando Misha si affacciò nella stanza di Jared e ciò che vide gli intenerì il cuore.
Jensen stava cantando per Jared. Di nuovo.
Ma questa volta cantava una di quelle canzoni che Jared amava tradurre e cantare con un accento tutto suo.

Fai rumore...e non lo se si mi fa bene
...se il tuo rumore mi conviene…
Ma fai rumore, qui...” cantò Jensen indicandosi il cuore.
...e non lo posso sopportare
questo silenzio innaturale, tra me e te…
...ma non ne voglio fare a meno oramai…
di quel bellissimo rumore che fai...

Anche l’accento di Jensen era stentato. Incerto. Decisamente buffo.
Ma Misha trovò comunque la cosa estremamente romantica.
E quando si rese conto che nella voce del barista si era palesata una nota troppo forte di emozione , fece notare la sua presenza schiarendosi la voce.
“Jensen...” lo richiamò piano.
Jensen non si voltò verso l’altro, ma rimase fermo a fissare Jared. Gli sorrideva dolcemente, continuava a carezzargli piano il dorso della mano, leggermente segnato dalla presenza dell’ago della flebo.
“Sai cosa significa questa canzone?” chiese pacato.
“No.”
“Jared me l’ha tradotta circa un mese fa...gli piace questa canzone. Dice che è così struggente paragonare l’amore che si prova ad un rumore di cui non si può più fare a meno. L’amore che noi di solito paragoniamo alla pace dei sensi….in questa canzone invece è un bellissimo rumore che diventa parte della vita stessa.” spiegò usando il verbo “piace” e non piaceva. O “dice” invece di “diceva”...perchè Jared non era andato via...era lì. Ancora. Ed era vivo.
“E’ molto bello e Jared ha ragione. E’ bellissimo e struggente!”
Per un momento , nella stanza, solo i loro respiri regolari insieme a quello di Jared.
“E’ così strano vederlo così calmo...tranquillo...” disse piano Jensen.
“Sì, lo so.!” gli diede ragione Misha avvicinandosi al letto.
“Lui è sempre così allegro..vivace...è..è una sorta di temporale. Un bellissimo temporale. E’ così strano questo suo silenzio. Così non ….suo!”
“Già!” convenne ancora il paramedico, capendo cosa l’amico volesse dire. Gli mise una mano sulla spalla come a supportare quei suoi sentimenti malinconici. “Jensen vedrai che...”
“Ho bisogno che lui torni a fare rumore, Misha. Ne ho bisogno. Non posso più fare a meno del suo bellissimo rumore.” fece, facendo sue le parole di quella canzone.

Poi quel silenzio divenne anche loro. A renderlo meno pesante, i macchinari da cui proveniva il ritmo regolare del cuore di Jared.

La sera , verso le sei, il cardiochirurgo entrò nella stanza. Jensen si allontanò dal letto e fece spazio al medico così che potesse visitare Jared.
Quando questi ebbe finito, li richiamò fuori dalla stanza.
Ma se Jensen era comunque sempre in allerta quando Pellegrino doveva riferirgli delle condizioni di Jared, il medico, dal canto suo, sembrava davvero rilassato.
“Ok! Ora voglio che tu vada dentro, lo saluti e poi te ne vada a casa, perché...”
“La prego, dottore...io non...”
“Fammi finire!!” lo fermò il medico. E Jensen tacque. “Voglio che tu te ne vada a casa e che riposi, perché le cose vanno decisamente bene e domani sospenderò definitivamente la sedazione. Lasceremo che Jared si risvegli da solo, con i suoi tempi, ma dato come sta reagendo, lo farà in fretta. Quindi non voglio che accanto a lui si ritrovi uno zombie sfinito invece che il suo ragazzo in piena forma.”
Jensen strabuzzò gli occhi a quella notizia. Incredulo.
“ Vuole dire che domani...che ...che domani...”
“Che domani, se il bell’addormentato se la sente, potrete scambiarvi anche qualche parola.”
“Sììììììììì!!!!” urlò letteralmente Jensen, abbracciandosi a Misha e poi anche al medico che se la rise di cuore a quell’entusiasmo. “Grazie!! Grazie!!!” ripeteva Jensen. “Mio Dio!!! Grazie dottore.” e senza pensarci troppo ritornò nella stanza di Jared.
Misha rimase con il medico e quando questi fece per andare, Misha lo fermò dal braccio, chiedendo scusa, immediatamente dopo, per quel gesto.
“Problemi?!” fece Pellegrino.
“Non mi fraintenda...ma ci ha detto tutto?” azzardò.
“Che cosa intendi, Collins?!”
Misha lo invitò ad allontanarsi dalla porta della stanza dell’amico. “Faccio il paramedico da oltre quindici anni e so per esperienza, che gli arresti respiratori non sono mai una bella cosa!”
“ Collins, ascolta...”
“Jared era in arresto..ed è andato in arresto in ambulanza quando è stato soccorso e poi ancora prima di arrivare qui. Lei e Sheppard ci avete detto che è collassato anche in sala operatoria...” riassunse i suoi pensieri e quello che era successo.
“Ascolta..” cercò di fermarlo il medico, che aveva già capito dove l’altro volesse arrivare.
“Un arresto o un collasso significano assenza di ossigeno al cervello. E Jared… lui...lui ha...”
“Ascolta, hai ragione!”
“Cosa?!” fece spaurito Misha.
“Hai ragione quando dici che l’arresto respiratorio potrebbe aver causato danni a livello celebrale. Ma dagli esami che abbiamo fatto non ce ne sono tracce e fin quando non si sveglia non ne possiamo avere conferma. Ora….” fece risoluto. “Hai visto la reazione di Jensen? Vuoi davvero dirgli che, anche se non ne siamo certi, c’è la possibilità che il suo ragazzo possa aver avuto danni al cervello?”
“Io...io non..”
“Aspettiamo domani. Aspettiamo che Jared si svegli. Dopo di che agiremo in base alla situazione che ci si prospetterà. Ok?!”
Misha non rispose, pensando a quello appena detto.
“Ok!?” ripetè con più decisione il cardiochirurgo.
“Sì..sì..Ok!” rispose Misha.

Quella notte fu per lo più insonne per tutti.
Jensen non riuscì a dormire quasi per niente, nonostante la stanchezza, per l’agitazione e l’ansia di rivedere Jared.
Misha non dormì a causa di quello che lui e Pellegrino si erano detti.
Rich, messo al corrente da Misha , ma più che altro perché il paramedico aveva avuto bisogno di sfogarsi, era nelle stesse sue condizioni.

Quando la mattina, tutti e tre, arrivarono in ospedale, Pellegrino era già fuori dalla porta della stanza di Jared.
Jensen aumentò istintivamente il passo per raggiungerlo.
“Sta per iniziare?!” chiese ansioso.
Pellegrino sorrise, finendo di appuntare qualcosa sulla cartella clinica che aveva tra le mani.
“In verità ho già finito!” rispose, guardando i tre.
“Cosa?...lei..lei lo ha già...”
Il volto del medico divenne decisamente divertito. “Sì. Io lo ho già!!” convenne ironico. “E onestamente Jared si è dimostrato molto più lucido di voi tre messi insieme!” asserì.

In effetti, Pellegrino aveva deciso di risvegliare Jared prima dell’arrivo dei suoi amici e di Jensen. Era certo che il ragazzo avrebbe risposto bene al risveglio, ma andare sul sicuro e non mandare in panico i “parenti” era sempre una carta da tenere ben stretta.
Una volta diminuito il sedativo, il chirurgo rimase in attesa accanto al letto del suo paziente e quando fu passato un giusto lasso di tempo, iniziò a richiamare cautamente Jared.
“Jared?...Jared mi senti? ...Jared prova ad aprire gli occhi...Mi senti?!”
Da parte del giovane prima un leggero mormorio, quasi un mugugno per essere stato distolto da quel sonno pacifico che la sua mente ancora ignorava da cosa era stato provocato.
Poi all’ennesimo richiamo del medico, Jared, lentamente iniziò ad obbedire e ad aprire gli occhi.
La luce era forte e non riusciva a non stringerli di nuovo.
“Infermiera, tiri le tende per favore!”
Ora che la stanza perdeva un po’ di quella luce mattutina, Jared, richiamato ancora, riuscì finalmente ad aprire gli occhi.
Cercò perfino di parlare ma una leggera fitta alla gola lo fece desistere. La sua mano provò ad arrivare al collo per capire cosa provocasse quel fastidio, quando, quello che sembrava in tutto e del tutto un medico, parlò, rispondendo al suo tacito sconcerto.
“Ascoltami, Jared...” iniziò. “ Sei in ospedale, al Mercy. Io sono il dott. Marcus Pellegrino. Ti ho preso in cura da quando sei arrivato qui ferito da un colpo di pistola.” e solo allora lo sguardo attento di Jared, divenne allarmato, più che altro consapevole come la sua mente avesse appena ritrovato e ricordato tutto. Pellegrino capì quel muto allarmismo e cercò di tranquillizzarlo. “ Ascoltami...ascoltami….eri grave ma abbiamo rimesso tutto a posto e ora devi solo riprenderti!!” disse senza entrare nei particolari. Per quelli ci sarebbe stata un’altra occasione.
“Io...io...non...” provò a dire, Jared, alludendo al fatto che non riusciva a parlare.
“Lo so, lo so. Il bruciore che senti è dovuto al fatto che fino a qualche giorno fa sei stato intubato. Passerà, tranquillo. Ti andrebbe di bere un po’ d’acqua?!” e Jared annuì. Pellegrino fece cenno all’infermiera che si attivò immediatamente, porgendo al ragazzo un bicchiere con una cannuccia.
Jared riuscì a buttare giù un paio di sorsi , ma quel poco che riuscì a rinfrescargli la gola sembrò il fresco del Paradiso dopo il fuoco dell’Inferno.
“Ok, ok...bene così. Un po’ alla volta. Ora ...” fece ritornando focalizzato su quello che più gli interessa di più, ossia, le funzionalità neurologiche. “..ho bisogno di farti qualche domanda. Domande di routine. Semplice prassi. So che ti senti comunque stanco e anche confuso, ma sii paziente, ok?”
Jared annuì sistemandosi contro il cuscino. L’infermiera lo aiutò, sollevandogli appena il guanciale e lui la ringraziò solo con uno sguardo grato.
“Bene!” fece Pellegrino. “Sai dirmi il tuo nome completo?!”
“Jared…Padalecki. Jared...Tristan Padalecki.” precisò.
Sul volto del medico piena soddisfazione.
“Ok. Sai in che città siamo?”
“Se questo...è il Mercy...che conosco..io, siamo...siamo ad Austin, Texas!”
“Perfetto.” a spuntò ancora sul suo foglio. “ Sai dirmi in che anno siamo?”
“2019…settembre...il...” ma poi si fermò perché era il 15 settembre la sera della festa, ma poi non poteva sapere da quanto era in ospedale. “Era il 15 ...oggi...oggi che giorno è?….da quando….da quando sono qui?!”
Pellegrino se un attimo prima era decisamente entusiasta della lucidità spazio temporale di Jared, che significava niente traumi celebrali, ora sapeva che doveva entrare nei particolari della sua situazione clinica. Chiuse la sua cartella medica e la passò all’infermiera che si allontanò capendo che discorso si apprestava a fare il medico.
“Dal punto di vista neurologico va tutto bene. Davvero davvero bene.” fece avvicinandosi al letto.
“E dal punto di vista fisico?!” azzardò Jared.
Pellegrino lo fissò, notò la sua apprensione. “Ti va se ti alzo appena un po' il letto per farti stare più dritto?”
“Se è possibile...lo vorrei davvero!” convenne il giovane e sospirò di sollievo quando sentì il materasso aderire meglio alla sua schiena e tenerlo su un po’ più dritto.
“Va bene.” fece il medico e si sedette sul bordo del letto. “Questo è quanto: ti hanno portato qui la sera del 15. Avevi un proiettile calibro 9 in pieno petto. Ti abbiamo soccorso ma in un primo momento non è stato possibile estrarlo. Eri troppo debole e avevi perso troppo sangue. Sei stato per quasi un giorno in una sorta di stasi medica che ci ha permesso di stabilizzarti e ha permesso al tuo corpo di combattere lo choc. Quando sei stato più stabile , con il dott. Sheppard, abbiamo deciso di..”
“Un attimo...un attimo….il dott. Sheppard? Ma lui è al...”
“Sì, ma era qui per una consulenza esterna quando sei arrivato e ha chiesto di far parte dell’equipe medica. Mi è stato di grande aiuto specie nella seconda operazione.”
Jared sospirò cercando di assimilare tutto quello che stava venendo a sapere.
“Seconda operazione?” chiese poi.
“Sì, dovevamo tirare fuori quel maledetto proiettile , ma aveva fatto davvero tanti danni e tu stavi collassando a causa dell’emorragia. Io e Sheppard abbiamo optato per l’unica delle soluzioni chirurgiche possibili in quella situazione e ti abbiamo praticato una resezione aortica.”
“Una resezione ...”
“In pratica abbiamo preso la parte di aorta danneggiata e l’abbiamo sostituita con una parte di vena sana.”
“Una sorta di operazione a cuore….aperto?!”
“Meno complicato ma comunque bella tosta, anche perché tu hai fatto parecchi capricci in sala.” alludendo alla situazione critica per cui quella decisione medica era stata presa.
“Oddio!!” sospirò Jared, portandosi una mano al petto e sentendo sotto le dita il leggero strato di benda chirurgica che gli copriva la ferita.
“Ma ti ripeto che ormai è tutto finito e devi solo riprenderti. Sei stato in coma farmacologico, intubato ma hai superato alla grande ognuno di questi passaggi clinici.”
“Mi...mi sembra una...cosa lunga?!”
“Abbastanza. Sei qui da quasi due settimane, Jared!” disse infine il medico.
Jared rimase per qualche attimo interdetto. Per un attimo la sua mente si divise su due pensieri.
Uno: aveva perso giorni interi della sua vita in un modo assurdo.
Due: anche se era assurdo quello che gli era successo, era comunque vivo.
E poi , ad un tratto, qualcosa sembrò illuminarglisi nella testa.
“Jensen?!” nominò, guardando il medico seduto ancora accanto a lui. “Lui...lui è...” balbettò tra l’ansioso e l’apprensivo.
“Se ti riferisci a quel ragazzo decisamente di bell’aspetto, decisamente testardo, decisamente interessato a te?” domandò come se volesse una risposta ma avendo in cambio solo un’espressione di ansiosa attesa.
“...sì, è qui. In verità è qui in pianta stabile da quando ti hanno ricoverato. Ho provato a mandarlo via innumerevoli volte, anche solo per un caffè da prendere in un posto che non fosse il bar dell’ospedale o la macchinetta qui al piano, ma non c’è stato verso. Me lo ritrovavo ovunque...di giorno davanti alle porte della terapia intensiva, di notte sulle poltroncine della sala d’attesa. Cavolo, ragazzo!! te ne sei trovato uno davvero caparbio!!” disse cercando di far sorridere Jared che sembrava essersi preoccupato per quello che stava sentendo.
“Lui non è ...mai...” azzardò emozionato.
E a quel punto anche il viso del chirurgo sembrò addolcirsi.
“Mai. Non ti ha mai lasciato, Jared. In modi diversi ha lottato con te. Sempre!”
Jared rilassò per un attimo la testa contro il cuscino, chiuse gli occhi, quasi gustandosi quella confessione del medico che lo vide perfino, e finalmente , sorridere.
“Jared, tutto ok?” chiese solo per riportare il giovane al presente.
Jared riaprì gli occhi. Sorrise.
“Posso vederlo ? Io..io vorrei davvero vederlo!” chiese
“Ascoltami, il tuo Jensen sarà qui a momenti. Ieri sera l’ho letteralmente minacciato di non farlo più entrare qui dentro se non se ne fosse andato a casa a riposare almeno qualche ora. Tu eri stabile e definitivamente fuori pericolo e lui era decisamente esausto. Ma ormai penso che sarà qui a momenti.”
Jared sorrise e nel mentre quella conversazione aveva luogo, Jensen davvero era appena arrivato in ospedale.
   
 
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