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Autore: cin75    26/12/2021    2 recensioni
Dalla storia:
“Voglio stare con te!” trovò il coraggio di precisare.
Gli occhi verdi fissi in quelli ambrati di Jared che lo guardavano stupiti.
Jared annullò lo spazio tra lui e il bancone. Poggiò le mani sul piano di legno levigato e strinse appena un po’.
“Tu vuoi stare con me?!” chiese come se non avesse capito.
E allora Jensen, finalmente, si mosse e prese una posizione speculare a quella del ragazzo. Mani sul bancone e busto appena sporto verso l’altro.
“Sì!” rispose. “O per lo meno ci voglio provare!”
Genere: Angst, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Jared Padalecki, Jensen Ackles
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Il barbone?!” gli fece eco Jared che non capiva.
“Sotto copertura , ma sì. Il barbone!” e poi, guardando Jared: “Sono anche quello che ha raccontato a Misha , il vostro amico, quello che era successo a Jensen dopo l’esibizione.”
“Oddio...ecco perché il suo viso mi sembrava familiare. Mi ha...mi ha prestato il telefono quella sera!!” esclamò Jared, riconoscendolo.
Il detective fece spallucce e sorrise.
“Un attimo...un momento...” fece Jensen fermando quella sorta di viale dei ricordi. “Ha detto che lei era sotto copertura nel mio bar?”
“Sì!”
“E perché?” domandò tra il curioso e il contrariato e anche un po’ offeso.
“In centrale ci era arrivata voce di un giro di spaccio di droga in quella zona che veniva effettuato tramite i bar e così..”
“Sta dicendo che credevate che il mio bar fosse il ritrovo per uno smercio per quello schifo?!” esclamò Jensen.
“All’inizio, ammetto di sì. Ma quando ho visto quello che dovevo vedere e dopo aver finito le mie indagini , l’ho definitivamente eliminata dalla lista!”
Jensen arricciò le labbra in una chiara espressione di confusione.
“Non so se esserne felice o offeso. Il modo in cui l’ha detto sembra quasi che il mio bar sia un ritrovo per secchioni o ...”
“Mi ascolti...io ne sarei felice, secchioni o meno, dato che il bar in questione era ad un solo isolato dal suo e il titolare si farà una vacanza di circa 15 anni a spese dello Stato!” riferì.
“Ad un isolato?” riflettè Jensen.
“Sì!” rispose Abel.
“Il bar di Roman...quello spocchioso di Dick Roman?!”
“Esatto!” convenne il detective.
“Ohw!!” fece Jensen mentre Jared rideva sommessamente. “Ma ci tengo a precisare che il mio bar è un luogo molto figo….e sarà ancora meglio dopo i lavori!”
“Di sicuro!!” convenne Abel. “Ora!!” esclamò volendo tornare alle cose serie.
“ Sì….Il dottor Pellegrino ci ha detto che avete un sospettato?!” fece Jared.
“Un fermato , a dire il vero. Si chiama Russell Sams. Mai sentito?”
“No.” rispose Jared e lo stesso fece Jensen.
“In giro, lo conoscono come Jeffrey e ...”
“Cosa??” sbottò Jensen. “Jeffrey? Jeffrey e basta??”
“Lo conosce?”
“Jensen?” fece stranito anche Jared. “Lo conosci?”
“Veniva di tanto in tanto al bar. Si presentava così a tutti. “Mi chiamo Jeffrey/ Jeffrey come?/ Jeffrey e basta.”...ormai tutti lo chiamavano così nel bar. “Jeffrey e basta”...Dio! Che avrà? 20...25 anni?”
“29 a dirla tutta. E lo conosce?!”
“Conoscere è una parola grossa. Avevo capito che era uno spiantato. Di tanto in tanto si sedeva al bancone , un paio di birre, a volte uno scotch, si lamentava del lavoro che andava male, del fatto che guadagnava talmente poco da dover vivere ancora con la madre e quando cercavo di tirarlo su, mi pagava e andava via! Ed era sempre così!” riferì Jensen, decisamente spiazzato. “Lui?...lui ha sparato a Jared?” chiese poi con un tono decisamente più rabbioso.
A quel punto, Abel andò verso la porta e chiamò un agente di polizia.
“Ma cosa...” si stupì Jensen.
“Ora le mostrerò delle foto. L’agente Linberg assisterà come testimone del possibile riconoscimento.”
“Ok!” sussurrò interdetto Jared.
Abel prese una foto dalla cartellina che aveva con se. Una foto segnaletica.
“Jared..” fece porgendogliela. “E’ questo l’uomo che le ha sparato?”
Jared guardò la foto.
“No!” rispose guardandola ancora.
“Ok!...ora guardi questa. Lo riconosce?!” e ne mostrò un’altra.
Jared la osservò con cura e negò di conoscere anche l’altro soggetto immortalato.
Dopo di che, il detective mostrò una terza foto e quando la porse a Jared, ciò che vide sul volto del ragazzo bastò più di mille riconoscimenti. Ma doveva fare le cose per bene, se voleva che in Tribunale l’avvocato difensore non avesse modo di attaccarsi a cavilli legali.
“Mi dica , Jared, riconosce l’uomo in questa foto?”
Jared deglutì e poi: “Sì , è...è lui!!...Questo è l’uomo che mi ha sparato!” disse toccandosi la benda che aveva ancora sul torace.
Poi Abel porse la foto anche a Jensen.
“Jensen è questo l’uomo che veniva al suo locale e che lei conosceva come “Jeffrey”?” chiese ufficialmente.
Jensen fissò la foto e il suo sguardo divenne di ghiaccio. “Figlio di puttana!!!” ringhiò.
“Jensen...questo non mi serve.” gli fece presente Abel.
“Sì, sì ...è lui. E’ Jeffrey!!” sbottò seccato.
Il detective rimise tutto nella cartellina e la passò all’agente al suo fianco.
“Torna in centrale e fa’ avvisare il procuratore che il riconoscimento è stato positivo e avvisa che io sono rimasto qui per la deposizione del signor Padalecki.”
“Sissignore!” fece l’agente e andò via.
“Jared...ora deve dirmi che cosa è successo quella sera!”
Jensen scattò irato. “Oh ma per favore!!! lo sa benissimo che cosa è successo quella dannata sera. Che bisogno c’è di farglielo rivivere!!”
“Jensen...calmati!” fece Jared. “Fa’ solo il suo lavoro!”
“Jensen quello che so io serve al 20% in tribunale. Il giudice e la giuria vogliono sapere quello che sa o può sapere e ricordare Jared!” cercò di placare lira giustificata del biondo, comprendendo quella sorta di protezione psicologica che aveva verso Jared.
“Va’ bene. Va’ bene così!!” mediò anche Jared, richiamando accanto a sé il compagno. “Va tutto bene!”
“No, no, no...non va tutto bene. Tu sei qui, in questo letto d’ospedale. Io ti ho quasi perso a causa di un bastardo frustrato e loro vogliono la tua versione?” domandò sarcastico. “Ma che andassero a fan...”
“Jensen!!” lo fermò Jared, zittendolo. “Ascolta..io adesso dirò al detective Abel tutto quello che ricordo di quella sera ma se tu….” e addolcì il tono. “...se tu non volessi sentire, io lo capirei. Va’ fuori...prenditi un caffè o meglio...una camomilla e poi rientri, ok?!” suggerì senza rimprovero alcuno.
Jensen sospirò profondamente. Arricciò le labbra pensieroso. Poi, ignorando completamente la presenza di Abel, si sedette accanto a Jared. Gli mise le mani intorno al viso. Lo fissò. Addolcì il suo sguardo nello sguardo dolce che Jared gli stava rivolgendo in quel momento. Lo baciò. Piano. Dolcemente.
“Io non vado da nessuna parte. A meno che tu non voglia che io vada via!” disse cautamente e con calma.
Jared mise le sue mani sulle spalle di Jensen. Poggiò la fronte a quella dell’altro.
“Non voglio che tu vada via. Non voglio rivivere quella sera...da solo!” ammise, timidamente.
“Non sei da solo e io non vado via!” fece deciso, baciandogli la fronte, dopo di che, si voltò verso il poliziotto.
“Che cosa vuole sapere?!” fece al posto di Jared.
“Tutto. Tutto quello che ricorda. Tutto sarà importante!”
Jared annuì e iniziò il suo racconto.
“Ero a casa di Jensen. Dovevamo dare una festa per inaugurare l’inizio dei lavori del suo locale. Io dovevo ricevere una telefonata importante di lavoro e mi accorsi di non avere il cellulare con me. Ho parlato con Jensen che mi ha fatto fare mente locale. Ricordai di averlo lasciato al bar, la mattina che andammo per prendere i progetti del geometra. Ho lasciato casa sua e sono andato al bar e il cellulare era lì, sul bancone , dove lo avevo lasciato. L’ho preso, controllando che non avessero già chiamato e quando ho visto che non c’erano chiamate perse , ho preso le chiavi del bar e….” poi deglutì disagio.
Jensen , al suo fianco, gli strinse la mano. “Vai alla grande!” sussurrò a fior di labbra e sembrò che questo ridestò la sicurezza in Jared.
“Stavo per andare via, per uscire, quando ho sentito dei rumori che provenivano dalla zona in cui gli operai avevano già accatastato i loro attrezzi e le varie impalcature. Mi sono avvicinato..ho guardato perché pensavo a qualcosa messa fuori posto che stava per cadere, ma non ho visto niente e così mi sono allontanato quando….”

Dov’è?”
Cavolo!...chi sei?...che ci fai qui? Cosa vuoi?”
Lo so che sta qui...ho sentito che si accordavano sul prezzo.”
Non so di cosa tu stia parlando...ma come vedi qui c’è ben poco...il bar è chiuso...non ci sono alcolici...non ci sono soldi….”
Non fare il furbo con me...ho sentito che nascondete bene le vostre cose...”
Per l’amore del cielo….stai...stai sbagliando posto...io non so...No!!cosa...cosa fai?….la pistola non serve...andiamo...non...non...”
Non ti credo, figlio di puttana. NON TI CREDO!!!!”
Per favore….no, non farlo. Qui non c’è niente….non…..”

“E’ stato allora che ha fatto fuoco?!”
“Sì!” ricordò Jared.
“Che bastardo!” sibilò rabbioso Jensen.
“Che cos’altro ricorda?”
Jared sbuffò. Fece mente locale e gli sembrò di sentire ancora la puzza della polvere da sparo. I passi che si allontanavano da lui, la porta di ingresso che sbatteva. Il dolore al torace che esplodeva.
“Ricordo di aver riaperto gli occhi e di essermi reso conto di essere a terra. Mi faceva male tutto e sentivo il torace che mi andava a fuoco. Non riuscivo a muovermi, cercavo di guardarmi intorno e l’unica cosa che sono riuscito a mettere a fuoco era il mio cellulare. Lo avevo ancora in mano e credo che la cosa mi abbia salvato la vita.” ammise incredulo.
“Sicuramente!!” convenne il detective. “Che cosa ha fatto?”
“Volevo chiamare Jensen ma...”
“Cosa?” esclamò Jensen, preso di sorpresa. “Perchè...perchè non lo hai fatto?”
“Mi dispiace...mi dispiace...ma in quel momento non riuscivo nemmeno a ricordare il tuo numero...o a vedere il tasti delle chiamate rapide...l’unica cosa che mi sforzavo di fare era premere i tasti per il 911!” ammise , stupidamente in colpa Jared.
“Jared...Jared mi creda...è stato meglio così!” fece Abel e Jensen lo fissò prima in cagnesco e poi, come se fosse stato colto da un’improvvisa illuminazione e capì che il poliziotto aveva ragione.
“Ha ragione….Jared, lui ha ragione. Se tu avessi chiamato me per primo, che cosa avrei potuto fare per aiutarti? Sarei stato inutile? Tu hai fatto la cosa giusta, amore mio. La cosa giusta!!” ripetè accarezzandogli il viso.
Poi si voltò verso il detective.
“Abbiamo finito?!” fece con tono severo.
Abel annuì.
“Sì. Sì, abbiamo finito. Farò rapporto e consegnerò tutto al procuratore. Sarete avvisati in caso di bisogno. Jared spero che si rimetta del tutto al più presto.”
“Detective?!” fece titubante Jared. “Posso...posso chiederle una cosa?!”
“Certo. Cosa?”
“Avete parlato con lui?!”
“E’ stato interrogato, sì.”
Jensen capì dove voleva arrivare Jared. “A che serve saperlo, Jared. Non cambierà le cose!” provò a dissuaderlo.
“Vuole sapere perché era lì e perché ha sparato?!”
Jared lo fissò e poi guardò Jensen. “Ho bisogno di saperlo. Non so perché ma vorrei sapere per ...”
“Per completare il puzzle!” lo anticipò Abel.
“Esatto.” convenne Jared.
“Samms o Jeffrey, come dice Jensen, è uno spiantato. Finisce le sue giornate in ogni bar gli capiti a tiro. In una delle sue serate ha sentito della droga che veniva smerciata grazie ad un bar della zona. Ha sentito che c’era stato un bel colpo ma che i soldi ancora non venivano ritirati ma...era talmente ubriaco che ha confuso il bar e , non è ancora tutto chiaro da quello che lui dice, ma possiamo ipotizzare che...”
“Cazzo!!” sbottò irato Jensen, interrompendolo. “Mi sta dicendo che quel figlio di puttana drogato si è infilato nel mio bar convinto che ci fosse un pacco di soldi che poteva rubare e quando si è trovato di fronte Jared ha pensato che lui non volesse darglieli e gli ha sparato?!”
“In sintesi, sì!”
“Oddio!” sussurrò incredulo Jared.
“Mi dica che posso vederlo...mi dica che posso stare cinque minuti in una stanza con quel bastardo!” ringhiò furente.
“No e no, Jensen!” rispose secco Abel. “Cosa crede che ne ricaverebbe ? Ha voglia di finire dentro per aggressione?!”
“Jensen...” lo richiamò apprensivo Jared.
“Giuro che mi farei volentieri qualche giorno di galera se avessi la soddisfazione di mandare lui all’ospedale.”
“Ok, farò finta di non aver sentito niente!” fece Abel chiudendo il taccuino degli appunti.
“Grazie!” fece grato Jared mentre vedeva il detective riprendere le sue cose.
“Sì, sì grazie!!” si accodò anche Jensen con il tono di chi doveva forzatamente ringraziare.
“D’accordo, io ho tutto quello che mi serve. Con tutto quello che la procura ha in mano non penso che sarà qualcosa che andrà per le lunghe, anzi credo proprio che finirà tutto in formula abbreviata, quindi molto probabilmente niente processo e direttamente condanna.”
“Me lo auguro!” fece Jared. “Una volta fuori di qui, vorrei buttarmi davvero questa storia alle spalle. Dobbiamo...” precisò. “...buttarci questa storia alle spalle.” disse guardando Jensen che gli sorrise complice di quel desiderio.
“Grazie per la sua disponibilità Jared e ...Jensen?” fece quasi sulla porta. “Grazie anche a lei e spero di rivedervi in situazioni migliori. Siete delle brave persone che, in maniera diversa, non meritavano di soffrire così.”
Jared e Jensen si guardarono , colpiti da quelle parole e prima che Abel andasse via del tutto.
“Detective?!” lo richiamò Jensen.
“Sì?”
“L’aspettiamo all’inaugurazione del locale, quando riaprirà...sempre che il mio socio non lo mandi a fuoco prima!” fece Jensen.
“Ci sarò!”
“Ed eviti cappello e occhiali questa volta!” scherzò ancora, il barista.
“Ricevuto!!” e andò via.

Jensen poi tornò a focalizzarsi sul compagno che lo guardava quasi con aria trasognante. Sorrise.
“So che sono meraviglioso quando faccio il simpatico, ma non c’è motivo che tu mi guardi così, come se fossi un’apparizione mistica!” scherzò cercando di nascondere l’imbarazzo.
“E’ la prima volta che mi chiami “amore mio”!” lo spiazzò Jared.
Ma questa volta Jensen non si sentì in imbarazzo, ma solo emozionato.
“E’ quello che sei , Jared. È quello che sei!!” e lo abbracciò forte, ricambiato , da Jared, con lo stesso trasporto.
“Non vedo l’ora di tornare a casa con te, Jensen!” fece Jared ancora protetto in quell’abbraccio.
“Anch’io. Anch’io.” gli sussurrò Jensen, baciandogli la testa appoggiata al suo petto.
   
 
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