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Autore: LorasWeasley    22/12/2021    5 recensioni
future|fic [daisuga]
"-Stavo pensando a Isao- rispose sincero.
-È successo qualcosa in particolare con lui?- domandò Daichi alzandosi a sua volta e raggiungendolo.
-Io voglio adottarlo- sussurrò infine con gli occhi puntati verso il basso.
Daichi gli mise una mano sotto il mento per fargli rialzare il viso, poi chiese sempre in un sussurro –Davvero?"
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Koushi Sugawara
Note: Kidfic | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'Future Fic with Babies'
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I gesti valgono più delle parole
 

Fin da quando erano al secondo anno di liceo, tutti i loro compagni di squadra avevano sempre scherzato sul fatto che Suga e Daichi fossero i loro genitori. Ai due non aveva mai dato fastidio, era vero che si comportavano come dei genitori, ma qualcuno doveva pur farlo considerando la mentalità di alcuni dei loro compagni.
Tenendo conto di questa premessa, crescendo e andando a vivere insieme per i due fu facile capire che, dopo il matrimonio, un giorno avrebbero adottato probabilmente più di un solo bambino.
Tuttavia, decisero di aspettare che entrambi i loro lavori diventassero stabili prima di dedicarsi a quella nuova parte della loro vita.
Si sposarono e fu solo quando Daichi divenne un poliziotto e Suga ebbe il posto fisso come insegnante delle elementari che l’argomento fu nuovamente aperto.
Fu Koshi a parlerne per primo, si era quasi concluso il suo primo anno scolastico e un’idea aveva iniziato a diventare sempre più insistente nella sua mente. Così insistente che capì che non poteva più rimanere solo un’idea.
-Koshi?- domandò Daichi nel bel mezzo della cena mentre faceva tornare suo marito al presente -È successo qualcosa a scuola? Sembri un po' troppo distratto.
L’insegnante sospirò, poi si alzò per conservare il cibo intatto nel suo piatto, che non aveva voglia di mangiare, in modo che non venisse sprecato.
-Stavo pensando a Isao- rispose sincero.
-È successo qualcosa in particolare con lui?- domandò Daichi alzandosi a sua volta e raggiungendolo.
Isao era un bambino di sette anni che frequentava la classe di Suga. Non aveva una famiglia e cresceva in orfanotrofio, di solito ai bambini venivano insegnate le nozioni base proprio all’interno della struttura, ma Isao si era scoperto molto più intelligente dei suoi coetanei e il direttore aveva deciso di mandarlo in una scuola vera e propria, dove avrebbe potuto imparare molte più cose.
Suga si era affezionato a lui così come si era affezionato a tutti gli altri bambini a cui insegnava, ma Isao era particolare. Isao era un bambino che ce la metteva tutta in quello che faceva, che era felice di imparare cose nuove e che, nonostante fosse l’unico a non avere una vera e propria famiglia, nella sua classe era sempre stato gentile con tutti i suoi compagni.
-Io voglio adottarlo- sussurrò infine con gli occhi puntati verso il basso.
Daichi gli mise una mano sotto il mento per fargli rialzare il viso, poi chiese sempre in un sussurro –Davvero?
Koshi annuì piano –So che abbiamo sempre pensato di prendere un bambino piccolo e crescerlo fin da subito, ma…
Non riuscì a concludere la frase e non ne ebbe bisogno perché Daichi lo strinse in un abbraccio –Facciamolo.
 
Non fu semplice e dovettero passare settimane prima che tutte le pratiche fossero sbrigate.
La prima volta che Suga aveva preso in disparte Isao e gli aveva chiesto cosa ne pensasse, il bambino aveva quasi pianto, abbracciandolo talmente forte che era stato Koshi quello a piangere alla fine.
Quindi adottarono Isao, andarono a prenderlo dopo un turno di Daichi a lavoro e lo portarono a casa senza problemi.
Per quanto i due adulti fossero fiduciosi di quella nuova vita che stavano iniziando, dovettero ricredersi nel momento in cui portarono il bambino a casa.
Isao cambiò atteggiamento e divenne silenzioso e schivo. Inizialmente pensavano che dovesse solo ambientarsi, ma più i giorni passavano e più le cose peggioravano.
Isao si rifiutava di parlare con loro, era sempre rigido e mai rilassato, mangiava poco e aveva smesso di impegnarsi nello studio o, in generale, di fare i compiti, perché appena possibile scappava sempre di casa con la bicicletta che i due genitori gli avevano fatto trovare una volta preso.
Daichi e Koshi avevano atteso, gli avevano dato tutto il tempo per ambientarsi a quella nuova vita, ma a tutto c’era un limite e il loro arrivò un mese dopo l’adozione.
 
Era un giovedì pomeriggio, fuori pioveva e Isao era nascosto nella sua stanza, impossibilitato a uscire con la sua bici data la pioggia.
Koshi bussò alla sua porta e l’aprì poco dopo –Isao, dobbiamo parlare.
Il bambino, sdraiato sul letto e dandogli le spalle, non fece nulla per far capire loro che li avesse sentiti.
Suga sospirò e Daichi s’intromise con un tono più duro –Tuo padre sta parlando con te, non fare finta di non sentirlo.
A quello, Isao si mise a sedere e si voltò verso di loro con il fuoco negli occhi, poi si rivolse direttamente a Daichi –Non ci parlo con quelli come te!
-Quelli… come me?- la rabbia di Daichi era scomparsa, lasciando solo la confusione nel suo sguardo e nella sua voce –cosa ti hanno fatto i poliziotti?
-Mi hanno portato via dai miei fratelli, e adesso tu l’hai rifatto!
Koshi lo raggiunse e si sedette sul letto per essere alla sua stessa altezza –Tesoro, sapevi che ti saresti dovuto dividere dai tuoi amici all’orfanotrofio una volta adottato, per questo ti avevo chiesto se per te andasse bene e tu… eri così felice…
-Io pensavo che avreste preso anche loro…- anche dal volto di Isao la rabbia era sparita, lasciando solo la tristezza, ben evidente nei suoi occhi lucidi.
-Non possiamo adottare tutti quei bambini…- provò a spiegargli Suga.
-Ma io… voglio i miei fratelli- singhiozzò per la prima volta da quando era stato adottato –voglio la mia famiglia- pianse ancora –perché non avete preso anche loro? Perché non li avete voluti?
A Koshi un piccolo dubbio iniziò a pungergli la mente, tuttavia era talmente assurdo che non poteva essere vero. Se Isao avesse avuto dei fratelli biologici, l’orfanotrofio gliel’avrebbe detto, giusto?
Si voltò a fissare Daichi e vide nel suo sguardo i suoi stessi pensieri. Ma non aveva importanza quanto fosse o meno assurda una situazione, il loro bambino stava piangendo e sarebbero arrivati in fondo a quella storia.
-I fratelli di cui parli- si intromise Daichi –sono dei bambini che stavano con te anche prima che arrivassi in orfanotrofio? Vivevano con la tua vecchia famiglia?
Isao annuì brevemente continuando a piangere, Suga si irrigidì e la sua espressione si fece più seria e risoluta.
Prese a coppa il volto del bambino e, asciugandogli le lacrime, gli disse –Ascoltami bene, Isao. Tu sei nostro figlio adesso, siamo una famiglia. E se hai dei fratelli, anche loro faranno parte della nostra famiglia, hai capito bene? Ma se non ci parli, se non ci racconti tutto quello che avete passato, non possiamo aiutarti, mi capisci?
Isao li fissò stupito e frastornato, poi annuì di nuovo e iniziò a raccontare.
L’unica cosa che Suga sapeva prima di questo era che Isao si trovava in orfanotrofio perché i suoi genitori erano morti in un incidente d’auto, quel giorno scoprì che la sua storia era anche peggiore.
Sì, i genitori di Isao erano morti in un incidente d’auto quando lui aveva quattro anni, ma non avevano lasciato solo quel bambino, bensì anche due gemelli di appena pochi mesi: Kazuki e Kenta.
Isao ricordava che erano stati i poliziotti ad andare a prenderli a casa, a spiegargli che i loro genitori non sarebbero più tornati e a dividerlo dai due gemelli mandandoli in strutture differenti.
Il bambino raccontò di come avesse fatto il pazzo, di come non passasse giorno in cui non urlasse o gettasse tutto in aria nella rabbia della situazione, fino a quando non furono costretti a mandarlo nella stessa struttura dei due gemelli. Qui Isao promise che si sarebbe comportato bene, che avrebbe studiato e avrebbe lavorato per loro, così che le persone della struttura non li dividessero più. E poi era stato adottato.
I due uomini ascoltarono tutta la storia mentre si susseguivano in loro diverse emozioni. Non appena concluse, Suga si alzò di scatto e con il fuoco negli occhi annunciò –Vado a chiamare quei bastardi dell’orfanotrofio.
Daichi rimase solo con Isao, sospirò e iniziò a dirgli –Perdonami se non mi sono preso abbastanza cura di te in questo mese, capisco che tu non voglia definirmi tuo padre e capisco anche perché odi quelli come me. Ma i poliziotti sono brave persone, se ho questa divisa è solo perché voglio fare del bene alla gente. Adotteremo Kenta e Kazuki e sarete di nuovo insieme, non l’abbiamo fatto prima solo perché non lo sapevamo, nulla adesso ci impedirà di farlo, te lo prometto Isao.
Il bambino lo scrutò con uno sguardo indecifrabile e non disse nulla.
-Ogni giorno, quando scappavi con la bici, andavi da loro?
Isao abbassò lo sguardo e annuì, sussurrando poi –Ma non me li facevano vedere.
-Non avrai più bisogno di farlo. Però la prossima volta che hai un problema, parlane con noi, va bene? Siamo i tuoi genitori, siamo qui proprio per questo. Puoi fidarti, ti dimostrerò che puoi farlo.
 
Andarono in orfanotrofio la mattina successiva, Daichi si prese un permesso dal suo lavoro, così come Suga.
Non appena furono dentro, Isao scappò correndo verso una direzione ben precisa, Koshi lo rimproverò urlando il suo nome e Daichi gli corse dietro, lasciando il marito a occuparsi del resto.
Si bloccò all'ingresso di una stanza quando vide due gemelli, di circa tre anni, illuminarsi nel vedere Isao e pronunciare il suo nome mentre si alzavano e correvano ad abbracciarlo.
A Daichi si strinse il cuore nel vedere quella scena, mentre la rabbia iniziava a invaderlo per quello che avevano fatto a quella famiglia.
La sua rabbia di certo non migliorò quando vide una donna accorgersi di Isao e raggiungerlo con sguardo severo.
-Ancora tu?- Daichi vide il terrore nel volto di Isao mentre uno dei gemelli si stringeva contro di lui -come devo farti capire che qui non ci devi venire più!?
La donna alzò la mano, Isao chiuse gli occhi e voltò la testa, ma prima che questa riuscisse a colpirlo, Daichi si mise in mezzo.
-Non tocchi mio figlio, per favore.
La donna fu sorpresa da quell'intervento, ma tornò subito la sua compostezza e annunciò pragmatica -Non è orario di visite, signor Sawamura.
Quindi si ricordava di lui.
-Non ci avete detto che Kenta e Kazuki erano suoi fratelli.
La donna sorrise fintamente cortese -Tutti i bambini qui dentro sono fratelli.
Daichi sentì Isao stringersi alla sua gamba e il suo bisogno di proteggerlo si fece più forte -Ci avete tenuto all'oscuro su una delle cose più importanti sulla vita del bambino che abbiamo adottato!
-È la nuova politica. Nessuno li ha mai adottati perché non voleva prendersi a carico tre bambini, abbiamo deciso che questo era l'unico modo per fargli avere una famiglia.
-Separandone un'altra?- sbottó l'uomo con un tono quasi derisorio.
-Signore, sono costretta a chiederle di andarsene, altrimenti dovrò chiamare la polizia.
Daichi rise -La polizia è già qui. Vuole che le mostri il distintivo?
 
Riuscirono a portare Kenta e Kazuki a casa quello stesso pomeriggio. Certo, era stato tutto così veloce che non avevano avuto tempo per preparare una stanza o anche solo comprare i letti, ma Isao disse che non era un problema, che avrebbero dormito tutti e tre insieme per recuperare il tempo perso.
Lo disse con un sorriso perché era tornato il bambino solare e felice che Suga aveva imparato a conoscere e al quale si era affezionato.
Quella sera, i due uomini stavano raggiungendo la cameretta in questione per dare loro la buonanotte, quando si bloccarlo dietro la porta nel sentire la voce di Isao che parlava ai due bambini.
-No, Ken, non ci manderanno mai via, sono i nostri genitori.
-Davvero?- chiese la vocina di uno dei due.
-Davvero. Papà Koshi è gentile e buono, tutte quelle storie che ti raccontavo e che ti piacevano tanto me le leggeva lui a scuola, se abbiamo bisogno di aiuto, lui ci sarà sempre per noi. Mentre papà Daichi è un eroe, avete visto come ci ha protetto dalla governante? Loro sono i migliori papà dell'universo, solo ieri mi hanno promesso che saremmo stati insieme e hanno mantenuto la promessa.
Quando Daichi, commosso, spostò lo sguardo su suo marito, si accorse che questo stava piangendo.
Sorrise e lo abbracciò, baciandogli la testa.
-Sono così felice che abbiamo raggiunto tutto questo- mormorò Koshi a un volume bassissimo.
Daichi sorride contro i suoi capelli -è solo l'inizio, amore. Ora andiamo a dare la buonanotte ai nostri bambini.

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