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Autore: flyerthanwind    27/12/2021    1 recensioni
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La vita di Sam è quanto di più normale esista: ha una gemella che la conosce meglio delle sue tasche, un fratello con cui condivide la passione per il calcio e una squadra a cui tiene più della sua media scolastica –ma questo non ditelo alla madre!
Eppure, dal giorno in cui un vecchio amico di suo padre si trasferisce in città, la situazione prende una strana piega. Innanzitutto, le motivazioni del trasferimento appaiono strane, suo padre è strano e i sentimenti sono strani. Questo perché il figlio del tipo di cui sopra ha uno strano potere attrattivo nei suoi confronti.
Ottimi presupposti per una bella dose di disagio, non vi pare?
Genere: Commedia, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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TAC total body

Le insinuazioni di Martin Hurt mi avevano colpita molto più del dovuto, me ne rendevo conto, ma ero davvero al limite e non gli avrei permesso di avere l'ultima parola, non su un argomento del genere. Non ero mai stata una persona che teneva troppo all'apparenza, i miei genitori mi avevano insegnato fin dalla culla che non è sempre oro quello che luccica, anche se tutti vogliono spacciarlo per tale.

In quell’occasione, tuttavia, avevo scomodato Amelia per un'opera di restauro quasi totale. C'era la festa dei sedici anni di una delle cheerleader, Margot Evans, e ovviamente aveva invitato mezza scuola, comprese le due squadre di calcio al completo. Sarebbe venuta anche Amelia perché le due erano amiche da tempo; in effetti, Margot era probabilmente l’unica a potersi definire amica di Amelia.

Avevamo passato l'intero venerdì pomeriggio a prepararci per la festa sotto lo sguardo incuriosito di Lucas, che di tanto in tanto veniva a disturbare per domandare a cosa servisse questo o quel pennello. Io ero una truccatrice discreta, per i miei standard era più che sufficiente, ma Amelia era la vera make-up artist e aveva bacchettato nostro fratello ogni volta che si avvicinava troppo ai suoi strumenti.

Non aveva fatto nulla di troppo eccessivo o vistoso, semplicemente una linea di eyeliner sugli occhi, poi li aveva messi in risalto con quello che lei definiva uno smokey eye sui toni del bronzo – praticamente aveva usato dieci colori e altrettanti pennelli per far sembrare il trucco uniformemente sfumato.

Nonostante l’apparente semplicità, in realtà era molto elaborato e impegnativo, ed ecco perché avevo avuto bisogno di lei: non sarei mai stata in grado di realizzarlo da sola e l'effetto finale era davvero notevole. Infine, avevamo chiuso la questione make-up con un rossetto nude per evitare di appesantire troppo il viso.

Mentre anche Amelia provvedeva a truccarsi, io avevo svuotato il mio intero armadio alla ricerca di qualcosa di provocante ma comodo da indossare che puntualmente veniva bocciato dalla mia gemella. Stavo giusto per esaurire la pazienza e prenderla a schiaffi quando tirò fuori dal suo armadio un abito tortora e me lo passò con uno sguardo che non ammetteva repliche.

Arrivava a metà coscia e lasciava la schiena scoperta fino alla base, mentre davanti si apriva in un morbido ma profondo scollo a V coperto dal pizzo, il quale si estendeva anche in parte alle maniche.

«Non sarà un po' eccessivo?» domandai, osservandomi allo specchio. Il vestito era molto bello ma forse un po' troppo attillato per i miei standard: fasciava perfettamente ogni minima curva del corpo, delineando in particolare la vita stretta e la conca dell’ombelico, ponendoli in netto contrasto con il fondoschiena sodo e le cosce muscolose.

«Vuoi scherzare?! Sei uno schianto! Hurt cadrà ai tuoi piedi... e non solo lui» sorrise sorniona mentre indossava a sua volta il vestito blu notte che aveva scelto per l'occasione. Era un abito dal tessuto leggero, con le bretelline sottili che lo facevano aderire al petto e la gonna svolazzante che si gonfiava a ogni movimento.

«Non voglio che Hurt cada ai miei piedi, voglio che stramazzi al suolo e non riesca più ad alzarsi» dichiarai con sicurezza, un sorriso soddisfatto cucito sul volto, mentre entrambe scendevamo lentamente le scale a causa dei tacchi alti.

Lucas ci osservò un po' interdetto dal soggiorno, poi domandò con fare innocuo: «Sei sicura di essere Sam e non Amelia?» tirandomi un buffetto.

La risposta della mia gemella fu però interrotta dall'entrata della mamma che incitava papà a darsi una mossa per non perdersi quanto fossimo belle.

«Hai messo i tacchi a spillo di tua sponte?» domandò papà ridacchiando dopo essersi precipitato nella stanza e aver baciato entrambe sulla fronte.

Ero stata costretta, con un vestito così corto dovevo assolutamente sembrare ancora più slanciata di quanto non fossi e le gambe quasi del tutto scoperte dovevano sembrare più sode e toniche di lastre di cemento.

«Li userò per difenderle da tutti quelli che ci proveranno con le mie sorelline stasera» asserii Lucas con sicurezza facendo scoppiare tutti a ridere. Mamma ci trattenne ancora qualche minuto per le raccomandazioni di rito, dopodiché salimmo in auto alla volta di casa Evans, dove finalmente avrei messo in atto il mio piano.

***

La festa era iniziata da un po' e io mi sentivo leggermente a disagio col vestito di Amelia. Non era propriamente nel mio stile e, nonostante fosse bellissimo, iniziavo a pensare che fosse fin troppo appariscente per una festa di sedici anni.

A nulla erano valsi i complimenti di Lucas o le opere di convincimento di Amelia, almeno finché Martin Hurt non si era avvicinato a mio fratello e ai suoi amici. A quel punto Amelia mi aveva sussurrato di alzarmi, dopodiché aveva urlato a voce fin troppo alta: «Vado a cercare Margot, ci vediamo dopo, Sam!».

Nel sentire quel nome, Hurt si era voltato immediatamente nella mia direzione, osservandomi di sottecchi. I suoi occhi si erano posati su ogni centimetro del mio corpo scoperto, a partire dai piedi racchiusi nei sandali e risalendo sulle gambe e sulle cosce sode, sulla vita racchiusa nell'ambito attillato, sulla scollatura coperta dal pizzo. Quando finalmente era giunto al viso praticamente mi aveva fatto una TAC total body e, dal mio sguardo soddisfatto e irriverente, dovette accorgersi solo in quel momento che l'avevo notato anch'io ed era troppo tardi.

«Ti sei rifatto per bene gli occhi, Hurt?» domandai retorica scoccandogli un'occhiata beffarda. Era piacevole che fossi io quella impertinente e derisoria, che tiene le redini della conversazione. Di solito era in grado di farmi perdere la pazienza e passare alle minacce nel giro di un paio di parole, invece stavo scoprendo che mantenere la calma e lasciarlo cuocere nel suo brodo poteva essere più soddisfacente.

«Questo è uno scherzo, tu sei la gemella» tentò di giustificarsi. Sapeva che non potevo essere Amelia, lei mi aveva chiamato solo pochi istanti prima e ora ballava allegramente con le braccia attaccate al collo di Margot; io e la festeggiata, invece, non avevamo tutta quella confidenza.

«E quale sarebbe la differenza? Siamo praticamente identiche» lo sfidai ancora, sapendo di tenere il coltello dalla parte del manico.

Non avrebbe dovuto fare quell’insinuazione, non gliel’hanno mai detto che la vendetta è donna e si serve gelida su un piatto d’argento?

«Lei sarà più simpatica di te» biascicò, forse pensando di poter ribaltare la situazione. Peccato che tutti erano a conoscenza del carattere particolare di Amelia, di quanto fosse schiva, diffidente e controversa.

Io, invece, ero quella che risollevava il morale della squadra dopo una sconfitta schiacciante, ero quella che faceva baldoria con il fratello e i suoi amici nei corridoi, ero quella che salutava mezza scuola pur non ricordandone il nome perché, anche se ci eravamo parlati l’ultima volta in prima elementare, eravamo comunque amici.

«Sai bene che non è così» replicai, saccente, facendo un passo verso di lui. Per quanto odiassi i tacchi a spillo dovevo ammettere che, per una volta, essere alla sua altezza era davvero piacevole; nonostante le mie caviglie stessero chiedendo pietà, provavo una soddisfazione immane nel poterlo guardare dritto negli occhi e osservare perfettamente ogni sfumatura del suo sguardo limpido: era contrariato, indispettito, ostile e persino stupito.

«Magari piacerebbe più a te che a me» sussurrò a un palmo dal mio orecchio. Un sorriso sornione si stava aprendo sul suo volto quando percepì il mio corpo irrigidirsi per un istante.

Martin Hurt, nonostante fosse un bastardo, egocentrico, pallone gonfiato e tanti altri aggettivi negativi, era estremamente bello. Certo, rimaneva uno stronzo senza precedenti, ma era innegabile quanto fosse di bell'aspetto: alto, muscoloso, con la mascella leggermente pronunciata, due grandi occhi nocciola e un irriverente ciuffo biondo. Tuttavia, per quanto potesse essere attraente, mi irritava terminazioni nervose che prima di conoscerlo non pensavo di avere.

Mi lasciai andare a una risata profonda, di quelle che vengono dal cuore, sincera e derisoria fino al midollo, fragorosa tanto da attirare gli sguardi di coloro che ci stavano attorno, incuriositi dalle nostre sempre più frequenti conversazioni.

«Fossi in te non ne sarei così sicuro» risposi, battendogli una mano sulla spalla e passando oltre a testa alta. Lo lasciai così, immobile, a osservare il vuoto che avevo lasciato davanti a lui, mentre un sorriso trionfante mi illuminava il volto, il disagio mi abbandonava e persino quel vestito così corto e attillato finalmente acquistava un senso.

Amelia mi osservava dal centro della pista, con le braccia saldamente ancorate al collo di Margot e gli occhi puntati su di me. Mi fece un occhiolino complice, comunicandomi in quel modo che aveva assistito alla scena e che, nonostante le mie reticenze, me l’ero cavata egregiamente, lasciandolo di stucco.

Lei conosceva i miei dubbi e le mie intenzioni persino prima che fossi io a rivelargliele: noi lo chiamavamo superpotere da gemelle, in realtà non era altro che profonda complicità e viscerale somiglianza.

Le sorrisi di rimando prima di voltarle le spalle e dirigermi in giardino per prendere una boccata d'aria fresca. Tutte quelle emozioni mi avevano accaldata e necessitavo di qualche istante per me.

Percorsi solo pochi passi nella veranda che una voce alle mie spalle mi riscosse, facendo spuntare un sorriso spontaneo sul mio volto.

«Pensavo che odiassi i tacchi» insinuò con tono basso nonostante la musica assordante proveniente dall’interno della casa.

«Solo quelli a spillo» confessai, voltandomi verso di lui. Evidentemente non mi aveva ancora visto perché il suo volto fu attraversato da un lampo di sorpresa mentre gli occhi risalivano velocemente la mia figura dall’alto in basso, più volte.

«Wow sei così...» biascicò, colto impreparato, mentre mi osservava più attentamente.

«Femminile?» lo interruppi subito, ricordando le parole di Hurt alla partita.

«Stavo per dire bella.»

 
   
 
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