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Autore: Musical    25/12/2021    0 recensioni
La ragazza della brace deve scappare prima che io arrivi. Il mio gruppo sanguigno non contiene né una A né una B. Chi sono?
Risolvi questo indovinello, Edward, e troverai qualcosa di molto importante.
Per il terzo giorno della Riddlebird week 2021
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Edward Nygma, Oswald Cobblepot
Note: AU, Soulmate!AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Gotham era cambiata in quei dieci anni in cui era stato rinchiuso ad Arkham, eppure era sempre la stessa, se la si osservava sotto una determinata angolazione. Non ci volle molto per riprendere in mano il controllo ed essere nuovamente L’Enigmista. Diamine! Era da molto tempo che non si sentiva più padrone del proprio destino, doveva ringraziare il suo misterioso benefattore, che aveva escogitato un piano di fuga perfetto quasi quanto i suoi.
Osservare il profilo della città, sotto il cielo notturno, respirando a pieni polmoni quell’aria umida e piena di smog, gli regalava una sensazione di libertà ed euforia che Edward non riusciva a trattenere una risata che rasentava l’isteria. Era libero, finalmente libero! Dopo dieci lunghissimi anni!
Meravigliosa sensazione, non è vero?
Edward non aveva avuto bisogno di voltarsi per capire come l’intruso si fosse intrufolato nell’appartamento, quell’ombra l’aveva sempre seguito, e sempre l’avrebbe fatto. Annuì soltanto, non volendo interrompere i rumori della città ovattati, ed intimò all’altro di fare lo stesso.
Quando Gotham era diventata Terra di Nessuno, Edward aveva provato a fuggire costruendo un sottomarino, con molte difficoltà era riuscito nell’impresa, ma al molo Nyssa l’aveva messo fuori gioco, rubandogli la sua unica via di fuga. Per sei mesi era riuscito a fuggire dalle manette di Jim Gordon, ma alla fine venne catturato e messo ad Arkham. Dieci anni persi, ma Edward non aveva mai smesso di ideare piani di vendetta, indovinelli e possibili rapine, ed avrebbe dimostrato ancora una volta a Gotham chi era L’Enigmista, e tutti si sarebbero inginocchiati al suo cospetto, di fronte al suo intelletto.
A cominciare dagli altri criminali di Gotham. Infatti, Edward aveva ricevuto un invito personale in cui c’era scritto che il giorno successivo si sarebbe dovuto presentare all’Iceberg Lounge. L’altro Edward, una volta letto l’invito, andò in visibilio, l’aveva pregato di prendere il comando, d’indossare il suo abito migliore, di usare finalmente il bastone che avevano programmato ed ideato dieci anni prima, durante i sei mesi di fuga.
“Direi che su una cosa concordiamo”, Edward alzò gli occhi e si voltò indietro, conscio che Lui era lì, in attesa.
Infatti, con le dita che tamburellavano l’una contro l’altra per contenere l’eccitazione, il volto dell’altro Edward fuoriuscì dall’ombra, deformato da un sorriso a labbra strette.
Sono curioso di sapere cosa”, gli disse, iniziando ad avvicinarsi.
“Non possiamo andare con il nostro vecchio vestito.”
Ehm, il tuo vecchio vestito, io quella cosa non l’avrei mai indossata.
“Cosa cambierebbe?”
Niente, sottolineerebbe solo chi dei due ha buon gusto”, l’altro Edward continuava a sorridere divertito, accavallando una gamba, dopo che s’era seduto al lato opposto della finestra.
Edward cominciò a ragionare, aveva bisogno di qualcosa che attirava l’attenzione e facesse capire a tutti che era l’ospite d’onore. Magari una nuova giacca con tanti punti interrogativi, una spilla attaccata alla cravatta, degli occhiali con le lenti colorate potevano dare un tocco di classe al vestito che aveva usato per il suo trionfale ritorno.
La cosa si fa eccitante!
Edward, infatti, non riusciva a contenere un sorrisetto divertito, ma non capire il motivo era un effetto collaterale; continuava a domandarsi cosa c’era che non riusciva a cogliere, qualcosa di cui non aveva tenuto conto, ma tutti i calcoli erano giusti, non c’era alcun errore nel processo.
La ragazza della brace deve scappare prima che io arrivi. Il mio gruppo sanguigno non contiene né una A né una B. Chi sono?
Era da quando avevano ricevuto l’invito che l’altro Edward continuava a ripetere quell’indovinello, i suoi passi ticchettavano come i secondi di un orologio. Tuttavia, Edward aveva altro per la testa.
L’Iceberg Lounge era un locale rinominato per tutta Gotham, famosa era la storia del suo proprietario. Non si conosceva Gotham se non si conosceva la storia del Pinguino. Edward aveva avuto modo di leggere notizie sul conto di Oswald Chesterfield Cobblepot sui giornali, come quando era diventato Sindaco di Gotham, ma poi fu costretto a rinunciare al titolo perché era venuto fuori che il suo braccio destro aveva comprato i voti dei cittadini.
Anche lui era stato rinchiuso per dieci anni, al penitenziario Blackgate, ed era uscito pochi giorni prima di Edward, in maniera legale. Una volta uscito, aveva ripreso in mano la sua vecchia e onesta attività, apportando numerose migliorie al locale che, a detta dei giornalisti, avevano consolidato il nome del suo padrone.
Edward, per quanto avesse desiderato entrarvi per dare un’occhiata, non aveva mai avuto l’occasione giusta, ma il destino sembrava avergli regalato una possibilità.
Domani è il grande giorno! Magari, avremo modo di conoscere il nostro benefattore, e non solo.
Fu con la risata euforica dell’altro Edward che Edward cominciò a perfezionare il suo bastone, la luce del suo studio fu l’unica a rimanere accesa per tutto il palazzo, illuminando le strade buie di Gotham. Mancavano meno di ventiquattr’ore, e c’era tanto lavoro da fare.


Le luci blu e viola dei neon riflettevano sulla superficie dorata di un bastone, il buttafuori guardò strano quell’oggetto, prima che il suo sguardo si posasse sul proprietario, i cui dettagli del suo abbigliamento rifrangevano le luci.
“Splendida serata, vero?”
Edward sorrise divertito alla propria battuta, prima di fare un passo verso l’entrata, ma venne fermato dal buttafuori che gli chiese l’invito. Quella era una serata riservata a pochi, e molti ospiti abituali del Lounge volevano intrufolarsi.
Edward batté il palmo della mano sulla fronte, fingendo sorpresa.
“Oh cielo, che sbadato! Se non avessi il collo, mi perderei anche la testa, uno di questi giorni.”
Dal nulla, Edward fece uscire il biglietto per consegnarlo al buttafuori. L’uomo gli diede una veloce occhiata, adocchiando qualche particolare, poi mise in una tasca interna della giacca l’invito ed aprì la porta, sotto il tono seccato e contrariato degli altri.
“Buona serata, signor Nygma.”
Edward fece qualche piroetta col suo bastone, prima di ringraziare l’uomo con un filtrante sorriso ed entrare, trovandosi accolto da un’aria fresca e una rilassante musica blues in sottofondo. Alla sua sinistra un lunghissimo bancone con dietro di sé innumerevoli bottiglie di pregiate bevande alcoliche, a destra c’erano diversi tavoli di ferro battuto neri, con eleganti sedie. Ma era al centro il pezzo forte, ciò che rendeva quel posto l’Iceberg Lounge: un enorme blocco di ghiaccio immerso in una piscina di ghiaccio, dove cinque pinguini si divertivano a scivolare o tuffarsi nell’acqua. Le cameriere indossavano calze a rete, un bustino nero, un colletto bianco e un triangolino di cartone nero sul naso, mentre i barmen indossavano una divisa molto eleganti, nere con la camicia bianca, e sempre lo stesso dettaglio sul naso.
Davvero niente male.
Edward si diresse verso il bar, muovendosi sinuoso a ritmo di musica, seguendo la dolce e scandita musica del pianoforte e della batteria, ai quali s’aggiungeva anche qualche irriverente nota di chitarra elettrica. Si domandò per quale motivo non fosse mai entrato lì dentro.
“Buonasera,” disse una barman, “cosa posso prepararle?”
“Un Midori Sour, grazie.”
La donna annuì e s’apprestò a preparare il cocktail, offendo ad Edward la possibilità di guardarsi ancora più attorno. La sala era quasi completamente vuota, eccezion fatta per i pinguini e le poche cameriere che chiacchieravano al bancone. Fece l’ingresso nella sua visione una di loro che ritornava con un vassoio pieno di bicchieri vuoti, facendogli dedurre che quella non era l’unica stanza presente nell’Iceberg Lounge.
La barman gli diede il cocktail, ponendo un biglietto tra il calice e il sottobicchiere. Edward lo prese e con tutta calma lo lesse, c’era scritto con un’elegante calligrafia ‘Il Signor Edward Nygma è pregato di dirigersi nel piano inferiore. Il suo cocktail verrà portato a destinazione da una cameriera.
Peccato, si disse Edward, ancora doveva abituarsi a questa visione. Con riluttanza, l’uomo s’alzò e si diresse verso la porta da dove era uscita quella cameriera, tuttavia una sua collega, che l’aveva notato, lo fermò per guidarlo verso l’entrata dedicata agli ospiti, ed Edward si trovò nel piano inferiore dell’Iceberg: la musica al piano di sopra non arrivava — stanza insonorizzata, dedusse, mentre l’altro Edward iniziò ad elencare i vari motivi eccitanti per cui quella stanza doveva essere insonorizzata — al centro una grande teca di vetro illuminata di blu attraverso il quale si poteva vedere la parte inferiore dell’iceberg e qualche pinguino che nuotava. Gli ospiti chiacchieravano animatamente, con i loro cocktail in mano, che non degnarono di uno sguardo il nuovo arrivato, colpendo inconsapevolmente il suo orgoglio. Edward conosceva alcuni di loro, e fu con un moto di gioia che vide una giovane donna, con i capelli biondi raccolti in due code, che gli corse incontro ad abbracciarlo, scoccandogli poi un sonoro bacio sulla guancia.
“Ero certa che saresti venuto, Eddie!”
Edward sorrise leggermente. “Potevo mancare ad una festa in mio onore?”
La donna si mise a ridere.
“Ringraziami, è stata una mia idea. Dopo la tua ultima apparizione, qui non abbiamo smesso di parlare di te, meritavi una cosa simile, e meritavi di fare la conoscenza ufficiale di tutti noi! Beh, escludendo il mio Pudding, Cat e me.”
“Lo apprezzo molto, Harleen.”
Harley, adesso”, lo corresse la donna, notando come gli altri invitati si stessero dirigendo verso la stessa direzione.
“Dove stanno andando?”
“Dove stiamo per andare pure noi. Ozzie avrà saputo del tuo arrivo.”
Detto questo, Harley andò a saltellare dal suo adorato Pudding, che aveva iniziato a farsi chiamare il Joker o, come lo conosceva Edward, Jeremiah Valeska. Edward non nutriva una grande simpatia per lui, i dieci anni trascorsi insieme ad Arkham avevano consolidato questo sentimento. Diversi erano i sentimenti che provava per la Dottoressa Quinzel, conosciuta durante un incontro, prima che venisse assegnata a Valeska. I suoi capelli biondi gli ricordavano quelli di Isabella, prima che se li tingesse per assomigliare a Kristen, e il suo lavoro l’aveva aiutato un po’ a comprendere meglio l’altro Edward. Così facendo, s’era guadagnata la stima d’entrambi.
La stanza in cui Edward entrò era asettica e odorava di ipoclorito di sodio, con un tavolo circolare al centro e numerose sedute, tutti i presenti presero posto, lasciando Edward uno delle ultime sedie libere. Alchè, si mise seduto tra due uomini, che conosceva bene di fama, Jonathan Crane, lo Spaventapasseri, e Jervis Tetch, il Cappellaio Matto. Li studiò con la coda dell’occhio.
Jonathan non era più un ragazzino al quale il padre aveva somministrato una dose spropositata di un rudimentale vaccino, a base di adrenalina, per combattere la paura. Jervis, invece, sembrava rimasto lo stesso di quello che aveva visto sui giornali, con i suoi abiti dell’Ottocento, pieno di pizzi, notò che stava facendo dondolare un orologio da taschino, ed Edward pensò bene di non guardarlo ulteriormente, sapeva gli effetti devastanti che Jim aveva avuto, la prima volta che aveva avuto a che fare con Tetch, e non aveva idea di cosa Tetch era in grado di fare dopo anni. Preferì osservare gli altri presenti, notando che era presente anche Selina Kyle, ancora debitrice di una contusione alla testa dovuta ad una barra di ferro, usata dalla ragazza per metterlo fuori combattimento.
Dopo un primo chiacchiericcio tra i vari ospiti, e diverse occhiate rivolte ad Edward, un uomo che s’era seduto opposto a lui s’alzò, e tutti s’acquietarono, prestando la loro completa attenzione, cosa che fece anche Ed, sentendo in sottofondo le risatine dell’altro Edward. Mormorava ancora quell’indovinello.
La ragazza di cenere deve scappare prima che io arrivi. Il mio gruppo sanguigno non contiene né una A né una B. Chi sono?
“Vi ringrazio per essere giunti numerosi, vecchi amici. È un piacere, per me, ospitarvi nella mia umile attività.”
L’uomo, che s’era palesato in maniera sottintesa come Oswald Cobblepot, lanciò un’occhiata intensa e melliflua a tutti i presenti; sembrava tenesse tutti in pugno pur non puntando arma alcuna, emanava una sicurezza che Edward faticava ancora a costruire, anche dopo decenni.
Infatti, hai ancora bisogno di me perché arranchi in certe situazioni.
Il Signor Pinguino batté leggermente una mano sul tavolo, indicando poi di fronte a sé proprio Edward, regalandogli un sorriso a labbra strette, e l’uomo si sentì messo sotto la luce di riflettori indesiderati.
“Ma veniamo al motivo per cui siamo riuniti tutti qui, questa sera. Un nuovo elemento s’è aggiunto a noi, s’è fatto notare ed ha affrontato Batman, cosa che ci accomuna tutti. Edward Nygma, vuoi dire qualcosa?”
Tutti si voltarono verso Edward, e Pinguino smorzò una risata, in attesa, ma ci ripensò e si chinò un poco sul tavolo, sempre col sorriso sulle labbra, che da cordiale stava diventando sempre più predatorio.
“O preferisci che ti chiami L’Enigmista?”
Non era così che aveva immaginato la sua presentazione, era tutto sbagliato: il discorso d’apertura, la stanza asettica, quell’odore a tratti insopportabile, gli sguardi derisori degli altri presenti, come se fosse tornato alla GCPD e tutti lo consideravano strano, fastidioso, pazzo. Era come se fosse risorto l’agente Doherty e, sotto mentite spoglie, si stesse vendicando.
Qualcosa scattò dentro Edward, qualcosa che l’ex scienziato forense aveva imparato a conoscere da tempo: in suo soccorso giunse una voce amica, che sussurrò e gli rassicurò che c’avrebbe pensato Lui. Un sorriso da stregatto illuminò il volto di Edward, che si tolse teatralmente la bombetta per lanciarla sul tavolo, andando a finire proprio davanti a Pinguino, nel suo petto rimbombò una grave risata.
Che lo show abbia inizio!” disse l’altro Edward prima di parlare di fronte a tutti.
“Cosa ti appartiene, ma altri lo usano più di te?”
Edward si guardò attorno, studiando il suo pubblico, c’era chi era completamente disinteressato e chi invece si stava divertendo a vedere la scena. Solo Harley rientrava in questa categoria.

Che pubblico difficile.
Edward, con movenze sinuose, salì sul tavolo e cominciò a camminarci sopra, sicuro d’aver attirato l’attenzione della maggioranza.
“Allora, nessuno vuole provare a risolvere il mio indovinello? Mh? Qualche volontario?”
Pinguino, dopo un secondo di silenzio, provò a riprendere possesso della situazione.
“È… È un indovinello quello che hai appena detto?”
Edward annuì piano, poi s’inchinò per trovarsi alla stessa altezza di Pinguino.
“Cosa ti appartiene, ma gli altri lo usano più di te?”
“La risposta esatta è il tuo nome. Troppo facile indovinare, per il mio acume”, disse una voce alle loro spalle. Edward si voltò in fretta alla ricerca della fonte, e vide Tetch che lo stava guardando, in attesa.
Il suo sorriso s’allargò, si rialzò in fretta e prese a camminare sul tavolo verso la direzione di Jervis, dimenticandosi completamente del Pinguino.
“La risposta è esatta, ed è un bene, altrimenti sarei stato costretto a uccidervi tutti quanti”, fece spallucce e strinse le labbra in un sorriso, facendo parlare il suo pubblico e smuovere qualche sedia, finalmente tutti avevano lo sguardo puntato su di lui.
“Questo è pazzo!” disse un uomo dalle iridi bianche seduto tra Pinguino e il Signor Freeze. “Tu osa solo provarci, spilungone, e non farai una bella fine.”
Edward non s’impressionò, fece una piroetta e alla gola dell’uomo puntò il puntale del proprio bastone, dal quale uscì una lama di dieci centimetri.
“Che fortuna, abbiamo un volontario per il prossimo gioco.”
Prima che potesse parlare, Pinguino intervenne nuovamente, posando una mano sul suo bastone.
“Che cosa vuoi?”
Edward ritirò il bastone dalla gola di quell’uomo, facendo scomparire la lama.
“Quello che voglio, il povero ce l’ha e al ricco non serve, e se lo mangi muori.”
L’occhio vero di Pinguino si rimpicciolì, mentre qualche ruga cominciava a formarsi tra le sopracciglia. Qualcuno stava perdendo la pazienza.
“Ti pregherei di non usare più indovinelli, non ho tempo da perdere anche con te.”
“Possiamo finirla, adesso?” s’intromise Selina, che aveva tutta l’aria di volersi trovare altrove. “L’abbiamo conosciuto, no? Adesso possiamo tornare a fare quello che facciamo di solito.”
“Miss Kyle ha ragione”, parlò il Signor Freeze.
“Insomma, Pengy, vogliamo dare inizio alla festa, oppure ci vuoi trattenere qui ancora per molto?”
Pinguino lanciò un’occhiata di rimprovero ad una giovane donna dai capelli rossi che stava giocando con una piantina.
“Non finché non avremo scoperto quali sono i piani del Signor Nygma.”
“Il mio nome.”
Pinguino tornò a guardarlo, sorpreso.
“Prego?”
Edward, nonostante l’idea di una festa imminente lo stesse allettando, sentì il bisogno impellente di sentire il suo vero nome.
Non eri mai stato così attento ad un simile particolare”, notò Edward, che si trovava dietro Pinguino, osservando l’altro Edward incredulo.
L’altro Edward lo guardò intensamente, ricominciando a sorridere.
Pensa a risolvere l’indovinello che ho preparato apposta per te.
Pinguino si voltò indietro, pensando ci fosse qualcosa dietro di lui ma, vedendo che non c’era niente, però, tornò a guardare Edward e riprese a parlare.
“Voglio sapere cosa vuoi, e come lo otterrai.”
“E io voglio che venga usato il mio vero nome.”
“Oh, e va bene! L’Enigmista, sei contento adesso? Possiamo andare ora?”
L’Enigmista sorrise in parte, e guardò negli occhi Selina, puntandole l’impugnatura del proprio bastone.
“Ti ringrazio, ma questo non ti fa saldare il debito che hai con me.”
Selina alzò gli occhi al cielo e mosse una mano come per scacciare un insetto fastidioso. “Sì, va bene, come vuoi.”
Detto ciò, la giovane s’alzò, pronta per uscire dalla stanza, seguita piano piano dagli altri presenti, nonostante i richiami di Pinguino di rimanere lì perché non aveva ancora finito.
“Dai, Ozzie, rilassati. È una festa, dopotutto”, provò a rincuorarlo Harley, prima d’andare da Valeska.
Pinguino rimase fermo al suo posto ancora un po’, l’unico che ancora gli faceva compagnia era L’Enigmista il quale, tuttavia, stava scendendo dal tavolo e, nella mente, stava per lasciare il comando ad Edward.
“Non hai ancora detto quali sono le tue intenzioni. Cosa vuoi da Gotham?”
L’Enigmista girò appena la testa, guardando per un’ultima volta quell’uomo. Il monocolo ingrandiva l’occhio di Pinguino danneggiato da anni, erano nate leggende su come si fosse procurata quella cicatrice che gli adornava il viso pallido, costellato di lentiggini. L’Enigmista stirò per l’ultima volta le labbra.
“Il povero ce l’ha e al ricco non serve.”
Scese dal tavolo con un piccolo salto aggraziato, non si scompose affatto, ed Edward ritornò a destreggiarsi in quella festa.
Non ebbe modo di parlare nuovamente con il Signor Pinguino, piuttosto fece la conoscenza di quella donna dai capelli rossi, amica della Signorina Kyle e della Dottoressa Quinzel; aveva un debole per le piante, ed Edward si ritrovò a scambiare diverse curiosità con la giovane donna riguardo piante esotiche ed innesti davvero interessanti.
C’era una donna, poi, che discuteva animatamente con il Signor Fries, Edward aveva provato a presentarsi a loro, soprattutto al Signor Fries, di cui aveva studiato i progetti e alcuni studi, anni prima, ma fu Tetch ad avvicinarsi, sorridente.
“Hai dato filo da torcere all’uomo con l’ombrello. Complimenti, hai usato solo un indovinello.”
Edward respirò profondamente, il parlare di una seconda personalità non era la cosa migliore da fare in un simile incontro, magari Tetch lo sapeva, dato che era stato per un certo periodo rinchiuso ad Arkham, tuttavia Edward non volle rischiare, così scrollò le spalle.
“Mi sono semplicemente divertito un po’, tutto qui.”
Sono lieto di sapere che ti sia piaciuto lo spettacolo.
Edward lanciò un’occhiata alla sua destra, l’Enigmista era seduto sul bancone del bar, giocando con un ombrellino di carta verde.
E ancora manca la ciliegina sulla torta!” si mise a ridere, succhiando languido una ciliegia candita.
Cosa intendi?
L’Enigmista non smetteva di sorridere, negli occhi brillava una luce che Edward giurò di non avergli mai visto. “La ragazza della brace deve scappare prima che io arrivi. Il mio gruppo sanguigno non contiene né una A né una B. Chi sono?
Tetch, ignaro della conversazione privata che Edward stava avendo, continuava a far dondolare il suo amato orologio, mentre parlava, lanciò un’occhiata ad Edward, studiando un secondo il suo interlocutore.
“Occhio a scegliere con chi giocare. Potresti farti molto male.”
Edward annuì leggermente, riprendendo a bere il suo Midori Sour, quando s’avvicinò loro una terza figura.
“Ecco il mio amico più fidato, colui che mai mi ha abbandonato.”
Il giovane Crane fece un cenno con la testa per salutarli, finendo di bere poi il suo cocktail.
Edward alzò il calice. “Ho avuto modo di studiare il progetto che tuo padre aveva in mente.”
Jonathan annuì, guardando di sfuggita il nuovo arrivato.
“Mio padre ha dato un grande contributo con le sue ricerche.”
“Semplicemente affascinante. A nessuno sarebbe venuto in mente d’estrarre le ghiandole surrenali per ricavare un siero contro la paura.”
Le labbra di Jonathan s’incurvarono appena verso l’alto.
“Buon proseguimento di serata. Benvenuto.”
Edward non riuscì a comprendere come mai il suo apprezzamento venne smorzato in quel modo, quando il viso di Jervis assunse un’espressione triste.
“È già ora di andare, amico mio? Non aspetti neanche il mio bacio d’addio?”
Senz’aspettare una risposta da parte di Crane, Jervis gli diede due baci sulla guancia, prima di sorridergli.
“Che la notte ti sia serena, e non ti rechi alcuna pena.”
Jonathan non rispose, si voltò e prese la via per l’uscita, lasciando soli i due uomini.
Davvero un tipo particolare.
Edward annuì, e così passò la serata, tra chiacchiere con gli altri invitati, riuscì finalmente a parlare anche con il Dottor Fries, affascinato dall’evoluzione della sua tecnologia, s’era ripromesso che avrebbe dato un’occhiata ai suoi progetti per trarre ispirazione per il suo nuovo bastone, ghiacciare qualche poliziotto poteva essere un ottimo diversivo. Ebbe modo di scambiare qualche chiacchiera con la donna di fuoco, Bridgit, rimanendo affascinato dalla mutazione. Non ebbe particolari intoppi durante la serata da parte dell’altro Edward. Quando stava per rincasare, andò a dare un ultimo saluto ad Harley, seduta su un divanetto a bere champagne con Valeska.
“Vai via di già?”
“Ho un progetto in mente, non voglio assolutamente perdere tempo.”
Harley s’alzò dal divanetto ed circondò il collo di Edward con entrambe le braccia, scoccandogli un sonoro bacio sulla guancia.
“Salutami anche l’Enigmista”, gli sussurrò all’orecchio, liberandolo dall’abbraccio prima di fargli l’occhiolino.
Dille che è sempre un piacere vederla.
Edward chiuse un secondo gli occhi ed annuì. “Ricambia i tuoi saluti”.
Per correttezza, Edward si diede un’occhiata intorno per scovare il proprietario del locale ma, quando lo trovò, vide che era impegnato in una conversazione con un uomo vestito di pelle nera, senza capelli.
“Non m’interessa! Quel Batman non deve venir a sapere che sono coinvolto nella transazione. Elimina qualsiasi testimonianza.”
“Certo che, però, uccidere Francesco… Davvero un bel peccato, Boss.”
“Ti pago, forse, per salvare vite?”
Dopo qualche istante di silenzio, l’uomo alzò le mani. “Sei tu il Boss.”
Pinguino sospirò esausto, battendo l’ombrello contro il pavimento una volta.
“Grazie per avermelo ricordato, Victor. Ora, se non ti dispiace, preferirei rimanere un attimo da solo.”
“Ehm, temo che non sia possibile, Boss.”
“E perché mai?”
L’uomo alzò la mano per indicare dietro di sé, puntando il pollice contro Edward. A quel gesto, Pinguino piegò leggermente il busto alla sua sinistra per vedere chi c’era dietro Victor e, appena vide Edward, sbuffò.
“Oggi non è giornata. Cosa c’è? Un altro indovinello per concludere alla grande questa meravigliosa giornata?”
Edward avvertì il tono sarcastico usato da Pinguino, così si schiarì la gola e fece un passo in avanti, sotto gli sguardi sconcertati degli altri due.
“Graziosa serata, con qualche miglioria potrebbe diventare perfetta.”
Il suo onesto commento venne accolto da una risatina — due, se si contava anche quella dell’Enigmista — e da un sorriso tiratissimo.
“Davvero?”
“Sì, beh. A cominciare dalla musica, le prime due ore sono state accettabili, ma poi —”
“Terrò conto del tuo prezioso suggerimento.”
Edward si sentì improvvisamente leggero, con un sorriso si rimise la bombetta, non prima di lasciare un regalo al padrone di casa, qualcosa che non dava spesso e volentieri.
“Niente.”
“Cosa?”
“La risposta al precedente indovinello. Il povero ce l’ha e al ricco non serve. Niente.”
La bocca aperta di Pinguino si chiuse poco dopo, annuendo freneticamente.
“Già, certo, l’indovinello…” inclinò appena la testa. “Lieto di saperlo. Ora sono molto più sollevato, devi credermi.”
Edward rimase qualche secondo immobile, in attesa di qualche altro commento, o domanda, da parte del Signor Pinguino, ma non avvenne nulla, e calò un silenzio che solo Zsasz non trovava pesante.
Se permetti, ci penso io…
Edward non fece in tempo ad opporsi, L’Enigmista prese il controllo immediatamente.
“Lo sa che i maschi dei pinguini imperatore tengono in equilibrio l’uovo sulle loro zampe, per tenerlo al caldo?”
L’Enigmista si nutrì affamato dello sguardo omicida che gli stava lanciando Pinguino, era musica per le sue orecchie, miele per il suo palato, seta per le sue mani.
“Buona serata.”


“Ti sembrava proprio il caso?”
L’Enigmista stava seduto tranquillo sulla poltrona, aggiustandosi i polsini della giacca.
Dovresti ringraziarmi.
Edward camminava avanti e indietro, scribacchiando di tanto in tanto diversi appunti per il suo nuovo progetto, non riusciva a stare completamente concentrato, diamine! Cosa gli sfuggiva?
“Ringraziarti? Semmai, dovrei liberarmi di te.”
Ehm… Devo dirti il numero esatto dei tentativi da te effettuati?
Edward lanciò la matita sul tavolo, per andarsi poi a sedere ai piedi del letto. Si stropicciò gli occhi, pregando che quell’ombra smettesse di perseguitarlo.
Hai risolto il mio indovinello?
“Cosa c’entra con tutto il resto?”
Magari, se lo risolvessi, potrei scomparire per davvero.
Edward s’alzò dal letto, andando a guardare fuori dalla finestra, il proprio riflesso ritraeva una sua versione più ambiziosa e sicura di sé.
“Devo dirti il numero esatto delle volte che l’hai detto?”
Il suo riflesso si mise a ridere. “Non provare ad imitarmi,” gli disse, “non ti riesce bene”.
Edward pensò all’indovinello che il suo alter ego gli aveva lasciato; non era la prima volta che doveva risolvere uno.
“La ragazza di brace…”
Edward si diresse verso la sua libreria per cercare qualche spunto, sotto lo sguardo eccitato dell’altro Edward.
Enigmista.
“Ti sei affezionato al nome?”
L’altro Edward, o meglio, Enigmista, scrollò le spalle, a dimostrare disinteresse.
Devo dire che non mi dispiace.
Edward chiuse un libro che trattava di culture indigene, non c’era alcuna ragazza che aveva a che fare con la brace, o la cenere, a meno che…
“Cenerentola… Non è brace, è cenere, e la ragazza della brace è Cenerentola… La fiaba dice che deve andare via prima dello scoccare della mezzanotte… Lei sente le campane suonare la mezzanotte e scappa… Ma il tuo gruppo sanguigno non contiene né una A né una B… Quindi uno zero, e dato che abbiamo due alleli che determinano il nostro genotipo, vuol dire un doppio zero.”
Cosa avevano in comune delle campane con un doppio zero?
“Le campane hanno suonato per via dell’orologio… Solo gli orologi che non sono anglosassoni segnano la mezzanotte con un doppio zero…”
L’Enigmista lo guardava con il viso appoggiato elegantemente sulla mano sinistra, il polsino della giacca era appena sceso, lasciando intravedere il polso.
Sei sicuro?
Edward notò il piccolo dettaglio del polsino, di solito Lui non lasciava intravedere parti del suo corpo.
Ebbe l’istinto d’alzare il braccio sinistro e slacciò il bottone del polsino, abbassandolo poi leggermente.
Bingo.
Edward iniziò ad avere un accenno di tachicardia, mentre il respiro divenne trafelato, come se avesse corso, la sua visione periferica cominciava ad annebbiarsi, quello che vide all’interno del suo polso fu abbastanza.
“Oh… Oh cielo, oh cielo… Oh cielo…”
La ragazza della brace deve scappare prima che io arrivi. Il mio gruppo sanguigno non contiene né una A né una B. Chi sono?
Un timer che segnava un doppio zero, il suo timer che segnava un doppio zero! E lui non s’era reso conto dell’accaduto, non gli aveva prestato alcuna attenzione.
L’Enigmista sorrideva divertito, la scena che gli si presentava di fronte era davvero troppo comica, ma fece finta di preoccuparsi, giusto per punzecchiare ancora un po’ Edward.
Le tue abilità mentali si sono un po’ indebolite, col tempo… Anni fa avresti impiegato due ore al massimo per risolvere uno dei miei indovinelli.


La serata era finalmente terminata, tutti eran tornati a casa, e lui poteva finalmente rilassarsi… Nella Magione Van Dahl, Oswald poté finalmente prendere respiro. Era stata dura riprendere la quotidianità dopo dieci anni di prigionia al penitenziario Blackgate, e non per quello che riguardava i suoi ufficiosi, e poco legali, affari — quelli non aveva mai smesso di gestirli, neanche all’interno di Blackgate — no, il problema era costituito dagli affari ufficiali, aver a che fare in modo pulito con la burocrazia non era semplice; dimostrarsi un cittadino onesto, degno di fiducia era un lavoro impegnativo, soprattutto quando sapeva che esistevano metodi più veloci e soddisfacenti.
Oswald entrò nella vasca, ne aveva davvero bisogno, un calice di vino rosso e tanta, tantissima schiuma.
Trovare degli ottimi barman, quella mattina, non era stata una passeggiata… Andare a controllare di persona l’andamento di un trasferimento nel pomeriggio poteva essere semplice, se dopo non avesse saputo che Batman era sulle tracce del contrabbandiere con cui Oswald s’era messo in contatto… Indire una riunione straordinaria con tutti i suoi collaboratori era stato di vitale importanza… E per finire, la festa che aveva organizzato, dietro preghiere e compensi da parte di Harley e Jeremiah, per il nuovo arrivato, che nuovo non era, ma s’era fatto una certa nominata… Quella era stata la ciliegina sulla torta…
Ma sembrò che qualcuno avesse scagliato una maledizione su Oswald quel giorno, perché la sorpresa più grande ed inaspettata arrivò quella sera, mentre Oswald si stava godendo un bel bagno caldo.
Mentre si stava insaponando il braccio sinistro, guardò per pura routine il polso, abituato com’era a vedere diversi numeri che scorrevano inesorabilmente, ma fu con orrore, gioia, sorpresa, rabbia, stupore e panico che vide due cifre ferme sul polso.
Un doppio zero.
Oswald non riuscì a fermare le lacrime che cominciarono a formarsi, riuscì a tapparsi la bocca per sopprimere un urlo liberatorio. L’aveva incontrata! L’aveva finalmente incontrata! Oddio! Ma perché non s’era accorto prima? Perché non aveva guardato il polso ogni tanto, come faceva ogni santissimo giorno?! Perché era dovuto capitare in un giorno in cui era indaffarato! Chi era? Chi diavolo era?! Il suo cuore non avrebbe retto un simile stress, se lo sentiva martellare furioso contro il petto, come a ricordargli della mancanza che aveva appena commesso!!! Oddio! Oswald l’aveva promesso alla sua amata madre che avrebbe sempre fatto caso al suo timer, perché non voleva perdere l’occasione d’incontrare la sua anima gemella! Ma l’aveva persa!!! Come un imbecille!!! Oddio! Oddio! Oddio!! Oddio!!! ODDIO!!!

   
 
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