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Autore: jarmione    22/12/2021    1 recensioni
[crossover]
[crossover]Dopo che la memoria e la magia sono tornate, la città si "risveglia"
Le famiglie si riuniscono e le coppie tornano insieme, ma il caos e la voglia di vendetta inizia a far strada nei cuori di molti abitanti e nuovi pericoli sono in agguato.
Amy riuscirà a far fronte alla nuova situazione?
Genere: Avventura, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Gente, questo è l’ultimo capitolo dell’anno.

Fino al 2022 non pubblico più niente relativamente a questa storia.

Vi auguro un buon Natale ed un felice anno nuovo a tutti quanti e vi ringrazio per il sostegno che mi avete dato quest’anno.

Buona lettura

 

Per Evelyn80: Come ti avevo già detto, è probabile che mi odierai (leggendo lo vedrai tu stessa) ma ho cercato subito dopo di rimediare...tvb dear

 

 

 

Quando Evelyn riprese conoscenza era già notte fonda e lo capì non solo perché intorno a lei era tutto scuro, ma dal silenzio tombale che c’era.

Si accorse di essere in una stanza di ospedale e che l’unico suono udibile, ma a cui Evelyn non prestava attenzione, era il bip della macchinetta segna battiti.

Il suo primo pensiero andò al bambino. Non lo sentiva.

Andò nel panico, tanto che i suoi battiti aumentarono e la macchinetta si adeguò di conseguenza facendo intervenire subito un’infermiera.

“Il mio bambino...non lo sento”

“Ok, calmati cara, rilassati e respira” disse la donna, cercando di farla calmare “Il bambino sta bene, tranquilla” la voce dell’infermiera era calma e rassicurante, tanto che Evelyn cercò in tutti i modi di darle retta e tranquillizzarsi.

Dopo vari respiri profondi, la macchinetta tornò a segnare il battito regolare ed Evelyn si calmò definitivamente.

Il bambino era stato il suo primo pensiero, ma ora un’altra cosa la tormentava.

Come ci era finita lì?

“Che mi è successo?” domandò.

L’infermiera, mentre le controllava la pressione, rispose “Hai fatto uno sforzo maggiore rispetto al normale, questo ha fatto aumentare la tua pressione e quando ti sei fermata essa si è abbassata di colpo e hai perso i sensi” poi le rivolse un sorriso “Per fortuna è tutto regolare e non hai avuto conseguenze, ma devi stare più attenta”

Evelyn annuì.

Era stata una sciocca a scappare via in quel modo dalla casa di Luke, ma voleva allontanarsi il più velocemente possibile e raggiungere i suoi fratelli.

I suoi fratelli! Dove erano?

Era tutti lì?

Devono essersi presi un bello spavento vedendola crollare a terra in quel modo.

“I...i miei fratelli?” domandò.

L’infermiera le sorrise di nuovo “A parte aver portato caos per tutto il pronto soccorso?” domandò, lasciando ad Evelyn libera interpretazione di cosa poteva essere accaduto mentre lei era incosciente “Stanno tutti bene, qui è rimasto il signor Joe e lo sceriffo Luke” rispose “C’era anche la signorina Knight, ma è stata riportata a casa dal padre qualche ora fa”

Evelyn venne percorsa da un brivido.

Era lieta di sapere che la sua famiglia e la sua migliore amica erano stati lì, era davvero grata a loro per tutto.

Ma c’era anche Luke e lei non aveva intenzione di vederlo, non per niente era scappata da casa sua in quel modo.

Luke voleva portarla via, voleva portarla fuori città senza darle libertà di scelta.

Lei desiderava che il bambino fosse al sicuro, ma scappare senza una meta vera e propria non era la soluzione che sperava per lui.

Se Luke non cambiava idea, lei non voleva assecondarlo.

Anzi, in quel momento tutto voleva tranne che lui.

“S-signora, p-per favore...posso vedere mio fratello?”

L’infermiera sospirò “Non è orario di visite” disse “Gli abbiamo permesso di restare nella sala d’attesa, ma non può entrare”

Evelyn deglutì “P-per favore, solo cinque minuti”

La donna sospirò nuovamente e sorrise ad Evelyn, alla fine non riusciva a dire di no a chi le parlava con molta gentilezza.

Conosceva Evelyn perché la stava seguendo per via della gravidanza e sapeva che sia lei che sua famiglia, nonostante fossero un po’ eccentrici, erano persone a posto.

Sapeva anche che Joe Dalton non avrebbe fatto alcun rumore pur di non nuocere alla salute della ragazza.

“E va bene, vado a chiamarlo” disse e fece per uscire “Approposito, mi sembra corretto dirti che per controllare lo stato del bambino abbiamo fatto un ecografia, finalmente posso dirti cosa sarà”

Ad Evelyn brillarono gli occhi.

Era da tempo che desiderava saperlo e, anche se non era nella circostanza che sperava, non poté fare altro che annuire.

Aveva più volte immaginato quel momento, Luke accanto a lei che le teneva la mano e l’infermiera del momento che comunicava loro il sesso del nascituro.

Ma ora, dopo le ultime movimentazioni, non voleva più vedere Luke e nemmeno fargli scoprire il sesso del bambino.

Lo avrebbe tenuto per sé e lo avrebbe detto ai fratelli, ma nulla di più.

L’infermiera colse lo stato d’animo della paziente e poté sia immaginare che capire cosa stesse provando.

Ad ogni modo era felice di dare questa notizia “E’ un maschio”

Evelyn sentì il suo cuore colmo di gioia e non vide l’ora di dare a Joe la notizia.

Un maschio, il suo bambino.

Aveva già fantasticato sui nomi da dargli e, a parte un elenco lungo un miglio di nomi per lo più femminili, non aveva molte idee su nomi per maschi.

In un primo momento aveva pensato di chiamarlo come il padre, ma sarebbe stato troppo strano e scontato.

In più non voleva vivere col rimorso di avergli dato un nome che tutti avrebbero abbinato con junior.

Decisamente non era il caso di dare ad un bambino un peso del genere.

Era così emozionata che non riuscì nemmeno a ricordarsi quali nomi aveva immaginato tempo addietro.

Ma non le importò più di tanto, era sicura che il nome le sarebbe venuto spontaneo non appena lo avrebbe visto.

Doveva solo attendere ancora pochi mesi.

Nel frattempo l’infermiera era uscita e lei era rimasta sola, in attesa che il fratello entrasse.

Quando lo video gli sorrise “Joe…”

“Pulce” Joe si avvicinò e strinse Evelyn “Come ti senti?”

“Bene” rispose lei, passandogli una mano sul volto “Sei rimasto qui tutto questo tempo?” domandò notando il suo sguardo assonnato.

“Dove sarei dovuto andare?” chiese lui di rimando “Di certo non lascio quei tre imbecilli a fare la guardia e, soprattutto, non lascio quel cowboy da strapazzo solo con te”

Evelyn sorrise appena, poi si strinse di nuovo a lui “Joe, aiutami” lo implorò “Non voglio più vederlo”

Joe fu grato di quella sua affermazione e per questo sorrise, felice di poter finalmente fare qualcosa di utile per la sorella ed il suo futuro nipote al quale si era affezionato già da tempo.

Non gli importava chi fosse il padre del bambino, qui si parlava di sua sorella e di un futuro neonato in cui scorreva sangue Dalton...ovviamente...per modo di dire, visto che Evelyn era sua sorella adottiva.

“Si, pulce, farò qualunque cosa”

Evelyn restò stretta a Joe più a lungo che poté. Aveva bisogno di sentirlo, di averlo vicino.

Anche se aveva un carattere burbero e totalmente fuori controllo, Joe era sempre stato al suo fianco ed era colui che aveva fatto fuoco e fiamme per diventare tutore legale in assenza della madre.

Madre che ora si trovava pietrificata nel giardino di Jareth.

Joe evitò di dirle questa scoperta, altrimenti rischiava di compromettere la sua salute e non voleva che ciò accadesse.

Si limitò a tenerla stretta a sé, facendole capire che non se ne sarebbe andato.

“E’ un maschio, Joe” mormorò Evelyn, facendo sgranare gli occhi a Joe.

“U-un maschio?” domandò incredulo ed Evelyn annuì “E’...è meraviglioso!” si sfregò le mani “Un altro membro a cui insegnare come rapinare le banche”

Evelyn rise “Joe, sei incorreggibile”

“Intanto ho già un piano per lui” ghignò

“I tuoi piani falliscono sempre” gli ricordò Evelyn “E se a causa dei tuoi insegnamenti mi diventa un piccolo putto come te?”

Joe divenne rosso paonazzo dalla rabbia, ma cercò di non fare scenate.

Per due motivi, il primo era che non si trovava in un luogo adatto per dare in escandescenza, secondo, era felice della notizia appena ricevuta e quindi decise di sorvolare su quella presa in giro.

“Io...ti odio...pulce maledetta”

Evelyn rise e poi sospirò “Non è meglio se vai a casa?” domandò “Hai bisogno di riposo”

Joe scosse la testa, emettendo nel contempo uno sbadiglio “Resterò qui con te”

“Joe, non vado da nessuna parte” lo rassicurò lei “Vai a casa”

Joe sbuffò, ma non perché doveva eseguire un ordine dettato da una pulce come Evelyn, ma perché stava cedendo alla stanchezza.

La stessa stanchezza che gli stava impedendo di restare con lei.

Fece per uscire

“Joe”

“Sì?”

Evelyn sospirò “Ti voglio bene, fratellone”

Joe arrossì e sorrise appena, uscendo fuori e andando via.

Rimasta sola, Evelyn si mise a contemplare il soffitto in attesa che il sonno la avvolgesse, nel frattempo una notifica del suo cellulare le fece capire che era giunto un messaggio.

Sapeva già chi era, sapeva che si trattava di lui e, di fatti, il nome “Luke” era apparso sullo schermo.

 

Sono nella sala d’attesa, desidero vederti.

Ti prego, permettimi di entrare.

 

Evelyn aveva lo stomaco chiuso ed era combattuta.

Se lo faceva entrare avrebbe di nuovo tentato di convincerla a partire, se invece lo lasciava fuori e smetteva di parlarci, poteva tentare di entrare con la forza oppure tormentarla fino a che non cedeva.

In qualunque dei due casi, il suo stato d’animo non sarebbe variato.

Ma tutta quella situazione era troppo per lei.

Non voleva perdere il suo bambino e nemmeno dare modo a Luke di portarla lontano dalla sua famiglia.

Era anche sicura che Jareth non avrebbe mai fatto del male al suo bambino, altrimenti perché Joe e tutti gli altri lo stavano difendendo?

Non voleva che Luke e la sua paura rovinassero la sua vita o quella del bambino.

Era egoista? Era protettiva? O, semplicemente, era solo stupida?

Non le importava, non voleva saperne nulla di Luke...non così, non in quel momento.

C’era solo una risposta che le venne in mente.

 

Stai alla larga da me

 

Premette invio e rimise giù il telefono iniziando a piangere silenziosamente.

 

QUALCHE ORA PRIMA

 

Dopo aver lasciato Amy insieme ai Dalton ed Evelyn, Sherlock seguì Jareth fino al luogo dove era tenuto nascosto il libro.

Raggiunsero la miniera, dove stavano effettuando i lavori di ripristino ufficiale dell’ingresso.

Dovevano essere tutti in pausa, perché non c’era nessuno a controllare il cantiere.

“Qui dentro?” domandò Sherlock “Ok, questo non me lo aspettavo”

“Dove avrei dovuto nasconderlo?” chiese Jareth di rimando “In un baule, magari sotto terra?”

Sherlock annuì “Esattamente” rispose “Era questo che mi aspettavo da parte tua”

“Infatti è così” confermò Jareth “Ma è qui dentro e al momento non mi è permesso entrarci”

La risposta fu più che chiara, se Jareth fosse entrato Logan lo avrebbe saputo e, molto probabilmente, avrebbe raso al suolo l’intera Storybrooke pur di farlo fuori con i suoi stessi artigli.

Sherlock si sentì lieto di non aver perso il suo fiuto ed intuito da detective e acconsentì ad entrare lui a scavare e cercare.

“Non c’è problema, vado io” Sherlock fece per entrare, ma Jareth lo bloccò mettendogli una mano sulla spalla.

“Non merito la fiducia di nessuno e nemmeno la pretendo” disse “Voglio aiutarvi, ma è meglio che qualcuno lo sappia” guardò Sherlock dritto negli occhi “Non era mia intenzione fare del male alle persone di questa città e non avrei mai fatto del male a quel bambino”

Sherlock sorrise e ammiccò, segno che aveva capito e gli credeva.

Jareth lo lasciò andare e lo vide scomparire all’interno della miniera, mentre lui rimase fuori ad aspettare.

Emise un sospiro “Hai intenzione di restare lì tutto il tempo?” domandò incrociando le braccia, mentre dietro di lui dei passi si facevano via via più vicini.

Jareth fece un respiro profondo, facendo penetrare nelle narici il profumo di terra bagnata e delle foglie che lo circondavano, nonché il fragranza alla vaniglia che proveniva da chi stava alle sue spalle.

“Davvero non gli avresti fatto del male?” fu la domanda che gli venne posta, al che gli venne quasi da ridere.

“Dopo i nostri trascorsi, ancora pensi che io voglia fare del male ad un bambino?” si voltò, puntando i suoi occhi in quelli di Sarah, che non riuscì a sostenere lo sguardo “Non ho mai voluto fare del male a tuo fratello e non intendo farne a questo bambino non ancora nato”

Sarah voleva ribattere, voleva assumere uno sguardo di sfida e fare qualcosa, ma non fu in grado di fare niente.

“Non ho mai voluto farti del male, Sarah” disse lui “Né a te, né a tutta questa gente”

“Allora perché?” domandò lei “Perché lo hai fatto?”

“Perché…” per tutti gli Dei, quanto era difficile ammettere la verità “Perché sarei stato mortale” rispose “E il dolore sarebbe durato poco”

“Q-quale dolore?” chiese Sarah.

Jareth si avvicinò a lei “Il dolore di non averti” rispose “Sarah, io non ti ho mai dimenticata e tutto quello che mi riguardava era ed è vero”

Sarah non sapeva cosa rispondere e dentro di lei era combattuta.

Avrebbe voluto sfidarlo di nuovo, combatterlo e vederlo sparire dalla faccia della terra o di qualunque altro mondo.

Dall’altra sentiva che quella situazione era anche colpa sua.

Nulla sarebbe mai successo se Sarah non avesse dato retta al suo istinto di adolescente e alle sue crisi isteriche.

Aveva sbagliato e si assunse la sua parte di colpa.

Jareth aveva provato, mentalmente, ad incolparla di tutto, ma non era riuscito.

Sarah non poteva sapere cosa si celasse nella mente e nel cuore di Jareth, ma poco le ci volle per capire cosa stesse provando in quel momento.

“Non hai che da temermi, amarmi, fare ciò che ti dico e...” mormorò Sarah, bloccandosi.

“E sarò il tuo schiavo” concluse per lei Jareth.

Sarah annuì “Ti ho temuto e...ho fatto ciò che mi hai detto” deglutì “Rimane solo una cosa”

“Amarmi” disse Jareth e Sarah annuì.

“Amarti” ripeté, abbassando lo sguardo “Jareth, è sbagliato” e questa affermazione bastò a Jareth per comprendere che Sarah aveva raggiunto anche quel livello.

Sarah lo amava, ma non era ancora in grado di esternalo come avrebbe voluto.

Jareth allungò una mano e posò il dito indice sotto al mento di lei, alzandole un poco il volto “Io sono il tuo schiavo” mormorò Jareth e le posò un veloce e dolce bacio sulle labbra.

Quando si divisero, lei era arrossita e Jareth emise un ghigno divertito.

Sarah non disse altro, si portò le mani al volto e decise che era meglio andarsene da lì, o avrebbe combinato un disastro dicendo qualcosa di sbagliato.

Jareth rimase ad osservarla finché non fosse scomparsa alla sua vita.

All’inizio sorrise, immaginando cosa stesse passando nella mente e nel cuore della sua amata Sarah e quante maledizione gli stesse lanciando.

Dall’altra si sentiva ancora peggio di quanto si credesse.

Sarah, la sua Sarah, si stava finalmente aprendo, ma lui non aveva la forza di aspettare che lei si aprisse del tutto.

Ci era riuscita, aveva preso pieno controllo di lui

“Tu hai potere su di me”

  
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