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Autore: robyzn7d    18/12/2021    1 recensioni
“Quante assurdità in questa storia.”
Nami, seduta sul letto, ancora quello dell’infermeria, aveva ascoltato tutto il racconto informativo di quella mattina narrato da Robin, sulle vicende bizzarre della misteriosa bambina apparsa per caso nelle loro vite.
“Come al solito a quel testone di Rufy non interessa indagare” strinse i pugni “io voglio sapere tutto, invece.”
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STORIA REVISIONATA
Datele una seconda possibilità, chissà che non ve ne pentirete!
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mugiwara, Nami, Roronoa Zoro, Z | Coppie: Nami/Zoro
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo XXIII
Gesto d’amore 

 
 
 
 
 
 
 
 
Passeggiava a piedi nudi sulla sabbia bianca e sottile, Nami; i sandali lasciati accanto al falò poco lontano da lei a cui stava dando le spalle, lo stesso che avevano acceso quella sera per festeggiare le migliorie sulla Sunny e i progressi di Rin nell’imparare ad utilizzare il suo potere. Ogni scusa era buona per il capitano e fedeli seguaci per piazzare una pira di legno nel minor tempo possibile e dare inizio ai soliti festeggiamenti poco sobri. 
Il lontano profumo della brace mischiato a quella della salsedine le arrivava nelle narici, il rumore del mare nelle orecchie, la pelle era bollente per via dell’alcol che le scorreva nuovamente nelle vene, seppur in minor quantità rispetto alla serata precedente, e il cuore che le pulsava nel petto ad ogni ricordo di ogni sguardo di Zoro.
Dopo la sfuriata in cucina della mattina, con cui aveva steso a terra spadaccino, cuoco, capitano e carpentiere, aveva smesso di avere con lui dei confronti, di qualunque tipo, dal parlarci al litigarci, dallo schernirlo al farsi coccolare. 
A mente più lucida, il ricordo di quello che aveva confessato in quella notte passata le faceva provare una strana sensazione simile alla vergogna, come avesse rivelato qualcosa di così ridicolo, detto alla persona meno adatta di tutte nel riceverlo. 
Si soffermava, di tanto in tanto, sulla riva, senza proseguire, osservando l’orizzonte con sguardo imbarazzato, per via delle sue debolezze palesatesi davanti come a una resa dei conti. 
La paura del cambiamento scalpitava dentro di lei, la sentiva chiaramente crescere di volume. 
 
Tu sei dentro di me. 
L'ho detto per davvero? 
Che stupida!
E che imbarazzo. 
 
Era stato persino più vergognoso di quei baci irruenti e animati che le avevano rubato la pace. 
In quella lunga giornata passata a riflettere su questa confessione, recuperare le memorie di una sbornia e affrontare la verità di Rin, aveva avuto ancora bisogno di fuggire da lui. 
Era davvero così difficile per lei sorreggere quella verità? Era davvero così grande l’attrazione che aveva per Zoro? 
E lui?
Ogni suo spostamento di quella giornata si poteva ricollegare a uno sguardo intenso di Zoro, che lei aveva fatto finta di non notare. E ognuno di questi si collegava a un’emozione. 
Da quanto andava avanti questa premura nei suoi confronti? Da quanto tempo la sorvegliava attento mentre lei non si accorgeva nemmeno? 
Era chiaro che si volessero bene. Ma non era chiara la mole di quell’amore…la proporzione, il volume…e fin dove sarebbe potuto arrivare.
Per Nami amare significava la possibilità di perdere e soffrire. Ma amare era anche tutta l’eredità che Bellemere le aveva lasciato, sacrificandosi per lei, per la sua vita, per l’orgoglio e il vanto di avere una famiglia da proteggere, dimostrando che non c’é vergogna nell’amare qualcuno e ammetterlo. 
Eppure, questa lezione era così chiara nella sua testa, e allora perché metterla in pratica con Zoro e Rin sembrava più dura del previsto? 
Rin…, la sua bambina, la dimostrazione di quell’amore concreto dal poterlo quasi toccare. La sua bambina che a breve sarebbe tornata a casa lasciandole dentro un vuoto che solo quel giorno aveva iniziato a sentire. 
Era riuscita a tornare indietro di due giorni nel passato, e nel momento stesso in cui si era volatilizzata davanti ai suoi occhi aveva perso un battito e le si era gelato lo sguardo. Aveva gioito per la riuscita della prova, aveva festeggiato insieme alla bambina della riuscita della sua piccola impresa, ma dopo si era sentita esplodere, mancare, quasi come scomparire. 
La sua bambina del futuro aveva intrapreso la difficile strada della spada, ingerito un frutto del diavolo così pericoloso per la sua età, ed era ricercata dagli ammiragli della marina. Quanta calma doveva mantenere per far finta che fosse davvero tutto così accettabile? Come poteva digerire il fatto di averla messa in pericolo in quel modo? Come poteva fare i conti con scelte che lei non aveva ancora preso?
 
 
“Non hai mangiato niente!”
 
Roronoa era comparso alle sue spalle, servendole sul piatto la sua ennesima osservazione; mentre lei, in piedi, rimasta immobile per un tempo che non aveva conteggiato, osservava il cielo incantata cercando di scrutare la luna fastidiosamente coperta dalle nuvole per aggrapparsi a quel pensiero e nient’altro, con il cuore che aveva iniziato a batterle forte in petto per quella presenza che si aspettava sarebbe comparsa prima o poi, e che ora stava interrompendo i suoi pensieri. 
Aveva sussultato. 
Ma ormai era diventata consuetudine, non faceva altro che sussultare, soprattutto in quella lunga e interminabile giornata che la stava facendo a pezzi poco alla volta. 
Perché era tutto così dannatamente emotivo? 
Eppure, aveva il dubbio che Zoro, quella notte passata, le avesse dato una risposta, anche se non era proprio in sé per averne la certezza. Aveva forse ricambiato la sua confessione? 
No, era stata solo una illusione.
 
“Mi controlli?”
 
Nami rispose senza esitazione, sforzandosi di non avere un tono sorpreso che però presagiva il contrario. Ma per quanto provasse a nascondere le sue emozioni davanti a lui, era consapevole che imbrogliarlo su questo fronte era praticamente impossibile. Non voleva saperne, infatti, di voltarsi e incrociare quello sguardo, nonostante quell’invadenza non sarebbe cessata così facilmente. 
Zoro non poteva vederla in faccia in quel momento, ma la sua alzata di spalle, in quanto colta alla sprovvista, suggeriva che quell’osservazione l’aveva colpita. 
 
“Sei sicura di star bene?” 
 
Eccola di nuovo, quella premura. 
Come un piccolo flash, l’immagine di loro due avvinghiati sul ponte ritornò fulminea nella sua mente, era così vivida e bulicante di emozioni conturbanti da non poterlo sopportare. Un’immagine che la fece sobbalzare per istinto, senza nemmeno accorgersi e poterlo controllare o nascondere in tempo.
 
“Non dovrei?”
 
Dietro di lei, lo spadaccino rimaneva immobile in attesa di qualcosa che nemmeno lui era in grado di definire. Vedeva quel vestito bianco svolazzare e ricadere addosso alla compagna leggero, conferendole un’aurea di serenità, seppur sapesse per certo che ogni qualvolta avanzavano di nuove emozioni lei cadeva giù, sempre più a fondo. Non sapeva come evitarlo, non sapeva come aiutarla. 
Tra lei e lui, non avrebbe saputo dire chi dei due sembrasse più fuori posto in quella situazione: se una testa rossa scoperta prima donna e poi mamma troppo presto, dallo sguardo spaventato ma fiero, o uno come lui, diventato un uomo che con le sue regole ferree aveva rinunciato alla vita fin da bambino. 
Ma nonostante tutto era certo che quel “sto bene” non lo convinceva affatto. 
Lui l’aveva guardata male dietro alle sue spalle, riluttante del dover sempre accettare questo suo modo di fare, di queste sue piccole bugie che dovevano nasconderla. Zoro era sempre stato sicuro che quello fosse il suo atteggiamento di consuetudine ma per la prima volta iniziò a chiedersi se la sua severità avesse influito in quella scelta di non condividere con lui le sue paure. Forse era stato così inflessibile con lei che non le aveva dato modo di condividere le sue maledette insicurezze per paura di un suo giudizio. 
In effetti, Zoro sapeva di aver fatto fin troppa leva sulle emozioni di Nami, incolpandola indirettamente di averle provate, di aver esagerato nel provarle. Ma lui non riusciva proprio a capirlo un atteggiamento come quello, non era perciò naturale per lui elargire certe concessioni. 
Aveva anche grugnito mentre ci pensava, per poi riprendere a respirare normalmente, come se nulla fosse accaduto nella sua mente, come se non avesse mai avuto un simil pensiero. 
 
Dal canto suo, Nami non poteva certo sapere cosa passasse per la testa del compagno, ma sorridente, aveva udito perfettamente il suo lamento silenzioso, immaginandone l’espressione imbronciata spiaccicata su quel viso brontolone. Un grugnito che, a dispetto della continua reazione lamentosa di lui, a lei faceva ridere, la faceva sentire nuovamente in un posto sicuro, dove tutto aveva sapore di casa, di conforto, di sicurezza. 
Distolse con fare precipitoso gli occhi dall’orizzonte, troppo presa dall’essere elettrizzata per essere riuscita a farlo esasperare ancora una volta, e senza nemmeno impegnarsi. Si portò un po’ impacciata una mano tra i capelli per tirarli all’indietro, pronta a voltarsi per volerlo guardare in viso. Non voleva perdersene nemmeno una di quelle sfumature di quel viso in quel momento, immaginando le vene che gli scoppiavamo in fronte quando non riusciva a capire cosa lei stesse pensando, e i lati della bocca serrati dalla rabbia trattenuta. Sapeva bene che lui detestava essere ingannato, raggirato, e per la maggiore quando lei non era sincera, ma per Nami era impossibile non fare altrimenti, e questo, a suo modo, la rallegrava, perché fin da quando lo aveva conosciuto, aveva sempre significato che lui teneva a lei, nonostante non facesse altro che maledirla o criticarla. Ma le sue parole erano sempre il contrario delle sue azioni, per lo meno, con lei era così. E questo dettaglio la faceva sentire al sicuro. Era incredibile come qualcosa di così apparentemente irrilevante potesse essere invece una sicurezza. 
Ma nel momento stesso in cui si voltò, scontrò il suo volto con il collo del verde che, silenzioso, si era avvicinato abbastanza a lei da coprire qualsiasi distanza ci fosse tra i loro corpi. 
Sobbalzò per l’ennesima volta, Nami, quando sentì quelle due braccia voluminose avvolgerla sotto al petto, in una presa tanto attesa e voluta quanto stretta e sicura, che aveva voglia di dare conforto. 
D’istinto, e come per coprire il disagio, le sue stesse mani andarono a depositarsi su quelle del compagno che l’avevano avvolta, seppur ancora impacciata e sorpresa dal gesto audace e improvviso che non si sarebbe certo aspettata di ricevere. 
Lo spadaccino aveva poggiato la testa accanto alla sua, il cui sospiro arrivava dritto sulla spalla di Nami, non smettendo però di grugnire, come fosse comunque infastidito dalla sua stessa azione, dalla sua stessa volontà. Reazione che ebbe il potere di alleggerire lo scenario quasi romantico, che richiedeva un eccessivo quantitativo di aspettativa e scomodità, trasformandolo in un momento più adatto a loro, che fece riprendere Nami a respirare, sghignazzando appena, entusiasta per quella situazione. 
“Mi spieghi che cosa c’è da ridere?”
Sentì ancora più forte il suo brontolare, con quell’alito caldo arrivarle dritto sulla sua pelle. Nami poteva giurarlo anche senza vederlo, era sicuramente diventato rosso in volto per quello che stava facendo, andando quasi contro la sua ferrea immagine di uomo burbero e indelicato. Continuò a sghignazzare lei, non riuscendo a trattenersi. 
“Allora?” 
Continuò imperterrito a chiedere imbarazzato, staccandosi da lei per quasi un secondo, prima che Nami, bloccandolo all’istante, e trattenendo così quelle braccia muscolose su di lei, rese nullo il suo tentativo di tirarsi indietro, rendendo chiare le sue intenzioni di volerlo così, in quella esatta posizione. “Continua pure a lamentarti, ma rimani”, aggiunse, senza spiegarsi meglio, dato che lui aveva già capito, non discostandosi più da quella posizione, cingendole il busto con la stessa sicurezza di poco prima. 
Era quasi stordito. Combattuto con sé stesso, non riusciva nemmeno a trovare risposte ai suoi quesiti. Si domandava se tutto ciò fosse un gesto da lui, visto come aveva agito seguendo l’istinto. O se fosse lei ad aver bisogno di questi gesti, di questa vicinanza, di sapere che lui era lì, e dunque stava solo facendo quello che lei voleva, trovandosi in una trappola in cui era stato manipolato senza essersene reso conto. In ogni caso, non erano certamente prove che poteva permettersi di fallire adesso, visto che lei aveva bisogno di rassicurazioni. Ma poi a chi voleva raccontarla, era chiaro come il sole che non si trattava del sol bisogno di Nami. 
Rimase avvinghiato a lei, a quel calore fortissimo che emanava, partendo dal suo profumo di agrumi mischiato alla delicatezza del fresco bagnoschiuma alla vaniglia, uniti alla morbidezza della sua pelle che risaltava ancor di più al contatto con le sue mani. Zoro pensava che in fin dei conti poteva concedersi qualche minuto di tregua e bearsi di quel momento, mentre umettandosi le labbra, strofinava il suo naso sulla spalla scoperta di lei continuando volontariamente a provocarle dei brividi sulla pelle che rispondeva a lui in quel modo che gli piaceva sentire. 
La rossa, percossa dalla testa ai piedi da sensazioni inspiegabili iniziava a pentirsi di quel gesto spontaneo; era stata lei a dirgli di rimanere lì, di non andare via, e poteva essere più stupida di così? 
Ma era stato l’istinto a parlare, la volontà inconscia del suo essere che lo voleva lì, ad abbracciarla così, regalandole forti emozioni in quel modo particolare che solo quella specifica persona riusciva a suscitare in lei. Era stranita, poiché non aveva mai sentito il bisogno di ricevere tali attenzioni, a lei bastava solo che gli altri le obedissero quando aveva dei bisogni particolari, quando si trattava di cose che lei non poteva sbrigare da sola, quasi sempre si trattava di missioni che vedevano una ricompensa in denaro. L’idea di farsi abbracciare da un uomo non era mai stata in alto alla sua lista, forse nemmeno ci rientrava. E stavolta non si trattava nemmeno di un abbraccio di uomo, ma di quell’uomo, di un solo uomo in particolare, capace di suscitarle sensazioni ed emozioni e voglie a cui non aveva mai pensato prima, e nemmeno conosciuto. 
Stava immobile, poiché consapevole che se si fosse voltata, se avesse risposto all’abbraccio e fosse finita con il viso su quel petto confortante si sarebbe persa. Era lui quello dell’autocontrollo, quindi era a lui che lasciava la responsabilità delle loro azioni. Era lui quello a cui lasciva le mansioni pesanti, come sempre. 
Erano come due bombe ad orologeria, almeno, lei sicuramente lo era, e dovevano stare più immobili possibili perché un movimento sbagliato avrebbe fatto un danno da cui sarebbe stato impossibile tornare indietro. 
 
 
Impazzito per le reazioni che quei piccoli gesti, insoliti per lui, provocavano alla compagna, unita a quelle seppur impercettibili emozioni che aveva scorto prima, Zoro rimase immobile sospirando pesantemente: sapeva bene cosa provasse la ragazza, lo sapeva fin troppo bene perché lo provava anche lui. Risoluto a parlarne però, preferiva il silenzio, il non detto, l’archiviare i ricordi della sera prima e non affrontarli. Anche se una cosa era sempre più chiara: lui non riusciva più a dominare l’impulso di avvinghiarsi a lei, in un modo o nell’altro. E questa particolare situazione era il risultato della nottata precedente e di come si era lasciato fin troppo andare mandando al diavolo tutte le sue importanti decisioni. Aveva appena capito che continuare a ripetersi “solo per un po’” era stato dannoso oltre ogni limite. 
Si chiedeva se fosse questo che si provava a stare con una donna. O se solo con Nami…che gli causava questa dipendenza. 
Senza pensarci la tirò appena, quasi impercettibilmente, a lui, il tutto mentre faceva una smorfia e mugugnava qualcosa di incomprensibile. 
Nami stavolta non rise, limitandosi a spiaccicare un sorriso sghembo e silenzioso sulla faccia; aveva capito in quel momento quanto fosse difficile per lui, forse anche più difficile che per lei. Mentre dubitava di sé stessa, di lei come madre, o aveva paura di quel tipo di amore, Zoro, aveva altri tipi di affronti davanti a lui, e riguardavano tutti il suo sé interiore, come il non accettare di cedere alle pulsioni, di non poterle controllare e, chissà, se anche il non poter controllare i sentimenti lo facesse vacillare. 
Nami lo sapeva, che lui era l’unico tra tutti che non avrebbe voluto portare sulle spalle questo amore. Proprio lui che “rubava” alla ciurma la propria navigatrice - o almeno, il suo cuore. Questa cosa doveva spezzarlo. E nonostante la sua rigidezza e severità d’animo, a quanto pare lei continuava ad essere qualcosa di troppo potente per potervi rinunciare. 
Lui non la poteva più respingere, e allora si metteva a respingere sé stesso. Non doveva essere affatto facile per lui questa dipendenza.
E solo ora, Nami, iniziava a sentirlo chiaramente. 
 
“Guarda che va bene se non stai bene!” 
 
Aveva detto lui, continuando a strofinare il naso su quella pelle candida, portandola a chiudere gli occhi e bearsi di quel contatto. 
 
“Mi dai il permesso di provare emozioni, Zoro?” 
 
Lo prese in giro, stringendo però la presa sulle sue mani come a voler suggerire qualcosa di sentito tramite il corpo. 
Ma lui era diventato improvvisamente più infastidito, come se si fosse scoperto e lei lo avesse deriso ancora una volta. “Ma perché diavolo ci provo a parlare con te…”, rispose alzando la testa dalla sua spalla. 
“Ehi hei, stai fermo qua…” Nami continuava a stringere quelle braccia fino a pizzicarlo sul dorso della mano. “Sei troppo incostante lo sai? Prima ti preoccupi, poi ti offendi…” 
“Che cosa?” quasi le urlò nell’orecchio “sei l’ultima che può lamentarsi di questo!” 
Quell’istante avrebbe potuto essere anche magico in un certo senso, ma era chiedere troppo ai due protagonisti incostanti. 
“Vuoi piantarla di pizzicarmi la mano…sono qua, non sto andando via!” 
Nami sorrise, aspettando il suo quietarsi e il ritornare a quelle carezze che le scivolavano sulla sua pelle nuda e che si era scoperta di aver bisogno. 
 
Scese il silenzio. 
Lei aveva voltato leggermente la faccia cercando di sbirciare nella direzione di Zoro, come se avesse necessità di vedere il suo viso. Ma le loro guance erano praticamente una accanto all’altra e non riusciva a scorgerne bene l’espressione. Girarsi del tutto era fuori discussione, non poteva permettersi di lasciarsi andare a quel petto forte, ma riuscire a resistere al desiderio di sentirsi al sicuro e protetta da lui era dannatamente difficile. Fortunatamente, il ricordo di quelle parole rivelate la sera prima le fecero provare nuovamente vergogna per sé stessa, così da non andare più a fondo a quello che stava pensando di fare. Ma quella quiete l’aveva disturbata lo stesso, poiché quando si agitava, anche se impercettibilmente, lui lo capiva, e svelto come al suo solito, aveva alzato la testa dalla sua spalla e aperto l’occhio. 
“Parla…”
Attese una risposta che non arrivava, cosicché, facendo particolare attenzione, la fece voltare, ma assicurandosi di non perdere la presa sulla sua vita. Zoro la sospinse ancora verso di lui, come se quella nulla distanza non fosse mai abbastanza per scrutarla, per sentirla. 
Nel momento in cui Nami incrociò finalmente quello sguardo, quel viso, quella espressione seria e profonda che per tutta la sera aveva solo che immaginato, perse nuovamente l’equilibrio, barcollando appena, ma retta saldamente in piedi da lui. 
Bastò un niente come quello e fu persa. 
“Nami?” 
Lo sguardo di Zoro era sempre così duro, che sembrava non darle spazio per soffrire, per amare, per qualsiasi dannata cosa avesse voglia di provare. Eppure, le sue azioni erano così contraddittorie: a lui non sfuggiva niente di lei, e sapeva anche essere delicato mentre la rassicurava con quei gesti che erano senz’altro d’amore, anche se non l’avrebbe mai ammesso. 
“Mi dici che ti prende? Mi hai detto tu di non lascia…”
Non terminò la frase che la rossa aveva appena ricambiato il suo abbraccio, affondando in quel suo petto mastodontico, e firmando definitivamente la sua condanna a morte. 
 
“Ora lo dici cosa c’è che non va? È per Rin? Lo sapevi che sarebbe andata via…era questo il nostro dovere…” si limitò a stringerle le mani sulle sue braccia, come a rafforzare quelle parole, e poiché Nami, pur rabbrividendo, non si oppose, le sfiorò anche la tempia con la bocca. 
Lei assaporò quella carezza così bella quanto così rara, cercando di memorizzarla nella mente. Era stato carino quel bacio. Carino e ingenuo come quando Rufy le aveva misurato la temperatura con la mano. Ma si differenziava in qualcosa. Qualcosa che ancora non riusciva a capire del tutto. Sopraffatta da ogni cosa sentisse dentro, perse la concentrazione, staccandosi bruscamente da lui, e sotto il suo sguardo confuso, iniziò a tirarlo via per un braccio. 
“NAMI!” 
“Andiamo!”
“Ma andiamo dove??? Che ti salta in testa adesso?” 
Nervoso per essere stato interrotto durante un momento di tenerezza sentito, lo spadaccino, costretto a seguirla, aveva i denti a squalino bene impiantati nella sua espressione furiosa e non tanto insolita. 
“NAMI!” 
La chiamava, mentre lei lo trascinava ancora, convinta e rapida, verso quella destinazione ignota che adesso sembrava essere la Sunny. 
“Facciamolo Zoro! Basta rimandare!” 
Lo spadaccino, che stava inquadrando il lontano falò, dall’altra parte della nave, con attorno i pochi compagni rimasti, Franky, Rufy e Brook che cantavano a squarciagola ignari di tutto, ricordando che tutti gli altri erano andati in paese portando con loro la figlia, per poco non venne colto da un malore.
“Facciamo cosa?” 
“Hai capito!  fermò la sua corsa la rossa, appena arrivata all’estremità della scaletta della nave senza però mollare la presa sulla mano di Zoro, mentre riprendeva a respirare.
“Facciamo l’amore! Ora!” 
Quello quasi sbiancò, per poi però colorarsi di mille tonalità che spaziavano dal verde, al giallo, al viola. Spiazzato dalla testa ai piedi da quella stupida, non sapendo se esplodere dalla rabbia, inveire su di lei, insultarla, buttarla a terra col suo peso e prenderla lì su due piedi, o se stare zitto e trattenere ogni cosa gli passasse per la testa. 
“Allora?” continuava imperterrita, senza dar segno di voler mollare facilmente quell’idea, avvicinandosi scaltra e tirandoselo addosso impugnando la stoffa della maglietta blu tra le mani strette. Sguardo languido il suo; guance rosate, per via dell’alcol e del calore naturale del suo corpo quando si agitava o era sovraesposta ai sentimenti; quelle labbra dischiuse al punto giusto e rosee il necessario a rivelare un desiderio più che smanioso per lui. Per lui, Zoro. 
Era fuori di sé più di prima adesso. Come poteva rifiutare ancora tutto quello. Solo un pazzo masochista poteva farlo. Come lui. Proprio come lo era lui. 
Lo spadaccino aveva socchiuso un occhio, per aspettare qualche secondo e respirare, per poi riaprirlo. Era esterrefatto quanto meravigliato, quanto arrabbiato. 
“Solo tu! Dannata donna…solo tu!” non riusciva a comporre più una frase sensata. Non era capace di reagire davanti a lei, a quella proposta. Nami era l’unica che lo aveva annientato, sconfitto, fatto a pezzi. “Ti pare il caso che si debbano dare ordini di questo tipo?” 
La tonalità violacea aveva ripreso il sopravvento sul suo viso. “Non funziona così, stupida!” 
“E come funziona allora, dimmelo tu!” come una gattina che faceva le fusa, continuava ad ignorare il suo sproloquio pieno di agitazione, avvicinandosi a lui e al suo collo, annusandolo. 
“Non così!” 
Quelle labbra le vedeva ancora, non le aveva mai tirate verso l’alto in quel modo verso di lui. Furba Nami. Era maledettamente furba. 
La vide risalire fino al suo mento, pronta a concedergli un bacio. 
Per Zoro era ancora più chiaro come la rossa ignorasse tutte le sue decisioni, alla fine decideva lei, voleva sempre e solo decidere lei. 
“Non solo non rispetti le mie decisioni, ma nemmeno le tue!” 
“Si, si” 
Le sue labbra erano lì, di nuovo sulle sue, a zittirlo, a sigillare quelle promesse che lei non sapeva mantenere, a far tacere quel troppo essere così duro e onorevole con tutti e per tutto. 
Il loro respiro si confuse divenendo un tutt’uno, insieme agli ansiti, alla rabbia di Zoro, al dolore di Nami, al desiderio di entrambi. 
 
“Non mi sembra che ti sia dispiaciuto l'ultima volta che ci siamo andati vicino…” gli disse Nami all’orecchio, mentre la sua mano scendeva ancora una volta verso il basso del suo petto. “Me lo ricordo sai? Quel tuo coso…su di me…”
Bloccandole le mani ancora una volta, Zoro, di tonalità ormai diventata sconosciuta, spalancò occhio e bocca, grugnendo parole incomprensibili tra cui “scema, non chiamarlo coso” e riuscendo ad allontanare le sue labbra da lei. 
“Questa me la paghi, Nami. Giuro che questa me la paghi!” borbottava, lanciando un'occhiata in tralice alla compagna che rideva come una squinternata che aveva esagerato con la bottiglia anche quella sera. 
 
Riuscito ad allontanarsi abbastanza da lei per riprendersi dalla piega della serata, provava a recuperare prima la sua dignità di guerriero inscalfibile, poi la dignità di uomo, visto come quella continuava a dare strani nomignoli al suo arnese, e poi a ritrovare il respiro per quietare il suo bollente spirito che nemmeno riusciva a riunire per intero, mentre si appoggiava a una roccia. 
Una volta calmato, alzò la testa e guardò l’amica di fianco che continuava a ridere di lui, o forse di lei, o di loro, dal momento che quella risata aveva assunto un tono parecchio nervoso. 
“Rin! Lei deve tornare a casa. Lo sai.” 
Allungò il braccio, tirandola per il bordo del vestito bianco che le arrivava alle cosce, portandola nuovamente più vicina a lui, riuscendo in quel modo a zittirla. “Andrà bene, hai capito?” 
Ma Nami, che ancora non aveva proferito altra parola, rimaneva immobile, gelata. Si era fatta trascinare, ma non voleva parlare di Rin in quel momento, voleva solo distrarsi, voleva non dover pensare a quell’imminente e doloroso distacco. 
“Guarda che quando lei andrà via io non smetterò di…” ma lo spadaccino non riuscì a terminare la frase, poiché incapace di utilizzare la parola che ne conseguiva. Sapeva dimostrarla con le azioni, ma non aveva idea di come pronunciarla. “Insomma, lei tornerà…no?”
Nami si risvegliò dal suo stato catatonico, non volendo perdere occasione per stuzzicarlo. “E come potrebbe tornare se tu non ti dai da fare, eh?” 
“MA SEI UNA MALEDETTA STREGA!” 
Riprese a ridere, seppur una risata sempre più flebile, più debole. Troppo difficile riprendersi dal dolore, seppur tormentare Zoro fosse così divertente. 
“La prossima volta brucia all’inferno anziché piangere sulle mie spalle!” 
Avvicinandosi a lui con fare stizzito, la navigatrice dei cappello di paglia poggiò il dito sulla fronte del compagno, guardandolo male. “Ehi! Io non ho pianto sulla spalla di nessuno! Sei venuto tu da me!” 
Spostando il volto a destra, sul mare, lo spadaccino la ignorò, maledicendola mentalmente, e maledicendo sé stesso per essersi preoccupato fin troppo. 
Almeno, fin quando non sentì due esili braccia conficcarsi sotto le sue. 
“Lo so che stai pensando che ti sono piombata addosso per rovinarti la vita, non è vero? Lo so che fai questi pensieri!”  
La voce di Nami era appena incrinata da una strana sfumatura, quasi avesse paura della risposta o di ammettere un altro momento di debolezza. “Qualunque cosa dirai, comunque, sappi che non m’importa…” ammise, arrossendo e strofinando il volto su quel petto che amava, “arrabbiati pure, ma io sono contenta che sia successo…tutto questo, anche se sei l’idiota che sei.”  
Stavolta fu il giovane pirata a sussultare, riportando il capo dove era prima, ma riuscì a non darlo a vedere a lei o ne avrebbe approfittato. 
Era una sensazione straniante quella che lo stava assalendo in quel momento. 
Un sorriso spontaneo gli comparve sul volto, in quel volto che era quasi sempre assopito o severo, o ambiguo. Cosa avrebbe dovuto dirle se non “certo che mi sei piombata addosso per rovinarmi la vita, chi altri è investito di un simile potere?” 
 
Nami si stava beando di quella ben ritrovata vicinanza con lui, che da parte sua non era da meno. 
Entrambi, senza bisogno di eccessive parole, riuscivano a starsi vicini, a proteggersi dal dolore, dai brutti momenti, poiché era sufficiente essere lì, esserci uno per l’altra, a loro modo. La rossa era in pensiero per Rin, era terrorizzata dal non aver fatto abbastanza per lei; persino in quel momento erano Robin, Sanji e Usop ad occuparsi della sua bambina, mentre lei era così distante, presa dalla paura di non sapere prendere con lei le decisioni giuste. Non voleva far capire a Rin che stava male perché aveva realizzato che da lì a poco sarebbe riuscita a tornare a casa. Era stata in grado di tornare due giorni nel passato, due giorni nel passato, diamine! e dopo lo spavento preso, era anche riuscita a ritornare nel loro presente…non sarebbe passato molto a quando sarebbe tornata nel futuro, lasciandosi dietro la scia del suo passaggio. 
 
“É tutta questione di decidere dove vuoi essere…” le aveva insegnato Robin, con i suoi consigli preziosi e le sue attenzioni costanti che l’avevano bene istruita. “È un fattore istintivo, prima agisci e poi rifletti”, anche Rufy, nel suo modo un po’ grottesco ma gentile, aveva contribuito nel formarla. “È fondamentale la costanza e la forza di pensiero!” persino il suo idiota brontolone era stato d’aiuto. E lei? Lei non aveva fatto nulla, se non gelarsi, quando era scomparsa, perdendosi nel silenzio, nel buio, nel vuoto delle sue paure più profonde. 
Rin era la costante più grande in quel momento, secondo la testardaggine di Nami, che la vedeva come unico collante tra lei e Zoro in maniera concreta. Quei baci, quelle carezze, sarebbero potute svanire da un momento all’altro e non ripresentarsi mai più. 
E si sentiva vigliacca per avere questi pensieri, pensando fin troppo a sé stessa anche stavolta. 
 
Zoro, dall’altro lato dell’abbraccio, invece, aveva tutt’altri pensieri in testa. 
Le rivelazioni della compagna della sera precedente avevano influito su di lui, avevano inaspettatamente attecchito come neve fresca sul suolo asciutto. Non sapeva nemmeno spiegarsi come, ma seppur certi sentimenti possano arrivare comunque, sentirlo a parole da quella persona che non è così predisposta ad elargirli, con quella voce e sguardo che racchiudevano sincerità, era tutto un altro bel paio di maniche. Per lui che era un tipo di persona che preferiva i gesti, le azioni, questa era stata una grossa scoperta, e diceva qualcosa in più su di lui. Gli era piaciuto sentire dalla bocca di Nami, a suo modo, dell’amore che provava per lui. Se lui si era radicato in lei, lei si era radicata in lui. Era una sensazione altamente ricambiata…chissà se l’aveva ricordato, Nami, in quello stato di ebbrezza, che anche lui provava lo stesso. 
Ci aveva provato ad ammazzarle quelle pulsioni, ma da dopo quella serata in cui lei si era confidata, aveva detto quelle parole, non riusciva più a privarsi di starle vicino. E non come faceva prima, seduto sempre in prossimità di dove stava lei, quando schiacciava un pisolino proprio dove lei leggeva il giornale, o come l’affiancava in genere standole vicino ma non troppo, e non come cane da guardia, ma come compagno fidato. Gesti che tutt’ora facevano parte di quel legame intenso, ma solo diventati ancora più intimi, e non c’era modo di frenarlo. 
Per lui era già tanto mettere insieme questi pensieri complessi, che già si sentiva stanco e spossato. 
E nonostante volesse darsi un contegno, non riusciva a non preoccuparsi per lei. Aveva capito, se non tutto, almeno una gran parte di ciò che affliggeva Nami. Ma come aveva già pensato, non sapeva in che altro modo aiutarla poiché erano i suoi demoni, e doveva affrontare da sola le sue paure. Zoro sapeva che solo gli eventi sarebbero stati in grado di farle aprire gli occhi. Lui avrebbe potuto solo rassicurarla, farle sapere che lui c’era, era lì accanto a lei, e prima o poi Nami lo avrebbe visto per davvero. 
Stupida quando si ostinava a voler credere che solo concretizzando fisicamente la loro unione, lui sarebbe rimasto con lei anche senza Rin. Oppure, che pensava che quello fosse il modo per mettere un cerotto sulle sue insicurezze. 
Magari lo sarebbe anche stato, fino ad un certo punto, magari avrebbero sprigionato solamente la loro passione. Ma lui l’amava troppo per rischiare con lei, senza avere la certezza che non si sarebbe spezzata di più. Ma Nami era forte, e insieme avrebbero superato anche questa distanza e avrebbero consumato il loro amore in un momento in cui tutto sarebbe stato più chiaro, più confortante. 
 
 
 
Un boato enorme echeggiò nell’aria. 
Tra lo sfrusciare degli alberi, e le onde che si infrangevano con più irruenza, i due piccioncini furono costretti a rompere quell’abbraccio guardandosi in occhi allarmati. 
 
Qualcuno urlò qualcosa che non riuscirono a sentire bene, una voce conosciuta e non molto lontana da lì. Una voce che stava come muovendosi, arrivando ansimante davanti a loro. Era Franky. Era agitato. 
Nami si staccò da Zoro, che a sua volta era già scattato in piedi, con il cuore che senza ancora capire il perché aveva iniziato a battere forte. 
“Sanji ha chiamato col lumacofonino” gli serviva tempo per un respiro ma vedendo l’ansia comparire sul volto di Nami, continuò “la Marina è arrivata nella notte su quest’isola. Qualcuno deve aver parlato di noi…c’è… c’è…Akainu…” 
Gli occhi della rossa divennero sgranati della grandezza di due palle di Natale, il tutto amplificato dalla presenza del capitano dietro le spalle del cyborg, con sguardo perso nel vuoto dalla rabbia che quel nome gli procurava. 
“Dov’è, lei?” ringhiò la rossa, incapace di gestire le emozioni, “dov’è Rin?” disse, pur sapendo benissimo che stava con il gruppo di amici in paese, rivelando una voce spezzata.
“Sanji ha detto di preparare la Sunny alla partenza!”  
D’istinto, il capitano, senza dire una parola mosse le gambe, quasi pronto a correre come un forsennato verso il paese. Gesto che venne prontamente fermato da Zoro, che risoluto e con la mente più lucida, captò l’intento rabbioso del capitano e il terrore della campagna. “Stiamo calmi!” Tenne Rufy più forte che poté, con l’aiuto di Franky che, notando la difficoltà nel tenerlo a bada, contribuì con la sua forza. 
“Lei è al sicuro, non la riconosceranno certamente!” diceva invece a Nami, caduta nuovamente in uno stato catatonico. 
La navigatrice, si sentiva perduta. Stavolta non sarebbe stata a guardare gli altri salvare sua figlia. Stavolta l’avrebbe protetta lei, lei, con tutta sé stessa. Si sentiva messa con le spalle al muro, ma soprattutto in preda alla paura più nera. Se le fosse capitato qualcosa, avrebbe distrutto per sempre sé stessa, ma anche i Nami e Zoro del futuro. E non poteva permetterlo. Era un peso grande quanto un pianeta quello che le era caduto addosso. Ma soprattutto, l’amava così tanto quella bambina, che fin dalla prima volta che l’aveva vista, il suo cuore si era come unito al suo. 
Poteva aspettare l’aiuto di Zoro, certo, ma avrebbe fatto in tempo, prima che quel mostro di un marine sanguinario avesse potuto farle del male? 
Nel momento in cui Zoro si voltò nuovamente su Rufy, la navigatrice, accecata dalla paura, ma ancora di più, governata dal suo istinto materno, iniziò una corsa che nessuno dei suoi compagni in quel momento avrebbe fatto in tempo a far cessare. 
Non vide nemmeno l’espressione sulla faccia di Zoro, perché se si fosse voltata, forse avrebbe frenato, forse avrebbe riflettuto, forse avrebbe cessato di correre e farsi governare dai suoi istinti. Se avesse guardato il volto di Zoro in quel momento, costretto a scegliere, in un certo senso, tra lei e il suo capitano, si sarebbe senz’altro spaventata, poiché sul volto di Zoro, un’espressione così, dilaniata dal terrore, non c’era mai stata. 
 
 
“NAMI! 
MALEDIZIONE A TE!” 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice_______________________________
Ciao carissim*, vi sono mancata? O meglio, vi è mancata Rin? A me un po’ si, in effetti. Avevo proprio voglia di scrivere un nuovo capitolo. 
Mi dispiace che, dopo avervi detto che volevo aggiornare velocemente poiché so cosa si prova a dover aspettare, ho invece fatto il record (il mio almeno) di ritardo aggiornamento! Ma purtroppo sono stata sommersa di impegni inderogabili, e nemmeno a dire che ne ho scritto un pezzo al giorno così da caricare un capitolo ben lavorato…no, anche questo viene tutto dall’ispirazione di oggi, tutto in una sera, anche per questo non è lungo come i soliti, credo. 
Inizio già col preannunciavi che ci siamo, ci stiamo dirigendo verso la conclusione della storia, anche se non saprei fare un pronostico esatto dei capitoli rimanenti, forse cinque, forse sei, compreso questo. 
 
Ps: ho forse fatto sembrare Zoro un po’ uno stalker, ma no, poverino, non lo è. Difetti ne ha tanti, ma questo no..., si preoccupa veramente, ma Nami poi lo fa pentire subito. :P 
 
Spero vi sia piaciuto 
&
prometto che aggiornerò presto con le vacanze alle porte. 
Un abbraccio a tutt*
Roby 
 
   
 
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