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Autore: Chiccagraph    24/12/2021    0 recensioni
"Perché ci vuole coraggio a lasciare andare uno dei fili che tiene insieme il complesso reticolato del tuo cuore.
Ci vuole coraggio a reciderlo sapendo che difficilmente potrai riannodarli insieme ai tuoi. È un filo sciolto che può decidere di legarsi dove vuole: allacciarsi nuovamente ai tuoi o lasciarsi trasportare via dal vento.
E lui aveva mille ragioni per farlo, per tagliare via quella rosa pericolosa e tornare a prendersi cura del parco incontaminato dei suoi sentimenti. Aveva mille motivi per andarsene. Ed uno solo per restare. Ma quell’unico motivo, cazzo, aveva degli occhi bellissimi."
O la fic Serquelicia di cui tutti abbiamo bisogno
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Altri, Il professore, Raquel Murillo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Come tutte mattine Sergio si era alzato al sorgere del sole, era sceso in spiaggia, attraversando il viale della villa che portava fino al mare, e si era seduto sulla sabbia. Sufficientemente lontano dal bagnasciuga per non bagnarsi e al tempo stesso abbastanza vicino per lasciarsi cullare dal dolce suono delle onde che si infrangevano sulla riva. 
 
Solitamente si buttava a terra e lasciava il suo corpo riscaldarsi insieme alla sabbia, accarezzato dai tiepidi raggi del sole. 
 
Non veniva mai disturbato da nessuno.
 
A quell’ora del mattino si ritiravano i pescatori, con il bottino della notte, pronti per posare le loro barche e poter far finalmente ritorno nelle loro case.
 
Li osservava silenziosamente mentre spingevano le barche sulla sabbia e poi con un semplice cenno del capo si salutavano, scambiandosi la promessa silenziosa di ritrovarsi nuovamente al calar del sole. Tutti i giorni lo stesso ciclo che si ripeteva all’infinito.
 
Come avrebbe voluto avere la pace interiore di quei pescatori. Non avevano altri pensieri se non quelli di portare a casa un secchio pieno di pesce fresco che avrebbero poi venduto o mangiato in compagnia.
 
In questi giorni più che mai aveva bisogno di stare da solo. Non riusciva a gestire la presenza delle due donne, e il più delle volte si sentiva mosso da correnti contrastanti. A volte sospinto in una direzione e a volte in quella opposta. 
 
Al mattino si convinceva che la cosa più giusta sarebbe stata interrompere questa tortura e con essa il prolungarsi di questa estenuate attesa infinita, ma poi gli bastava vederla per un istante per scacciare via quel pensiero e desiderare solo di poter vivere un giorno in più insieme a lei. 
 
La presenza costante di Alicia, di certo, non lo aiutava a prendere una decisione.
 
Raquel lo aveva stuzzicato più volte, alludendo al crescente affetto da parte sua nei confronti della donna, un affetto che lui prontamente aveva smentito. E ora, si sentiva un vile e un vigliacco per averla ingannata per così tanto tempo. Per non averle detto la verità.
Doveva affrontare questo problema, e doveva farlo ora, altrimenti i sensi di colpa lo avrebbero mangiato vivo. 
 
I problemi sono come le onde: c’è la risacca, ma poi… un’altra onda ti colpisce e devi prontamente nuotare verso la superficie per non annegare. E una volta uscito con la testa fuori dall’acqua devi cercare di tenerti a galla, sopravvivere, ma in questi giorni sentiva il suo corpo pesante come piombo. Le sue bugie pesavano come macigni e lo attirava verso il fondo, facendolo sprofondare nelle acque più scure. 
 
Possibile che fosse finito con l’innamorarsi di quella donna? 
 
Era certo dei sentimenti che provava per Raquel, da giorni si continuava a ripetere che lei fosse l’unica, eppure questo calore che sentiva diffondersi nel petto ogni volta che il suo sguardo incontrava quello di Alicia era così simile all’amore.
 
Si può amare due donne contemporaneamente? 
 
Sapeva di non essere solo attratto da lei, era una bellissima donna e non poteva negare che l’averla così vicina aveva fatto nascere in lui determinati desideri, ma il suo pensiero fisso non riguardava solo il sesso. La voleva in una maniera molto più profonda. Non era solo una pulsione fisica a spingerlo verso la rossa, era qualcosa che si muoveva molto più in profondità. Dentro di lui. 
 
Possibile che tutto questo dolore, questo senso di colpa, questa paura fossero tutte facce diverse di un unico sentimento che piano piano affiorava nel suo cuore e si espandeva, intaccando i tessuti, conquistando spazio?
 
Alicia era una di quelle persone che se le dai un dito si prende tutte e due le braccia. Attorno alla vita. E ti si nasconde nel petto. E lui glielo aveva lasciato fare. Quel giorno mentre si nascondevano dalla polizia aveva permesso alla donna di bucare il suo mantello protettivo, gli aveva dato lui stesso le armi per farlo; e nel momento stesso in cui aveva sentito il peso della sua testa poggiarsi sulla sua spalla, si era creato il primo strappo. 
 
Aveva provato a ricucirlo, a coprirlo con una toppa, ma il tessuto ormai portava i segni del suo passaggio e non poteva più tornare ad essere liscio come prima. 
 
Pensava che l’importante fosse richiudere i buchi e in un primo momento non si era preoccupato del modo in cui lo stava facendo; ormai era troppo tardi per tornare indietro. 
 
Alicia si era immischiata nella trama della sua copertura intrecciando i suoi fili con i suoi; per tirarla via avrebbe dovuto strappare di nuovo i punti e riaprire il taglio.
 
Perso nei suoi pensieri non sentì i passi della donna che si avvicinava alle sue spalle. Registrò la sua presenza solo nel momento in cui si lasciò cadere al suo fianco, spostando la sabbia con il suo corpo.
 
«Raquel!» l’accusò con voce tremante, «che diavolo… mi hai spaventato» disse, tirandosi su in una posizione seduta.
 
«Ti ho chiamato, ma eri talmente assorto nei tuoi pensieri che non mi hai sentito» rispose lei.
 
«Oh»
 
Per un attimo rimasero in silenzio a fissarsi, poi il professore distolse lo sguardo, si sfilò gli occhiali e iniziò a strofinarli con la parte finale della sua maglietta di cotone per ripulirli dalla salsedine. Un tic nervoso che aveva fin da bambino.
 
«Ti stavo cercando»
 
«Come mai?» chiese, continuando la pulizia meticolosa delle lenti. Prima un lato e poi l’altro con movimenti precisi e circolari.
 
Raquel infilò una mano nello zaino e tirò fuori il libro che in questi giorni era diventato la naturale prosecuzione del braccio dell’uomo. «Ti sei dimenticato questo» disse, spostando il libro sulle sue gambe.
 
Sergio annaspò alla vista del volume, preso alla sprovvista. Cercò nel suo sguardo un’accusa che non trovò e rimase in un primo momento in silenzio, a corto di parole. 
 
«Raquel…»
 
«No», lo interruppe lei, posandogli una mano sulla coscia, esattamente tre dita sopra il libro. «Va tutto bene».
 
Sergio aggrottò la fronte perplesso. «Tu non capisci» mormorò, fermando il movimento delle sue mani.
 
«Io capisco benissimo» sfilandogli gli occhiali dalle dita li riportò al suo viso e li lasciò scivolare sul ponte del naso, nel loro posto abituale.
 
Sergio rimase in silenzio ad osservarla, studiando i movimenti del corpo della donna. Era rilassata, calma, quasi pacifica. Non c’era rassegnazione nel suo tono di voce, piuttosto consapevolezza. 
 
Quando Tokyo li aveva interrotti, quella notte a Toledo, aveva ruggito come una leonessa, marcando il suo territorio. Ora, invece, si comportava in maniera diversa, come se fosse conscia e al tempo stesso consenziente. Come se ci fosse un tacito accordo in cui gli era permesso di pensare a un’altra donna – o piuttosto essere ossessionato da un’altra donna – perché ne traeva vantaggio lei stessa.  
                                                                                                                                           
Con l’indice e il medio della mano destra spinse gli occhiali all’indietro, anche se erano già perfettamente in posizione, e poi prese coraggio e guardò la donna che non aveva mai smesso di osservarlo con un sorriso rasserenante dipinto sulle labbra. 
 
Gli occhi luminosi di Raquel gli dicevano che poteva andare avanti, che non c’era niente di cui preoccuparsi. Ma come era possibile? Tutto questo era assolutamente assurdo. Impensabile. E poi improvvisamente capì. Tutto si fece più chiaro. Le tessere del puzzle avevano finalmente trovato il giusto incastro.
 
Anche Raquel era attratta da Alicia. 
 
Possibile che non se ne fosse mai reso conto fino ad ora?
 
Anche Raquel la desiderava, proprio come lui. 
 
«E così ci ha fregato a tutti e due» cantilenò con un filo di voce.
 
«Già» rispose la donna, soppesando le parole. «Ci ha fregato entrambi» disse, utilizzando le sue stesse parole, anche se non pensava esattamente di essere stata fregata, quanto piuttosto di essersi lasciata fregare - consapevolmente.
 
Sergio spostò il libro al suo fianco sulla sabbia, piegò le gambe, spingendole contro il petto, e lasciò riposare la testa sulle ginocchia, poggiandosi sulla guancia. 
 
«Da quanto tempo?» 
 
«Credo da sempre» rispose lei sincera. 
 
«E tu? Da quanto tempo?» chiese, rispecchiando la sua posizione. 
 
L’uomo prese tempo prima di rispondere, due grandi respiri per la precisione. Lasciò riempire il suo corpo d’aria. Le molecole di ossigeno correvano nelle sue vene nutrendo ogni singolo organo per poi rincontrarsi nuovamente nel cuore ed essere pompate via. Le sentiva espandersi ovunque: nei polmoni, nelle gambe, nel cuore, nella testa. 
 
Era da giorni che si poneva la stessa domanda, ma ancora non sapeva rispondere con certezza. «A dirti la verità… non lo so»  
 
Accarezzò con l’indice della mano destra la copertina del libro poggiato tra loro, e la sfilò, facendola scorrere verso l’alto. 
 
Alla luce del sole, mentre condivideva il suo piccolo segreto con Raquel, si sentiva più leggero. Come se si fosse tolto un peso dal petto. 
 
«Dovresti dirglielo lo sai, vero?» disse la donna, fissando lo sguardo sui passaporti.
 
«Lo so» rispose lui, pensieroso. «Ma non so se sono pronto ad accettare un suo rifiuto»
 
«E chi ti dice che sarà un rifiuto?»
 
Sergio la guardò con un sopracciglio alzato. Scuotendo leggermente la testa tirò fuori i due passaporti dal libro e li prese tra le mani. «Mi ha detto che noi due non saremmo mai amici» sospirò, «un matrimonio di convenienza» aprì il primo passaporto lasciando scorrere lo sguardo sul nome scritto nella prima pagina. «Figurati se posso dirle che mi sto innamorando di lei»
 
Alzò lo sguardo e lo lasciò vagare all’orizzonte perdendosi nella vastità del mare. 
 
«Si dicono un sacco di cose quando si è sotto shock e non sempre sono vere» lo rimproverò Raquel, delusa dal tono sconfitto della sua voce. L’uomo di cui si era innamorata non era una persona che si arrendeva facilmente. L’uomo di cui si era innamorata aveva giocato una partita a scacchi contro il governo e ne era uscito vincitore. Non mollava mai, per nessun motivo, neanche quando non c’erano più speranze. 
Quest’uomo che aveva davanti, titubante e insicuro, non era il suo Sergio. «Le è crollata la terra sotto i piedi, il suo mondo si è sgretolato e sta ancora cercando di raccogliere i pezzi della sua vita… non puoi biasimarla per quello che ti ha detto»
 
Raquel si spostò su un fianco entrando con il volto nel campo visivo dell’uomo. Aveva bisogno della sua attenzione. «Alicia è una persona difficile, complessa, complicata… è faticoso vivere nella sua pelle dopo tutto quello che le è successo negli ultimi mesi» nascose dietro l’orecchio un filo di capelli che ballava selvaggio nel vento. «Come noi».
 
Intrecciò le dita con le sue, stringendo la presa. «Se vuoi cambiare il tuo destino, cambia il tuo atteggiamento»
 
Sergio annuì, ancora assorto nei suoi pensieri. «Dammi un altro giorno. Un altro ancora. Vorrei poter stare con lei solo un altro giorno»
 
«D’accordo»
 
Raquel tornò seduta al suo fianco, appoggiando la testa sulla sua spalla, esattamente come aveva fatto Alicia quella notte. Non dissero più nulla per la mezz’ora seguente, rimasero ad osservare il cielo limpido del mattino mentre il sole compiva la sua parabola luminosa. 
 
 
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Quando rientrarono in casa la prima cosa che videro fu Alicia seduta sul davanzale della finestra, con le gambe tirate al petto. In una mano teneva una tazza di caffè e nell’altra, poggiata sul ginocchio, una sigaretta accesa. A quest’ora del mattino, con i primi raggi di sole che tingevano la stanza di arancio, sembrava quasi una dea con i capelli sciolti sulla schiena e la pelle colorata d’oro. 
 
Victoria dormiva serenamente nella sua culla; ogni tanto muoveva le manine sorridendo nel sonno e ogni volta che lo faceva affioravano sulle sue guance tonde due leggere fossette. 
 
«Ehi, sei già sveglia?» 
 
Alicia piegò la testa di lato, verso la porta, sorpresa. Li guardò entrambi e poi annuì. «A quanto pare in questa casa non riesce più a dormire nessuno» disse, mentre un sorriso pigro distendeva le sue labbra rosate.
 
Passarono alcuni istanti in cui il silenzio si estese a dismisura. 
 
Raquel si schiarì la gola calamitando su di sé quattro paia di occhi curiosi. «C’è ancora del caffè?»
 
Alicia annuì, mentre si portava la tazzina alle labbra. 
 
La donna si staccò dallo stipite della porta, dove si era fermata insieme a Sergio ad osservare la rossa, prelevò due tazzine dallo scolapiatti e ci versò dentro il caffè rimasto nella moka. Aggiunse due cucchiaini di zucchero di canna nel caffè di Sergio, e una zolletta dietor nel suo.
 
«Tieni» allungò il braccio per consegnare la tazzina all’uomo.
 
Entrambi si misero seduti al tavolo della cucina in silenzio. L’orologio a pendolo sul muro scandiva i secondi con il suo lento e incessante oscillare. 
 
Raquel guardò il suo uomo mentre di sottecchi osservava i movimenti dell’altra donna; poi il libro che aveva posato sul tavolo, accanto alla tazza di caffè caldo. Doveva essere difficile portarsi dietro quel segreto. Trasportarlo di stanza in stanza, toccandolo con attenzione, maneggiandolo con cura, come se fosse fatto di lava bollente. Una mossa sbagliata e l’avrebbe bruciato. 
 
Sciolto quel nodo che teneva i loro fili legati insieme in un equilibrio precario. 
 
Finita la sua tazzina decise che avrebbe regalato a Sergio un po’ di tempo da solo con Alicia, forse, e solo forse, avrebbe trovato il coraggio per dirle la verità. 
 
«Sto andando in città a fare la spesa» disse dirigendosi verso la porta dalla quale solo pochi minuti prima erano entrati. «Vi serve qualcosa?»
 
Guardò Sergio scuotere la testa e poi Alicia che proprio in quel momento scese dalla finestra, distendendo le gambe a terra.
 
Era a piedi nudi e indossava solo una lunga camicia – probabilmente di Sergio - che le copriva le gambe fino a metà coscia. I vestiti nei loro armadi si erano mischiati come i loro sentimenti. 
 
Raquel si perse per un attimo di troppo in quel pensiero. Distratta da quella fantasia ingombrante. 
 
«Raquel» 
 
«Sì…» rispose sbattendo le ciglia, come se risvegliata da un sogno ad occhi aperti.
 
«Ti senti bene?»
 
«Sì…» rispose allungando la parola.
 
La rossa la guardò pensierosa e in quel momento Raquel ebbe paura che potesse leggerle nel pensiero – sarebbe stato davvero imbarazzante -, dopo pochi istanti si girò, dandole le spalle, mentre poggiava la tazza nel lavandino. «Ho bisogno di un nuovo pacco di pannolini e delle sigarette. Ci pensi tu?»
 
«Certo» 
 
Prima di andare via incrociò con lo sguardo quello di Sergio che la guardò consapevole della lotta interna che aveva affrontato alla vista di Alicia con così pochi vestiti addosso. D’altronde anche lui stava combattendo la stessa battaglia. 
 
Scosse la testa nel tentativo di scacciare via quei maledetti pensieri e, dopo aver afferrato lo zaino dalla spalliera della sedia, uscì dalla stanza.
 
Raquel lo aveva lasciato di proposito da solo con la donna, d’altronde era stato lui a chiederglielo, ma ora che erano solo loro due, sentiva nuovamente il panico attanagliargli la gola. Doveva cercare di non pensarci, doveva distrarsi, non poteva permettersi di avere uno dei suoi episodi di fronte a lei; quel mostro era solo nella sua testa, continuava a ripetersi, quel mostro era una sua fantasia. 
 
Cercò nella memoria un pensiero positivo che potesse distrarlo dall’accenno di tremore che sentiva intorpidirgli le mani. 
 
Non stava succedendo nulla.
 
Chiuse gli occhi. Non sta succedendo nulla
 
Alicia si sedette di fronte a lui, posizionandogli un piatto davanti con delle uova strapazzate e del bacon. Sergio teneva gli occhi chiusi, strizzati insieme, e respirava pesantemente. L’uomo si comportava in maniera davvero insolita in questi ultimi giorni. 
 
«È tutto ok?» 
 
Registrò il suono della sua voce contemporaneamente al calore della sua mano che si posava delicatamente sul suo polso. Il battito gli schizzó nel petto. 
 
Al contatto aprì immediatamente gli occhi tirandosi indietro sulla sedia, come se il suo tocco l’avesse scottato.
 
Alicia, sorpresa, socchiuse gli occhi cercando di capire cosa stesse succedendo nella mente dell’uomo. Un minuto prima sorseggiava tranquillamente il suo caffè e quello successivo scattava all’indietro come una molla, come se il solo contatto lo sconvolgesse.
 
Sergio si rese conto di quello che era appena successo e cercò di simulare disinvoltura cercando una scusa per il suo allontanamento improvviso, l’ultima cosa di cui aveva bisogno in questo momento era avere la donna alle calcagna cercando di capire cosa gli stesse succedendo.
 
«Mi sono bruciato» disse, sorridendo forzatamente.
 
Prima Raquel e ora Sergio… cosa diavolo stava succedendo a questi due? pensò Alicia.
 
«Bruciato?» domandò sospettosa. «Con cosa?» 
 
Sergio afferrò la tazzina del caffè portandola alle labbra e lasciò cadere parte del suo contenuto sulla sua gamba. «Caffè» disse puntando con il dito della mano libera la macchia di caffè che si espandeva sul tessuto. «Qui».
 
«Mmh» Alicia lo guardò dubbiosa, mordendo con i denti il labbro inferiore. 
 
No, non farlo.
 
Quel semplice gesto calamitò immediatamente la sua attenzione e ora fissava senza alcuna vergogna le labbra della donna. 
 
Completamente assorto.
 
Rapito. 
 
L’ansia che aveva provato solo pochi minuti fa era solo un ricordo lontano.
 
«Se non ti conoscessi bene direi che mi stai fissando in modo strano» disse a bruciapelo, spostandosi con il bacino all’indietro, appiattendo la schiena sulla spalliera della sedia. «Invadente».
 
Cazzo.
 
In quel momento successe una cosa che non si aspettava: Sergio arrossì. 
 
Il professore, l’uomo che aveva sempre sotto controllo ogni cosa – emozioni comprese - era arrossito. Si era lasciato andare a quell’emozione spontanea, abbassando gli occhi colpevole. 
 
Alicia sorrise incredula, sgranando gli occhi, e si spostò nervosamente sul posto. Non riuscendo a star ferma.
 
«È che, uhm, scusami» scosse impercettibilmente la testa tornando a guardare la donna.
 
Proprio mentre la donna stava per dire qualcosa, Victoria iniziò a piangere richiamando l’attenzione dei due adulti nella stanza. 
 
Alicia si voltò in direzione della culla e poi tornò a guardare l’uomo seduto di fronte a sé. «Credo che abbia fame» mormorò.
 
«Sì, lo credo anch’io» annuì l’uomo prima di allontanare la sedia dal tavolo, strisciandola per terra, e alzarsi. 
 
Alicia era ancora seduta nella stessa posizione, con lo sguardo perso nel vuoto, quando Sergio lasciò la stanza. 
 
 
   
 
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