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Autore: ClodiaSpirit_    19/12/2021    2 recensioni
[Un Professore]
[Un Professore]
- - Dopo la delusione del finale, ci rifacciamo scrivendo - -
Missing Moments #Simuel
E' passato un mese, Simone e Manuel si ritrovano dopo un anno scolastico che sta letteralmente volando. Tutto sembra andare bene, ma dopo essere stato sulla tomba di suo fratello, Simone manifesta ancora l'essere scosso da questa notizia e altri pensieri. Dall'altra parte Manuel sembra sempre di più mentire a se stesso su ciò che è successo tempo prima, alla famosa festa di compleanno di Simone (1x10 SPOILER).
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, Crack Pairing
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Eccoci qua, 9 pagine di capitolo date in word.
NOVE PAGINE scritte in 48 ore,
è proprio il caso di dirlo: chiamate la neuro.
- Missing Moment 1x06 ,
ho modificato alcune cosette, perchè mi andava.
Che dire, buona lettura, cercate di rimanere vivi, eh

Clò









Quando Simone arrivò con il suo motorino dove l'altro gli aveva inviato la posizione, non ci voleva credere.  Manuel era riverso a terra, i vestiti sporchi, la sua bocca sporca di sangue, i capelli erano impiastricciati di sudore, il suo occhio destro vestiva un livido violaceo in piena formazione che sembrava più simile a una galassia, che a un ematoma. Il suo cuore fece un leggero tuffo indietro, saltando sicuramente qualche battito.

« Mio dio ma che animali, che ti hanno fatto-»

« Simò, non c'è tempo per le spiegazioni » con un tono completamente spezzato e sofferente, Manuel provò ad alzarsi ma ricadde contro l'albero su cui poggiava la schiena. Un lamento di dolore evaporò dalle sue labbra. Simone allora lo tirò su piano, il suo braccio circondò la sua vita, aiutandolo a camminare.

« Vieni, ti porto a casa mia »

Appena lo aiutò a salire sul motorino, Simone accese il veicolo e partì spedito verso casa. Mentre avanzava lungo la strada, la testa gli pulsava di colpa e terrore. Sbarra lo aveva picchiato per la macchina che lui gli aveva sfasciato. La macchina era stata solo il mezzo sfortunato su cui Simone aveva riversato la sua frustrazione, la sua rabbia, gelosia, il dolore di non poter essere ricambiato.  Che uno come "lui" fosse destinato a questo tipo di sorte: fosse stato per lui, avrebbe sradicato i suoi sentimenti nell'attimo in cui aveva cominciato a provarli. Niente pensieri costanti, niente domande senza risposta, niente di niente.    
È colpa mia, gli hanno fatto male per un mio capriccio.
Durante il tragitto, pensò più volte a come avrebbe spiegato all'altro quello che aveva fatto, a come avrebbe reagito Manuel. E soprattutto la motivazione che gli avrebbe chiesto e che lui, avrebbe dovuto dargli.
Cosa gli avrebbe risposto?
Scusa t'ho rotto la macchina perché mi sono stupidamente innamorato di te?
Forse era meglio: No, guarda il problema sono io che amo farmi del male e involontariamente mi sono innamorato di te, ma non volevo. È successo. E per questo ho deciso di distruggerti la macchina.
« Stiamo arrivando, Manuel, manca poco, reggiti » ma Simone non ebbe il tempo di dirlo perché l'altro lo stava già stringendo, le braccia erano posizionate lungo il suo giubbotto felpato e la sua presa era salda. Quel solo pensiero, solo per poco, calmò Simone, il quale girò subito a uno svincolo e poi proseguì dritto, fino a scorgere in lontananza il piccolo giardino che circondava casa sua.
Respirò sollevato.

« Simò, » biascicò piano Manuel dietro « se lo scopre mi madre- »
                          
« Dormi da me stasera, non preoccuparti. Ci penso io » lo liquidò oltre il rumore del motorino, mentre sorpassava l'ultimo tratto di strada. Subito dopo, non fu convinto di cosa sentì dopo, forse Manuel sussurrò un grazie o forse Simone se lo era solo immaginato.
Arrivati a destinazione, spense il motore e aiutò di nuovo l'altro a scendere. Cercò di pensare a una scusa valida che potesse giustificare la sua entrata e quella di un ragazzo appena pestato. Non sapeva cosa avrebbe tirato fuori per aiutare Manuel. Molto lentamente diede il tempo all'altro per avanzare. Simone pensò di aver scansato sua nonna e suo padre, ma quando varcò la soglia della porta, lo trovò lungo il corridoio. Non ci fu molto da sperare, lo sguardo allarmato e interdetto di Dante riempì la visuale del figlio.




Inventarono una scusa singolare: Manuel era finito in mezzo a una scazzottata e Simone era arrivato giusto in tempo per portarlo via.
Il tutto si era svolto in un bar a pochi passi da scuola. Il perché Manuel si trovasse lì rimase molto vago, ma in ogni caso Simone pensò fosse meglio buttarla sul verosimile. Non sapeva perché l'altro fosse lì o cosa ci facesse, non aveva voluto dirglielo - non ancora.
Erano saliti in motorino e aveva deciso di invitarlo a restare per la notte. Ovviamente Dante aveva subito telefonato ad Anita, non su vietata e supplicata richiesta di non farlo da parte di Manuel, il quale se ne era uscito con: “è successo altre volte, non c'è da preoccuparsi”. Ma nonostante ciò, Anita sarebbe arrivata una volta finito il turno di lavoro per sapere come stava suo figlio. 
Appena entrarono in camera, Manuel si trovò leggermente disorientato. Si era accasciato di colpo lungo il pavimento, sfatto e con gli occhi che si chiudevano da soli.
« Aspettami, non ti muovere, ti prendo qualcosa da mangiare così ti riprendi. Non ti voglio sulla coscienza. »
Disse prima di uscire dalla sua stanza, sentendo un breve risolino divertito di Manuel ovattato in sottofondo.





**

 
 
Manuel, che era posizionato spalle alla parete, gambe divaricate, teneva lo sguardo su tutta la camera del suo amico. Per prima cosa visualizzò il letto decentrato rispetto alla stanza, poi vide la finestra, mezza aperta con delle tende azzurro chiaro, spostò ancora gli occhi sulla scrivania contro il muro opposto rispetto al letto. Le pareti avevano un tono leggero, rilassato. Non c'erano poster appesi, solo qualche foto disseminata qua e là, foto per lo più di Simone da piccolo o Simone con la tuta da rugby. Era l'esatto inverso rispetto alla sua: caotica, confusionaria, piena di roba. Simone risultava pulito, calmo e ordinato anche nel luogo dove dormiva. Anzi, sembrava più un luogo contemplativo che una stanza di un adolescente.                                      
Non si stupì quando girando lo sguardo a destra, sullo scaffale, trovò in mezzo a una serie di tanti altri, dei libri su teoremi matematici.
La famosa fissa di Simone sugli assi cartesiani. Oltre a quelli svettavano però anche libri di poesie e non: Catullo, Pirandello, Shakespeare, un volume su Whitman.  Sul suo viso si disegnò un mezzo sorriso incuriosito.
Cautamente e misurando il punto dove sentiva ancora le percosse, Manuel si fece forza aggrappandosi con le mani sulla parete e alzandosi a malapena. Si appoggiò, fino a sfiorare con le dita la superficie lignea della piccola libreria, di fianco.
Quello era un piccolo grande mondo di sapere, di riflessioni, di bellezza. A Manuel sembrò di conoscere un po' di più sul suo amico, cose di cui però non parlavano. Tanti autori forse dicevano di più sulla personalità di una persona: non che Simone fosse un mistero, ma Manuel si stupiva anche con le sfaccettature più piccole dell'altro, notando quanto fossero due universi a parte.

« Eccomi, allora- » Simone entrò in camera con un piccolo tagliere, richiudendosi la porta alle spalle e subito lanciò uno sguardo furtivo all'altro, scocciato « ti avevo detto di non muoverti Manuel, però non hai voglia di ascoltarmi, niente, cavoli tuoi »

« Non c'avevo voglia de fa' il tappetino di camera tua, » rispose secco l'altro, mentre si teneva una mano sul ventre e con l'altra analizzava un volume di Kafka « e poi ho visto che c'hai un piccolo tesoro qua, li hai letti tutti? »
Simone sospirò mentre posava sulla scrivania, il tagliere con sopra dei tramezzini con della marmellata e burro e la bottiglietta di succo con due bicchieri annessi.
 
« Quasi, ne devo recuperare alcuni, però i migliori sono tutti disposti per primi, da sinistra fino a più della metà »
Manuel annuì, mentre fermava lo sguardo su dei volumi in particolare. Ogni edizione era diversa, ma altrettanto curata.

« Le metamorfosi di Ovidio, Galatea e Pigmalione… » pronunciò seguendo il titolo sul fronte della copertina.

« Ecco, quelli vanno letti almeno una volta »

« Sembrano belli » sentenziò Manuel incuriosito.

Simone si girò verso l'altro per un nano secondo, poi aprì il succo e lo versò nei due bicchieri davanti a lui.
« Uno posso prestartelo pure, basta che non me lo rovini » disse puntiglioso.                                                                                                  
Manuel si soffermò su G. Bernard Show. La mano indagò sulla trama del libro, vellutata, invitante, c'era qualcosa di molto raffinato in quella copertina che riportava una statua femminile sinuosa, delicata sul fronte.

« Mi stai a prende per il culo? »

« No, affatto, perché dovrei? » Simone arricciò il naso visibilmente infastidito. Manuel si fermò un attimo, poi annuì lentamente.
 
« Va bene, giuro che te lo riporto sano, » alzando il libro appena afferrato « se non sarà così, puoi ammazzame pure. Che la maledizione di Simone Balestra si scateni su di me. Però do solo a te 'sto onore Simò, sia chiaro.» portò la mano liberandola dal ventre sul cuore e alzando l'altra con il libro in alto, come se stesse recitando un voto di fedeltà.

« Idiota che sei, avanti, » ridacchiò portando l'altro a fare lo stesso, « facciamo merenda che altrimenti ti ci ritrovo davvero steso a terra »
 
 


Quando finirono di cenare e fu una cena abbastanza e imbarazzante dato che Dante aveva invitato Anita, per controllare come stesse suo figlio - Manuel e Simone filarono di corsa in camera. In realtà non durò poi tanto, ma comunque era bastata quell'oretta e mezza di sguardi furtivi e interrogatori tra i loro genitori, per capire che era meglio scappare ed evitare ulteriori questioni. Manuel diede la buonanotte a sua madre, Simone salutò suo padre e senza aspettare oltre si chiusero in stanza.                                 

« Oh ma secondo te se la sono bevuta?» chiese Simone.

« Mia madre sicuro sì, tu padre manco un po' » rispose furbo.

« No, io dico che manco tu madre c'ha creduto. Erano tutte e due come degli inquisitori alla corte marziale, che ansia »
Mentre diceva quello, Manuel si sistemò la coperta sul piccolo lettino che era stato messo apposta per lui, ritrovato conservato in sgabuzzino e comodamente si toglieva le scarpe.

« Che ci abbiano creduto o no, poco mi frega, so stanco morto » si portò una mano a ravvivarsi i capelli e si stiracchiò, contraendo però di colpo il viso in una smorfia.
 
« Non dovresti fare movimenti bruschi, sennò ti irrigidisci solo di più » consiglio Simone « Prima di ogni partita di rugby, ci rilassiamo prima di riscaldarci. Forse dovresti fare lo stesso » spiegò metodico

« Il problema è che non posso dormire con la stessa maglia, Simò, me fa un po' schifo. Sa di terra e sudore » il ragazzo si annusò la maglia, strizzando gli occhi, consapevole di aver bisogno anche di una bella doccia.
 
« Il bagno è in fondo al corridoio a destra » Simone afferrò all'istante, ormai era pratico nel fare da "Cicerone". Dopo tutto quel tempo passato con sua madre, era stato lui a prendersi cura di lei e della sua prima lunga fase di pianti dopo la rottura con suo padre « Ho una canotta pulita, un paio di mutande, magari quelle più vecchie...e posso darti un telo » continuò frugando nell'armadio. 
Prese quello che cercava e lanciò ciò che serviva a Manuel. Prima però di uscire per andarsi a fare una doccia purificante e pulita, Manuel sembrò lì lì per parlare a pochi passi dalla porta. Lo guardava, in piedi con la spalla magra, contro lo stipite.
« Che c'è? » Simone si sentiva puntato, come se fosse una specie di preda da essere divorata.

« Non te l'ho detto ancora ma... grazie, Simone » biascicò Manuel, stringendo il bottino che aveva in mano « se fossi tornato a casa sarebbe stato un casino. Sei un amico »
Simone annuì, le sue labbra si incurvarono e vide l'altro sparire oltre la porta.
Sei un amico.
E questo sei Simone, ricordarlo, sei questo.



 
 - - -


 
 
Finita la sua doccia calda, il teppistello si fece strada verso la stanza.  Con i ricci umidi e la canotta messa addosso, Manuel spiò dallo spiraglio della porta dischiusa. Nella sua visuale c'era l'amico che si infilava forse quella che doveva essere la sua maglia per dormire. Le figura di Simone era ben piazzata, le spalle larghe, la pelle di un rosato candido, intoccata. Manuel si soffermò forse un po' troppo prima di entrare. L'amico si girò di profilo, disegnando i particolari dei capelli, del naso dritto e della mascella. La luce della stanza giocava con i suoi tratti fisiognomici, lasciando la sua schiena colpita dalla fonte luminosa e il volto in penombra.
Manuel entrò in stanza, quasi in punta di piedi, mentre si passava una mano dietro la nuca e afferrava i pantaloni della tuta - l'unico capo che aveva deciso di non mettere da parte. D'altra parte, Simone gli aveva praticamente dato mezzo suo guardaroba.
Mentre si infilava i pantaloni, lo sguardo però gli ricadde ancora sulla figura dell'amico, inconsapevolmente. Simone non si era messo nessuna maglietta per dormire, era rimasto anzi a petto nudo.

« Non senti freddo la sera, Simò? »

Simone sobbalzò leggermente, mentre afferrava la felpa grigia di scatto, poggiata poco prima sulla sedia girevole della scrivania, strizzandola un po' con le mani.
« Le persone normali bussano prima di entrare, lo sai vero? » rispose scorbutico e fin troppo brusco. Manuel corrugò la fronte e disegnò una U con la bocca.

« Scusami, non c'ho pensato, » poi riprese indagando ancora un po' vago sull'altro « non stavi mica a nasconde cocaina o qualche altra sostanza, no? »
Simone roteò gli occhi, sospirando sonoramente. Mise la felpa che teneva in mano, girandosi completamente verso Manuel, questa volta.
 
« Sei sempre molto simpatico 'co ste battute, dovresti provare la carriera da comico, sai? »

« Non c'ho mai pensato, potrebbe essere un bel piano B » rifletté Simone ridendo, scostando le lenzuola nel suo lettino.

« E quale sarebbe quello A? »

« Il piano A è riuscire a 'fa tanti soldi e poi comprarmi una macchina vera, magari impossibile da sfasciare »

Simone abbassò lo sguardo, guardandosi la zip della felpa, ci giocherellò un po' prima di alzarlo per chiuderla.
Tipo quella che t'ho rotto io.
Manuel si era seduto sul letto, aveva dato uno sguardo al cellulare vicino a sé, stava sorridendo per qualcosa di buffo probabilmente. L'altro chiuse la finestra, lasciando però la serranda alzata. Simone amava il sole mattutino, non gli dava fastidio. Gli ricordava sempre le giornate passate da piccolo con i suoi - quando ancora stavano insieme - al parco. Quando si divertivano tutti e tre e la vita era molto più semplice.
 
« Oh ma alla fine, col tatuaggio, c'hai avuto problemi? »
Simone si girò si scatto, scrollando le spalle.

« No, mi pare tutto apposto. Non si è infettato, ne altro, » spiegò Simone « certo all'inizio mi pizzicava un po', però niente di che »

« Sì quello è normale, devi dare tempo alla pelle de abituasse »
Simone annuì, scostando stavolta lui le lenzuola del suo letto, più alto rispetto a quello dove per la notte avrebbe dormito Manuel. Ci si infilò dentro, i piedi che toccavano il tessuto senza nemmeno una piega.

« Posso vederlo? »

Simone si ritrovò leggermente stupito, ma cercò di nascondere visibilmente l'imbarazzo che provò all'istante.

« Sì, va bene »

Manuel allora si fece più vicino, le ginocchia che toccavano questa volta il materasso per farsi più alto, il cellulare messo da parte. La sua piccola figura si alzò di pochi centimetri.
Simone fece esattamente lo stesso, aprì leggermente la felpa, scostò la spalla sinistra, girando appena il braccio. 
Manuel si affacciò, la sua espressione era attenta, navigata, come se stesse ispezionando una cosa pregiata.
« Mh, la pelle ha assorbito bene l'inchiostro» la sua mano si poggiò sul ricamo nero di quelle poche lettere, ricalcandone la forma. In quel momento Simone stava trattenendo il fiato, non sapendo nemmeno lui perché ce ne fosse bisogno, l'altro stava solo vedendo ciò che gli aveva tatuato. « Per essere il primo tatuaggio che ti fai, ha reagito bene » il pollice e l'indice del ragazzo stavano ancora lì, neanche quella porzione di pelle fosse una carta geografica, mentre lo sguardo di Simone si sforzava di non posarsi su Manuel. Se si sentiva morire anche solo per quel piccolo contatto Simone Balestra aveva sicuramente bisogno di un consulto speciale.
 
« Perché ci sono stati problemi con altri? Intendo altra gente che se li è fatti fare da te » cercò di smorzare la tensione che sentiva accumularsi tra la gola e il petto.

« Non proprio, c'è stato un po' de rigetto per alcuni, durato un po' di giorni, » sospirò, mentre lo guardava « come se la pelle si rifiutasse d'essere marchiata » sottolineò. Simone annuì, la testa che meccanicamente disegnava una linea verticale, cercando di risultare tranquillo. Poi smise di colpo, bloccandosi un attimo. 
Sta calmo, per favore. Calmati. « Tutto bene, Simò? »
Ah cazzo, mi sta guardando.

« Mh? Sì, sì » non era molto convinto.

« Tutto liscio comunque, » dicendo così, allontanò la mano, Simone si rialzò la spallina della felpa bisognoso di protezione immediata « Ancora non ho capito perché hai scelto 'na formula di Einstein da tatuatte » lo prese in giro, il sorriso beffardo e da fighetto gli si formò subito in viso. Ecco che faceva lo stronzo, momento passato, pericolo scampato, pensò Simone.

« Ha un motivo ben preciso, in realtà » serrò la mascella, si fece abbastanza serio « sembra poter essere solo una formula, ma se pensi ai corpi, come le stelle, i pianeti, il tempo e lo spazio che li deformano alla velocità della luce... è applicabile alla vita, anche. È un po' quello che facciamo tutti quando cerchiamo di dimostrare qualcosa di cui siamo convinti come assoluto. La velocità con cui ci impuntiamo sugli altri » sospirò, portandosi una mano dietro la nuca.

« Tipo?»
Manuel era attentissimo.

« Tipo quando conosci qualcuno. Hai dei giudizi all'inizio, ma dopo un po', se tu pensi qualcosa e la spacci per unica e sola, si presenta il fatto. Ed è lì che si sbaglia, » articolò meglio « perché la versione di ognuno è diversa, è relativa. Ed è questo che rende vario chi ci sta attorno »
Manuel sembrò rifletterci bene, il suo sguardo si spostò prima dalla spalla di Simone, al blu delle lenzuola sotto di lui, per poi posarsi sull'amico « Non so se c'hai capito, forse sono stato troppo dispersivo » tagliò corto.

« Sei stato chiarissimo, anzi, » enfatizzò, Simone ebbe la sensazione che Manuel stesse fissando un punto indefinito della stanza, non accorgendosi che stava invece fissando un dettaglio ben preciso che lo riguardava « direi accademico. C'hai 'na bella capoccia, Simò » rialzò gli occhi.
 
Ci fu silenzio per un po'. Nessuno dei due disse niente e la tensione era abbastanza tangibile. Simone pensò di doverlo spezzare, prima di scoppiare ulteriormente. Cosa stiamo facendo, esattamente?
« Era un pensiero come un altro  »

« No, Simò » e così Manuel si spostò di nuovo sul suo posto, il letto dove avrebbe passato la notte  « sei un tipo intelligente, non tutti si tatuano robe così profonde addosso, »  L'altro serrò gli occhi, riprendendo sicuramente controllo di sé. « Se fissano 'co le belle stampe, i disegnini orientali, 'co le frasi d'amore, a volte o' fanno pe dei motivi stupidi »

Magari se te ne facessi uno anche tu, saresti più simpatico.
Cazzo Simone.
Forse, in verità, il significato dell'inchiostro simboleggiava anche altro. Uno non si fa incidere un marchio così di punto in bianco solo per il pensiero che c'è dietro. Simone lo sapeva purtroppo.
Me lo sono fatto pure per starti vicino, il tatuaggio, scemo.                                                                                                                        
« Ecco, lì è un po' 'na fregatura no? » Manuel gli rifilò un'occhiata furba, sistemò il cuscino dietro la testa « Avecce qualcosa addosso che ti ricorda 'na persona »

Eh sì, proprio stupido.
Povero e stupido Simone.
   
 
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